Premio Racconti nella Rete 2017 “Zucchine sott’olio” di Eleonora Capparella
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Mi fanno male le ossa. Ora mi sono messa sulle ginocchia uno strofinaccio bollente – Lucia me l’ha scaldato ben bene davanti al camino – e così va un po’ meglio. Ma tanto che ci posso fare? Appena cambia il tempo queste ossa bucherellate mi fanno vedere le stelle. Quando una c’ha una certa età, coi dolori deve viverci assieme.
Così ora me ne sto seduta, con le mani in mano, a guardare le mie nuore che cucinano per il cenone; certo, le mie pentole preferisco toccarle io, ma alla fin fine anche loro non sono tanto male ai fornelli. E in realtà non mi dispiace starmene in panciolle, perché con queste ossa non è più facile sollevare le pentole. Me ne sto qui, in un angolo, seduta sulla mia sedia di vimini, dimenticata come il portaombrelli all’ingresso, e tutto sommato non mi dà tanto fastidio.
C’è un buon profumo di brodo. Sì, stanno cucinando bene, anche se i cappelletti comprati al supermercato non sono buoni come quelli fatti a mano, neanche a dirlo. Però per farli ci vuole tanto tempo e io le capisco, col lavoro non ce la fanno; così li comprano e sembrano andar bene lo stesso, anche se i miei figli dicono che i cenoni e pranzi di Natale non sono più speciali come quando cucinavo tutto io. Ma io ormai ho le gambe che sembrano fatte di farina. Mi liscio lo straccio sulle ginocchia, che pian piano s’è fatto freddo.
Antonio mette la testa pelata dentro la cucina e si guarda intorno. «Tutto bene, qua? Vi portiamo un po’ di vino?»
«Ce l’hai già chiesto dieci minuti fa, ti abbiamo risposto di sì.»
A Lucia la pazienza deve avergliela data qualche Santo. Ancora non ho capito come ha fatto a prendersi mio figlio per marito. Chiariamoci, io a mio figlio gli voglio bene, ma c’ha una testa vuota come gli otri dopo che ci hanno banchettato. E hanno pure il coraggio di dire che ha ripreso da me, ma io non credo proprio di essere rimbambita come lui. Certo, che ci volete fare, ogni tanto qualche cosa me la perdo: magari mi scordo che ho mangiato a pranzo o chiedo la stessa cosa due volte. Però ho pure ottantaquattro anni! O ottantacinque? Insomma, di sicuro più dei cinquanta di Antonio.
«Mamma, ma le zucchine sott’olio non le hai fatte quest’anno?»
Lo guardo, perplessa. Antonio se ne sta davanti alla porta con le braccia incrociate e una faccia da schiaffi. Adesso voglio sapere che gli passa per la testa, a farmi queste richieste strambe la sera di Natale.
«Le zucchine sott’olio?» rispondo. «E quando mai ti ho cucinato le zucchine sott’olio, io?»
Vedo che sgrana gli occhi. «Ma come? Le hai sempre preparate tra le varie conserve. Lo sai che mi piacciono.»
«Ma non dire scemenze. Io non le so cucinare! Forse ti confondi con tua suocera.» Mi giro verso Lucia, che mi dà le spalle e non mi guarda: «Di’, Lucia, tua madre sa cucinare le zucchine sott’olio?»
«Ma no, mamma, me le hai sempre cucinate tu…» Antonio mi guarda in faccia, serio. «Ogni anno, le hai sempre preparate apposta per me, perché sono l’unico che le mangia.» Si ammutolisce. «Ma non te lo ricordi proprio?»
Stavolta Lucia si intromette: «Lascia stare, lascia stare. Ti sbagli tu, ti confondi con mia madre.»
Si guardano per un istante, Lucia con le sopracciglia alzate e le labbra strette. Antonio resta zitto per un po’, poi fa cenno di sì con la testa. Io sento tanto freddo.
«Sono sicura che non le ho mai cucinate» ribadisco. Eppure la voce mi esce un po’ stridula.
«Va bene, mamma, mi sbaglio io.» Mio figlio mi fa una carezza leggera sulla testa e poi esce dalla cucina, con le spalle curve.
È che io l’ho visto, come si sono guardati quei due. Mi sono sentita rattrappita, come le foglie di alloro quando le butti nel camino. Vecchia, rimbambita, ospizio. Questo si sono detti, senza parlare.
Lucia continua a cucinare, chiacchierando con la cognata, ma io non riesco più a trovare pace sulla sedia. Mi sento le dita fredde e le guance bollenti. Una povera vecchia da assecondare nelle sue scemenze, come i matti. Questo pensano di me. Dille di sì, dille che ha ragione lei, si dicono tra di loro facendosi l’occhiolino. Ma per chi mi hanno presa? Io sono certa, sicura come sono sicura delle parole della Messa, che non ho mai cucinato delle zucchine sott’olio. Mai, in tutta la mia vita! Gli agnolotti, le fettuccine, le lasagne; e poi cicoria, asparagi, minestroni e minestre. Molte cose ho cucinato, tanto che a volte non mi ricordo se ho sentito un figlio al telefono durante la giornata, ma so con precisione quando quello stesso figlio ha mangiato per la prima volta quella pietanza. Ma le zucchine sott’olio no, mi sia testimone la buon’anima di mio marito.
«Agnese, qua è tutto pronto. Andiamo di là, su.»
Io mi alzo piano piano dalla mia sedia e vado verso la sala da pranzo strusciando le ciabatte. Vedo che tutto è apparecchiato – la tovaglia rossa con gli agrifogli, la candela al centro, i piatti belli, bordati di rosso anche quelli – e mi siedo sulla sedia più comoda, che hanno lasciato apposta per me. Però non mi quieto.
Che si crede, mio figlio? Ogni tanto mi scordo le cose, sì, ma altre me le ricordo bene. Posso dirvi qui, su due piedi, chi veniva a passare il Natale da me quarant’anni fa, e come ci sedevamo attorno al tavolo e come cucinavo. Per esempio, c’era il mio figlio più grande che non voleva mai venire a tavola, stava sempre a giocare col trenino per terra e Antonio gli dava fastidio, tanto che spesso dovevo intervenire io con le sculacciate. Poi c’era mio marito che si sedeva vicino al divano, e aveva il naso enorme sempre un po’ arrossato, un pomodoro sulla faccia; però con l’animo buono, buono come il pane, che se ne stava sempre con la pipa in mano e con la pipa in mano sarebbe morto. E invece dall’altro lato del tavolo, vicino alla credenza con dentro i bicchieri, c’erano mia sorella Antonietta con quel porco del marito, che a ripensarci ringrazio Dio che se l’è portato via. Mia madre sarebbe morta di crepacuore a non avere entrambe le figlie attorno allo stesso tavolo, a Natale, e mia sorella diceva che non era niente, che era distratta e a volte sbatteva o cadeva per le scale; e io più che arrabbiarmi che potevo fare? All’epoca era così. Stavo zitta e davo da mangiare anche a lui. Ma i lividi di Antonietta li contavo uno ad uno, e uno ad uno ora me li ricordo.
La tavola non era ricca come adesso, ma era piena di roba cucinata da me: stavo giorni e giorni chiusa in casa, uscivo solo per andare al mercato a comprare le cose migliori. Il ventiquattro dicembre tutta la casa era piena dell’odore della frittura e del pesce. E sì che i gamberoni facevano la loro figura lì al centro, vicino alle zucchine sott’olio.
Rimango senza fiato per qualche istante.
Le zucchine sott’olio. Sì, sì. Stavano proprio lì, davanti a me, se mi sforzo le vedo dentro al recipiente, quello buono, dove le lasciavo a macerare. E mi vengono alle labbra le parole che dicevo ogni Natale, ad Antonio: che le avevo fatte solo per lui, perché in casa nessun altro se le mangiava. Sento che pian piano la schiena mi si incurva. Si incurva sotto il peso degli anni e dei ricordi, pure di quelli che la mia testa di vecchietta ha deciso di dimenticare. Anzi, quelli pesano pure di più, quando poi ritornano.
«Mamma, guarda quant’è bella la lasagna di Lucia!»
Ma Antonio mi sta mettendo nel piatto la lasagna di pesce, questo figlio che due secondi prima, quarant’anni prima, disturbava il fratello mentre giocava. Mi guardo intorno e capisco. Capisco che essere vecchi non è solo avere le gambe di farina. Capisco che non ci sono più i cibi che cucinavo io e che forse non ci saranno più: al loro posto ci sono i cappelletti comperati al supermercato e una lasagna di pesce che Lucia dice di aver cucinato lei, ma secondo me anche questa è stata comperata. Allora sbatto un attimo le palpebre e prendo la forchetta, anche se non ho tanta fame. Qualcuno urla: «Tanti auguri!» e la stanza si riempie di voci.
***
La festa è finita. La tovaglia rossa è piena di briciole di pandoro e di bucce di mandarino tagliate piccole, perché le abbiamo usate per coprire i numeri della tombola. Io devo essermi appisolata, perché ora che mi guardo intorno non c’è più nessuno. Forse mi hanno salutata, ma non me lo ricordo. Mi alzo piano e mi affaccio in cucina: Lucia sta lavando le pentole e Antonio mette a posto la tavola piena di rimasugli di cibo.
«Ancora in piedi?» Mio figlio mi viene vicino e mi dà un bacio sulla fronte. «Su, vai a letto, ché sei stanca.»
«Ti devo dire una cosa.» E mi sento come una bambina che ha combinato una marachella. «Le zucchine sott’olio… forse le sapevo cucinare. Mi sono ricordata.»
Vecchia, rimbambita, ospizio.
«Ah, sì?»
«Mi sa.»
Eccola, la sua faccia divertita. Sapete, io la mia vecchiaia la vedo dentro la faccia divertita dei miei figli.
Mi dimentico oppure mi sbaglio, giuro in buonafede che tizio non l’ho sentito al telefono e che no, quella cosa non me l’ha mai detta. Ma poi esce fuori che tizio, invece, quella cosa me l’ha detta sul serio e io resto seduta sulla sedia, a pensare, a dirmi: Ero sicura, davvero sicura. Come ho fatto a confondermi così? Mentre loro mi guardano divertiti. Poverina, è vecchia e rimbambita, ridiamoci su.
Ma voi non sapete l’angoscia che mi prende, quando i pensieri mi scivolano dalle mani come il lavoro a maglia tra i ferri.
Antonio non sorride più, adesso. Si stringe nelle spalle e con le dita mi fa una carezza sulla guancia. «Vabbè, mamma. Non fa niente.»
«Non fa niente?»
«Ma no! Abbiamo mangiato tanto, per le zucchine non avevo proprio posto.»
«Magari per la prossima volta te le preparo.» Mi sento in colpa, mi mordo un labbro ruvido. «Oppure le faccio quest’estate insieme alle altre conserve.»
«Su, non stare a pensarci. Ora vai a letto.»
«E non fa niente che non te le ho cucinate, allora?»
«No, no. Non fa niente.» Antonio mi dà un altro bacio sulla fronte, un po’ più forte. «Su, poi ti stanchi troppo.»
Mi giro ed esco zoppicando, mentre la voce di Lucia che mi dà la buonanotte si mescola all’acqua che scorre nel lavello.
Il rumore delle ciabatte struscia nel corridoio. Io cammino piano, scuotendo la testa: non l’ho fatto apposta, davvero. Non me le sono proprio ricordate, le zucchine. È questo che continuo a mormorare, come si mormorano le preghiere; e alla fine, per fortuna, arrivo nella mia camera da letto buia e tranquilla, e penso che le ossa mi fanno ancora più male di quando ne sono uscita stamattina.
Eleonora, tenero il tuo racconto e delicato.
Cara Eleonora, mi sono commossa moltissimo, e ti assicuro non mi succede spesso.Sarà perché ormai il tragitto si fa sempre più corto , e quello che sembrava un film in quattro tempi , si avvia alla fine.Ci penso spesso.Il tuo racconto, dolcissimo e inesorabile , e’ stato come un malinconico pugno nel cuore.Tanti, tanti ricordi, e paure.Bellissimo.Ciao! (Anche io ho parlato del rapporto madre-figlio, in altra maniera, se vuoi passare da me…)
Ciao Eleonora, quanto mi è piaciuto il tuo racconto! All’inizio sono stata colpita dalla descrizione di questa donna anziana seduta sulla stessa sedia in vimini su cui siede anche la protagonista del mio racconto (erano le sedie che si usavano un tempo). La maniera con cui descrivi i pensieri e i sentimenti di questa donna ultraottantenne è accurata e realista al punto da fare entrare il lettore nel personaggio pur non avendo la sua stessa età. Sei stata molto brava perché mi hai coinvolta in una storia che sembra banale (tutto ruota attorno a delle zucchine sott’olio), invece è tanto profonda che ti entra nel cuore.
Eleonora, accipicchia, hai colpito duro anche me! Quel “non l’ho fatto apposta” mi ha sbattuta al tappeto, che botta! Già barcollavo…
Mi sorregge l’idea che Antonio e Lucia si prendano cura della nonnina con le ossa dalla lunga vita.
Che bella scrittura e grande capacità di narrare.
Brava bravissima.
Veramente un bel racconto, ricco di particolari molto realistici, ma soprattutto suscita grande tenerezza ed affetto per la protagonista che ha la saggezza degli anni e l’ingenuità e la dolcezza di una bambina quando chiede scusa per non essersi ricordata…..commovente! Complimenti!
Eleonora,
complimenti! La protagonista del racconto è ben descritta e ben caratterizzata!
Bella scrittura, una capacità narrativa che si rivela a partire dall’introduzione, fino alla conclusione dove la povera e amabilissima nonna svela se stessa in tutta la sua umanità.
Complmenti davvero.
Molto commovente il tuo racconto Eleonora, complimenti! La fragilità delle ossa non é altro che la fragilità umana a tutte le età anche se in maniera diversa, nell’infanzia, nell’adolescenza, nella maturità e nella vecchiaia. E comunque la tua protagonista mi ricorda molto mia suocera di 83 anni, bravissima a cucinare e parecchio smemorina da un po’ di tempo a questa parte…fa rabbia e tristezza insieme, l’assecondiamo, ma non troppo affinché si sforzi di ricordare e resti quanto più vigile.
Raccontare lo smarrimento della vecchiaia non è facile senza scivolare nel sentimentalismo eccessivo e nella commiserazione, ma tu ci sei riuscita grazie a una prosa asciutta, a tratti ironica e precisa. Forse proprio per questo la tua storia lascia dentro una scia che brilla di significati e paure recondite. Noi tutti saremo un giorno come la tua protagonista: ossa sbriciolate e memoria traballante. Molto bello.
Eleonora, se sei riuscita a far piangere la Laura Florio ( che non le succede spesso, dice ) figurati cosa puoi aver combinato su di me che a farmi piangere ci vuole niente!! Questa tenera nonnina e’ stata la nonna di tutti noi, e’ la mamma o sarà la futura mamma di tutti noi…e noi donne saremo, probabilmente lei…va da sé, quindi che leggendo si alternino momenti di grande tenerezza e malinconia per ciò che è stato e di paura ed impotenza per ciò che potrebbe essere ( preferisco, ancora per un pò usare il condizionale ).Bravissima
Questa mamma assomiglia alla mia… e a mille altre! Hai scritto un racconto che commuove fino nel profondo perché tocca tutto il toccabile: mamma, figli, famiglia, vecchiaia, senso di morte, impotenza. Sono sicuro che mia mamma pensa le stesse cose… cerco di non pensarci per poterti dire che hai scritto un racconto malinconico e intenso insieme, molto brava!
Ciao a tutti! Vi ringrazio moltissimo per le vostre parole incoraggianti… sono alla prima esperienza e i vostri commenti sono stati una bellissima sorpresa!
Passo a rispondervi singolarmente:
Paola: grazie mille per le tue parole gentili!.
Laura: commossa, addirittura! Grazie! Sì, purtroppo il tempo passa ed è una cosa dalla quale non si scappa… solo che in alcuni momenti della vita ce ne accorgiamo di più. Certo, passerò da te più che volentieri.
Marzia: sì, la sedia di vimini è proprio una di quelle! Sono molto felice che la caratterizzazione del personaggio ti sia parsa realistica: anche io sono ben lontana da quell’età, ma tra parenti vari la vivo da vicino… e mi sono accorta che sono le piccole cose, gli eventi banali a darti veramente l’impressione del tempo che passa e della vecchiaia che avanza. Sono felicissima che tu l’abbia apprezzato.
Marcella: wow, che bel complimento! Mi fa piacere che il racconto ti sia arrivato così tanto! E sì, Antonio e Lucia si prenderanno cura della nonnina, non potrebbe essere altrimenti 🙂
Cinzia: grazie infinite, sono contentissima che ti sia piaciuto! E sì, hai proprio colto il senso: i vecchietti, a una certa età, tornano un po’ bimbi. 🙂
Marisa: sono contentissima che la mia nonnina sia parsa così ben caratterizzata! E soprattutto grazie dei complimenti su quella che chiami la mia “capacità narrativa”: ripeto, essendo alla prima esperienza, avere un riscontro amichevole mi aiuta tantissimo. Grazie ancora!
Lucia: sì, la fragilità delle ossa è quella della vita, pur essendo fragilità diverse a seconda del momento. E sì, capisco bene la situazione con tua suocera, anche noi cerchiamo di far rimanere le nostre vecchiette più attente e vigili possibili… ma fanno tanta tenerezza.
Consuelo: grazie infinite, lo scivolare nel sentimentalismo era proprio ciò che volevo evitare, sono contentissima di questo tuo riscontro! E sì, a una certa età si diventa così, fragili e smemorini. Però il pensiero che, forse, avremo qualcuno vicino che ci amerà e si prenderà cura di noi, rende questo futuro meno fosco.
Gloria: ahahhaah ma no, non volevo far piangere nessuno! Sono contenta che tu abbia visto nella mia Agnese una vecchina “universale”, per così dire. Grazie infinite per le tue parole 🙂
Ugo: grazie davvero! Ho provato a mettermi nella testa delle mie “vecchine” di casa e sono felice che tu vi abbia ritrovato in parte i pensieri che potrebbero attraversare la mente della tua mamma… grazie mille!
Eleonora, è bello leggerti, è bello questo tuo racconto delicato commuovente.
È bello questo modo antico di amare i figli attraverso azioni definite e dedicate come preparare le zucchine per uno solo.
È bello il modo come scrivi, leggero e solido, senza incertezze.
Brava brava brava!
Grazie infinite, Gianluca! Sono felice che ti sia piaciuto questo mondo un po’ più antico di amare e di vivere, grazie davvero!
Emozionante. Ci rivedo alcune persone della mia vita e suscita in me ricordi dolci e affettuosi. Leggerti è un bellissimo regalo.
Elisa, grazie infinite! Mi fa piacere che i ricordi siano dolci e affettuosi… in fin dei conti, è con ricordi di questo tipo che ho scritto questo piccolo racconto 🙂
Anche il tuo commento è stato un bellissimo regalo, grazie di cuore!
tenerissima!
Eleonora, il tuo racconto ha colpito tanto anche me. Nell’anziana signora che descrivi ho rivisto esattamente mia nonna, ho ricordato i luculliani pranzi natalizi di qualche anno fa. A quel tempo, guai a chi si avvicinava ai fornelli! …mentre adesso anche lei inizia ad accusare la fatica. Insomma, con una scena fatta di “piccole azioni” hai rappresentato teneramente il senso di impotenza della vecchiaia, e l’affetto ingenuo e quasi infantile che rimane fortissimo nonostante tutto.
Bravissima!
Grazie, dora dora!
Giada: è verissimo, guai a chi si avvicinava ai fornelli! E invece adesso… accettare che i loro pranzi luculliani non ci saranno più (e che non ci saranno più un sacco di altre cose) è difficile sia per loro che per noi… sono felice che la tenerezza che provo per la “mia” vecchietta ti sia arrivata, grazie mille per il tuo bellissimo commento!
Un racconto bello e commovente nel quale le piccole azioni descrivono la forza dei legami familiari e i meccanismi dello smarrimento della perdita di memoria. Brava
Grazie mille, Anna Rosa! Sì, credo che le piccole azioni siano rivelatrici, un po’ in tutte le cose… Grazie ancora!
Cara Eleonora, è un racconto molto delicato e intimo, piacevole a leggersi. Bello come da un piccolo dettaglio origina un grandangolo sulla vita di questa signora, che ispira simpatia e affetto. Decisamente uno dei migliori 🙂
Le zucchine sott’olio mi mancavano! Davvero molto bello e ben scritto. Complimenti per la meritata vittoria!
Eleonora, non sai quanto mi facciano piacere il tuo parere e il tuo commento. Sì, l’idea era proprio quella di partire da un dettaglio “banale” per poi scavare un po’ più a fondo, e sono contentissima che l’intento sia passato. Ci tengo a farti i complimenti (con un ritardo vergognoso…) per la tua vittoria dell’anno scorso! Puoi solo immaginare quanto conti la tua opinione per me 🙂
Quanto al fatto che sia uno dei “migliori”, onestamente ancora non ci credo. Non pensavo di essere tra i venticinque e sono sicura che altri racconti fossero meritevoli di essere premiati. Purtroppo la mia presenza in rete (e quindi nello specifico anche su questo sito) negli ultimi mesi è stata davvero messa a dura prova, sono riuscita a connettermi soltanto per rispondere alle parole gentili lasciate qui sotto, e i racconti che sono riuscita a leggere si contano sulle dita di una mano. Spero durante l’estate di trovare abbastanza tranquillità per porre rimedio a questa mancanza enorme!
Grazie infinite, a tutti.
Eleonora, rinnovo l’emozione provata la prima volta che lessi il tuo racconto.Senti, facciamo così ..a ottobre me ne porti un po’ di queste zucchine …ok??? No, lo,dico per ridere, perché mi sono ri- commossa! E non vorrei ri-piangere…
Bene, bene, sono contentissima sia stato scelto tra i 25: era anche questo tra i miei preferiti! Allora ci vediamo a Lucca e, mi raccomando, non farmi piangere la Laura Florio che poi piango anche io 😀
Ivana, Laura, Gloria: grazie infinite!!! Sono felice che questo racconto vi sia piaciuto e che vi abbia in qualche modo toccato.
Finalmente in questi giorni estivi sto riuscendo a leggere i vostri racconti con la calma e la tranquillità che meritano: la grande “marcia in più” di questo concorso è proprio il confronto diretto tra tutti i partecipanti, permettendo di imparare gli uni dagli altri, perciò sfrutterò i miei giorni di ferie per recuperare tutto ciò che mi sono persa! non vedo l’ora di lasciarvi i miei tardivi ma sentiti commenti (e complimenti) 🙂
Ci rileggiamo da voi!!!
Cara Elonora, sei stata bravissima a immedesimarti nella protagonista e mi hai fatto tanto pensare alle persone anziane, quelle che ci hanno accompagnato negli anni con tanta forza e ora sedute in un cantuccio, così fragili. Sei bravissima, continua a scrivere e ci vediamo a Lucca!
Strepitoso, commovente, ben descritto.