Premio Racconti nella Rete 2017 “I suoi occhi blu” di Eleonora Gargantini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Fare origami è un passatempo irresistibile, basta avere sottomano un piccolo pezzetto di carta quadrata e voilà, il gioco è fatto.
Creare quelle forme per Giacomo è il modo migliore per tenere lontana la noia e il nervosismo durante le ore interminabili passate al museo a lavorare come custode.
Sua madre Giuseppina aveva insistito così tanto perché lui accettasse quel lavoro, che mal si coniugava con la sua mente accelerata e sempre alla ricerca di stimoli e novità. Del resto lui era un Gemelli.
Quella sera di Gennaio, di origami ne aveva fatti trentatré.
Giacomo non sapeva aspettare, l’attesa non era proprio nelle sue corde, meno che mai di fronte alla serata che lo attendeva, pianificata da oltre un mese.
Era tornato a casa dal lavoro e aveva distrattamente cucinato, o meglio, aveva riscaldato il riso e le verdure preparate dalla madre il giorno prima, ignorando perfino la loro consistenza molliccia, che da sempre detestava, tanto che era perso nei suoi pensieri.
Per distrarsi cercava continuamente di pensare ad altro. Gli capitava spesso quando era nervoso, era il suo modo per calmarsi. Si poneva alcune domande generali sulla vita e altre su argomenti più specifici, poi nemmeno si rispondeva, gli piacevano proprio le domande. Dove diavolo sono finiti i cioccolatini che mi ha regalato la nuova collega per Natale? Chissà poi perché a me ha regato i cioccolatini e agli altri delle piante grasse. Mi avrà voluto mandare un messaggio? Ma non aveva detto di essere fidanzata? I rimedi omeopatici per alzare le difese immunitarie funzioneranno davvero o prenderò l’influenza quest’anno? Era stato l’anno scorso o due anni fa che mi era venuta la febbre a 39 e non si abbassava più? Oh mamma il gatto! Gli ho dato da mangiare stasera? Dove diamine si è cacciato? E ora, ha iniziato a nevicare? Se nevica e non posso fare la solita strada delle cascine da che parte passo? Chiuderanno anche quella che dal sottopasso porta in centro paese?
Ma quel pensiero martellava in testa e ad altro non riusciva proprio a pensare.
Guardava continuamente l’orologio, che sembrava essere più pigro del solito e le 21.30 sembravano essere ancora lontanissime.
Ore 20.22. Squillò il telefono. Era lei.
La comunicazione era disturbata da un fruscio insistente, ma dopo un paio di tentativi lei era riuscita a comunicargli che il treno era in orario, che per le 21.30 sarebbe stata in stazione e che se fosse stata in ritardo lo avrebbe prontamente avvisato. Lui l’avrebbe comunque aspettata, doveva dirglielo, era arrivato quel momento in cui non è più possibile stare in silenzio.
Una volta attaccato il telefono Giacomo aveva il cuore in gola e non riusciva più a stare fermo. Il quadro in cucina non sembrava più essere dritto, i pantaloni che aveva indossato gli stringevano, così come l’ultimo bottone della camicia a quadretti bianca e blu di flanella. Doveva riempire quei minuti in qualche modo. Si alzò in punta di piedi, in prossimità della mensola più alta della cucina, alla ricerca delle “sigarette delle emergenze”, ne estrasse una dal pacchetto e la infilò tra le labbra facendo una smorfia di disgusto per quell’odore pungente che non sentiva da quasi un anno, ma l’accese, fece tre brevi tiri e la spense schiacciandola con forza nel bicchiere.
Alle 20.53 non poteva più aspettare. Si fermò un attimo, mise entrambe le mani sul tavolo con i palmi girati all’ingiù, raddrizzò la schiena e respirò profondamente, infilò il cappotto verde militare, guanti e cappello di lana e si precipitò in macchina. Stava iniziando a nevicare e pensava a quanto odiasse guidare quando le strade erano ghiacciate e la macchina sembrava scivolare via ad ogni curva.
Imboccando via de Amicis ricordò quella volta che suo padre gli aveva fatto fare la prima guida, di quando non riusciva ad inserire la prima marcia e poi tutte le altre. Giacomo si ricordò del primo regalo che gli aveva fatto Isabella, un taccuino con scritto sulla prima pagina “Uno spazio tutto tuo, dove trattenere i pensieri belli”. Si ricordò del loro primo bacio sulla panchina del parco, ma non si ricordò del profumo dei tigli fioriti che li circondavano. Gli vennero le lacrime agli occhi, consapevole del fatto che quegli istanti ormai passati non sarebbero più tornati, ora tutto era diverso, erano cresciuti. Si ricordò di quando lei gli aveva confidato che da quando stavano insieme non sentiva quasi più il bisogno di viaggiare, sarebbe potuta stare in una stanza vuota in sua compagnia anche per diversi giorni, senza annoiarsi mai. Si sa, all’inizio di una relazione le cose da dirsi sono tante, poi dell’altro conosci quei piccoli movimenti, li puoi prevedere, ed è lì che si cade. Ci si deve allontanare per ritrovare la magia e riscoprirsi, ma bisogna volerlo fare insieme. Ricordò di quando aveva litigato con il suo miglior amico perché aveva dato un passaggio a casa a lei, che non era ancora la sua ragazza. Quella gelosia ora non la provava più, ora lei non era più in ogni istante nei suoi pensieri. Il mese prima, quando era andata a Roma per seguire il corso di aggiornamento, gli era servito per riflettere e prendere la fondamentale decisione che le avrebbe comunicato quella sera. Giacomo non si ricordò di quella mattina a scuola quando disse alla sua compagna di banco che era innamorato di lei, balbettando. Lei lo aveva preso in giro e gli aveva risposto “Anche no, sfigato!”. Quel due di picche aveva rovinato negli anni successivi gran parte delle sue relazioni amorose, aveva creato sfiducia e lo aveva sempre portato a fare un passo indietro, quando le cose si facevano serie.
Il treno arriva, lui la vede da lontano, è agitato e infreddolito, tanto da non avere più la sensibilità alle dita delle mani e dei piedi e il vapore che sembra fumo esce dalle labbra ancora prima del suo “Ciao”. Eccola, la riconoscerebbe anche in mezzo a un’enorme folla. Il suo passo deciso, il cappotto beige e il caschetto castano.
I suoi indimenticabili occhi blu.
“Isabella, dd-dde-devo dirti una cco-cccosa.”
“Ciao Giacomo, dimmi, tutto bene?
“Sss-Si.”
“Sei strano stai bene?”
“Mi v-vvuoi spo..” “Amore, mi vuoi spos…”
Isabella si avvicinò piano al suo orecchio e Giacomo si sentì avvolto dal suo profumo.
Sfiorandogli la guancia, la ragazza gli sussurrò piano socchiudendo gli occhi, “Assolutamente.”
Eleonora,
con questo racconto hai dimostrato un controllo del linguaggio sopraffino, soprattutto nel tenere viva l’attenzione del lettore e nel riuscire a sviarlo dall’epilogo della vicenda.
Ti posso giurare che leggendo mi sarei potuto aspettare qualsiasi cosa, qualsiasi, meno che un bellissimo finale a sorpresa.
Una storia scritta egregiamente, dal messaggio positivo, pervaso di fiducioso ottimismo, che tratteggia ricordi ed abitudini di una relazione duratura passando al vaglio la vita del protagonista e le sue meticolose abitudini non può che far bene a chi legge.
O almeno a me lo ha fatto :-).
Complimenti.
Grazie mille Lorenzo per tutti questi complimenti e per aver apprezzato con parole così.
Eleonora