Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “ Tra le pieghe dei ricordi” di Elga Venturini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

I ricordi a volte volano fra le strade del mio paese, ripercorrono: i cortili, la piazza, la mia vecchia casa. Rivivo scene del passato, mi sembra ieri, ma in realtà è trascorsa una vita.

Quando ero bambina, con mio fratello scorrazzavamo in bicicletta per quelle strade, e Paf il nostro cane, ci seguiva ovunque andassimo.

Ricordo la signora Lina, che mi fermava  per mandarmi a prendere un gelato. A volte cambiavo direzione, se la vedevo sulla soglia di casa. Dove abitualmente sistemava la sua sedia e guardava i passanti. Qualcuno mi aveva detto, che il marito era morto in guerra, e lei pur essendo ancora molto giovane, non si era mai più risposata.

Le sere d’estate con un gruppo di amici, correvamo di nascosto al fiume, per immergerci e sguazzare nell’acqua.

Un giorno, il mio amico Paolo mentre faceva lo spiritoso, per poco ci lasciava le penne. Nuotammo tutti verso di lui, dopo aver notato la sua difficoltà nel tornare a riva. Se non ci fosse stato Paf, forse non saremmo riusciti a portarlo in salvo. Da quel giorno non andammo più al fiume. I nostri genitori avevano ragione ad impedircelo, era troppo pericoloso.

Una coppia molto bizzarra, abitavano in una vecchia casa vicino all’argine. A volte si mettevano in ghingheri ed andavano a passeggio per il paese. Quando passavano nella mia via lo sapevo sempre in anticipo, qualcuno da qualche parte, bisbigliava, stanno arrivando … Erano sempre a braccetto, lei non tanto alta, dal vestito a fiori ed una grande borsa di paglia, lui più alto di una spanna, portava sempre un vestito a giacca nocciola sciupato, un bastone per appoggiarsi ad ogni passo, ed un cappello cilindrico sul capo, che pendeva da un lato.

Non mi piaceva molto la mia scuola, ovvero, non mi piaceva la mia maestra, continuamente dava problemi di matematica, che odiavo.

Le mie compagne di classe erano felici. L’insegnante diceva:<< Molto bene bambine, facciamo un altro problema?>> E tutte in coro. << Siiiiii!!>>

Volevo gridare, ne ho abbastanza, siamo già a quota sette problemi; ricordo la mia silenziosa disperazione. Non vedevo l’ora suonasse la campanella.

Ma poi arrivava la domenica, con le mie amiche andavamo al cinema, ci rimpinzavamo di brustoline e lupini una vera ghiottoneria, le compravamo fuori dal cinema, dove c’era sempre la signora Rosina, con il suo carretto, aveva ogni ben di Dio. Se eravamo fortunate trovavamo anche le carrube e le mistochine.

La festa che preferivo, oltre al mio compleanno; era l’epifania. La sera prima, io e mio fratello, appendevamo i nostri calzettoni sulla mensola del camino. Non dormivamo quasi la notte, dalla frenesia di scoprire i regali, anche se trovavamo abitualmente pezzi di carbone, significava che non eravamo stati molto bravi, durante l’anno. Però ricevevamo anche molti doni, accompagnati da caramelle e cioccolatini.

Una volta dopo molti anni, sono tornata nel mio paese, ho guardato fra le inferiate del cancello, il mio cortile di un tempo, forse più piccolo di come lo immaginavo, i nuovi proprietari lo tenevano molto bene. Ricordo quando con i miei amici, correvamo giocando alla guerra contro gli indiani, o a lanciarci palle di neve.

Non sarei dovuta tornare, anche se era stata una breve visita. La confusione e l’allegria che regnava in quella strada  non c’era  più, sovrastava il silenzio, non c’erano  bambini in bicicletta, neanche donne sedute sulla soglia di casa. E questo mi rattristiva molto. Quante volte mi arrabbiavo con me stessa, quando il pescivendolo si piazzava sotto alla finestra della mia camera da letto, al mattino presto e gridava: — pesce frescoooo!!! – Svegliandomi puntualmente.

Quando arrivava l’arrotino, urlava ancora di più del pescivendolo, forse in una sorta di competizione fra di loro. Insomma sembrava che tutti urlassero. La signora Cesarina chiamava il figlio a squarcia gola, la moglie del salumiere quando chiacchierava, la sentivano per tutta la via. Non parliamo poi del signor Vittorio, aveva una piccola falegnameria, sentivo segare il legno e battere chiodi per tutto il giorno. Ora dove sono  tutti?

Nell’angolo, alla fine della strada, si trovava l’emporio, dove la mamma mi mandava sempre a fare la spesa, c’era di tutto in quel negozio, persino i giocattoli. Adesso è un garage. I proprietari erano: la signora Gina, ed il marito Umberto. Due brave persone, spesso mi regalavano strisce lunghe di liquerizia, il loro sorriso è rimasto nitido nella mia mente.

Capisco più che mai la signora Lina, la sua solitudine, non camminava molto bene, per questo mandava sempre qualcuno a prenderle qualcosa. Avrei dovuto essere più gentile con lei, non dovevo cambiare strada quando la intravedevo sulla soglia di casa. In fondo ero solo una bambina, forse un po’ egoista, ma in seguito la vita mi ha insegnato tante cose.

Non sono più ritornata nel mio paese dopo quel giorno. Ogni persona che abitava in quella strada mi ha lasciato un solco nel cuore, non ho bisogno di rivedere quei luoghi, perché il loro ricordo è scolpito nella mia memoria. Quando con mio fratello Dario, che ora non c’è più, correvamo fra l’erba del nostro cortile, con le ginocchia perennemente sbucciate, insiemi agli amici e al nostro cane Paf. Solo così risento ancora, le loro voci. E se chiudo gli occhi per un momento, sono là con loro.

 

 

 

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4 commenti »

  1. Ho iniziato a leggere attratto dal titolo.Poi sono stato sedotto dalla semplicità e dalla sincerità. Potrebbe essere tutto inventato o tutto realmente accaduto, in ogni caso è umanità pura e semplice. Mica poco, no ?

  2. Come il vento fa stormire le foglie degli alberi, così i ricordi frusciano, quasi assordanti, seguendo il complicato dedalo di relazioni che la vita ha costruito nell’animo dell’autrice. Sono cicatrici del cuore quelle vie dl paese, solchi che tracciano il confine tra passato e presente, tra ciò che è stato e che essere non potrà più. Un dolore sottile, dolce, quasi tagliente sembra percorrerle trasportato dalla ritrovata consapevolezza di quello che si è amato, anche e soprattutto, senza accorgersene. Eh sì, perché d’amore si tratta, d’amore per la vita, perché chi molto l’ama non può sottrarsi al dolce stiletto imbevuto di triste malinconia che quasi a tradimento sembra colpirci tra le scapole, quando ci voltiamo indietro a rivedere il film della nostra vita.
    Bello!

    Brandolese Mauro

  3. Nel leggere questo racconto ho sentito una profonda affinità con te. Anche io ho perso un fratello e la malinconia che traspare dalle tue parole è così reale che mi ci sono rivista. Un racconto carico di sentimento, vero, vissuto. Al di là che sia frutto della fantasia o meno.

  4. Questa storia scritta dal tuo cuore, dimostra quanto hai amato la tua infanzia e anche tuo fratello che ora è in cielo, il tempo scorre ma il nostro passato, i ricordi, le meravigliose giornate trascorse nel tuo giardino d infanzia sono fantastici momenti di vita ed è importante lasciarli scritti nelle nostre menti.

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