Premio Racconti nella Rete 2017 “Diritto di riscatto” di Luigi Lorusso
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017«Colpo di fine mercato: Cozzolino alla Piaget! Altro sensazionale acquisto del Circolo Didattico. Triennale da 2 milioni ad anno scolastico con opzione sul quarto. Il prof rivela: “Si avvera un sogno”. Il dirigente: “Ci riserviamo altre sorprese prima della campanella”. L’entusiasmo dei genitori».
Pirazzini non aveva neanche finito la prima pagina che il mister lo chiamava: «Andiamo, tutti i gradoni, ho detto tutti. Non uno sì e uno no. Pirazzini, ti mando nel campionato bulgaro se non lavori!».
La Bulgaria era lo spauracchio di ogni calciatore. Due partite al giorno, supplementari, rigori e manutenzione campo. Nazionale obbligatoria per tutti 50 volte l’anno. Doping legalizzato e somministrato direttamente dalla mensa delle squadre. Il tutto, per arrivare a fine mese e non poter comprare neanche un libro. Ti rimaneva giusto qualcosa per la minestra, la maglia, i tacchetti di ricambio.
Pirazzini riprese a sgobbare. Sulle spalle aveva El Pelinho, ma quasi non lo avvertiva, magro com’era. Povero Pelinho, si disse Pirazzini. Tutti quei chilometri in barca, attraversando il mare, per un posto da stopper stagionale, nella provincia di Varese e la costante nostalgia di casa.
Pirazzini riandò con la mente a quand’era bambino, e gli ritornarono episodi che pensava di aver dimenticato, ripensò a tutte le volte che marinava la scuola calcio. Stava ben attento a non farsi vedere e di soppiatto scivolava nell’unica libreria del suo quartiere. Fuori non aveva alcuna insegna, la proprietaria era una vecchia viziosa che gli consigliava tutte le letture adatte alla sua età. Pirazzini arrossiva a sentire quelle parole che a casa sua non si dicevano mai: scienza, poesia, disegno. Doveva stare attento a non farsele scappare mai. Mentre continuava a salire i lunghi gradoni dello stadio, con il suo compagno sulle spalle, ripensò a un episodio che segnò la sua infanzia.
Un giorno uscendo dalla libreria vide passare suo padre, distrutto e appena uscito dall’allenamento: era ancora sudato e saltò anche la doccia, per andare nella stamberga in cui viveva, con la moglie e i quattro figli, a rimediare un po’ di pasta e patate. Il borsone gli pesava sulla spalla e zoppicava leggermente: un suo compagno gli era entrato a gambe unite. Gli contendeva il posto da titolare, per qualche spicciolo in più. Non c’era solidarietà tra i suoi compagni, mancava l’amalgama nello spogliatoio. Ora suo padre lo guardava, gli occhi stanchi e delusi. Pirazzini aveva un libro in mano, non aveva ancora fatto in tempo a nasconderlo.
Pirazzini sr. scosse la testa: «Noi facciamo tanti sacrifici, ci spezziamo la schiena e tu perdi il tuo tempo così. Fa’ vedere!» e stese la mano davanti a sé. Pirazzini jr. non provò nemmeno a negare e gli porse l’oggetto proibito. Al secondo turno lì di fronte era finito il primo tempo e molti calciatori in pausa videro la scena.
«Eserciziario di matematica per la classe 3°» si sforzò di leggere Pirazzini sr. «a che ti serve questo? Chi ti mette in testa certe idee? Dimmelo!».
«Ma papà…» provò a dire Pirazzini jr. «è importante saper fare un po’ di conti… le tabelline…».
I calciatori di fronte, braccia incrociate, guardavano la scena. Pirazzini sr. cercò sguardi solidali ma trovò solo disapprovazione. Era colpa sua, se aveva un figlio che non aveva voglia di sudare.
Decise di parlargli con dolcezza, ma allo stesso tempo onestamente. Non era più un Pulcino, stava per passare tra gli Allievi.
«Figlio mio, io lo so che ogni giorno vedi quei professoroni alla tv che senza muovere un muscolo, senza fare mai non dico un goal, ma neanche un passaggio, una diagonale, un tackle, guadagnano milioni, tutti li ammirano e vorrebbero essere come loro. Ma poi guardi bene e che cosa gli rimane? Che cosa potranno raccontare ai loro figli? Quella è una strada troppo facile. I tuoi maestri sono lì che ti prendono per mano, da quando non sapevi nemmeno stoppare fino a portarti alle rovesciate, ai contropiede, al 4-3-3. È faticoso, lo so, e non diventeremo mai ricchi. Ma almeno siamo onesti».
Pirazzini jr. si vergognò tanto e voleva già buttar via quel libro. Suo padre se ne accorse, gli diede un buffetto sulla testa e gli prese il libro dalle mani, aprì la porta della libreria e lo posò sul bancone. Fissò la libraia dritta negli occhi e le disse con voce ferma: «È lei quella che mette quelle idee in testa a mio figlio. Be’, lasci che glielo dica: io non ho bisogno dei soldi dei professori, non ho bisogno delle loro vite scintillanti. Io lavoro. Io tiro i calci al pallone. Questo faceva mio padre, questo farà mio figlio. Non abbiamo bisogno d’altro».
La libraia rimase in silenzio, aveva gli occhi bassi. Pirazzini sr. fece per uscire ma si fermò sulla porta. L’orgoglio della sua voce fece fremere i suoi muscoli, i grandi polpacci e i menischi ormai andati: «Ma verrà un giorno in cui ci uniremo, tutti i calciatori, lavoreremo insieme per fare un calcio che sia davvero di tutti, in cui ognuno darà quello che ha e riceverà quello di cui ha bisogno. La giustizia pedatoria arriverà e smetteremo di soffrire. Allora non vedremo più professori e scienziati darsi arie alla tv. Saremo tutti uguali e giocheremo meno, ma giocheremo tutti. Vogliamo il Gatorade, ma vogliamo anche le rose».
Pirazzini stava ancora pensando a suo padre e una lacrima si mescolò al sudore, quando sentì il mister urlare: «Pirazziniii!». Provava ad avvertirlo, ma il calciatore distratto non vide l’ultimo gradone e rovinò al suolo con il povero El Pelinho, che si frantumò il crociato anteriore.
Pirazzini fu spedito in prestito con diritto di riscatto al Plovdiv, dove si guadagnò da vivere per tanti anni come capocannoniere.
Ma la notte, ancora oggi, ripensa a suo padre, a quella promessa di libertà, si addormenta e sogna, sogna assurdi titoli di giornale: “Chelsea, follie per Cavani. Berbatov vuole la Fiorentina. Torino: arriva Cerci in comproprietà. De Jong è valutato 10 milioni di euro. Pirazzini rinnova il contratto: ‘Non l’ho fatto per i soldi, amo questa maglia’”.
Ma ogni mattina si ritrova incatenato, a quel campo, a quella maglia, a quella palla. Nessuno esercitò mai il diritto di riscatto.
Luigi,
hai creato un mix perfetto di intelligenza, sensibilità ed originalità.
Non c’è più grande insuccesso per un genitore che condizionare (e spesso rovinare) la vita dei figli appesantendoli con il fardello delle proprie aspirazioni.
Ed è ancora peggio quando un padre, come accade a Pirazzini Sr., neppure se ne rende conto.
Farei leggere il racconto a quei bellimbusti (e ce ne sono tanti) di padri e madri che ogni domenica sbraitano al campetto contro gli avversari del figlio.
Bravissimo.
Da certi passaggi mi sembra di capire che qui il calcio è più che altro una cornice un po’ inquietante, come se quasi dominasse il mondo, strumentale a una riflessione più ampia. Ho letto Diritto di riscatto con curiosità e l’ho trovato diverso e interessante nel suo modo di parlare di genitori e figli ma anche di società, valori e consapevolezza. Bello, grazie 🙂
Grazie a entrambi 🙂
Non comprendo molto di calcio ma non è necessario per capire che anche questo è un racconto molto ben scritto, già dal titolo con doppio significato. Induci profonde riflessioni su questo mondo in rovesciata… si dice così? Ancora complimenti, Luigi.