Premio Racconti nella Rete 2017 “Il mio primo incontro con la follia” di Sabrina Musetti
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017” L’ho incontrata da bambina la follia. Era la follia di mia madre. Non era una follia costante ma una follia a corrente alterna, andava e veniva, e quando arrivava lo faceva sempre all’improvviso. Non era neppure una follia violenta ma era una follia devastatrice per lei e per quella bambina che la osservava impaurita e stupita chiedendosi dove fosse andata la sua mamma.
Le faceva cambiare la voce e lo sguardo, la follia. La voce diventava impastata come quella di un ubriaco. Lo sguardo diventava di ghiaccio, ero lo sguardo di chi fissa qualcosa di orribile, di inenarrabile, qualcosa che penso appartenesse al suo passato.
Cercava di contrastarla la follia, trascinandosi in gesti e azioni normali. Stirava, puliva la casa, cucinava, apparecchiava ma le costava una fatica immensa controllarsi ed ogni più piccolo gesto, ogni insignificante parola che proveniva dagli altri la irritava e allora lanciava sguardi carichi di odio.
La follia vinceva sempre e quando prendeva il sopravvento gli sguardi lasciavano il posto a sboccate imprecazioni e a violente grida contro me o mio padre, e se cercavamo di calmarla ci lanciava addosso qualsiasi oggetto le passasse tra le mani. Poi fuggiva via, si chiudeva in camera e si sdraiava a letto nel buio totale. Voleva stare sola, forse non voleva rischiare di farci o di farsi male, forse si vergognava. Si lamentava però e i suoi lamenti arrivavano fin nella mia stanza rimbombandomi assordanti nelle orecchie.
Dopo qualche ora si alzava, si chiudeva a chiave nel bagno e vomitava a lungo. Io allora uscivo dalla mia stanza e in punta di piedi raggiungevo la porta del bagno. Stavo lì fuori, seduta sul pavimento, spiandola dal buco della serratura nei momenti in cui i conati cessavano perché temevo si lanciasse dalla finestra o si tagliasse le vene.
Non so come avrei potuto impedirglielo se avesse deciso di farlo, forse urlandole di fermarsi, urlandole forte che le volevo bene. Fortunatamente non lo ha mai fatto. Vomitava via tutto il male che aveva dentro e dopo si calmava, usciva dal bagno, tornava a letto e si addormentava. Al risveglio era di nuovo serena e si comportava come nulla fosse mai accaduto, mentre nei miei occhi e nel mio cuore di bambina ogni attimo si tatuava a fuoco.
A distanza di anni ancora mi chiedo se era il male che aveva dentro a generare la follia o la follia a generare quel male. Di certo so che in quella follia sono nati il mio male, i miei tormenti, la mia follia!”
Racconto breve ma intenso, carico di significati e di ricordi. Non lascia indifferenti. La forma è asciutta, quasi asettica, ma trasmette tutta la drammaticità di questa esperienza che si intuisce realmente vissuta.
Sabrina,
mi accodo alla riflessione di Les.
Aggiungo solo che ho apprezato particolarmente il tuo dono della sintesi, che ti ha consentito di carpire senza inutili ed eccessivi fronzoli (e con ottimi risultati) i principali risvolti di un tema davvero ostico.
Insomma, un caso lampante in cui la forma influisce fortemente ad abbellire la sostanza.
Complimenti.
Il racconto mi è piaciuto talmente tanto da farmi dimenticare di mettere due “Z” ad “apprezzato”.
Chiedo venia!!! 🙂 🙂 🙂
Grazie!!! E’ un racconto breve anzi direi brevissimo nato di getto. Ho provato poi ad apportare alcune modifiche per “ammorbidire” la forma, ma nessuna mi convinceva ed alla fine ho capito che diceva già tutto così così come venuto dal cuore, appunto senza inutili fronzoli.
Il racconto breve, descrive bene il vissuto di una bambina che vive la follia della madre.
E in un rapporto così stretto come quello con la madre, rimane in sè una traccia.
Breve e sintetico, ma molto intenso.
Complimenti.
Breve, serrato, intenso, quasi un inno ad una follia drammatica. Complimenti!
Complimenti, efficacissima descrizione!