Premio Racconti nella Rete 2010 “I letti di Anna” di Stefano Finzi Vita
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Il trillo improvviso è una fitta che le trapassa le tempie. La voce che accanto a lei urla “Spegni quel c… di sveglia!” le provoca invece un crampo allo stomaco. Le torna in mente il suo rientro ubriaco la sera prima: ormai se ne accorge anche al buio, non ha bisogno di vederlo. Glielo dicono la porta che sbatte, la sedia urtata tirando una bestemmia, gli sputi nel lavandino, l’olezzo di birra che lo precede quando entra nella stanza. Rannicchiata dalla sua parte di letto aveva pregato che fosse troppo stanco per ricordarsi di lei, ma le sue mani forti l’avevano raggiunta sotto le coperte e piegata senza riguardo ai suoi bisogni. Aveva piantato le unghie nelle lenzuola per sopportare quella violenza e girato la testa contro il cuscino per non respirare il suo fiato puzzolente. Solo dopo, mentre lui dormiva e i suoi ritmici grugniti riempivano la stanza, era riuscita a dar libero sfogo alle lacrime. Gli aveva voluto bene. Gliene avrebbe forse potuto volere ancora, se solo … Abbracciando il cuscino bagnato si era detta che doveva trovare la forza di lasciarlo. Era stufa di dargli sempre un’altra possibilità. Ma aveva pure tanta paura di lui. Per fortuna il sonno era arrivato a liberarla da quel senso di impotenza.
Ora la sveglia l’ha invece riportata alla realtà. Come ogni mattina fuori è ancora buio. Senza accendere la luce infila le pantofole e raccatta a tentoni i suoi vestiti dalla sedia prima di raggiungere il bagno. L’acqua della doccia che scivola insistente sul suo corpo ancora caldo serve a risvegliarla del tutto e a cancellare dalla pelle le brutte sensazioni che le sono rimaste addosso. Un rapido caffè aiuta invece a mitigare i crampi allo stomaco che non la vogliono lasciare. Prima di uscire si affaccia alla stanza da letto per gridargli:
“E oggi cerca di trovarti un lavoro.”
“Vaffanculo!”, è l’unica risposta.
Dal letto alla strada in mezzora, è quanto serve per prendere la corsa delle sei e tre quarti. Non è sola sulla vettura, ma nessuno ha voglia di parlare a quell’ora. C’è pure chi azzarda un supplemento di sonno, con le palpebre che si sollevano appena ad ogni fermata con l’apertura delle porte per riabbassarsi di nuovo quando l’autobus riparte. Lei ne approfitta per ripassare i tempi della sua giornata. La mattina in albergo e nel pomeriggio dalla signora, è così ormai da alcuni mesi, ma oggi c’è pure l’extra. Con due lavori potrebbe andare avanti bene, se lui non spendesse al bar quel che lei guadagna e riuscisse magari a tenersi uno straccio di lavoro per più di una settimana. Così invece ogni fine mese è un incubo mettere insieme l’affitto, e le tocca ricorrere allo “straordinario”.
L’Hotel Aurora è un due stelle sulla circonvallazione dall’altra parte della città, e non è certo roba da turisti. Quando ci arriva lei alle sette e trenta le stanze sono quasi tutte libere. Le coppie che le hanno animate la sera prima sono ormai scomparse da un pezzo. Gli altri clienti sono per lo più rappresentanti in trasferta che riprendono presto il loro giro. I pochi che ancora dormono sgombreranno il campo a minuti. Sono in due a far le pulizie, la hall, le scale e i corridoi da lavare, e poi i bagni. Ma rifare le stanze e i letti in particolare tocca solo a lei, e non le dispiace. La sente quasi come una missione. Le piace entrare per prima nelle stanze ancora in disordine come un investigatore che irrompa sulla scena del delitto. Si capiscono tante cose guardando quel che c’è in giro, e il resto si può provare a immaginarlo. Ogni indizio serve allo scopo. Del rossetto sui mozziconi di sigaretta nel posacenere, un tagliando del cinema nel cestino, il conto di un ristorante, un biglietto ferroviario, la scatola vuota di un farmaco. Ma è proprio sui letti che lei si concentra. Con la sua esperienza lo stato dei cuscini, gli affossamenti del materasso, le pieghe delle lenzuola sono in grado di dirle se il cliente ha dormito supino o sul fianco, se il suo sonno è stato agitato o tranquillo, se in quel letto ci hanno fatto l’amore oppure no. Sono frammenti di vita che lei prova a ricostruire, persone su cui si diverte a fantasticare mentre canticchiando porta fuori la biancheria sporca e vuota i cestini. Certo in quell’albergo le storie in cui si può imbattere non sono granché, squallore di periferia, vite ai margini, amanti clandestini, agenti di commercio di provincia che nella grande città cercano qualche buon affare e un po’ di compagnia a pagamento. Il suo sogno sarebbe quello di essere assunta in un grande albergo. A quali altre storie potrebbe attingere! Turisti da tutto il mondo, famiglie con bambini in viaggio di piacere, artisti in tournée, signore eleganti. Le sembrerebbe di partecipare anche lei delle loro vite, se non altro per il fatto di allestire nei minimi dettagli il palcoscenico dove essi spenderanno di quelle vite le ore notturne. Il momento più bello è per lei infatti quello in cui rifà il letto, con le lenzuola pulite e i cuscini sprimacciati. Ci tiene che tutto sia perfetto. Come quando si cancella la lavagna per bene prima che qualcuno ci torni a scrivere sopra. E non richiude la porta finché c’è qualche traccia del cliente precedente. Solo così si sente davvero soddisfatta.
Quando stacca dall’albergo è ormai ora di pranzo, ma non ha il tempo di ripassare da casa: alle tre l’aspetta la signora, a pochi isolati di distanza. Di solito si ferma al bar all’angolo, dove addenta un panino seduta al tavolo in fondo alla saletta. Il cameriere è ormai un amico, e le fa una corte discreta. Se non ci sono molti clienti si ferma pure a parlare con lei, che si diverte a raccontargli le storie più buffe dell’albergo. Ne ridono insieme, e quella pausa leggera è forse il momento migliore della sua giornata.
Appena arriva dalla signora, la figlia l’assale con tutte le ansie e i problemi che la tormentano:
“Anna, stammi bene a sentire. Mamma stanotte non ha dormito per niente. Si lamentava dei dolori alla schiena e non riusciva a respirare bene. Mi raccomando, pulisci bene la sua stanza, che c’è troppa polvere. Poi fai la lavatrice. Il pacco dei panni da stirare è al solito posto. Per la cena decidi tu, ma attenta al sale. Fai mangiare mamma non oltre le sette e lasciami qualcosa di pronto per quando torno.”
Poi per fortuna se ne va. Lavora tutti i pomeriggi come segretaria in uno studio di avvocati. Da quando il marito l’ha piantata si è ritrovata da sola con la vecchia madre ammalata, che ormai vive a letto, o meglio ci sta morendo, spenta lentamente da un male incurabile. A lei tocca fare le pulizie e cucinare qualcosa, ma soprattutto accudire la signora. Per quest’ultima, che è ancora pienamente lucida, la presenza di Anna è una benedizione. Non le legge negli occhi lo spettro della sua morte imminente, come le succede con la figlia. Lei la tratta con naturalezza, le sorride mentre solleva le sue membra infiacchite e doloranti, le parla d’altro mentre gliele lava con gesti misurati ed esperti e la rinfresca con la spugna imbevuta di acqua di rose, la fa ridere mentre le spalma la pomata sulle piaghe che le devastano la schiena, per poggiarla poi delicatamente sulla poltrona, pulita e rinfrancata, mentre le sistema la stanza. Nel rifare quel letto ci mette una cura speciale. È tutto il mondo di quella signora, il luogo delle sue sofferenze ma anche quello dove abbandonarsi dolcemente ai ricordi di una vita. Deve essere un luogo fresco e pulito, dove possa trascorrere nella dignità ogni istante che ancora le sarà dato da vivere. I cuscini devono essere soffici, le lenzuola e le coperte ben rimboccate. Una volta finito, con la signora di nuovo al suo posto, le si siede accanto per un po’ a leggerle qualche articolo di giornale o un capitolo di un libro, come i suoi occhi stanchi non le permettono più di fare. Spera tanto di riuscire a finirglielo, quel libro. Quando poi alle otto rientra la figlia, non se ne va prima di aver aggiustato di nuovo le lenzuola, sbattuto e sistemato ancora una volta i cuscini, anche se sa benissimo che in capo a un’ora sarà tutto da rifare.
Per quella sera non ha ancora finito. L’aspetta lo straordinario. Un altro letto, questa volta da mettere in disordine tra le braccia di uno sconosciuto. Lì sarà lei la protagonista della scena, e non le toccherà di rimettere a posto. Questi incontri glieli procura il portiere dell’albergo dove lavora, uno o due al mese, solo quando serve. Ne farebbe volentieri a meno, ma tra due giorni c’è l’affitto da pagare. Tutto questo prima o poi finirebbe, si dice, se l’assumesse un albergo di lusso, o se il suo uomo la finisse di bere e si trovasse un lavoro fisso, o forse davvero solo se lei riuscisse a piantarlo per mettersi con qualcuno che le volesse bene sul serio. Pensa al cameriere del bar e le viene da sorridere.
È tardi e buio fitto quando rientra finalmente a casa, con le ossa rotte, le caviglie gonfie e un discreto mal di testa. Le si aggiunge anche un crampo allo stomaco quando sente la sua voce:
“Anna, vieni a letto!”
Bella l’idea del “letto” come leitmotiv del racconto.
Mi sono piaciute molto le parti “di cura”, cioè quelle nelle quali viene fuori l’amore che la protagonista ha per i vari lavori che fa, siano essi di cura di una stanza o di una persona. Ma mi è arrivato diretto un pugno nello stomaco a pensare a quanto la sua vita potrebbe essere diversa se solo riuscisse a prendere una decisione. Realistico, pensando a quante situazioni così ci sono in giro.
Bello, anche se triste. Il personaggio è ben descritto, le sue speranze, i suoi modi garbati, la sua sofferenza, il suo non essere ascoltata da nessuno (e forse nemmeno pensa di meritare di essere ascoltata). Complimenti!
Mi è piaciuta la descrizione della proagonista, la narrazione fluida e curata. Molto realistico.
Carmina Trillino