Premio Racconti nella Rete 2017 “Risvegli” di Cristina Sferragatta
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Era aprile. L’aprile di una primavera tiepida. Era aprile e mi ero innamorata. Quell’anno anche io mi risvegliai insieme alla natura. Erano almeno quattro anni che per me esisteva solo l’inverno. Era cominciata come una storia delicata fatta di piccoli passi , quando ero entrata là dentro non mi aspettavo certo una cosa simile.Avevo deciso di mia spontanea volontà di entrare in quella clinica per iniziare un percorso di disintossicazione. Avevo un aspetto curato, mantenevo ancora una certa bellezza esteriore, non sembravo una drogata come la maggior parte degli altri pazienti. Infatti quando vidi Andrea per la prima volta mi scambio’ per una visitatrice, io stetti al gioco e finsi di essere venuta a trovare mio fratello.
La mattina dopo l’infermiere venne in stanza a portarmi la colazione e mi riconobbe. Io all’inizio provai vergogna, non per l ‘ imbroglio, ma per il mio aspetto molto diverso dal giorno precedente : struccata si vedevano le occhiaie, la pelle spenta, la bocca impastata. La camicia da notte senza maniche lasciava intravedere le braccia livide e lui si stava rendendoconto anche della mia aria triste, che la prima volta mi non aveva colto, avevo recitato bene la mia parte.Abbassai la testa sconfitta, ma lui , inaspettatamente , mi sorrise e il suo sorriso era così caldo, rassicurante che mi sembrò che un raggio di sole mi avvolgesse riscaldandomi dentro nel profondo.Era una sensazione nuova io avevo sempre tanto freddo in qualsiasi stagione, anche nelle notti estive mi capitava di avere i brividi e cercare le coperte accoccolandomi in me stessa. Qualche ora dopo finito il turno dei medici mi trovavo smarrita e desolata nel parco della clinica su un dondolo con le ginocchia strette al petto. Andrea mi notò e si sedette accanto a me, scoppiai a piangere gli chiesi un abbraccio, non so quanto fosse lecito, ma ne avevo uno smisurato bisogno e lui mi accolse tra le sue braccia. Da quel momento tra di noi si creò un rapporto unico, un’empatia talmente forte che dopo anni finalmente inizio’a sciogliersi quella scultura di ghiaccio che si era creata dentro di me , riapri’ speranze e orizzonti nella mia vita. Iniziai nei giorni a confidarmi con lui più di quanto facessi durante le sedute con la psicologa.
Una notte stetti male, mi stavano calando il metadone abbastanza rapidamente ed ebbi una crisi molto forte. Il campanello non funzionava per un forte temporale venuto il giorno prima, mi trascinai a fatica in infermeria. Il medico di guardia mi fece fare subito una fiala intramuscolo per sedarmi, quella sera Andrea era di turno… tutto Inizio ‘ ad annebbiarsi e senza accorgermene mi trovai in braccio ad Andrea che mi stava riportando in stanza. Non ero molto presente a me stessa in quel momento, ma mi ricordo che una volta adagiata sul letto lui mi diede un bacio sulla fronte. Mi scivolò una lacrima, era tanto che non ricevevo queste tenerezze, avrei voluto che rimanesse con me , poi scivolai nell’incoscienza. L’indomani mi svegliai stordita, per un momento non mi resi neanche conto dove fossi.Era già pomeriggio e una mano mi sorreggeva il capo, mi stavano dando del tè , vidi in maniera sfuocata il viso di Andrea che galleggiava nell’aria. Mi fece una carezza sul viso e mi disse che andava in ferie e sarebbe tornato presto.Non volevo immaginare le lunghe giornate lì dentro senza di lui, non mi aveva detto neanche quando sarebbe rientrato. Due settimane dopo in un tardo pomeriggio che volgeva ormai alla sera, il sole basso inondava di luce il parco mentre sedevo sul mio solito dondolo. Inaspettatamente qualcuno mi mise da dietro le spalle degli auricolari nelle orecchie, si diffuse una canzone armonica delicata, com’era stato delicato il gesto di chi me le aveva messe. Non mi sono voltata, ma in quel momento catturo’ la mia attenzione un verso della canzone che diceva ” cammino sopra un filo, ma mi accompagni tu “. Capii in quell’istante che Andrea era tornato mi voltai e lui mi disse che mi aveva pensato tanto in questo periodo .Mi trovava meglio , infatti la degenza stava giungendo al termine. Lui mi aveva aiutata ad uscire dal mio inverno, ma pensavo che ora sarebbe uscito lui dalla mia vita. Invece il giorno della partenza, dopo un bacio furtivo, mi mise in mano un biglietto con scritto un numero di un cellulare e mi disse di farci quello che ritienevo più giusto .Io uscii dal cancello della clinica guardando dopo tanto tempo il mondo a testa alta e ammirando l’inizio di un’estate che scorreva dal finestrino della macchina espandendosi prorompente per i campi con i suoi girasoli, accese macchie di colore in movimento come li dipingeva Van Gogh.
Bello il rapporto che descrivi. Cerca di renderlo più originale sforzandosi di trovare metafore più personali. Questo è soltanto un suggerimento, a volte spiegare meno e far muovere di più i personaggi rende più efficace quello che vuoi trasmettere. Attenta agli spazi e alla forma del tuo scritto, rende la lettura più piacevole. Paolo
Cristina,
hai percorso il calvario narrativo della riabilitazione con garbo e semplicità, senza strumentalizzare o forzare un argomento così duro e terribile.
In certi momenti della vita, che siano estremi come quello di cui parli o anche, semplicemente, più bui del solito, un faro da seguire può fare miracoli, indicando la giusta rotta su cui riallinearsi.
E, chissà, magari può trasformarsi in un inatteso, salvifico amore.
Molto brava.
Sembra un racconto autobiografico… ma questo non è importante. La cosa importante è che i sentimenti hanno la capacità di nascere in mezzo alle macerie, di una città o di una vita, e tu l’hai raccontato con grazia e luce. Complimenti!