Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “R.P.” di Alessandro Pinci

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Sullo schermo della TV c’è l’immagine fissa del letto. Tutto è in ordine e i due cuscini con le federe rosse sono appoggiati alla testiera.

Non c’è nessuno, per ora.

Hanno girato quel video un anno fa. Lo ha chiesto lui come regalo per il suo compleanno e dopo quel giorno lo hanno guardato insieme decine di volte prima di fare sesso.

Lei ha acceso il lettore dvd un’ora fa, appena rientrata in casa.

In verità avrebbe bevuto volentieri qualcosa di forte ma non ha trovato nulla. L’alcool lo portava sempre lui. Succedeva spesso che si ubriacavano. Era il loro modo di rendere tutto più facile.

Invece è andata subito in camera da letto. Si è spogliata gettando a terra i vestiti, è entrata in bagno per lavarsi il viso e poi, in reggiseno e mutandine, si è seduta sul letto.

Lo stesso che compare sullo schermo della TV e dove loro scopavano.

 

 

La chiesa, grande e moderna, con un enorme Cristo in metallo che, penzoloni, veglia sopra l’altare, è stracolma di gente. Non potrebbe essere altrimenti. Sono tutti lì per piangere la morte di un giovane uomo stroncato da un infarto mentre faceva jogging. Un uomo probo, dedito al lavoro e alla famiglia.

All’entrata della chiesa ci sono decine di corone e cuscini di fiori. Sua moglie li ha osservati tutti. C’è quella degli amici del lavoro (“Al nostro caro e stimato collega”). Quello della mamma (“Al figlio che tutti avrebbero voluto avere”). Quello degli amici del calcetto (“Al nostro miglior amico e giocatore”). C’è ne uno che non sa di chi è. Sul nastro ci sono solo due iniziali. R.P.

Seduta al primo banco la moglie piange come una disperata mentre stringe a sé i figli. Non riesce a fermare i singhiozzi. I bambini sono troppo piccoli per capire realmente quello che succede lì dentro. In quel momento sentono solo una strana sensazione di disagio che non hanno mai provato nella loro breve vita.

 

 

La donna seduta sul letto conosce solo il dolore per la perdita dell’amante. Se il dolore fosse proporzionale alle ore trascorse con chi non c’è più il suo dovrebbe essere infinitamente più lieve di quello della moglie. Ma lei non pensa che sia così. Il dolore della moglie non può essere più forte del suo; non potrebbe resistere.

Ha saputo della sua morte leggendo un annuncio funebre attaccato sul muro davanti casa. Sembrava fosse stato messo lì apposta da qualcuno che volesse farle del male. Nessuno le ha detto nulla, tanto lei non esisteva.

Ora è pronta però. È la prima volta che guarda il loro video da sola. Soprattutto è la prima volta che lo guarda stringendo in mano un fazzoletto umido.

Prende il telecomando e spinge il tasto di riproduzione. Per alcuni secondi l’immagine rimane sempre la stessa. Poi ci sono loro due, consci dell’occhio che li sta osservando e li sta fissando per sempre, uniti, su un supporto magnetico. Lei indossa una vestaglietta rosa e lui è in mutande. A lei è sempre piaciuto che lui stesse senza vestiti.

 

 

La moglie nonostante il dolore pensa che la musica che avvolge la navata è bella. Non conosce il titolo del canto, però le piace.

E tu come un desiderio che non ha memoria, Padre buono, come una speranza che non ha confini, come un tempo eterno sei per me.      

Pensa che sia perfetta per accompagnare la bara che sta per entrare in chiesa. Sente il mormorio della gente e volge lo sguardo, offuscato dalle lacrime. Il suo amato è lì che sta per avvicinarsi di nuovo alla sua famiglia. Unita per l’ultima volta.  La cassa l’ha scelta lei. Non ha badato a spese. Ha voluto il legno di ciliegio; la conforta sapere che un albero dai frutti così buoni possa dare il materiale per costruire la bara dove è adagiato il corpo di suo marito. È in mezzo a cuscini di seta che ha scelto personalmente lei, uno per uno. È sulle spalle dei quattro migliori amici di suo marito. Si conoscevano fin dalle medie. Le aveva raccontato decine di episodi della loro giovinezza. Ora ha in mente solo quella volta che sono stati arrestati in Sardegna per una misera canna. Avevano cenato centinaia di volte insieme, anche a casa loro.

Mentre percorrono la navata i quattro hanno le lacrime agli occhi. Quando arrivano davanti all’altare si girano verso la moglie. Lei li fissa li vede come se fossero rimasti a quell’età, come se fossero tutti figli suoi.

Adagiano lentamente la bara a terra e, dopo averla accarezzata, altrettanto lentamente se ne vanno ognuno al proprio posto.

 

 

Sullo schermo lei si sfila la vestaglia e rimane nuda, lui l’ha abbraccia e lei, mentre si baciano, gli toglie le mutande facendole scivolare lentamente lungo le gambe.

Si sdraiano sul letto e lui si mette sopra di lei.

Ricorda ogni singolo momento di quell’incontro. Tutto le torna di nuovo alla mente.

Questa volta però, guardandolo, si sofferma sui loro piedi. Non sa perché, ma li fissa. Nota come i suoi siano filiformi e piccoli; osserva i piccoli calli che testimoniano i tanti anni di danza. Quelli di lui invece sono tozzi e con le dita rovinate dalle troppe partite a calcetto.

Le sue dita affusolate si distendono mentre lui ha la testa in mezzo alle sue gambe. Amava essere leccata. Piega il suo alluce mentre lui le bacia ogni singolo lembo della pelle rugosa circondata dai pelli riccioluti. Lo guarda risalire lungo il suo corpo snello, verso la bocca. Entra dentro di lei, lentamente, con cura. È come sentirlo di nuovo. Un brivido le pervade l’interno coscia. Non vuole fare nulla però; solo continuare a guardare lo schermo. Ci sono solo loro due ora. I loro piedi sono ormai intrecciati, si strusciano l’uno con l’altro. Sembra di guardare un essere con quattro gambe. Poi lui la prende e la gira. Anche i loro piedi fanno lo stesso. I suoi, sono sul dorso, distesi sul letto e si vede la pianta. Quelli di lui sono fermi, poggiati sulle lenzuola per permettergli di spingere più forte. Fremiti che si susseguono. Le sue dita che si distanziano una dall’altra e si tendono per arrivare all’infinito.

 

 

Il prete non ha mai conosciuto suo marito. Era da tanto tempo che non frequentava la chiesa del quartiere. Troppo indaffarato con il lavoro. Tornava tardi la sera e a volte era fuori per il weekend. Le diceva che faceva tutto quello per loro. Doveva assicurare loro il benessere che meritavano. Ma negli ultimi tempi le aveva promesso che avrebbe smesso di lavorare così tanto e che avrebbe trascorso più tempo con loro. Avrebbe solo dovuto sistemare delle cose le ha detto. Ma non è stato di parola. A questo sta pensando sua moglie; invece di starle più vicino si è allontanato per sempre.

Il prete sta parlando di lui. Sta dicendo che quando un uomo così giovane viene chiamato da Dio vuol dire che era un brav’uomo. Il cielo è di quelli che se lo meritano dice. Ne è convinta anche sua moglie. Pensa che lui si meriti tutte le lacrime che si stanno versando in questa chiesa. Deve pur farsene una ragione. Guarda i loro figli, seduti accanto a lei. La piccolina sta giocando con una bambolina che le ha regalato il papà al suo ultimo compleanno mentre il grande ha lo sguardo fisso sul prete. Ha gli stessi occhi del marito. Un verde tendente al grigio. Quegli occhi che negli ultimi giorni di vita non hanno mai smesso di luccicare.

Anche il giorno che lui le ha detto che stava per andare via. Sua moglie gli ha detto di non agitarsi, che sarebbe guarito e che sarebbe tornato a casa dalla sua famiglia. Era convinta delle sue parole, così tanto che non aveva aggiunto altro. Niente di quello che avrebbe voluto dirgli. Ma poi non c’è stato più tempo per parlare. È finito tutto. Semplicemente in una notte.

Per questo non appena il prete finisce lei non aspetta che tutti si avvicinino per darle le condoglianze. Si alza e va verso la bara. Si inginocchia e la abbraccia. Non vuole essere disturbata. Ha troppe cose da dire a suo marito.

 

 

Poi lui si ferma. Si alza in piedi e la prende per mano. Lei lo asseconda e si inginocchia. Gli accarezza le gambe con le sue lunghe unghia color pervinca. Sa che gli piace. Glielo prende in bocca. Lui accompagna i suoi movimenti con la mano sulla sua testa. Lei voleva tutto di lui. Ha sempre voluto tutto, ma non è riuscita ad ottenerlo. Lui è sempre tornato da sua moglie. Le ha promesso mille volte che avrebbe sistemato la situazione ma non lo ha mai fatto.

Anche quel giorno, in quelle immagini che vorticano nel suo televisore, lui le aveva fatto una promessa e lei era felice mentre il suo calore gli riempiva la bocca.

Lei avrebbe voluto essere in chiesa. Da lui. Solo per dirgli addio, era il suo turno e non come un mese prima quando glielo aveva detto lui aggiungendo che aveva deciso di rimanere con sua moglie. Non provava rancore per quello che le aveva confessato. Se lo aspettava prima o poi, sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di lasciare la sua famiglia. Ma stare lì senza essere nessuno sarebbe stato ancora più doloroso. Lei non deve esserci, a lei  non è permesso piangere il suo corpo in pubblico. Quello spetta alla moglie. Lei può soltanto rimanere nella sua stanza e guardarlo ancora sullo schermo stringendo in mano il fazzoletto ormai fradicio. Tutte le volte che vorrà.

 

 

La messa finisce e le persone escono silenziose dalla chiesa, sembrano delle formiche in fila, fuori dalla loro tana. Una dietro l’altra. Si forma naturalmente il corteo funebre. Tutti nei loro abiti scuri vogliono accompagnare quell’uomo fino al cimitero.

In mezzo alle tombe, in quel luogo placido, dove l’unico rumore che si sente è quello del vento che accarezza le lapidi di marmo come fa una madre affettuosa con la figlia, sua moglie è a proprio agio. Si sente protetta come se non potesse succederle niente di ancora più grave. È in mezzo ai parenti e agli amici ma è comunque in disparte. Il prete sta leggendo le ultime benedizioni.

Pensa a come dovrà sistemare molte cose da sola.

Ci saranno milioni di scartoffie da compilare.

Dovrà crescere i suoi figli senza il suo aiuto.

Dovrà ricordare loro suo marito.

Dovrà sistemare i suoi vestiti. È indecisa se metterli via o lasciarli nell’armadio.  Ma poi ci riflette.

Non c’è fretta.

Non c’è fretta più per nulla.

 

 

Ora non ci sono più sullo schermo. Sono andati a fare la doccia insieme. La facevano sempre quando finivano di fare l’amore. A lei piaceva anche se sapeva che lui si lavava per togliersi di dosso il suo odore per paura di farsi scoprire quando sarebbe tornato a casa da sua moglie e dai suoi due figli.

Spegne tutto e lo schermo rimane fisso, nero.

Il nero cancella tutto.

Si alza dal letto e si avvicina al mobile su cui è poggiata il televisore. Fa’ uscire dal lettore il dvd su cui non c’è scritto nulla.

Come nulla è scritto sulla custodia di plastica all’infuori di due iniziali: R.P.

Lo ripone dentro un cassetto dell’armadio.

Sicura che non lo prenderà mai più.

 

 

Con gli occhi velati dalle lacrime la moglie guarda la bara color mogano entrare lentamente nel fornetto. Sono tutti lì intorno, come se stessero aspettando che da un momento all’altro lui uscisse da quel buco. Invece i due becchini prendono mattoni e calce per chiuderlo lì dentro per sempre. Mentre lo stanno tumulando la moglie volge lo sguardo, si asciuga le lacrime e si guarda intorno.

Forse vuole controllare chi c’è.

Sente di dover cercare qualcuno.

Incrocia lo sguardo di persone che conosce e di altri che non sa chi siano. Alcuni abbassano gli occhi. Altri fanno un sorrisetto inutile e fasullo.

Lascia stare. Non ne vale la pena dice a se stessa.

Poi torna sul loculo. È finito. Gli inservienti tolgono tutti gli attrezzi. Si allontanano per lasciare spazio ai parenti. Loro sono soltanto di passaggio. I congiunti però non si muovono, aspettano che sia la moglie ad avvicinarsi.

Lo fa. Tocca la fredda pietra con la mano destra e pensa solo a quale foto di suo marito dovrà mettere sulla lapide.

 

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4 commenti »

  1. Bello! Una situazione classica rivisitata con un’emotività e un’ispirazione che colpiscono. Forse la moglie qualcosa ha intuito, l’amante invece ha avuto il privilegio della sincerità finale. Nel complesso mi sembra che loro ne escano meglio, ciascuno a modo suo 🙂

  2. Molto cinematografico questo racconto: sembra di vederle davvero, la moglie e l’amante, mentre piangono ciascuna a su modo il loro amato. Mi è piaciuto il tempo, la contemporaneità nella quale scorrono le immagini, le descrizioni azzardate, erotiche ma mai volgari, i pensieri borghesi e banali della moglie, anello debole di questo triangolo amoroso del quale lei è il lato minore. Mentre leggevo, nonostante le protagoniste fossero due donne pensavo che poteva averlo scritto solo un uomo. Mi hai molto colpita, Alessandro.

  3. Molto bello il contrasto che hai creato tra le scene calde e sensuali e il freddo che aleggia intorno alla moglie, che raggiunge il suo apice nella carezza finale. Mi incuriosisce molto la sigla del titolo (le iniziali dei due amanti? riposa in pace?)

  4. Grazie a tutti.
    E’ bello avere commenti così positivi da persone che non conosci.
    Sapere che avete usato un pò del vostro prezioso tempo per leggere un mio racconto mi lusinga molto.
    Il titolo diciamo che riguarda entrambe le cose.

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