Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2017 “Lo scrittore di incipit” di Graziano Zambarda

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

    Posò la penna dal  tratto sufficientemente marcato per chi, come lui, con gli anni aveva sommato presbiopia a miopia e si disse: “Ottimo inizio. Sì, decisamente uno dei migliori” e incrociò le dita attorno alla nuca stiracchiandosi con voluttà.

Lui si considerava uno scrittore ibrido: utilizzava sia penna che tastiera. La penna per le impellenze che potevano nascergli in qualsiasi momento, la tastiera per far fiorire quello che aveva seminato sulla fedele moleskine.

Lo scrittore sosteneva fossero assolutamente fondamentali le prime righe di un testo: dovevano essere come un rassicurante Caronte che avrebbe accompagnato il lettore attraverso le insidie della narrazione che lui amava aspra e poco accondiscendente. La rampa di lancio, la scaletta per salire su un aereo con destinazione solo immaginata.

A parte qualche racconto su alcune di quelle riviste distribuite gratuitamente il cui destino era di passare con rapidità dalla cassetta della posta al contenitore per la raccolta differenziata, non aveva mai pubblicato un solo romanzo. Avesse trovato un editore tanto fesso e altrettanto bizzarro da concedergli credito, avrebbe potuto, invece, pubblicare un’ampia raccolta di incipit. Ne aveva scritti a migliaia.

 

Lo scrittore era sposato. Un presupposto che gli rendeva possibile la sua condizione di scrittore non pubblicato. Era sposato con una donna ricca. Il fatto non avrebbero però prodotto effetti se fosse mancato il successivo; a permettergli di considerarsi uno scrittore era altro: sua moglie era innamorata di lui. Della cosa continuava a meravigliarsene. Che lo fosse stata, innamorata, all’inizio della loro relazione era comprensibile, chiunque può innamorarsi di chiunque, ma che continuasse ad amarlo dopo quasi trent’anni di convivenza appariva sorprendente pure a lui.

 

Si erano conosciuti in autunno. All’inizio l’aveva giudicata nient’altro che intelligente. Il suo giudizio cambiò radicalmente l’estate successiva, incontrandola in spiaggia. Il bikini le donava maledettamente. Lo scrittore aveva provato una fitta dolorosa al petto. Tutto quello che i pantaloni di taglio maschile e le bluse con le quali amava vestirsi celavano, il costume da bagno esaltava. Ma non era solo un fatto estetico, pareva che il sole le donasse un qualcosa di speciale: le faceva sbocciare la pelle, gliela vivacizzava. In più, le sue movenze assumevano una intrigante morbidezza felina.

Pure lei, confesserà più tardi, s’era innamorata di lui quell’estate: dei suoi piedi. Da quel giorno lo scrittore aveva preso ad indossare solo sandali e in casa a camminare scalzo.

 

Lo scrittore era coetaneo di Paco Ignacio Taibo II. I due, gemelli entrati nel mondo passando per uteri diversi, condividevano il medesimo anno, mese e giorno di nascita. Non lo stesso talento, purtroppo. Lei, per lo scrittore di Gijón provava il classico sentimento di odio-amore. Per dire, se, uccidendolo, avesse potuto appropriarsi della sua arte, non avrebbe esitato a farlo, tanto l’odiava. Non perché considerasse l’Ignacio uno scrittore eccelso, lo considerava abbordabile, addirittura alla sua portata, però gli riconosceva l’arte dell’incipit. In quello era un maestro, e per questo l’amava. Ogni capitolo, e di capitoli in ogni romanzo ne infilava parecchi, aveva come minimo un incipit dignitoso. Parecchi ottimi, i rimanenti sempre sopra la media. Anche se il suo odio-amore verso Taibo non nasceva dall’invidia per un suo incipit, bensì per una chiosa:

“Guarda che nuvole, pioverà forte”.

“Saranno nuvole piene di merda” disse Héctor, senza alzare gli occhi dal selciato.

Lo stronzo ci sapeva decisamente fare.

 

Lo scrittore aveva una sua personale classifica degli incipit. Quello che deteneva incontrastato il primato era l’incipit del romanzo in eterno divenire di Snoopy, il bracchetto disegnato da Charles M. Schulz: “Era una notte buia e tempestosa”.

Benché fosse scritto da un fumettista, lui lo metteva in cima alla sua lista per la magia dell’attesa che la breve frase sapeva trasmettere. Mai lo scrittore avrebbe confessato che la sua predilezione per quell’incipit dipendeva dal fatto che fosse destinato a rimanere tale per sempre: nient’altro che un incipit, come i suoi.

Tralasciando il “Chiamatemi Ismaele” dal Moby Dick di Melville, strepitoso, diceva lui, dove quel nome appariva come un perfetto indicatore, uno dei più scopiazzati poi, magari anche con genio come da Tabucchi nel suo ripetuto e delizioso ritornello “Sostiene Pereira”, la personale classifica dello scrittore proseguiva con un ex-equo.

Ovvero:

    “Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo” dove l’incantesimo stava nell’intrigante “E me ne approfittavo” che non solo alleggeriva la possibile pesantezza trasmessa della frase precedente, ma metteva in corpo al lettore una voglia incontinente di conoscere quella che dava l‘impressione d’essere una storia come minimo bizzarra.

E

    “Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d’Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara”.

Godevano di un ex-equo in quanto lo scrittore sosteneva fossero uguali, non copiati, beninteso, ma che avessero la stessa identica struttura narrativa. Può essere che il primo avesse influenzato il secondo, pensava, ma non era detto. Lui riteneva che quel “E me ne approfittavo” fosse l’esatto parallelo del “La trovò poco chiara”.

Queste erano le sue convinzioni in fatto di incipit. Fossero o meno condivisibili, non gli importava. Che lo fossero dalla moglie, aveva invece il suo peso.

Lei poi, volendo, il denaro per pubblicare un suo romanzo l’avrebbe messo volentieri; credeva nelle qualità letterarie del marito. Lo scrittore aveva sempre schivato l’offerta sperando, allo stesso tempo, che la moglie non l’ascoltasse e, magari a sua insaputa, mandasse un suo lavoro alle stampe. Per questa ragione il suo personal computer non aveva nessuna chiave d’accesso e sovente invogliava la moglie a utilizzarlo.

Avere una moglie danarosa, e generosa per giunta, produceva dei bei vantaggi; voler ad ogni costo dare l’impressione di non approfittarne ne faceva perdere qualcuno. E pure la sua autostima, dopo trent’anni di convivenza e dipendenza economica, capitava che talvolta tendesse al basso.

Ciò nonostante, lo scrittore posò la penna e rilesse l’incipit:

“Se non aveva mai versato un lacrima, lo doveva alla madre che del pianto aveva fatto una micidiale arma di ricatto. Odiava le lacrime, come odiava il viso rigato di rimmel che la madre si tamponava con fazzolettini profumati di lavanda. Ancora bambina aveva deciso che nessuno l’avrebbe mai vista in quello stato. Non avrebbe mai pianto; neppure di felicità”.

E, appagato, schiacciò il tasto invio.

 

 

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15 commenti »

  1. Ciao Graziano, come va? Bel racconto, scorrevole e accattivante, scritto molto bene. A parte la moglie danarosa, a tratti sembra che parli di me, anche il mio pc trabocca di incipit, ma anche di finali, manca solo la polpa. Condivido il fatto che l’incipit sia molto importante. Ottima anche la descrizione del personaggio, par di vederlo. A presto, speriamo, ciao.

  2. Originale e particolare questo racconto che suscita simpatia e partecipazione. Lo scrittore al centro con le sue aspirazioni, difficoltà, desideri è tutti noi che cerchiamo di scrivere e naturalmente l’incipit a seconda se sia o meno riuscito dà la spinta a continuare a scrivere o a continuare nella lettura. Tra ironia e verità l’autore si confessa, ma non c’è pessimismo, né dramma, bensì presa do coscienza e poi chissà dopo quell’ “invio” la fortuna aiuterà.

  3. Un racconto molto piacevole e ironico ma anche ricco di spunti. Ad esempio stimola chi legge a fare la sua classifica di incipit. Fantastico il riferimento a Snoopy, le strisce sullo scrittore di racconti sono tra le mie preferite, sicuramente, e nel tuo racconto si sposa alla perfezione alle citazioni colte che fai. Bello!

  4. Al contrario tuo, Graziano, io non sono così convinta che l’ incipit sia così importante. A meno che, certo, lo scrittore non sappia dal principio quale sarà il finale perché, in tal caso, potrebbe certamente giocarci. Credo che le basi di un racconto stiano al centro, che si delinea nel momento in cui lo scrittore inizia a ” soffrire ” o iniizia davvero a salirgli l’ adrenalina. Tutto il resto, inizio e fine, si plasma, si adatta, si fortifica. Ma questa è una mia personale opinione e, ti ringrazio di avermi regalato l’ occasione per questi spunti di riflessione. Venendo invece al tuo racconto, ti posso dire che l’ho trovato molto sagace, divertente ed intrigante. Complimenti!!

  5. Graziano,

    il tuo scritto è stato motivo di piacevoli ed inattese riflessioni sulla struttura dei testi.

    Personalmente, quando leggo un romanzo non faccio troppo caso agli incipit, o almeno non a quelli di tutti i capitoli.

    Forse, e dico forse, ma si tratta di opinione assolutamente personale, ci faccio più attenzione leggendo un racconto breve, perché la presenza di un buon inizio stimola il mio interesse e la mia curiosità nei confronti di una composizione che, per propria natura, è destinata a consumarsi in poche, pochissime battute.

    Detto questo, il tuo racconto è originalissimo ed accattivante, mi è piacuto davvero.

    Ah, dimenticavo la cosa più importante: per me “posò la penna dal tratto sufficientemente marcato per chi, come lui, con gli anni aveva sommato presbiopia a miopia e si disse “Ottimo inizio. Sì, decisamente uno dei migliori” è un incipit fantastico!

    Complimenti.

  6. Molto bello Graziano, per scrivere un buon incipit ci vuole l’ispirazione e pure per scrivere un bel titolo: a me i tuoi son piaciuti tanto! Bella la figura di quest’uomo mantenuto per amore (che poi pure la scirttura la si “mantiene” per amore) e bello il suo circolo vizioso che lo infastidisce ma pure lo appaga. Buona fortuna, è un bellissimo racconto!

  7. Un racconto che termina con un incipit? Lo trovo originalissimo!!! Complimenti Graziano, storia scorrevole si legge con piacere.

    In bocca al lupo!!!!

  8. Divertentissimo! Congratulazioni!

  9. Ciao Graziano, complimenti! Sono molto contenta che sia stato scelto il tuo racconto di cui ero già sostenitrice. E W Snoopy!

  10. Graziano, il tuo purtroppo mi era sfuggito, come d’altronde altri vincitori, e non solo.
    Hai già giustamente vinto: congratulazioni! Bellissimo!

  11. …Come aveva potuto ?
    dimenticare l’inizio è forse peggio che non arrivare alla fine.

    Graziano, scusa ma non ho resistito a inserire un incipit per scusarmi se arrivo solo ora alla lettura del tuo straordinario racconto,
    ho apprezzato tutto :l’originalità della trama sviluppata da una prosa elegante e leggera
    il ritmo straordinario per una storia fatta di riflessioni e il risultato finale che è fantastico.
    Bravissimo, meritatissima la tua vittoria.

  12. Graziano, finalmente sono riuscita a leggere il fuo racconto. Confesso che ci ho preso gusto durante la lettura, stimolante per quel mescolarsi di vita e letteratura, di velleitarismo e aspirazioni, di personaggi e persone che, alla fine, diventano esse stesse personaggi. Fluida la scrittura e bello l’incipit che chiude, lasciando aperta una storia che potrebbe proseguire come chiudersi lì.

  13. Secondo me l’incipit è quasi un genere letterario ( cosa che probabilmente qualcuno ha già detto ). A volte si può fare più fatica a trovare la prima battuta di una storia, ma anche il primo verso di una poesia, che non a svilupparla. L’incipit è fascinoso e pericoloso, può essere un imprinting dal quale è difficile poi liberarsi. Saperlo gestire richiede doti non comuni che meritano di essere riconosciute. E magari premiate 🙂

  14. Molto ironico e scritto benissimo! Complimenti, ci vediamo a Lucca!

  15. Ma che racconto stimolante! Ci sarebbe da chiedersi perché, psicologicamente, quest’uomo non riesca ad andare oltre l’incipit.
    Un sacco di storie, situazioni, eventi, che rimangono lì, cristallizzati in un orizzonte potenziale. IL trampolino per andare oltre ci sarebbe pure, e il protagonista del racconto sa precisamente dove sta: quel “e me ne approfittavo” “La trovò poco chiara” e così via, che riconosce analizzando gli incipit dei romanzi famosi. Sono loro che danno la spinta per passare della prima frase alla polpa del romanzo. Il protagonista lo sa, ma poi i suoi trampolini lanciano il lettore nel vuoto cosmico.

    Un po’ come quando ci si trastulla nelle possibilità potenziali della vita vera (e cosa succederebbe se partecipassi a quel concorso/chiedessi una promozione/cambiassi lavoro…?) ma poi restano possibilità che non concretizziamo. Mi sembra che si parli di cose simili.

    Grazie per i molti spunti di riflessione di questo racconto e complimenti per la meritata vittoria!

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