Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “Monte Sole è un luogo che ti ascolta” di Maura Gigliotti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Arrivo a Monte Sole e vengo subito travolta dalla bellezza, un prato enorme che sembra mare.
Il vento accarezza l’erba e strani giochi di colore danno requie agli occhi.
La prima cosa è la gente: gambe, capelli, zaini in spalla ovunque da destra, da sinistra, persino da sotto la terra, un mare di gambe e braccia in movimento, di sorrisi, di dai che ce la facciamo che la salita dall’alto è tutta discesa.
Noi arranchiamo con la Pandina carica, è il 25 aprile e siamo nel posto giusto.
Di Monte Sole so poco, complice un passaggio ed una strina sull’autostrada con Martina ed Ilaria che a Monte Sole lavorano e che mi raccontano di questo posto, io che sapevo solo dell’eccidio di Marzabotto dai libri di storia cha volte dicono, a volte dicono troppo poco e tu immagini un paese espropriato delle sue vite, delle sue donne, dei giochi dei bambini tra i vicoli, ma qui la cosa è molto più ampia, proprio come questo cielo che brilla su Monte Sole che brilla e racconta.

Primo
primo una lapide che racconta la strage e le sue dimensioni e mi viene come un male alla pancia perchè per la prima volta vedo i numeri e comincio a contare.
Quante sono 900 persone? Quanto ci metterei a nominare 900 persone? I nomi dei paesi, delle contrade che Monte Sole è grande come il mare.
Camminiamo foulard, sorrisi, cappelli in festa e bambini dovunque, c’è la banda, ma la registro come qualcosa di laterale insieme alle fasce tricolori dei sindaci che le fasce le preferisco abbracciate agli alberi. Camminiamo.

Secondo
secondo una targa che racconta la strage, c’è troppo vento e troppo sole e leggo che per fare più morti misero delle bombe a mano sotto i corpi, in modo che chi andava ad aiutare i sopravvissuti in un gesto estremo di pietà e coraggio moriva in seguito alla deflagrazione delle bombe e mi dico che ci vuole coraggio solo a pensarla una cosa così atroce, il coraggio che viene dalla grettezza, dalla ignoranza, dalla totale avversione alla vita.
Poi entro nel piccolo cimitero, è un cimitero tascabile, dolce come può essere la memoria lasciata a riposare tra l’erba nei campi, guardo le piccole lapidi un po’ storte quasi di lato, quasi a non voler presenziare, poi alcune foto senza tempo in bianco e nero mi guardano come solo le foto di un tempo ti sanno guardare e lì c’è un piccolo gruppetto di persone che ascolta
perchè Monte Sole è un luogo che ti ascolta.

Terzo
terzo le lapidi e l’età incisa sulle lapidi:
Lorenzini Pia di anni 25
Lorenzini Luisa di anni 22
Lorenzini Nerina di anni 15
Rughini Maria in Lorenzini di anni 30
Lorenzini Anna di anni 8
Lorenzini Marcella di anni 3
Borlotti Clementina in Lorenzini di anni 30
Lorenzini Augustina di anni 3
e io penso ad Anna che ad otto anni magari giocava alla corda, chissà a cosa si giocava nel 1944? E a Marcella che è piccola e raccoglie i sassi da terra e li mangia e la madre arriva e le spiega che i sassi non si mangiano mentre Augustina corre nel prato perchè è bello quando l’erba ti accarezza le gambe e ti fa le scarpe lucide, già le scarpe, ce le avevano le scarpe nel 1944?
Guardo su, le nuvole si intrecciano, gli alberi dondolando in un sfavillio di verdi e mi chiedo come si possa in un posto così bello solo concepire tale infamia, cammino, un palco i politici sopra il palco che io ci preferisco le capre sopra il palco o chi questo posto lo ha fatto.
Cammino in mezzo alle gambe e alle braccia, ci sono anche delle carrozzelle che la memoria va preservata sempre e qui la preservano tutti anche le ruote delle carrozzelle che imboccano sentieri sbrecciati e ciottoli bianchi.

Quarto
quarto la chiesa, sassi, dove c’era il campanile e una croce che un tedesco aveva spezzato e buttato via perchè neanche Cristo era stato in grado di scendere dalla croce e fermare questa infamia, la chiesa dove 86 persone si erano radunate a pregare, il paese stretto in chiesa che la chiesa è vita, loro radunati lì in 86 a pregare, pregare, pregare perchè il signore ti salva sempre se lo preghi.

“86 persone si riuniscono in quella chiesa, pensano di essere al sicuro, il padre Don Marchioni va lì a dire la messa, pregano in continuazione, arrivano i tedeschi li fanno uscire, arrivano ad un cimitero. Il tedesco apre il cancello con il calcio del fucile perchè il cancello non si apriva, era tutto arrugginito, erano sette giorni che pioveva.
Li mettono dentro tutti, li mettono dentro per altezza, i bambini davanti in modo che montando una di quelle mitragliatrici tre piedi che stanno a poco altezza hanno sparato ed in contemporanea uccidevano i bambini, colpivano le persone alla pancia, se andate là noterete che ci sono le croci di ferro con i buchi, indicano l’altezza a cui si è sparato.
Tre bambine si salvano perchè nello scoppio, buttano anche delle bombe a mano, i corpi si muovono e vengono coperte dai corpi dei morti, rimangono lì un giorno ed una notte, riescono a liberarsi queste bambini sopravvivono una di queste si chiama Cornelia Paselli”

Quinto
quinto Cornelia “Avevo 18 anni, vivevo con la mia famiglia, i miei genitori e 4 figli.
Il 26 settembre del 44 era un martedì, andiamo vicino Monte Sole, avevamo anche una pecorina, noi ci avviamo e prendiamo anche la pecorina e la lasciamo dal contadino che erano nostri amici, arriviamo a Cerpiano con poche cose, io avevo anche un cappottino che stavo imparando a fare la sarta e me lo porto.
Il 28 arrivati su comincia ad esserci un subbuglio, delle preoccupazioni perchè sentivano degli spari, arriviamo alla mattina del 29, il papà si era alzato molto presto a ci sveglia dicendo corrette alla chiesa di Casaglia perchè qui bruciano tutte le case, non si può stare qui, lì sarete al sicuro perchè è un luogo sacro e non vi faranno niente, il parroco arriva che era turbato e dice entriamo che diciamo il rosario, io ho visto che aveva un viso sconvolto, andammo dentro ma nessuno riusciva a pregare l’angustia che bruciavano le case e noi pensavamo ai tedeschi che stavano per arrivare e poi qualcuno ci dice che stavano per arrivare e noi tremavamo dalla paura.
Tutto ad un tratto arrivarono e dissero di portare tutta questa gente a Casaglia e io pensavo adesso ci bruciano tutti e pensavo adesso quando sono avanti io scappo cento metri nel bosco piuttosto dico mi butto da un dirupo.
Eravamo un centinaio e questo ufficiale senza parlare e dire niente diede l’alt, poi manda un soldato con la mitragliatrice contro di noi, poi fece abbattere il cancello del cimitero e ci fece andare dentro al cimitero che era lì a due passi, io pensavo adesso come faccio? Cosa devo fare?
Volevo stare in mezzo al mucchio per sentirmi un po’ protetta e spingendo, spingendo mi buttano contro il muro, poi poco dopo sento un gran tonfo un rumore così forte che era una bomba a mano ma io non lo sapevo. La bomba mi ha fatto fare una capriola, io non ho fatto nulla, mi ha risucchiato e portato nel centro del gruppo dove volevo andare, quando mi son trovata là, ho cominciato sentire il sangue che mi colava in faccia e pensavo: è il sangue dei feriti e poi per un attimo ho pensato e se è il mio e non ho sentito la ferita? E lì svenni.
Poi piano piano ho cominciato a sentire le voci era mia madre che mi chiamava: sei ancora viva? Sei ancora viva. Io quando sono riuscita a venire fuori da sotto sono andata vicino alla mamma, ho visto le gambe maciullate, perdeva tanto sangue e mi venne in mente che nella borsa
avevo il mio cappottino che stavo cucendo tolsi le maniche e feci dei lacci, tranquillizzai la mamma e le dissi corro a Crepiamo lá e qualcuno troverò, quando sono lì fuori sento delle grida che vengono da Crepiamo e vedo la chiesa e capì che c’era un tedesco di guardia e allora pensai di andare su dove avevo lasciato la pecorina e vedo nell’aia i due contadini morti, la moglie ed il marito, mi guardo intorno vedo la pecorina che pendeva su un muretto
uccisa, sgozzata, piena di sangue
dicevo adesso dove vado? Cosa faccio? E scoppiai a piangere, poi tornai indietro e cominciai a chiamare una ragazza che era sfollata con noi, poi sento la voce di un uomo, era un collega di mio padre, erano nascosti un una capanna e non mi permisero più di muovermi, il rastrellamento è durato più di cinque giorni, poi un giovane mi disse ti accompagno io a Crepiamo e lì c’era una contadina che mi disse che mia sorella era venuta nel rifugio.
Siamo rimasti per un mese e mezzo nelle grotte nascosti, il papa si era salvato, erano nascosti, hanno visto tutto, sentito tutto e nessuno ha potuto fare niente. Siamo riuscite a vedere nostro padre che era distrutto e ci chiese come avete fatto a sopravvivere?
Non chiese della mamma e mi fece più male lui di quello che avevo passato.

Perché é successo questo fatto, ci si sente in colpa come se fosse colpa nostra.”

Sesto
sesto la chiesa dove sono ora, dove i bimbi giocano stando in equilibrio sui sassi che conservano memoria, quella chiesa
“che i tedeschi non riuscivano a bruciare perché non prendeva fuoco, con il suo campanile che scandiva il tempo che era visibile di lá dove c’erano gli alleati perché di lá a poche centinaia di metri la guerra era finita e allora la fanno crollare perché era un punto di riferimento”
la chiesa che crolla pietra dopo pietra, crolla il suo bel campanile ed il tempo finisce tra questi sassi dove ora ignari giocano bambini dai capelli riccioli sotto queste nuvole e questo sole.

Camminiamo passo dopo passo come se a posare il piede su questi prati puoi fare male, puoi farti male, il vento trasporta canti e parole, ma è tutto contenuto come se la voce di questo posto, il silenzio che lo abita fosse più grande di tutte le nostre voci messe insieme, come se fosse la Voce di tutte le voci.
Ci fermiamo davanti ad una croce.
Quinto
Quinto “Tu cristo fare kaputt” sono due tedeschi, uno si è appena rifiutato di sparare che non si spara alle donne ed ai bambini e viene sostituito e mentre l’altro spara lui piange, le lacrime rotolano giù a bagnare la stessa terra che si colora del sangue delle donne e dei bambini. Che anche i tedeschi sanno piangere a volte.
La rabbia violenta, feroce, l’adrenalina, l’odore della carne e la croce che viene spezzata e buttata di sotto perché “Tu cristo fare kaputt” che tu fai male alla Germania, alle donne ai bambini, tu cristo fai male a tutti che sarebbe bello se cristo ora scendesse dalla croce e con i raggi fotonici che cristo di sicuro era un supereroe frizzava i 1500 tedeschi e comandava al tempo di tornare indietro e ai bambini di non morire, ma cristo non è un supereroe e rimane appeso su quella croce che viene fatta volare giù nel dirupo ed i morti restano morti amen.
Continuo a camminare che respirare mi viene difficile oggi, come se mi si rompesse qualcosa dentro, siamo fatti di equilibri sottilissimi e basta a volte un filo di vento a fare male.

Settimo
settimo l’armadio, Giustolisi un giornalista trova un armadio chiuso e girato verso la parete come in castigo e nell’armadio ci sono i nomi dei responsabili della strage, tutti i nomi di chi c’era e anche di chi non c’era, di chi ha dato ordine e di chi si è girato dall’altra parte come l’armadio.
Perchè allora un processo si può fare, perché allora un processo si deve fare, ma come lo porti un armadio ad un processo? Magari in mare con una barca che arrivi a La Spezia abbracciato al tuo armadio che ha voglia di aprirsi e di raccontare chi, cosa, come, ma l’armadio può anche aprirsi e le condanne arrivare a 10, 10 come le dita della mano che ti chiedi come hanno fatto in 10 ad uccidere 900 persone, 90 a testa forse anche loro avevano i superpoteri, ma la corte dell’Aja decide di non dare seguito ad una condanna avverso ultra novantenni che magari ora si pisciano addosso, hanno gli occhi liquidi e problemi di insonnia perché vicende di quella guerra si sono concluse e chi doveva pagare per quella guerra aveva pagato che mi chiedo come si possa chiudere così un armadio con dentro 900 morti che urlano e tremano di paura.

Ottavo
ottavo “solo Reder viene condannato all’ergastolo anche se Reder qui non si era mai visto, a Casaglia sì e forse violenta delle donne lì, viene condannato all’ergastolo, nel 64 viene chiesta la grazia per lui viene fatto un referendum tra i familiari delle vittime che rifiutano di dargli la grazia, lui rimane in carcere, dopo 15 anni gli viene data la grazia e lui ritorna a morire insieme a sua madre”.
Ritorna a morire insieme a sua madre non dentro una chiesa tremando di paura o guardando la sorella morire con l’intestino grondante sangue tra le mani, ritorna a morire insieme a sua madre.
Ditelo a Cornelia, ditelo alla sorella di Cornelia, ditelo ad Augustina, ditelo a Marcella, ditelo ad Anna, Ditelo a Pia, ditelo a Nerina e ditelo pure alla pecorina sgozzata che pendeva da sopra un muro.

Nono
nono il respiro si fa dolore quando arrivo su un viottolo quasi nascosto dagli alberi e trovo una poesia che racconta ancora questo posto pieno di colore, di luce, pieno di pace e di bambini chiassosi oggi, lo stesso posto che vede una madre incinta del suo terzo figlio correre per salvarsi, per salvare suo figlio che le accanto e quello che le sta dentro, una madre che corre, madre come la madre di Roeder poi una raffica di colpi, il ventre che si apre, lo sguardo attonito che c’é un momento prima che il sangue cominci a fluire via con la cita, quel momento esatto in cui ancora non si è morti, ma giá non si è più vivi e la madre col ventre ferito ed il bambino non ancora nato ma giá morto dentro, copre il figlio che le è accanto con il suo corpo e uno, due, tre, cento proiettili tra lei che muore e suo figlio che vive.

Guardo l’erba è verde brillante, piccole gocce la impreziosiscono, la terra nutrita dal dolore, dal sangue, dalla paura di chi non ce l’ha fatta ci restituisce questo prato, questi alberi, queste nuvole che ci corrono sopra che oggi a Monte Sole vince la vita.

“A mia madre
Era bella mia madre, aveva appena 23 anni, quel  29 Settembre.
Il suo viso era dolce  e sereno, era bella mia madre.
Mi  teneva per mano,  lungo la stradina che scendeva verso il rifugio, si lamentava perché a breve tempo si apprestava a dare alla luce un’altra vita, confortata dalla nonna che a sua volta la sosteneva.
Era bella anche nel dolore delle doglie.
Il crepitio dei colpi di mitraglia, ci lasciò sgomenti; colpita al ventre si accorse di perdere tutto in un attimo: le sue mani sporche del mio sangue, lo sguardo peso negli occhi sbarrati della nonna, si teneva il ventre, cercando di avvolgermi al suo corpo per ripararmi dal piombo, come una chioccia protegge il pulcino dotto le ali.
I suoi urli di disperazione e di dolore erano quasi inumani, ma anche in quei momenti aveva una carezza per me.
Era tanto dolce mia madre.
Se c’è qualcuno in cielo non può ignorare ciò che è sulla terra.
Era una ragazzina mia madre.
Un incubo che mi perseguita nella vita, ma nello stesso rivedo il sorriso dolce di mia madre.
Era veramente bella mia madre.”-Franco Leoni

Ringrazio la Scuola di Pace di Monte Sole, Cornelia Paselli e le sue testimonianze, Ilaria e Martina che mi hanno fatto conoscere questo posto, il signore sconosciuto che di cognome faceva Lorenzini che ci ha raccontato e ci ha fatto emozionare il 25 aprile e ringrazio uno per uno tutti gli abitanti di Monte Sole che non ci sono più.

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3 commenti »

  1. Non amo i racconti che parlano di fatti cronaca.Ma la Storia, con la S maiuscola trasforma la cronaca in mito.Potrei farti una critica positiva , dicendoti..uh, che bel resoconto giornalistico, che brava…(e’ vero) ecc.e bla e bla. Invece ti dico:mi sono commossa leggendo il tuo racconto, commossa, commossa…la mamma, la bambina…la Storia.

  2. Ho letto con attenzione il tuo racconto. Anche nelle nostre città e paesi, ora pacifiche e laboriose, disposte all’accoglienza, si sono svolti massacri della popolazione, distruzioni, bombardamenti. A scuola non realizzi pienamente quello che è capitato.
    E’ importante andare a riscoprire quello che è successo, attraverso le immagini, le foto pubblicate su internet o rileggere il ricordo di chi c’è passato.
    Descrivi bene il contrasto tra la bella giornata di visita a Monte Sole e le tragiche vicende successe nel passato.
    Anche io mi sono commossa come Laura.

  3. Vi ringrazio moltissimo con tutto il cuore per l’ascolto che avete messo perchè certe cose non si leggono solocon gli occhi ma anche con le orecchie il naso le mani ed il cuore

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