Premio Racconti nella Rete 2017″ Solo una marionetta?” di Federico Smidile
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017In un villaggio della Normandia c’era una volta un giovane e bravo falegname, Pierre, che, oltre che nel suo mestiere, eccelleva nella capacità di divertire i bambini con le marionette di sua creazione, e in particolare con quelle strane creature di legno che paiono davvero vive, quelle grandi bambole che i ventriloqui usano per i loro spettacoli, dando voce e movimenti quasi realistici e spesso inquietanti.
Pierre era bravissimo, divertiva i bambini, e faceva anche innamorare le donne con la sua dolcezza. Si capiva che sarebbe stato un padre perfetto, capace di donare amore e gioia sia alla compagna sia ai figli che avesse avuto. Ma Pierre non ci pensava davvero. Era contento così, amava la solitudine, il suo lavoro, i suoi scherzi con le marionette di legno da lui create. L’amore, però, arriva quando meno te lo aspetti, e questa regoletta scontata e banale, ma alla quale nessuno crede davvero valga per lui ma solo per gli altri, si applicò a Pierre in un dolce e malinconico giorno di settembre. Nel paese vicino al suo, infatti, c’era una famiglia che aveva una figlia. La timida, imbronciata, dolce Mylene. Capelli rossi lunghi fino alla schiena, occhi grandi e neri che emanavano una dolcezza infinita, sorriso raro e prezioso come la più bella delle gemme, Mylene era cresciuta in simbiosi con il padre, avendo presto perso la mamma. Il vecchio Michel, il papà, era però preoccupato. Amava tantissimo sua figlia, e non avrebbe voluto staccarsi da lei, ma si stava facendo vecchio, e temeva il giorno in cui la sua “farfalla” fosse rimasta sola e qualcuno “avrebbe provato a strapparle le ali”. Per questo cercava di vincere la timidezza della figlia, che non amava le feste, men che meno gli uomini, mentre la sua passione vera era la lettura, con grande scandalo delle comari del paesino che ritenevano che per la donna una lettura, che non fosse quella della Bibbia, non poteva essere cosa buona, ma peccato grave. Secondo loro il padre di Mylene avrebbe dovuto vietare i libri alla figlia, mentre Michel faceva il contrario. Era benestante, aveva solo lei e spendeva quel che la figlia voleva in libri. Difficile che la ragazza volesse staccarsi da un padre così.
Ma proprio per amor suo, accettò di accompagnarlo, in una domenica di inizio autunno, alla fiera del Paese di Pierre. E lì vide quel ragazzo con gli occhialini, e con il sorriso distratto, giocare con i piccoli del paese, facendoli ridere con le sue marionette.
“Papà, chi è quel giovane?”, chiese Mylene
Soprpreso e contento Michel rispose che si trattava di Pierre, un falegname-artista, che era noto per la sua riservatezza ma anche il suo amore per il lavoro e i bambini. Lei non disse altro, ma Michel capì, e fece in modo che i due giovani cominciassero a frequentarsi. Il vecchio agì con intelligenza e discrezione: chiede a Pierre di sistemargli dei mobili che richiedevano interventi. E quando questi non erano davvero necessari, procedeva a piccoli danneggiamenti “involontari”
“Oh cielo! Ho rotto questo cassetto! Che sbadato! Eh l’età avanza, devo stare attento. Ma intanto chiamerò Pierre per farlo sistemare”.
Spesso il vecchio si sentiva stanco, diceva, e chiedeva a Mylene di aiutare Pierre qualora questi ne avesse avuto bisogno. I due ci misero un po’ a vincere le rispettive timidezze, ma alla fine si resero conto di essere fatti uno per l’altra. Poche parole, molti sguardi, il piacere di lavorare per lui e quello di leggere per lei, nella stessa stanza, magari non parlando per ore ma comunicando con il pensiero e con il cuore. Pierre alla fine prese il coraggio a due mani, chiese a Mylene di sposarlo e andò dal padre della futura sposa per avere la sua benedizione. Michel, che non vedeva l’ora, visto anche che la sua salute declinava, la diede con gioia e in pochi mesi Pierre e Mylene divennero marito e moglie, e si trasferirono nella casa di Pierre, nella quale venne approntata anche una stanza per il padre di Mylene, che non poteva più stare da solo.
La vita alterna, di solito, gioie e dolori, e al matrimonio felice dei due giovani succedette presto la malattia e la morte di Michel, che, per quanto possibile, lasciò la vita con serenità: la sua Mylene era amata e protetta, un padre non poteva, allora, sperare di più. Inoltre, Michel aveva saputo poco prima di spegnersi che sarebbe nato un erede, un nipote che lui non avrebbe conosciuto, ma al quale avrebbero parlato di lui tanto da renderlo vivo per il bambino. Pierre aveva proposto di chiamare il figlio Michel se fosse stato un maschio, e Mylene se fosse stata femmina. Non essendoci, infatti, una nonna, il giovane voleva che la figlia portasse il nome della moglie amatissima.
Ho detto che la vita alterna gioie e dolori, talvolta però i dolori sono tali che le gioie scompaiono. Una qualche maledizione doveva aver colpito la casa di Pierre e Mylene. La giovane donna, infatti, avvertì presto dolori e la gravidanza divenne estremamente complessa, sin quando, in una tremenda notte di luna piena, Mylene cominciò a urlare di dolore. Mancavano ancora due mesi al parto, ma la creatura che era in lei sembrava non volesse aspettare. Nel Paese non c’era un medico, ma solo una donna che si occupava, bene o male, più male che bene, delle partorienti. Pierre non volle lasciare la stanza, come, invece, era tradizione. Rimase accanto a Mylene che soffriva disperatamente. Dopo un tempo interminabile nacque una bimba. Aveva i capelli rossi come la madre ma non sopravvisse che poche ore, giusto in tempo per venir battezzata Mylene, e per precedere la mamma nella tomba. La febbre successiva al parto, infatti, dopo tanto sforzo e tanto dolore, non ebbe pietà di Mylene madre, che morì tra le braccia di un Pierre disperato ed impazzito. In poche ore la sua vita era distrutta. La moglie e la figlia non c’erano più; era di nuovo solo, ma stavolta la solitudine non l’aveva voluta, gli era precipitata addosso strappandogli tutto l’amore che aveva.
In poco tempo Pierre divenne folle, o così lo definivano gli abitanti del paese. Smise di lavorare, se non per creare burattini e marionette alle quali dava voce parlando solo con loro e tramite loro. Cominciò a girare per il villaggio disturbando tutti, spaventato i bambini, piangendo e ridendo da pazzo, sin quando giunse a costruire una marionetta da ventiloquo impressionante. Grande come fosse una adolescente, infatti, la marionetta riproduceva alla perfezione i tratti di Mylene madre, solo con i capelli corti (non aveva trovato abbastanza materiale per farli lunghi). Impressionanti erano gli occhi, grandi, vivi, dolci, come quelli della moglie. Pierre aveva fatto qualcosa di magico e diabolico, e non semplificò le cose dicendo a tutti che quel pupazzo era la figlia, che era viva, che parlava con lui, e che si chiamava Mylene come le due persone che gli erano state strappate.
La pietà è di breve durata, e nonostante qualcuno andasse a sentire i deliri di Pierre, e gli desse qualche moneta per sopravvivere, divenne evidente che il giovane non poteva rimanere nel villaggio. Lo capì presto anche Pierre che decise di andarse e di mantenersi con i suoi burattini, come girovago, dormendo dove capitava, mangiando quel che trovava e, soprattutto non separandosi mai dalla sua nuova Mylene, di legno e vernice, che era divenuta l’unica “persona” con la quale parlava e della quale “ascoltava i consigli”, come diceva lui sorridendo con lo sguardo perso.
Non aveva perso la sua bravura nel dar voce alle marionette, anzi era diventato impressionante. Quando discuteva, parlava, cantava, con “Mylene”, era capace di dar voce alla marionetta, a sembrare davvero una adolescente dispettosa, ribelle e al tempo stesso affezionata al padre.E lui si atteggiava a padre severo e tenero al tempo stesso. Le sue storie commuovevano la gente, che lo aiutava per quanto possibile, ma standogli sempre lontano dato che per lui “Mylene” era reale e si offendeva a morte se qualcuno diceva “ma è solo una marionetta!” “E’ mia figlia! Altro che marionetta! E la notte mi parla, a volte piange e le devo asciugare le lacrime! Siete voi marionette!”. Che il pupazzo parlasse è dubbio, che piangesse è certo. Lacrime di resina, trasudo, cadevano spesso dagli occhi del burattino, che sembrava davvero piangere.
Tornò l’autunno; la Normandia è bellissima ma gelida e piovosa, e Pierre si trovò in difficoltà. La gente, infatti, stava sempre di più in casa, e non aveva voglia di ascoltare gli spettacoli del “burattinaio matto”. I soldi scarseggiavano, tanto che alla fine Pierre venne cacciato dalla locanda dove aveva dormito. Il padrone della bettola gli tolse tutto, tranne “Mylene”. Capiva che aveva un valore commerciale pari a zero e che Pierre si sarebbe fatto uccidere piuttosto che lasciare il pupazzo. Il giovane, quindi, si trovò sotto la pioggia, senza nessun avere e senza saper dove andare. Cominciò a camminare, senza meta, senza speranza, convinto che stavolta fosse arrivata la fine.
“Non ti preoccupare Mylene, troveremo qualcosa da mangiare. Non moriremo vedrai”, si diceva. E poi si rispondeva con la voce di lei “Lo so papà. Non mi abbandonerai, ce la faremo”.
Era uno spettacolo pietoso ed impressionante: sembrava davvero che lui fosse il padre e tenesse tra le braccia una figlia malata e incapace di camminare. E, non sapeva nemmeno lui come, era riuscito a dare al volto di legnpo del pupazzo una espressione viva, capace di spaventare chi guardava e vedeva non una marionetta ma quasi davvero una bambina. Alcuni dicevano che avesse fatto un patto con il diavolo, altri cominciarono a credere che la creatura fosse viva e che lui la utilizzasse come marionetta per i suoi spettacoli, tutti congiurarono per abbandonarlo al proprio destino. Destino che si materializzò in una desolata campagna, con le fattezze di una vecchia che guidava un piccolo circo itinerante. La donna vide arrivare lo spettro di Pierre e non ne ebbe paura; anzi, lo avvicinò e gli offrì del cibo. Pierre non mangiava da giorni e si avventò su quella brodaglia pessima ma che al momento era per lui più buona del miglior pranzo del mondo.
Dopo essersi sfamato, Pierre riuscì a rispondere alle domande della vecchia, mentre gli altri lo guardavano con ironia mista a compassione. Loro erano abitatuati alla vita nomade, alle privazioni, ma lui doveva voleva andare da solo?
“Ma io non sono solo! Ho mia figlia”
“E dove sta?” Chiese la vecchia che già aveva capito.
“E’ lei. Non la vedete?”
“Lei? Ed è davvero viva credi?”
“Certo che lo è! Siete ciechi!”
Un sorriso strano appare sul volto della vecchia, che con forza imprevista strappa “Mylene” a Pierre e fugge via.
“No ferma! Dove vai con mia figlia! Lasciala! Ridammela”
Indebolito dalla febbre, dal poco cibo, dalla confusione, Pierre si alza ma non riesce a raggiungere la vecchia che gli ha rubato l’unica cosa che ancora lo lega alla vita. Gli altri componenti del circo si fanno beffe di lui, ma poi indicano dove deve cercare
“Là. Oltre quelle colline! La strega va sempre lì quando fa le sue magie!”
Ed allora Pierre corre, corre, corre disperato. Mylene è in pericolo e lui non è con lei; avrà paura, quella vecchia le farà del male. Non doveva farsela strappare! Piove ora. Pierre sente il rumore del male dietro le colline. Il vento porta la voce roca della vecchia, che ride e chiacchiera. Ma c’è un’altra voce che arriva. È giovane, squillante, e a Pierre pare di riconoscerla. Ma lo shock gli ha dato lucidità. Sa che “Mylene” è una marionetta, che è Pierre stesso a dargli voce. Eppure… Eppure… Dio come sembra quella che ha sempre immaginato!
Al culmine della salita, Pierre vede la vecchia con un giovane, che ha un vestito che lui conosce. E’ quello che ha creato per la sua marionetta adorata, un vestito da “garçons”, dato che Mylene ha, nella testa di Pierre, sempre detto che voleva essere un ragazzo e non una femmina, dato che ai ragazzi è permesso tutto e alle ragazze niente. Ma come è possibile che ci sia davvero un ragazzo così vestito? Da dove è uscito?
“No! No! Non è possibile. Sono impazzito davvero! Mylene! E’ lei! E’ viva! E’ di carne e ossa!” Corre Pierre, rotola già dalla collina, arriva davanti alla vecchia e alla marionetta. La vecchia sorride “non stai sognando” gli dice. “Hai tanto desiderato questo momento, ed ora il tuo desiderio è avverato. Ma bada che i desideri si pagano!”
Lui non ascolta, sta guardando Mylene, che a sua volta lo guarda terrorizzata. Prima che lui possa dire qualcosa, lei scappa, e lui dietro “Mylene! Non fuggire ti prego! Fermati! Fermati”. Mylene ha paura, anche se non sa perché. Ma non ha ancora imparato a camminare davvero e cade presto. Pierre arriva e la guarda senza avere il coraggio di toccarla.
“Dio! Sei viva! Sei davvero tu! Non sono pazzo allora”
“Sì papà sono viva. Ma lo ero anche prima. Avevi ragione. Non so come e perché ma so che quando mi hai creato hai messo anche qualcosa di vivo in me. Sentivo quello che dicevi, e la notte piangevo per non poter parlare, per non poterti dire che c’ero e che dovevi non disperarti”
“Mylene! Mylene! Non ci credo! Invece sì! Ci credo! E’ un miracolo che non capisco, ma so che se viva, e che sei mia figlia!”
Cerca la strega Pierre, ma quella è sparita. Ma che importa. Si volge verso Mylene e finalmente riesce ad abbracciarla, a baciarla, a stringerla. E lei altrettanto, con un impeto da figlia ritrovata. Passano la notte abbracciati, sul mare, nonostante il freddo. Lei gli chiede della mamma, ed è convinta che lui sia stato abbandonato da lei. Ma Pierre dice no. E racconta la storia. Lacrime non di resina ma salate cadono dagli occhi della ragazza, che sorride sentendo il sapore aspro di quelle strane gocce. E’ una notte lunga, fatta di racconti, di silenzi, di abbracci, di risate e di pianti. Alla fine arriva l’alba. Intitizziti Pierre e Mylene si alzano.
“Come sei bella figlia mia!”
“E’ merito tuo papà” sorride Mylene.
“No. È merito tuo. Sei tu ad essere bella, ad essere viva, a darmi la vita. Ora andremo insieme…”
“Papà…”
“Troveremo il modo. Vivremo di espendienti ma ce la faremo, tu ed io”
“Papà ascoltami…”
“Che c’è mia adorata?”
“La strega ti ha detto che i desideri si pagano?”
“Sì, ma che importa”
“Pierre, papò, ascoltami. Se io resto come sono ora tu muori. La strega vuole una vita. La tua o la mia”
“No. Non è possibile! Ma se deve essere, sia. Io morirà felice!”
“Papà no. Io non sono capace di vivere da sola. Sono nata ieri. Ma so che se tornerò burattino, tu vivrai e avrai una vita felice”
“Felice? Senza di te? Senza mia figlia?”
“Non mi avresti comunque. Se resto così morirò presto, e tu con me. Una vita per una vita, ha detto la strega. Sia la mia di vita! Ho vissuto un giorno, ho vissuto con te. Che cosa posso volere di più? Che tu sia vivo e sano. Io ti resterò accanto. Tu sai che sarò con te, ma non posso rimanere come sono ora. Solo da marionetta ti potrò aiutare”
“Mylene no! No! Ti prego, non lasciarmi di nuovo. Chiederò alla strega un altro patto, farò tutto quello che vorrà. Mylene no”
Pierre la abbraccia. Anche lei lo stringe, poi… lentamente le braccia di Mylene cadono, la testa si affloscia, lo sguardo si spegne. La decisione è presa. Per una sola notte la marionetta è diventata ragazza. Ora, per amore del padre, torna di legno. Il suo sacrificio non sarà vano, Pierre tra le lacrime tornerà a lavorare, si traferirà a Parigi, condurrà una vita solitaria ma tranquilla, almeno in apparenza. Parlando sempre con quella marionetta che tutti dicono “sembra viva!”.
Allora è finita così? Mylene non è tornata? Non lo so. So, però, che tanti anni dopo, quando Pierre entrò nell’ombra, in quel viaggio che tutti dobbiamo fare, non era solo. Una notte, l’ultima notte della sua vita, Pierre vide entrare una ragazza bella, coi capelli rossi e gli occhi grandi e tristi.
“Mylene”
“Sì papà. Sono io. Sono tornata per te”
Un ultimo sorriso appare sul volto addolorato di Pierre, un sorriso dolcissimo, mentre la figlia gli tiene la mano.
“Vorrei venire con te papà”
“Dove vado io non puoi venire nemmeno tu che sei stata con me sempre. Ma che bello vederti viva. E stavolta rimarrai così. Lo so. Vita per vita. Stanotte io lascio la mia, ma tu hai la tua. Vivila con tutta la dolcezza che puoi. Sono certo che ci rivedremo nell’ombra, amore mio”.
Dopo queste parole Pierre chiude gli occhi. Il cuore si ferma, mentre Mylene piange, piange, piange come se dovesse recuperare tutte le lacrime non versate sinora. Una vita per una vita. Ora è la sua a dover essere vissuta. Senza papà Pierre. Con papà Pierre.