Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2010 “L’uomo della vostra vita” di Sara Spinardi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

Guardando fuori dalla finestra Lucia si arrotolò lentamente una ciocca di capelli intorno al dito; poi la srotolò; poi la arrotolò di nuovo. Molto lentamente. L’unghia del pollice destro era mangiata in profondità , fin quasi alla lunetta bianca. Le unghie delle altre dita erano invece lunghe, curate, dipinte di un brillante smalto rosso. Quando andava in giro Lucia copriva quell’unghia con un cerotto, diceva che si era fatta male, ma non appena poteva ci si attaccava famelica. Se ne vergognava come di un figlio riuscito male, ed era convinta fosse la sua unica debolezza.
Fuori dalla finestra si vedevano la piazza e la gente riunita davanti alla saracinesca abbassata del negozio.
All’improvviso il bambino sbucò dal vicolo a destra, sembrava più alto di quella volta che lo aveva visto di persona. Era successo al supermercato, lui era con la madre, una donna obesa che si guardava intorno con lo sguardo spaesato. Il bambino la tirava per la manica, lei lo seguiva docile, girando la testa di qua e di là, a scatti. Lucia non riusciva a distogliere lo sguardo, continuava a  pensare che quella donna fosse davvero troppo grassa per avere ancora un uomo.
Lucia aveva riconosciuto il bambino solo perché Mario le aveva fatto vedere una foto, qualche mese prima: il bambino sorrideva convinto al fotografo, aveva i capelli rossi  e lo stesso sguardo del padre.
Lucia si allontanò dalla finestra e prese a guardarsi nello specchio appeso al muro, prima le gambe lunghe e affusolate, il seno pieno e prosperoso, poi le natiche alte e sode. Non aveva un filo di grasso, e lo sapeva, d’altronde si guardava continuamente, e se solo avesse notato un difetto sarebbe intervenuta immediatamente. Da un anno non mangiava più  pane e pasta, e tutto ciò che contenesse carboidrati perché si era fissata che la facevano ingrassare. E quello che decideva di fare poi lo faceva, niente e nessuno glielo potevano impedire.
Staccò gli occhi dallo specchio, battendosi soddisfatta   le dita sul ventre piatto e duro. Tornò a guardare fuori dalla finestra, ora il bambino si stava facendo largo attraverso la piccola folla radunata davanti al negozio, e stava urlando, Lucia lo sentiva confusamente attraverso la finestra leggermente aperta. Lo guardò arrancare in mezzo alle persone che cercavano di abbracciarlo, e correre via.
Tutto andava come avevano previsto lei e Mario. Ora contavano solo loro due. Quel bambino con i capelli rossi e quella donna obesa non sarebbero più esistiti.

Aveva visto Mario per la prima volta sei mesi prima. Era pomeriggio, Lucia si era trasferita da pochi giorni  nell’alloggio, secondo lei arredato malissimo, e stava cercando di renderlo più suo, scaraventando in giro gli abiti che a caso tirava fuori dalla valigia, quando di colpo si era ricordata dell’oroscopo. Allora era corsa alla finestra e aveva preso a guardare febbrilmente fuori, studiando la gente che passava nella piazza: sembrava che il paese fosse popolato di sole donne, non era possibile pensava Lucia. Decise che il primo uomo che fosse entrato nel suo campo visivo sarebbe stato il prescelto. Proprio in quel momento con la coda dell’occhio lo vide: non era esattamente il suo tipo, sembrava anziano, aveva la pancia ed era senza capelli. Ma l’oroscopo, quella mattina, aveva parlato chiaro: “Oggi potreste incontrare l’uomo della vostra vita, non lasciatevelo sfuggire!”.
E a Lucia non piaceva lasciarsi sfuggire le occasioni.
Lo guardò attraversare la piazza con passo incerto, lo sguardo fisso a terra, l’andatura un po’ curva. Si fermò davanti a una saracinesca abbassata, prese a tirarla su lentamente, ma non del tutto, soltanto fino a che comparve sulla vetrina la scritta  PARRUCCHIERE, a lettere cubitali nere. Lo guardò entrare nel negozio e indossare un camice bianco.
Le piaceva che l’uomo della sua vita facesse il parrucchiere. Passò i giorni successivi a spiarlo da lontano, voleva conoscerlo bene prima di incontrarlo. Le faceva rabbia che facesse lo stupido con le altre. Tremava mentre lo guardava far ridere tutte le donne che entravano in negozio, e nel negozio entravano quasi solo donne.
Ma presto tutto questo sarebbe finito, pensava Lucia tra sé.
Lui attraversava la piazza almeno quattro volte al giorno per andare al bar, che era proprio sotto le finestre di  casa di Lucia. Una mattina lui aveva alzato lo sguardo e l’aveva vista. Qualche settimana più tardi le avrebbe raccontato che quello sguardo lo aveva un po’ imbarazzato, lei avrebbe ribattuto che lui si imbarazzava per poco, e sarebbe scoppiata a ridere.
Lei aveva continuato a fissarlo ogni volta che passava, senza mai sorridere, senza alcun cenno di saluto, pensando che così lo avrebbe conquistato. Lui però sembrava infastidito; quando arrivava sotto le sue finestre accelerava il passo e non guardava più su.
Lucia decise che era ora di sparire per un po’, perciò riprese a spiarlo senza farsi vedere. Dopo qualche giorno lui alzò di nuovo lo sguardo, e Lucia ci lesse sollievo. Non ci rimase male, sapeva che non sarebbe durato. Infatti, pochi giorni dopo, lui prese a guardare sempre più insistentemente verso la sua finestra; nei suoi occhi il sollievo lasciò il posto alla curiosità, e poi al disappunto. Alla fine lui era preoccupato e triste.
Quando più avanti ne parlarono lui le disse che il suo sguardo non gli mancò subito, ma solo dopo qualche giorno.
Un pomeriggio Lucia si era presentata in negozio. Tra le tre e le quattro del pomeriggio la clientela era sempre poca, e Lucia entrò alle tre in punto, sfoderando il suo miglior sorriso e chiedendo a Mario di tagliarle i capelli “di poco però!”. Lui l’aveva guardata interdetto, proprio non se l’aspettava la sua visita. “Allora?” aveva chiesto lei continuando a sorridere. “Sì, sì” aveva detto lui scuotendosi dallo stupore, e l’aveva fatta accomodare sulla poltrona. I capelli di lei erano lunghi fin quasi al sedere, morbidi e setosi, di un marrone molto scuro, appena ondulati. Lucia sapeva che mentre lui le lavava i capelli indugiava sulla generosa scollatura del vestito. L’aveva scelto apposta, dopo aver passato la mattinata a provarsi tutto il guardaroba. Il silenzio tra di loro era pesante, e Lucia ad un certo punto lo aveva rotto, dicendogli che le dispiaceva se spiandolo lo aveva infastidito, ma il punto era che lei era in paese da poco, e si annoiava un po’, per questo aveva iniziato. Poi i suoi modi eleganti l’avevano conquistata, e aveva deciso di conoscerlo. Lui non riusciva a staccare gli occhi dal suo corpo, ma non appena la guardava negli occhi il suo sguardo lo spaventava: era gelido. E poi era interdetto: non era abituato a ricevere complimenti se non dalle vecchiette che una volta la settimana venivano da lui per farsi fare la messa in piega o la permanente.
Dopo qualche minuto si rilassò e prese a chiacchierare, convincendosi che non ci fosse niente di male. Nel giro di un’ora avevano già preso appuntamento per la domenica successiva: lui sarebbe andato a prenderla alla stazione del treno del paese vicino “così, solo per non dare troppo nell’occhio”. Lei aveva annuito lentamente, negli occhi un leggero disappunto. Poi avrebbero fatto un pic nic.
Quando la porta si  richiuse alle spalle della ragazza Mario crollò sulla poltrona, abbandonandosi a corpo morto sulla morbida pelle. Rimase a fissare il soffitto molto a lungo, finché  il cuore smise di  pulsargli in gola . Tornò a casa ancora più lentamente del solito, con la testa annebbiata come se si fosse ubriacato.
Lucia uscì dal negozio ancheggiando, lentamente attraversò la piazza, consapevole di avere tutti gli occhi addosso; ma non appena si chiuse la porta di casa alle spalle ci si appoggiò contro, si strappò il cerotto e prese a mordersi famelica il dito. Passata la crisi gettò il cerotto nella spazzatura e al dito, che stava sanguinando, ne applicò uno nuovo, sul quale c’era l’immagine di Minnie. Erano quelli che preferiva, per quando usciva ne usava invece di anonimi, color carne.
Sospirando si lasciò cadere sulla poltrona, si slacciò le scarpe e le lanciò in aria, seguendo la loro breve parabola. Si spogliò e rimise l’abito nell’armadio, avvolto nella plastica, dove era rimasto fino ad allora. Le scarpe le raccolse da terra e le infilò in una scatola di cartone. Pensò che di tutto questo non avrebbe più avuto bisogno, ormai era fatta. E poi non le piaceva granché vestirsi così, gli sguardi degli uomini la facevano sentire sporca. Ma era stato necessario, lo diceva chiaro il libro “Come conquistare un uomo e tenerselo”, il più bel libro sull’argomento tra i molti che Lucia aveva letto.
Ma gli sguardi di lui no, non la facevano sentire sporca, anzi, lui la guardava con un misto di stupore e spavento che le piaceva molto. E poi aveva delle mani meravigliose, questo era sicuro, Lucia aveva passato buona parte del tempo in negozio a seguirne i movimenti sinuosi nello specchio di fronte alla poltrona. La sua pelle era morbida, se ne era accorta quando involontariamente lui le aveva sfiorato il braccio. Le unghie, tutte, erano tagliate corte e con cura, come se le avesse misurate. E poi non era così vecchio come le era sembrato all’inizio. Per la pancia qualcosa si poteva fare, una volta andati a vivere insieme gli avrebbe fatto seguire una ferrea dieta, e il problema sarebbe sparito. Sì, decise che come uomo della sua vita non c’era di che lamentarsi.
Passò i giorni successivi aspettando la domenica, continuando a sbirciarlo dalla finestra.
Mario passò le notti successive al loro primo incontro  sognando il corpo della ragazza, in ogni minimo particolare, ma quando sollevava lo sguardo per cercare il suo scopriva che era senza testa, e allora si svegliava urlando, in un bagno di sudore. Sua moglie si voltava sbuffando verso di lui e lo fissava seria “mi hai di nuovo svegliata” gli diceva rabbiosa, e si rimetteva a dormire. Oppure si sollevava con fatica dal letto e tutta sorridente correva a preparagli una camomilla.

Il loro primo appuntamento fu strano: lui moriva dalla voglia di baciarla, ma non riusciva a guardarla negli occhi; lei ,che odiava il contatto fisico, passò il tempo a respingerlo.
Alla fine lui  riuscì a strapparle solo un bacio a fior di labbra.
Dopo qualche incontro però lei si lasciò andare: aveva deciso che con lui ne valeva la pena.
Per Mario fu come fare l’amore con un pezzo di ghiaccio. Per Lucia fu la certezza che non si sarebbero più lasciati.
Lei cominciò a fantasticare sul serio sul loro futuro insieme, sulla loro casa, sui loro figli, su cosa avrebbero mangiato a colazione, e guardato in tv la sera. Lui la ascoltava guardandola in un modo strano; lei era convinta fosse solo commosso. Quando lui aveva provato a dirle che forse stava correndo troppo lei era esplosa in una tale crisi isterica che lui era tornato sui suoi passi. Non l’avrebbe più contraddetta.
Una sera poi lei gli aveva comunicato le sue decisioni: era stufa e voleva che lui il giorno dopo dicesse tutto alla moglie, la lasciasse e andassero a vivere insieme. “Tanto noi ci amiamo, no?” aveva concluso trionfante. Lui aveva annuito lentamente, con lo sguardo spaventato; lei si era convinta che finalmente tutto sarebbe andato a posto, come era stato deciso dal destino e dall’oroscopo di quella mattina di sei mesi prima.
Lui le promise che il giorno dopo sarebbero scappati insieme, il negozio lo avrebbe chiuso, e basta. Loro si sarebbero ricostruiti una vita altrove. Il suo sguardo vagava mentre glielo diceva, ma lei era convinta fosse per l’emozione. Sì, decise a notte fonda mentre scivolava nel sonno dopo essersi scorticata a fondo il dito, era solo per l’emozione.
Il giorno dopo, mentre aspettava, agitatissima, l’ora dell’appuntamento, non aveva resistito e lo aveva chiamato al telefono “Ti ho già detto che arrivo tra poco, tu intanto preparati” le aveva detto lui con voce roca e distante.  Lei non aveva replicato, aveva messo giù la cornetta e si era messa a sbirciare dalla finestra la piazza. Vide Mario tirare giù velocemente la saracinesca, e appiccicarci sopra il cartello “NEGOZIO CHIUSO AFFITTASI LOCALE”, poi correre via veloce.
Poi fu la volta del bambino che arrancò in mezzo alla folla e poi corse via anche lui.
Lucia era pronta da ore, passata la mezz’ora pattuita con Mario si diede un’ultima occhiata allo specchio, poi uscì sbattendosi la porta alle spalle. Per le scale si mise a correre, quasi non sentiva il peso della sua enorme valigia. Una volta per strada cercò di darsi un contegno, ma era troppo felice, le veniva da ridere e da cantare insieme. La strada era deserta, così lei non ci pensò due volte e si rimise a correre, incurante della fatica.
Quando arrivò sotto la grande quercia dove si erano dati appuntamento, appena fuori dal paese, Lucia passò i primi cinque minuti a riprendere fiato. Poi il tempo cominciò a passare. All’inizio non si preoccupò, lui non era una persona  puntuale; dopo mezz’ora però cominciò ad agitarsi, fu presa da una voglia improvvisa di correre a casa a controllare che non fosse lì. Subito dopo però si pentì di quel pensiero: lui la amava, questo era chiaro, mai l’avrebbe abbandonata, e poi per quella donna obesa e quel bambino? Lucia scoppiò in una fragorosa risata stridula. Prese a fantasticare che magari gli era successo qualcosa, forse aveva avuto un infarto; se lo immaginò agonizzante strisciare per terra, per arrivare lì da lei. Quasi si commosse pensando a come lo avrebbe curato con amore.
Ma in fondo le piaceva poco l’idea dell’infarto, mica lei voleva fare l’infermiera, pensò. Scacciò l’idea con forza.
Passò così tanto tempo che a Lucia cominciarono a fare male le ginocchia a forza di stare in piedi. Scartò nuovamente l’idea di andare a cercare Mario. Il loro appuntamento era lì, e lì lui l’avrebbe trovata, in qualsiasi momento fosse arrivato. Era in ritardo perché di sicuro aveva avuto un imprevisto. Non c’era altra spiegazione, continuò a ripetersi Lucia per tutta la notte.

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8 commenti »

  1. Ciao Sara! Ho letto con interesse il tuo racconto: hai uno stile rapido e scorrevole. Certo che la figura della protagonista, Lucia, mette proprio tanta tristezza dentro: come può pensare una persona sana di mente che l’amore sia un diritto solo di chi ha forme perfette e ventre piatto? E come può pensare di poter strappare un padre al suo bambino solo perchè lo ha deciso lei? Ottimo finale, aperto quanto basta. Complimenti!

  2. ciao sara, il tuo racconto è coinvolgente e si vuole sapere cosa succede e come va a finire. forse però la protagonista è un pò ingenua. imposta la vita su di un oroscopo e ci impiega tutta la notte a capire che mario non verrà mai. bella la struttura del racconto e anche come gestisci i dettagli (l’unghia, i personaggi minori della moglie e del figlio…).

  3. Racconto chiaro, scorrevole, coinvolgente, ottimamente impostato. Impossibile non leggerlo sino alla fine! Una delle tantissime sfaccettature dell’amore a senso unico. Bravissima!

  4. Il tuo racconto si legge bene, è scorrevole. I personaggi sono ben delineati e la protagonista non è poi così surreale come si potrebbe pensare in prima battuta: ingenuità + presunzione + superficialità…. tutto molto reale.

  5. Cara Sara, bravissima!!! Molto bello il modo in cui riesci a rendere la realtà nei suoi più piccoli particolari, come sai descrivere i gesti dei protagonisti e lo spazio in cui si muovono. chi legge riesce a vedersi tutto davanti! la storia poi ti tiene incollato a leggere fino all’ultimo!
    Complimenti davvero!!!

  6. Hai ben raccontato l’ossessione tutta personale di un’amore inventato e vissuto come qualcosa che implode dentro e arreca danni.Sarebbe interessante vedere la protagonista andare avanti nella storia,magari continuando a raccontare di lei. Potresti continuarlo,anche solo per vedere dove ti porta la storia.Bene le immagini molto forti.Ti ringrazio tanto per il tuo apprezzamento alle mie storie!
    Auguri.

  7. Una vita vissuta in superficie, fatta in prevalenza di esteriorità non può garantire a Lucia la pienezza di sentimenti veri, che ella in qualche modo ricerca. La parte deturpata del suo corpo tradisce il vuoto che inconsapevolmente l’attanaglia e accanendosi verso di essa è come se con violenza cercasse di far capire a sé stessa di recuperare un’immagine meno perfetta di sé, forse più umana. Mi piace pensare che forse anche Lucia prima o poi abbia una chance per cambiare, diventare più sensibile verso sé stessa e gli altri. Una scrittura chiara, scorrevole, fresca. Complimenti.

  8. Quell’unghia rosicchiata a sangue fa intuire fin dall’inizio che Lucia non è una persona tanto “normale”, e si continua leggere chiedendosi “ma cosa potrà combinare una così?” Confesso che mi aspettavo un finale più tragico, però anche questo che lascia tutto in sospeso è molto appropriato.(Povero Mario, però…)

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