Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “Il nonno “WhatsApp” di Fernando Guidi (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Cicipii!!
Chi suona alla porta? Non c’è nessuno…
Cicipii!!
Sarà il telefonino nuovo, lo smart…o cosa; ma come si apre, dov’è il bottone “touch”?
Mio figlio me l’aveva detto: “Babbo, è troppo moderno per te, non ci capirai nulla!”
Infatti…
“Nonno, finalmente ho anch’io l’ Ipad così ti mando tanti baci con WhatsApp e mi vedi anche ballare lo Schiaccianoci!”
È Martina, la nipotina, come ha fatto a trovarmi?
Ma guardate un po’ com’è ridotto un nonno moderno; dover ascoltare – imparare sarà difficile – parole sconosciute per condividere le emozioni della nipote. E pensare, aspettavo che crescesse per farle vedere e leggere assieme i mille libri sparsi per casa, per esplorare con lei i mondi fantastici delle mie storie antiche, scoprire i personaggi dei miti con i quali ho sognato e sono cresciuto!
E invece: smartphone, touch, Ipad, WhatsApp e chissà quante altre parole strane inventate.
Andiamo a vedere su Google (un’altra parolaccia!) cos’è questo WhatsApp.
Allora: clicca su MozzillaFirefox (questo mi sembra uno zoo), il cursore pulsa nella striscia bianca e vi incollo la parola ricercata: vriin, vriin, vriin, ma quanti siti pubblicitari prima di quello che serve! Ecco qua WhatsApp, clicco sul blu e appare la spiegazione… ma è in inglese!
Accidenti, quand’ero piccolo in Italia si parlava e scriveva solo in italiano e guai se non lo facevi correttamente! Ed ora, guarda qua: tutto straniero! No, non ce la farò mai.
Martina mi ha detto di pigiare il dito (qualche volta sfondo il telefonino!) su quel simbolo verde col telefono bianco all’interno; a me pare assomigli ad una pancia in cinta col bambino dentro, che sta per uscire da quella porticina a punta, mah!
Ecco, ho recuperato la voce della nipote, sotto c’è un messaggio scritto, in un italiano tutto abbreviato che a capirci ci vuole un esperto di enigmistica; c’è anche il pezzo del balletto: pare di stare al cine, si sente la musica, Martina si muove nella stanza e mi guarda sorridendo.
Ma che diavoleria è mai questa!?
Un giorno mi farò spiegare tutto per filo e per segno perché non posso deluderla, altrimenti perdo ogni mezzo di comunicazione con lei.
*******
Sono passati due mesi, Martina ha avuto la pazienza di farmi vedere come funziona WhatsApp ed io sto imparando, almeno a risponderle, divertendomi anche.
Mi viene un’idea. Propongo alla nipote di usare questo marchingegno per inventare storie: lei mi manda una foto, un disegno, una frase, una registrazione vocale ed io provo a scrivere una storia dove siano protagonisti dei bambini come lei, con i loro eroi trasformati dagli occhi di un nonno.
Ecco che arriva la prima provocazione: Violetta va in carretta, canta e balla con Tomas, Leon e Diego, ma la bimbetta, per far dispetto, di nessuno s’innamora.
Certo, vuoi mettere le vicende del pirata gentiluomo Sandokan, la tigre di Mompracem e dei suoi tigrotti!
Ma tant’è, se voglio dialogare con Martina devo provare ad adattarmi; provare, ho detto, non certo riuscirci.
Proviamo.
Allora compongo una trama – una trametta – con quei tre personaggi da canzonetta che ballano e sorridono come matti ma poi, dietro dietro, se ne fanno di quelle nere.
Decido di inviare il primo pezzo a Martina per sapere cosa ne pensa e dopo averlo scritto e salvato sul desktop (e ridagli con le parole straniere!) mi appresto a seguire le istruzioni per spedire con WhatsApp; allora, vediamo: allega, frase d’accompagnamento, saluti, baci e abbracci e poi “invia”.
Succede il finimondo!
Un rumore assordante, come un missile in partenza per la luna, un bagliore accecante, fumo e puzzo di zolfo esce dal piccolo schermo e per poco il telefonino non mi sfugge di mano; lo stringo per paura di perdere la storia e seguo i personaggi a bordo della navicella spaziale.
I ragazzi – Violetta, Tomas, Leon, Diego – dopo le prime capriole di meraviglia si affacciano all’oblò di bordo per vedere quello che succede e laggiù in fondo, lontano, lontano, vedono i loro fans tutti col naso all’insù, che smaniano, si spintonano per restare in prima fila, con in mano la foto dei loro preferiti, in attesa dell’autografo lunare.
Allora i ragazzi-eroi si guardano attorno e quando si accorgono di essere rimasti soli con Violetta pensano come fare a conquistarla. Ognuno sfoggia la sua arte migliore nell’inventare coreografie danzanti da mille e una notte ma Violetta se ne sta triste in un angolo. Senza luci, palco, fans urlanti e deliranti davanti a lei, è finito il divertimento.
Incurante di quei tre bimbetti danzanti, si assopisce e sogna di essere nel mondo delle fate, quello che la nonna le raccontava quando era piccola, laggiù nelle pampas argentine; incontra gnomi e folletti, buffi bambini con vestiti colorati, adornati da mille brillantini che se ne vanno contenti per il bosco verso la festa, al compleanno di Lunastella, la principessina del castello di Selenia. Sul cancello trovano due lampioni che distribuiscono panierini di stelle da gettare sul capo della principessina all’arrivo della tortaluna; tutto il castello è illuminato da miriadi di luci ballerine che non stanno mai ferme, per illuminare tutto e tutti. L’immenso salone è circondato da specchi altissimi, dove i bambini sembrano ancora più piccoli, proprio come le stelle in cielo.
Violetta cammina estasiata tra quei personaggi dimenticati, gioiosi, sorridenti, che proteggevano la sua infanzia dal lupo cattivo della foresta e la facevano sentire pure lei una principessa che sognava di diventare una cantante famosa, una ballerina e di girare il mondo intero.
In fondo al salone scorge una porticina; entra in una piccola stanza rischiarata solo dal riverbero delle luci esterne; in un angolo, avvolta da molti stracci sta una vecchina che dorme, o almeno così pare. Violetta la scuote e lei si sveglia brontolando: “Chi sei, cosa vuoi, lasciami stare nel buio dei miei sogni, ormai per me le feste sono finite”.
Violetta allora si accuccia al suo fianco e tenta di abbracciarla, alla fine ci riesce ed allora sente la vecchia farsi più vicina, allunga le braccia scarne e grinzose, le circonda le spalle e … riconosce il calore della nipotina. Apre gli occhi e dice: “Martina (così si chiama in realtà Violetta), ma come ti sei ridotta, cosa sono tutti questi lustrini tra i capelli, quella tinta sul viso, sulle labbra; cosa ti hanno fatto? Vieni dalla nonna tua che ti vuol bene come sempre!”
La ragazza famosa torna bambina e si abbandona ai sogni che la nonna le faceva vivere con grande sfarzo e speranza, anche se erano solo sogni.
L’amore fa anche di questi miracoli.

Cicipii!!
Cicipii!!
La nebbia si dirada e sullo schermo riappare la pancia verde che chiama.
È la Martina, la mia nipote: “ Nonno hai scritto la storia su Violetta?”
“Lascia perdere. Dammi un foglio e la penna che la scrivo a mano, sono sicuro che la storia non mi sfuggirà di mano come ha fatto con lo smartphone!”
Mi spedisce – ovviamente con WhatsApp – uno dei suoi sorrisi più belli, commentando: “Ma nonno, che tasto hai pigiato per combinare tutto quel casino? Quando ci rivediamo ti insegno di nuovo ad usare meglio WhatsApp ”.
Sarà meglio, invece, che lo regali a lei  questo smartphone!
E io continui a chiedere alla gente “cosa fai, come va?” (che poi è questo il significato di WhatsApp) quando li incontro, guardandoli negli occhi, con un bel sorriso stampato in viso.

 

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4 commenti »

  1. Tenero e divertente. Bravo il nonno per il suo messaggio finale: comunicare guardando la gente negli occhi. Niente potrà sostituire mai l’emozione che passa in quel momento di incontro vero.

  2. Dominique, hai centrato lo spirito del racconto: utilizzare i mezzi moderni senza stravolgere le normali dinamiche della curiosità diretta.

  3. Ciao Fernando sai che ha ragione il nonno? La lingua italiana pian piano si va estinguendo perché la stanno rimpiazzando con quella inglese e con tutte le varie terminologie. Bravo

  4. Fernando,
    scrivo anche qui, ho appeno risposto al tuo commento del mio racconto. Divertente il racconto per bambini rispetto all’uso di WhatsApp e a tutte le parole che accompagnano l’uso delle nuove tecnologie. Davvero la tua conclusione è importante, perchè è qualcosa che si sta perdendo, chiedere alla gente “come va?” provare interesse per gli altri, guardare negli occhi la gente con un bel sorriso stampato in viso. Questo è un bel messaggio per le nuove generazioni. Tenerissimo il rapporto con la nipotina Martina che ha questo nonno moderno.
    Bravo.

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