Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “Peppinella” di Marzia Cortese

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Sedeva su una sedia in vimini, di quelle antiche fatte a mano. Una sedia che oggi, se volessi averne una simile, non saprei dove cercarla perché non se ne trovano più di quella fattura. Erano tempi in cui ogni mestiere aveva il suo perché, quando c’era ancora chi – con incredibile pazienza e infinito amore – intrecciava quei fili dorati come se nascessero dalle sue stesse mani.

Era un regalo di mio padre. L’aveva comperata al Mercato delle Pulci, dopo un’estenuante trattativa per abbassare il prezzo. Accadde in un’afosa giornata di luglio, con il sole cocente dell’estate che inaridiva qualsiasi cosa e toglieva le forze anche solo a guardarlo. Per di più, l’opprimente calura pareva essersi direzionata tutta sulla sua disgraziatissima testa. Quel giorno, infatti, mio padre era uscito di fretta, dimenticando di indossare il suo inseparabile Borsalino – quel fantastico copricapo che lo aveva riparato da situazioni ben peggiori – dunque aveva il cranio completamente esposto all’arsura, cosa che lui avvertiva con molta più veemenza di chiunque altro a causa della sua estesa calvizie, che già di per sé sopportava come fosse un castigo. Se l’era sudata – nel vero senso della parola – quella seggiola! Bisogna dirlo: quando la vide, l’attrazione fu immediata; come se quella fosse stata lì ad aspettarlo da sempre. Non c’è niente da fare, certe cose hanno un’anima!

Nonostante fosse quasi sepolta tra mille cianfrusaglie di roba vecchia, non poté fare a meno di notarla. Fu un’illuminazione o – se preferite – un amore a prima vista. E tanto fece che alla fine se la portò via.

Nonna Giuseppina – o “Peppinella” come avevamo l’abitudine di chiamarla in famiglia – vi trascorreva gran parte del suo tempo su quella sedia, intenta com’era a ricamare, virtù all’epoca assai apprezzata. Nata nella seconda metà dell’Ottocento, nonna Giuseppina era una donna, come si suol dire, tutta d’un pezzo. Moralmente e fisicamente. Alta, robusta, sempre impeccabile nell’abbigliamento e nel trucco. Praticamente, il contrario di mia madre, minuta nell’aspetto e poco incline a certe vanità tipiche femminili; forse per il fatto che a casa eravamo in tanti, forse troppi! Si pensi che io sono l’ultimo di sette fratelli, e lei doveva occuparsi di tutti noi, oltre che della nonna e del nostro amato Kelly, naturalmente.

Kelly era un bellissimo lupo italiano dal manto grigio. Non ho mai capito perché l’avessero chiamato così dal momento che era un maschio…

Ma tornando a Peppinella, lei e mia madre non si assomigliavano affatto. Tra le due però quella che catturava maggiormente la nostra attenzione era proprio Peppinella. Al mattino trascorreva lunghe ore alla toilette, per sistemare i capelli che teneva raccolti sulla nuca con non so quante forcine, che mio fratello Mariano si divertiva a tirarle via quando la vedeva appisolarsi sulla sedia in vimini che le aveva regalato mio padre: quello era il momento in cui era più vulnerabile. Si divertiva da matti con lei, Mariano, che ancora oggi a settant’anni è una testa calda, per non dire altro.

Le tirava il naso, trattenendolo con le nocche delle dita, e quello diventava tutto rosso! Le nascondeva spazzole e forcine apposta per farla andare in subbuglio, ben conoscendo la cura quasi maniacale che la nonna impiegava nell’acconciarsi i capelli. Le raccontava storie lugubri per metterle paura, come se ci godesse nel vederla spaventata a morte! In casa nostra era un continuo susseguirsi di urla, tra mia nonna che intimava mia madre di sgridare mio fratello e mio padre che sbraitava contro mia nonna affinché la smettesse a sua volta di gridare. E mio fratello Mariano se la rideva insieme agli altri miei fratelli più grandi.

Io no. Io la guardavo, ed ero dispiaciuto per lei. Nonostante le sue spalle larghe, la vedevo per quello che era: una donna fragile e indifesa. Percepivo il suo disagio, la sua precarietà di donna sola e anziana, il suo doversi adattare agli altri perché non poteva fare altrimenti. Lei, che appariva a noi ragazzi così tanto fuori dai tempi, c’era invece immersa fino al collo. La conosceva la vita, altroché se la conosceva! Aveva iniziato presto a vivere, Peppinella. Era dovuta crescere in fretta e senza una guida poiché non aveva mai avuto una famiglia che si occupasse di lei. Orfana di entrambi i genitori sin dalla nascita, non aveva fatto in tempo a mettere piede in questo mondo, che il mondo l’aveva già abbandonata. A soli quindici anni aveva conosciuto mio nonno, più grande di lei di vent’anni, di cui ricordo soltanto i lunghi baffi ottocenteschi e null’altro. Orefice benestante, l’aveva fatta studiare fino a farle prendere il diploma di maestra – a lei, che era una piccola analfabeta senza neppure un cognome! – per poi sposarla e darle quella famiglia che le era mancata. Anche in questo Peppinella era diversa da mia madre, che invece non aveva mai voluto studiare.

La scrittura di Peppinella – all’epoca nelle scuole insegnavano la calligrafia – era tutta un ricamo. Ricordo che quando scriveva il mio nome, mi pareva un dipinto. Mi raccontava che aveva sofferto tanto in gioventù, avendo perso più figli di quanti ne avesse partoriti. Chi con il vaiolo, chi con la scarlattina e altre malattie a quei tempi incurabili. Mi chiedevo per quale sconosciuta volontà mia madre si fosse salvata da quei parti sventurati. Era sopravvissuta per puro miracolo o era stata più forte degli altri suoi fratelli? In mezzo a tanta morte, aveva in ogni caso avuto la meglio la vita, per una volta.

Peppinella in realtà aveva anche un altro figlio oltre mia madre, un altro – diciamo così – “sopravvissuto”, ma da lui non andava quasi mai. Non le piaceva stare lì per via della nuora, con cui non andava granché d’accordo. Con noi invece era un’altra storia. Tutti in famiglia amavamo Peppinella, anche mio fratello che le faceva gli scherzi. Per la verità, neanche con mio padre c’era una gran sintonia poiché quando aveva qualcosa da recriminare a mia madre, Peppinella interveniva per difendere la figlia e allora lui andava su tutte le furie.

Un giorno accadde l’irreparabile. Ci fu una brutta lite tra lei e mio padre: si sentivano urla, pianti e porte che sbattevano come se un uragano si fosse abbattuto improvvisamente sulla nostra casa. L’atmosfera divenne così pesante che alla fine Peppinella fu costretta ad andarsene. Ho ancora vivida l’immagine di lei mentre raccoglieva i suoi effetti personali, per lasciarci. Fu una scena tristissima che – per quanto mi sforzi – non riesco a cancellare dalla memoria. Nonostante la mia tenera età, ricordo perfettamente quanto fossi in pena per lei e quanto mi facesse soffrire doverla vedere messa alla porta. Volevo che Peppinella restasse, non soltanto perché faceva parte della nostra famiglia, ma perché ne era il basamento. Era lei il principio di tutto.

Ma all’epoca ero solo un bambino, oltretutto il più piccolo dei miei fratelli, e il mio parere contava ben poco. Adesso che ho i capelli bianchi, se ripenso a quel giorno, sento ancora lo stesso dolore che provai allora. Perché certe sensazioni non si possono cancellare, soprattutto quando hanno segnato in qualche modo la nostra infanzia, un’età in cui ogni piccolo dettaglio si carica di un significato profondo.

E il peggio doveva ancora arrivare. Peppinella, non sapendo dove andare, si trasferì nell’unico posto dove avrebbe potuto stare, cioè dall’altro suo figlio. Io però già sapevo che la convivenza sarebbe durata poco poiché neanche la nuora voleva tenerla con sé. E allora che fine avrebbe fatto la povera Peppinella?

Non facevo altro che fissare la sua sedia in vimini tutto il giorno. Kelly si accucciava ai suoi piedi come se Peppinella fosse ancora lì, solo che lei non c’era. La notte mi svegliavo in preda agli incubi, immaginandola sola in mezzo ad una strada, senza trucco e con i capelli tutti spettinati. Possibile che la stessero abbandonando un’altra volta? Il comportamento di mio padre mi apparì terribilmente ingiusto. Il destino di orfana di Peppinella sembrava proprio non volerla mollare, come se la vita le avesse fatto fare un lungo giro per poi riportarla al punto di partenza. I miei fratelli più grandi mi dissero che le stavano cercando una sistemazione, ma la cosa non mi tranquillizzo’ affatto perché mi domandavo come potesse in ogni caso una donna così anziana essere lasciata sola. Ero sicuro che se fosse tornata a stare da noi, quel birbante di mio fratello l’avrebbe piantata di farle i suoi stupidi scherzi.

– È colpa tua! – gli dissi – è colpa tua se è andata via!

Mariano mi diede uno spintone dicendo:

– Ma va! E smettila di frignare!

Quando faceva così, non lo sopportavo. Ricordo che lo spintonai a mia volta. Lui reagì. Cominciammo ad azzuffarci finché non arrivò papà a dividerci. Proprio lui, mio padre, che con quel gesto aveva inconsapevolmente posto fine alla mia infanzia. Del resto, anch’io dovevo crescere. Arrivai perfino a pensare che avrebbe mandato via anche me se mi fossi comportato male. Così scappai via. Mi nascosti in un angolo della casa che soltanto io conoscevo e dove mi andavo spesso a rifugiare quando non volevo essere trovato. Ci rimasi fino a quando non fece buio. Alla fine fui sopraffatto dal sonno e mi addormentai. Ad un certo punto sentii qualcuno scuotermi. Credevo fosse Kelly, lui mi trovava sempre.

Invece no. Era mia madre. La riconobbi dai piedi, anzi dalle ciabatte traforate e scolorite dal sole. Inconfondibili. Me ne stavo accovacciato a terra, ero mezzo tramortito per il sonno e non mi andava di alzare la testa. Poi mi accorsi che vicino ai piedi di mia madre ce n’erano degli altri. Li riconobbi immediatamente, anche quelli. Le scarpe a punta verniciate di nero, che l’alluce valgo faceva deviare verso l’interno, erano senz’altro le sue! Alzai la testa per verificare che fosse proprio lei.

– Peppinella! – esclamai. Lei non rispose. Si limitò a volgere lo sguardo verso mia madre. Schiuse le labbra e sorrise. Era il giorno del mio compleanno e quel sorriso fu il più bel regalo che potessi mai ricevere.

Peppinella era tornata, con la sua grossa valigia mezza vuota e consumata dal tempo, il suo beauty case pieno di trucchi e la sua meticolosa acconciatura indietro di un secolo. Solo più tardi mi accorsi di mio fratello Mariano, nascosto nella penombra dietro di lei. Mi guardò come per dire: – Hai visto? Tanto fracasso per niente!

Ma io sapevo che anche lui, in fondo, era contento che Peppinella fosse tornata a stare con noi. Altrimenti, a chi avrebbe fatto i suoi stupidissimi scherzi?

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19 commenti »

  1. Che bel racconto! Altri tempi di cui descrive molto bene l’atmosfera. L’amore per i lavori antichi, la famiglia che vive insieme riunendo 3 generazioni, le liti e incomprensioni quasi scontate fra i diversi componenti, il forte legame fra il bambino e la nonna, la tristezza, la struggente malinconia, e poi il finale allegro e lieto. Mi è piaciuto molto!

  2. Ciao Dominique, ti ringrazio molto per i complimenti. Mi fa piacere che ti sia piaciuto il mio racconto. È un omaggio a mio padre, alla nostra famiglia, al suo immenso amore per quella nonna che io purtroppo non ho mai conosciuto perché ero troppo piccola quando ci ha lasciato.

  3. Ciao Marzia, un bel ritratto di famiglia stile anni sessanta ma con un problema ancora attuale: i vecchi genitori.

  4. Ciao Elvira, hai centrato il tema e soprattutto il tempo in cui si svolge la storia. Oggi la famiglia è strutturata in maniera diversa rispetto a quegli anni, siamo tutti più indipendenti e pretendiamo i nostri spazi.Ed è giusto che sia così. Però,era bello quando la “famiglia” aveva un significato più ampio e ognuno era consapevole di poter sempre contare sull’altro, senza mai essere lasciato solo.

  5. Marzia,

    Peppinella, la tua meravigliosa protagonista, rappresenta al meglio il fenomeno dei tempi e delle delle tradizioni familiari che (ahimè) cambiano.

    Credo che tutti i miei coetanei abbiano avuto una “Peppinella personale”: donne tutte d’un pezzo, impeccabili ed inattaccabili, completamente e religiosamente dedite alla cura della famiglia e dei suoi componenti.

    Il tuo racconto, veramente notevole per trama e prosa, mi spinge ad augurare ai giovani di oggi di poter attingere, come io ho attinto, agli infiniti insegnamenti che solo certe figure di donna sanno dispensare.

    Bravissima.

  6. Grazie, Lorenzo. Da donna posso dirti che l’emancipazione e l’indipendenza che abbiamo conquistato con tanta fatica non solo non ci ha reso più forti, ma in alcuni casi ancora più fragili. Mi piacerebbe avere la stessa determinazione e la stessa forza di quelle donne del passato che, a mio parere, erano (e restano) il vero pilastro della famiglia.

  7. Mi è piaciuto molto il tuo racconto. Oltre che per la forza del personaggio di Peppinella per la delicatezza con cui hai riunito tanti dettagli, la sedia, il cane, le ciabatte, componendo un quadro attorno a lei.

  8. Ciao Ivana, sono contenta che ti sia piaciuto il mio racconto. Oltretutto, mi fa piacere sapere di essere riuscita a fornirti un’immagine visiva della storia. Grazie.

  9. Cara Marzia,
    un tuffo nel passato in cui ho ritrovato un po’ anche della mia storia. Anche secondo mele cose hanno un’anima e la conservano pura.

  10. Proprio così. Grazie, Paola!

  11. Grazie Marzia per questo bellissimo racconto, non so bene per quale misterioso motivo ma sono affiorati alla mia mente ricordi lontanissimi fatti di odori e rumori di un di case antiche , dove le famiglie erano allargate dai nonni e i parenti.
    La tua prosa e leggera e scorrevole e il racconto è ben costruito e fluido. veramente Brava!

  12. Sapere che un mio scritto sia in grado di evocare sensazioni così vive, mi rende felice. Grazie, Gianluca!

  13. Un racconto che trasmette calore, con un sapore antico, ma che pare familiare, perché la tua Peppinella può essere la nonna di tutti. Sei riuscita a ritrarla alla perfezione, lei assieme a tutto il suo mondo fatto di piccole cose, di grandi dolori e di dolci scenette domestiche. Complimenti!

  14. Grazie, Carola!

  15. Bellissimo Marzia, complimenti! La famiglia di un tempo, con le figure chiavr

  16. Bellissimo Marzia! Complimenti! La famiglia di un tempo, con le figure chiave, la nonna, persona speciale. Hai ragione: abbiamo parlato dei legami genitori- figli, ma le diverse epoche comportano sentimenti emersi che emergono dagli scritti e anche un diverso finale.
    Che bello che la nonna torna, riportando in casa per il nipote la sua presenza rassicurante.La mia protagonista invece, mi fai riflettere, viene rassicurata da un’assenza, l’assenza di una figlia.
    Bellissima l’atmosfera: sembra di vedere uno di quei film da la pellicola ingiallita. Mi è piaciuto veramente tanto!

  17. sentimenti diversi*. Benedetto t9 🙂

  18. Bel racconto che sa di tenero e di antico! Tutta la narrazione si sviluppa attraverso gli occhi di un bambino dolce e sensibile che personalmente mi ha colpito più della protagonista.Complimenti!

  19. Peppinella mi ha ricordato la mia bisnonna, con rossetto e chignon sempre impeccabili che si crucciava se apparivano strane macchie sul suo volto.
    Grazie per questo racconto scritto molto bene che scorre a ritroso in un’epoca in realtà non così lontana e che tu hai evocato con garbo e rispetto. Bravissima Marzia.

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