Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “Se mi ami” di Chiara Spera

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Quei due non si erano mai incontrati prima.

Si osservarono per un po’ da lontano, scrutandosi, studiandosi, annusandosi.

Si avvicinarono pian piano, con circospezione.

Scoprirono di avere vissuto vicini sino ad allora, senza aver mai incrociato le loro strade.

Lui viveva all’aria aperta, libero e selvaggio.

La sua chioma rossa eternamente al vento, il calore del suo corpo vivo, la luce del suo essere, scaldarono il cuore freddo di lei.

Anche lei viveva all’aria aperta, altrettanto libera e selvaggia, ma quieta e silenziosa.

La forza della sua natura, la calma del suo esistere, fiera ed eterna, calmarono il cuore tumultuoso di lui.

Lui era fuoco.

Lei era acqua.

E decisero di incrociare i loro destini.

Il fuoco non aveva mai conosciuto la quiete e scoprì di desiderare quella di lei.

L’acqua non aveva mai conosciuto il calore e scoprì di voler ardere, come lui.

“Siete troppo diversi”, sussurravano le fronde degli alberi al fuoco.

“Non saprete amarvi senza ferirvi”, ripetevano i pesci all’acqua.

Ma i cuori innamorati non possono ascoltare altro che il dolce suono dei loro stessi palpiti.

Così, per un po’, il fuoco lasciò che l’acqua lambisse la sua legna.

Sentì che quella si raffreddava, godette dell’umidità che riusciva ad assorbire, calmò le sue fiamme e riposò, dissetandosi alla sorgente sconosciuta ed inesauribile di lei.

Soltanto il vento, a volte, arrivava a soffiare sulle sue braci sempre accese, e in un attimo ne risvegliava la natura selvaggia, che tornava a bruciare tutto ciò che lo circondava, divorandolo e rendendolo parte di sé.

Allora l’acqua gli si faceva più vicina, richiamata dallo splendore della sua fiamma gloriosa, dalla maestosità della sua violenza divoratrice che toccava il cielo, dal calore della sua energia, che non gli faceva paura.

Quando il fuoco bruciava così, l’acqua si scaldava tanto che evaporava. A tratti sembrava quasi scomparire, ma subito dopo ricadeva leggiadra su di lui, avvolgendolo di un’impalpabile e freschissima pioggerella, che lo placava.

“Finalmente conosco la pace”, diceva allora il fuoco alla terra, scoppiettando cheto ed illuminando dolcemente il buio.

“Non è la tua pace”, rispondeva la terra al fuoco, “è quella dell’acqua, che ha inumidito la tua legna”.

“Finalmente mi sento viva”, diceva l’acqua alle onde, invitandole a guardare la fiamma che risplendeva su di loro.

“Non è la tua fiamma”, rispondevano le onde all’acqua “ma quella di lui, che noi riflettiamo”.

“Ti amo”, diceva il fuoco all’acqua “perché ho bisogno della tua quiete per non bruciare”.

“Ti amo”, rispondeva l’acqua al fuoco “perché ho bisogno del tuo ardore per sognare di poter bruciare un po’”.

Ma il fuoco non può vivere senza bruciare.

E l’acqua non può ardere.

Lui poteva accendere qualunque cosa, tranne lei.

Lei poteva nutrire ogni creatura vivente le si avvicinasse, tranne lui.

“Dove sei?”, chiedeva lui quando, ridotto ad una misera fiammella, aveva fame.

“Sono qui amore mio”, rispondeva lei, con la stessa inafferrabile calma con cui viveva.

“Ti vedo”, rispondeva lui, languendo. “Ma non ti sento”.

“Ho freddo. Ho fame. Ho paura di morire. Brucia con me, amore mio. Lasciati afferrare, solo per un attimo. Non lasciarmi solo. Non mi ami più forse?”.

“Ti amo, non ci credi?”, gli rispondeva l’acqua, piangendo lacrime salate. “Guardami, sono ovunque, sono tutta intorno a te. Sono in cielo, leggerissima e sottile, impalpabile come le gocce di rugiada. Sono sotto terra, nascosta, ma se scavi puoi trovarmi. Sono in ogni forma vorrai mettermi, sono come tu mi vuoi”.

“Non piangere”, si lamentava il fuoco, “mi fai male. Se mi ami come dici, perché non bruci insieme a me? Perché vuoi spegnermi?”.

“Non voglio spegnerti”, si addolorava l’acqua.  “Ma non so bruciare insieme a te. Se mi ami come dici, perché vuoi cambiarmi? Perché non vuoi più illuminare le mie notti con la tua luce? Perché non vuoi più scaldare i miei inverni con il tuo calore?”

“Perché quei due cercano l’uno nell’altra ciò che ciascuno già possiede in sé?”, si domandavano le creature del cielo e della terra.

Un giorno passò sopra le loro teste un’anziana aquila reale.

Quando vide l’acqua ed il fuoco, così vicini, decise di fermarsi.

Si avvicinò all’acqua per bere.

“Questo è il mio ultimo viaggio” disse “sono vecchia e stanca, e ho bisogno di riposare sempre più spesso. Saresti così gentile da lasciare che io mi disseti alla tua fonte?”

“Lo farei volentieri”, rispose tristemente l’acqua “se sapessi indicarti la mia fonte”.

L’aquila si abbeverò alla sua sorgente fresca, poi si avvicinò al fuoco e disse: “Ho freddo, le mie piume non sono più folte come un tempo, saresti così gentile da lasciare che io mi riscaldi un po’ vicino alla tua fiamma?”

“Prova pure”, rispose il fuoco “ma la mia fiamma è così debole che non sa più scaldare nemmeno me”.

L’anziana signora dei cieli riposò un po’ accanto al fuoco poi, ritemprata dal calore, si preparò per riprendere il suo viaggio.

Prima di partire, però, rivolse ai due amanti un ultimo ringraziamento.

“Ho vissuto a lungo, viaggiato tanto e visto molto”, disse loro. “Ma ancora non avevo mai visto dell’acqua che credesse di aver perso la sua fonte e del fuoco che avesse dimenticato di saper scaldare. Vi ringrazio di cuore amici miei”.

“Perché ci ringrazi?” risposero in coro i due tristi elementi.

“Se non siamo riusciti nemmeno a scaldarti”, disse il fuoco “né a dissetarti, come ci avevi chiesto?”, proseguì l’acqua.

“Non è per questo che vi ringrazio”, li corresse l’aquila.

“Anche se ho bevuto abbondantemente di te”, disse all’acqua “e mi sono ben scaldata accanto a te” disse al fuoco.

“Vi ringrazio perché mi avete ricordato quanto sia facile dimenticare ciò che abbiamo in noi, quando lo cerchiamo altrove”.

“Tu, acqua, puoi assumere la forma di ogni contenitore che tenterà di trattenerti, ed in ciascuno ritroverai sempre il tuo equilibrio. Non hai bisogno di ardere per essere viva. La tua calma apparente può scavare le montagne, aprire varchi nel terreno, seppellire città e foreste. La tua forza è silenziosa, la tua potenza è nel tempo”.

“E tu, fuoco, puoi accendere una luce ovunque tu voglia, illuminare e scaldare cuori, spiagge, case e città. Non hai bisogno di inumidire con l’acqua la tua natura tumultuosa per chetarne il tormento che tanto temi. In ogni istante puoi scegliere di ardere senza distruggere, alimentando le tue fiamme della tua stessa passione. La tua forza è un’energia che non ha bisogno di trovare pace, ma armonia”.

Detto ciò l’aquila si alzò in volo e riprese il suo viaggio.

Da allora, l’acqua ed il fuoco smisero di tentare di possedersi l’un l’altra.

L’acqua capì che non aveva bisogno di bruciare come il fuoco per sentirsi viva e scoprì che la vita scorreva il lei liquida.

Il fuoco capì che non aveva motivo di temere la sua stessa natura, poiché non esisteva nulla che non potesse dominare, e scoprì che l’energia fluiva in lui armoniosa.

“Ti amo”, disse l’acqua al fuoco “perché non ho bisogno di riflettere la tua luce su di me, per amarmi”.

“Ti amo”, disse il fuoco all’acqua “perché non ho bisogno di sentirti in me, per amarmi”.

“Fortunati quei due”, si ripetevano l’un con l’altra le creature del cielo e della terra “che sanno amarsi senza aver bisogno di possedersi”.

 

 

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12 commenti »

  1. Bello! mi piace questo solenne andamento da leggenda, da racconto orale. Bello anche il messaggio, oltre che il modo di porgerlo 🙂

  2. Grazie????

  3. Ovviamente…non avevo inserito tre punti interrogativi dopo il grazie, ma un emoticon sorridente! Eppure con w.a. sono bravissima .. ahaha.
    GRAZIE!

  4. Chiara,

    a mio avviso la tua è un’intuizione eccezionale, una favolosa metafora che offre spunto di riflessione sulle diversità di genere e specie e sulla possibilità di impararvi a convivere.

    La struttura fiabesca (azzeccatissima), un po’ in stile Esopo azzarderei, conferisce alla storia un piacevolissimo fascino senza tempo.

    Veramente complimenti.

  5. Molto poetico. Favola filosofica. Commovente.Dà tanta serenità. Sì, tutto quello che ci serve ce l’abbiamo dentro. Sì, l’amore è possibile fra due elementi opposti. Racconto dolcissimo, Grazie, Chiara, per la sua dolcezza e la sua purezza.

  6. Complimenti per il tuo delicato racconto intriso di poesia e suscettibile di svariate interpretazioni. É stato veramente un piacere leggerlo!

  7. Metafora stupenda sull’l’amore. Il fuoco e l’acqua protesi nell’eterna lotta del possesso, allo stesso modo di ogni uomo e donna che cerchino disperatamente di inglobare l’altro. Bello, oserei dire quasi necessario in un’epoca dove il cosidetto delitto passionale insanguina quotidianamente le cronache nere.

  8. Lorenzo grazie per il tuo commento, mi lusinga oserei dire 🙂
    La struttura fiabesca è venuta da sé, evidentemente era funzionale a quello che avevo da dire e nemmeno lo sapevo (mi capita spesso), ma quando ho riletto anche a me ha ricordato un pò Esopo. Letture di bambina che sono rimaste dentro, probabilmente 🙂

  9. Grazie Dominique,
    mi fa davvero piacere! E’ bello sapere che sia riuscita ad infondere anche serenità!

  10. Lucia e Consuelo, grazie di cuore, fa bene leggere commenti come i vostri 🙂

  11. Ognuno ha proprie peculiarità,che sono indispensabili all’altro.
    Bellissimo racconto,
    complimenti.

  12. Grazie Mariangela 🙂

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