Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2017 “La carezza dal vento” di Carla Abenante

Categoria: Premio Racconti per Corti 2017

Magnifica giornata, ho aperto la finestra, c’è il sole dietro una nuvola, sembra un batuffolo di cotone con la corona. Sveglio mio marito. Lui è assonnato cronico.

-Amore svegliati dai dobbiamo andare al lavoro-

-Cosa? È già ora, ma se ci siamo appena coricati?-

Si alza, vado a preparare la colazione.

Metto su il caffè, Francesco mi raggiunge in cucina, apre il mobiletto e prende i biscotti, ci sediamo e ci guardiamo negli occhi.

-Amore ho pensato di adottare un bambino, visto che uno nostro tarda a venire-

Lo scruto per vederne la reazione.

Il volto gli si scurisce, mi guarda con tenerezza.

– Giulia, vedremo, sai che sono lunghe le pratiche per l’adozione, dai ne riparliamo con calma appena saremo in vacanza, liberi dallo stress del lavoro. Proveremo a farne uno nostro-

-E quando siamo liberi, e che non ne vuoi sapere, io voglio un figlio da te, non facciamo passare troppo tempo, l’orologio biologico non funziona in eterno-

-Amore mio io lo voglio quanto te, ora devo correre in ospedale, devo operare stamattina.-

-Va bene, andrò ad informarmi da sola, ieri ho preso appuntamento, per questa mattina, con Padre Giuseppe, e Suor Candida, mi daranno indicazioni in merito, ci passo prima di andare al lavoro-

– D’accordo, segna tutto che ne riparliamo con calma.-

Finiamo la colazione, Francesco mi bacia con intensità, quasi a farsi perdonare.

Ci prepariamo in fretta e alle otto usciamo da casa, dopo un abbraccio, ognuno va per la sua strada.

Prendo la direzione dell’Istituto dell’Immacolata.

Arrivo in cinque minuti, l’istituto è a forma di ferro di cavallo, ha un cortile ampio, è circondato dalle inferriate azzurre, davanti al portoncino in ferro, ho qualche attimo d’esitazione, poi busso.

-Desidera-

– Sono attesa da Padre Giuseppe e Suor Candida-

Il portoncino si apre.

Entro, attraverso il cortile, salgo le scale e mi trovo un portone di legno, ribusso.

Si apre, entro nell’atrio, una suora giovane mi viene incontro, si sente un odore di caffè e dolce alla vainiglia.

– Venga, l’accompagno nella saletta-

– Buongiorno cara, venga, si accomodi-

Nella sala c’è un divano e dei tavoli, la Suora ed il Padre sono seduti, mi fanno accomodare accanto a loro, sul tavolinetto avanti a noi ci sono una pila di fogli con foto di bambini stranieri.

Trascorro un’ora con loro, mi spiegano l’adozione a distanza, e quella di bambini stranieri.

-Ne parlo con mio marito.-

Mi accomiato devo correre al lavoro, prendo l’auto e percorro l’autostrada correndo a 100 all’ora.

Il ritardo mi fa trovare una giornata di quelle!, il mio capo mi ha riempito la scrivania di pratiche da evadere.

Lavoro in una clinica privata, nell’amministrazione, e sbrigo di solito le pratiche di recupero crediti con l’Asl.

– Giulia, mi raccomando le vede le pratiche sulla destra, devono essere smistate all’Asl entro oggi-

-Certo direttore, farò del mio meglio.-

Esce toccandosi le labbra con il cellulare che gli è appena squillato, poi lo sento bisbigliare, senza capire una parola.

Mi alzo a chiudere la porta che ha lasciato aperta, ritorno a sedermi, guardo fuori dalla finestra. E’ una giornata un po’ strana, il sole fa capolino dietro alcuni nuvoloni. Vedo una signora che ha la mano stretta alla mano di un bambino di circa tre anni, lui saltella su di una gamba, e sorride alla mamma, lei lo accarezza sulla testa, poi lo prende in braccio per attraversare la strada. La mia mente comincia a vagare, penso all’incontro all’istituto, volano i pensieri e mi sarei soffermata a lungo nel girovagare mentale se non avesse squillato il telefono.

-Pronto-

– Giulia, mi porti la pratica della famiglia Bianchi-

Guardo la pila sulla scrivania e cerco, la trovo e vado dal direttore, lascio la documentazione e torno nel mio ufficio, mettendomi a lavorare sodo.

Alle 20 finalmente me ne vado, sono stanca. Mi metto alla guida della mia bella automobile rosso fuoco, che mi scorazza da cinque anni.

Imbocco l’autostrada, percorro con un andatura moderata.

– Caspita il cielo si è oscurato del tutto, il sole è completamente coperto, una nuvola nera si è fermata sopra di me, mi segue, si è perfino alzato un vento impetuoso.-

Un brivido mi percorre la schiena, sento intorno un’atmosfera strana .

Guardo le luci delle altre auto, mi sembrano tanti occhi che mi scrutano.

-Oddio, sono tanti occhi-

scompaiono e compaiono, cavolo ma cosa sta succedendo.

Attraverso la prima uscita e vedo camminare verso di me, sospesa nel cielo, un’ombra nera, si avvicina sempre di più, sta assumendo una forma, ecco si sta avvicinando alla portiera, riesco a distinguere la sagoma di un cappotto, piccolo, un bambino? .

Non riesco a vedere sto andando a sbattere contro l’auto che mi precede quando sento una voce:

-Attenta cosa fai?-

Vedo puntati su di me due fari luminosi che spuntano dal cappotto nero, non ha volto non ha corpo, solo occhi.

Accosto alla prima piazzola, mi segue.

-Chi sei, cosa vuoi?-

-Ciao, non mi riconosci?, eppure dovresti portarmi nel cuore-

– Nel cuore?-

Mi tocco, mi do un pizzicotto ed uno schiaffo, provo dolore, sono sveglia, non è un sogno.

Guardo intorno, il vento si è placato, ma c’è la nuvola nera, proprio sopra la mia testa, fa freddo, rabbrividisco.

Sto continuamente aprendo e chiudendo gli occhi, non riesco a capire se sto sognando o sono sveglia, cosciente e lucida.

Giro lo sguardo intorno, inizio a tremare.

Ora vedo seduto accanto il cappotto nero, lo tocco, la mia mano lo attraversa.

-Aih! Mi fai ancora del male, io ti voglio bene, non puoi toccarmi.-

Chiudo gli occhi, li riapro nuovamente.

Il cappotto è ancora seduto accanto, inizio a piangere, mi sento impotente.

-Nessuno mi vede, puoi vedermi solo tu, io sono un tuo bene prezioso-

A queste parole mi pietrifico, il sangue non mi scorre più nelle vene, sento la testa che mi gira, apro il finestrino, urlo, scendo dall’auto barcollo.

-Signora cosa le è successo? La dinamica, sa ricostruire la dinamica, come mai è scesa dall’auto, si è sentita male?-

Mi guardo intorno,sono in un letto, ma dove?

Guardo meglio, sulla testa ho un faretto, la stanza è di colore verdino chiaro, c’è un comodino sovrastato da un tavolino, con una bottiglietta d’acqua.

L’odore mi è familiare, un misto di disinfettante e medicine.

Sento una voce estranea,un signore mi sta parlando, lo osservo bene, indossa un camice bianco.

-Signora ha capito cosa le ho chiesto?, cosa le ho detto mi dica! Ricorda?-

Vedo anche mio marito, è alla mia destra, ora sento il suo calore, mi tiene le mani, le sta stringendo così forte che mi fa male:

-Amore, come ti senti? Mi riconosci?, vuoi un bicchiere d’acqua?, cavolo potevi morire, hai fatto un incidente-

Gli sorrido.

-Dove sono? Che incidente, io non ricordo, ho male dappertutto-

-Sei nell’ospedale dove lavoro io, mi hanno avvertito quando sei arrivata al pronto soccorso, sei stata travolta sulla piazzola di sosta, vagavi stralunata-

Affiorano i ricordi.

Oddio, quegli occhi mi hanno spaventata a tal punto.

Ricordo l’angoscia e l’ansia che avevano preso il sopravvento, ero scappata dalla visione.

Ripercorro nella mente tutto l’accaduto, sento ancora il suono, quasi metallico, di quella voce di bambino.

Abbraccio mio marito, mi stringo a lui, poi sento un leggero vento accarezzarmi,

un fruscio, mi guardo intorno, vedo il cappotto nero, il suo volto e due occhi che lacrimano, ora la stanza è illuminata:

-Mamma non mi hai riconosciuto. Quando mi hai visto ti sei spaventata, sei corsa fuori dall’auto, una motocicletta ti ha sfiorato facendoti cadere, io ti ho raccolta, ti ho stretta nelle mie braccia, ti ho cullata, ti ho protetta , come tu non hai saputo fare con me. Tu non hai saputo proteggermi, mi hai lasciato andare via prima che nascessi-

Sento le lacrime scorrermi sul viso.

-Amore di mamma, i medici mi dissero che saresti morto per una malformazione al cuore, io non volevo, ti amavo, avrei voluto stringerti tra le mie braccia, perdonami-

– Mamma io ti ho perdonata da tanto tempo, sono sempre al tuo fianco, ma tu sei presa da altro e non senti mai la mia presenza. Ti voglio bene mamma. Tienimi con te, nel tuo cuore, non far sbiadire il tuo ricordo per me.-

– Non potrò mai dimenticarti anche se avrò un altro figlio. Tu sarai sempre nel mio cuore-

-Tesoro, stai bene, con chi parli?-

Sorrido, le mani del mio bambino stanno sfiorando il mio volto.

– Signora, lei sapeva-

Continua a parlare il signore con il camice, e vedo mio marito che ha gli occhi lucidi pieni di lacrime.

– Signora, il suo bambino sta bene, non ha subito nulla con il colpo –

– Bambino?-

– Non sapeva di essere incinta?, beh lei aspetta un bambino e non l’ha perso nell’impatto con la moto –

Mio marito mi guarda, mi abbraccia, piango a dirotto e sento una carezza sui capelli, e vedo due occhi che mi guardano sorridenti, dal cappotto nero.

– Amore, questa notizia non deve impedirci di adottare anche un bambino sfortunato-

– Va bene tesoro, ne riparliamo, anch’io voglio aiutare un bambino sfortunato, la felicità si deve propagandare-

– Credo che anche il nostro bambino, che non abbiamo potuto far nascere, sia felice per noi, lo amavamo e adesso ci ha regalato il fratello o sorella –

-Ma cosa dici? Sei impazzita.-

– No amore l’ho visto, è qui con noi.-

Una leggera brezza ci travolge, ed un abbraccio ci avvolge.

– Signori, io vado, vi lascio soli, passerò dopo a vedere come si sente la signora, domani la dimetterò se non ci sono complicazioni, a meno che lei non voglia tenerla per qualche giorno qui, così può tenerla in osservazione.-

– No collega sono io che prendo qualche giorno di ferie per stare con mia moglie ed il mio bambino.-

– Bene.-

Il dottore va via e finalmente possiamo baciarci.

 

 

 

 

 

 

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7 commenti »

  1. Mi è piaciuto molto anche questo racconto-corto, o corto-racconto! Dolce e delicato da’ voce a dolori che solo noi donne possiamo capire.Ma anche a gioie infinite.Anche queste di sola prerogativa femminile.

  2. …mi sono commossa senza quasi rendermene conto… percio’ arriva Carla, altrochè se arriva! Bello questo corto, delicato..come lascia presagire il perfetto titolo che hai scelto. Bravissima

  3. Che bella storia!
    Ti prende, ti commuove, ti fa tirare un sospiro di sollievo. Brava!

  4. grazie per i bellissimi commenti

  5. Mi ha fatto ripensare ad un episodio a me caro. Racconto delicato e sempre attuale.

  6. Piacevole la forma, commovente il contenuto. Brava.

  7. …ho le lacrime agli occhi. che altro dire?

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