Premio Racconti nella Rete 2017 “Vanessa della porta accanto” di Lisa Paoli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Era da talmente tanto tempo che sentivamo le urla risuonare per tutto il vicinato che ormai non ci facevamo più caso. Da tempo ero abituato a vedere Vanessa uscire dalla villetta accanto alla mia con un occhio nero, o con un passo sbilenco e incerto. Avevamo avuto tempo di conoscerci, dato che eravamo vicini di casa da tutta la vita e compagni di classe dal primo giorno di scuola. E nella nostra esistenza non era cambiato mai niente, ogni cosa era costante. Tutte le volte il padre di vanessa tornava a casa ubriaco, tormentato da chissà quali ansie o delusioni. Picchiava lei e sua madre, la ragazza il giorno dopo piangeva sulla mia spalla e io non potevo fare altro che cercare di confortarla in qualche modo. Mi andava bene così. Ogni volta che proponevo di chiamare la polizia Vanessa mi diceva:
– Ma non lo capisci? Lui è la polizia. È il loro stupido capo. Non gli faranno niente. –
Io non credevo alle sue parole, ma ho sempre preferito non insistere.
Un giorno però, in piena notte, mi sentii svegliare da qualcuno. Era Vanessa, entrata in camera mia dalla finestra che avevo lasciato aperta a causa del caldo. Era Luglio, dopotutto.
– Sbrigati. Devi venire da me. –
Non ero mai stato molte volte a casa sua, proprio a causa di questo maledetto padre dalla furia incontrollabile. Ancora intontito dal sonno, mi misi un leggero giacchetto e infilai le scarpe da tennis. Una volta usciti fuori, alla luce della luna, riuscii a vedere varie macchie di sangue cosparse sul viso di Vanessa.
– Che ti è successo? –
Le chiesi. Lei non mi rispose. Mi condusse in casa sua, verso la cucina. L’odore di sangue mi prese subito alla gola e trasalii nel vedere il cadavere del padre di Vanessa steso sul pavimento, gonfio, livido. Gli occhi erano rivolti verso il soffitto pieno di muffa, con le pupille dilatate. Sul cranio era aperta la ferita fatale, causata probabilmente dal tostapane lì vicino, macchiato anch’esso di sangue come tutte le piastrelle.
– Era già molto che pensavo di farlo. Si era creata l’occasione giusta, così… –
Mi coprii la bocca con una mano.
– Ma cos’hai fatto, Vanessa…! –
Sospirai io, indietreggiando.
– Ho dovuto. Mi dispiace. –
Guardò il cadavere di suo padre, senza un’ombra di rimorso nei suoi occhi. Mi domandai quanta rabbia, quanto dolore represso ci potesse essere in quel colpo sferrato nel mezzo della notte per rendere capace una ragazzina di uccidere un uomo.
– Dov’è tua madre? –
– È di sopra che dorme, non sa niente. E non dovrà mai saperlo. –
Tirai un sospiro di sollievo.
– Sono venuta a chiamarti perché ho bisogno che tu mi faccia un favore, il più grande della tua vita. –
Cominciai a sudare freddo.
– Devi aiutarmi a scavare una fossa in giardino, e poi a portarcelo dentro. Da sola non ce la posso fare. –
Vanessa mi guardò dritto negli occhi e io non potei fare altro che dire di sì. Così ci mettemmo al lavoro. Lei mi diede una vanga presa nel seminterrato e cominciai a scavare. Vanessa si mise a pulire il sangue che era sparso ovunque in cucina. Poi insieme sollevammo a fatica il cadavere e lo sistemammo dentro la buca. Vanessa prese la vanga e sotterrò suo padre, così come si potrebbe sotterrare un animale trovato morto sul ciglio della strada. Perché sono anche adesso sicuro che non lo considerasse niente di diverso da quello, da un animale selvatico che aveva preso solo le sembianze di un uomo.
Finimmo quando il sole stava per sorgere. Mascherammo la buca mettendoci sopra la piscina, una scusa credibile dato che era estate. Tornai a casa e dormii come un sasso. Quando mi svegliai avevo l’impressione che quello che era successo quella notte non fosse altro che un sogno. Però poi ricordai, e il panico cominciò ad assalirmi. Nei giorni seguenti mi incontrai con Vanessa per discutere del da farsi.
– Non ti preoccupare. –
Continuava a dirmi lei e cambiava argomento. Alla fine aveva ragione. Presto la polizia arrivò e lei disse che il padre se n’era andato senza lasciare niente, neanche un biglietto nel quale dicesse dove fosse diretto. Quando i poliziotti stavano per andare via vidi dalla finestra Vanessa sussurrare qualcosa nell’orecchio di uno di loro, mentre gli stringeva la mano. A quanto pare aveva già preso i suoi accordi.
Negli anni a venire mi interrogai più e più volte sul fatto che ciò che Vanessa aveva fatto fosse giusto o meno. Ma quando guardo i nostri figli, e la vedo sorridere ogni giorno come non l’avevo mai vista fare quando il padre era vivo, tutti i miei dubbi si dissolvono. È stata una vita che è valsa la pena di sacrificare.
Il male che trionfa sul male trasformandolo in bene?..non so quanto possa essere educativo il tuo racconto, di certo è un po’ cinico…però è credibile e se dovessi dire che non mi è piaciuto mentirei! Brava
Il testo è molto bello! carino anche il plot twist finale 😛
Mi sorprende vedere un testo del genere proprio qui ma devo dire che rende molto, immedesimarsi nella povera Valeria e in sua Madre che quasi ogni giorni sono vittime di questi episodi mi fa venire letteralmente i brividi.
Come ha scritto la collega qui sopra, estirpare un male con un altro male non è un ottima idea ma il testo mi ha impressionato non poco, ti faccio i miei più grandi complimenti!!
Non avrei voluto commentare, visto l’argomento, che mi ha lasciato sconcertata. E concordo con Gloria sul male.Ma evidentemente questo è l’anno dei racconti cruenti. Dico solo che per parlare di violenza serve o una gran maestria o un grande humour (allaTarantino).
Una black comedy che fa venire i brividi… cioè che funziona 🙂
Grazie mille a tutti per i commenti e i consigli!
daje lisa