Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2010 “Una domenica al mare” di Tiziana Sala

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

Milano la domenica mattina presto sembra ringiovanire di cento anni. Tutto è calmo, lento. Poche automobili, qualche bicicletta. Sembra un paese di provincia. Nei bar aperti le persone bevono il caffè, leggono il giornale, chiacchierano, libere dalla fretta. In metropolitana la popolazione dei viaggiatori è inaspettata. Si incontrano persone con le scarpe da trekking, oppure con gli sci in mano. Vanno in Stazione Centrale a prendere il treno per la loro domenica in montagna. Ci sono anche persone in gruppo con zaini sulle spalle, dalla destinazione non chiara ma con in viso il sapore della breve vacanza domenicale.

“Dai, veloci, che il treno parte tra 5 minuti, ho già fatto i biglietti per tutte e tre!” urlò Teresa alle due colleghe di ufficio. Corsero per la stazione verso il binario 11, treno per La Spezia. Antonia e Silvana stavano a fatica dietro a Teresa, che correva sventolando i biglietti della loro prima domenica insieme.

 

Il mare e il sole erano dolci. Le tre colleghe erano sedute sulla spiaggia e la luce di quel mite gennaio illuminava i loro volti, le loro parole e, come con un vino bevuto in compagnia, le avvicinava all’amicizia e alle confidenze come mai prima di allora.

“Passatemi del pane e del prosciutto che ho ancora fame, sono come da bambina quando i miei genitori mi dicevano sempre che mangiavo troppo, che sarei diventata obesa, facevano finta di preoccuparsi di me, sapete? poi ci hanno messo un attimo ad abbandonarmi in un collegio per anni”.

Le due colleghe ascoltavano Antonia con attenzione.

“Sapete, mi dicevano, è per il tuo bene, sai che siamo troppo occupati con il lavoro, non siamo mai a casa, insomma, per loro era un atto di altruismo, mi passi quella lattina di coca?”

Silvana le passò la lattina: “Però sei stata per anni in un collegio da ricchi, di cosa ti lamenti?”

“Di cosa mi lamento? Il mondo fuori girava, fatto di famiglie, vite normali, merende nelle cartelle di scuola e io ero nel mio collegio che sembrava un microcosmo scollegato, poi è arrivata lei e il microcosmo ha preso senso”

“Lei chi?” Silvana e Teresa fecero un coro involontario.

“Anna. Con lei ho condiviso tutto, più che tutto sin dal principio”. Ci volle un attimo, dovevano immaginarsi Anna, il suo volto, il tutto condiviso.

La luce girava intorno alle tre amiche, poi illuminò la bocca socchiusa di Silvana e le diede la parola. “Quando ballo mi sento vicino agli altri, ballo e mi si avvicinano, non ho più paure, bevo qualcosa di forte, il giorno dopo ho le occhiaie, il nostro capo crede che soffro di emicrania, non dovrei lo so, bevo per tutta la sera, dammi un pezzo di formaggio, cosa devo fare? Però è bello questo sole, ma la vedi ancora Anna?”

 “Vive con me”

Teresa guardò le due amiche. “Sapete che siete coraggiose? Io non trovo la forza per niente, niente di positivo, niente di negativo, c’è solo spazio per la ripetizione. Devo trovare il coraggio, lascio Andrea? Cambio lavoro? Sono contenta di essere qui con voi adesso, magari una sera vengo a ballare con te? Però mi devi consigliare il look. Non voglio farti fare brutta figura con gli amici”

“Ok, però mangia qualcosa Teresa, non puoi bere solo acqua”. Le passarono pane e formaggio, Teresa staccava piccoli pezzi con la mano, li portava alla bocca poco convinta, faceva un favore alle due amiche.

Le tre donne restarono a lungo in silenzio, sdraiate, una di fianco all’altra, con gli occhi chiusi a guardare da sotto le palpebre la luminosità filtrata del sole.

“Anna ed io vorremmo sposarci all’estero, ma abbiamo le famiglie contro, non accettano questa relazione”

“E che vi importa? Fate quello che volete. Cosa avete da perdere? Beate voi, la mia relazione tradizionale con Andrea, bravo ragazzo della borghesia milanese, è al naufragio”

Silvana: “Sempre meglio di me che non ho nessuno con cui stare”

Il sole iniziava ad indebolirsi. Aprirono gli occhi, si guardarono. Tolsero in silenzio le scarpe e insieme andarono in riva al mare a bagnare i piedi. L’acqua era molto fredda. Poi salirono su un piccolo molo e da lì buttarono pezzetti di mollica ai pesci. Presto ci fu un fitto branco che mangiava affamato il loro pane. Spirava una brezza che creava piccole increspature sulla superficie del mare. Dove la brezza era più sostenuta, le increspature erano più scure e visibili. Le zone di brezza più leggera davano al mare un aspetto più tranquillo e chiaro. Faceva freddo. Tornarono alla spiaggia e si rimisero le scarpe.

“Buoni propositi per l’anno nuovo… Inizio col lasciare Andrea, assorbo il colpo e poi mi metto seriamente a cercare un altro lavoro. Però devo adottare la politica dei piccoli passi, altrimenti mi incasino”

“E magari ritorni da quel dottore bravo che ti ha seguito per il mangiare. Teresa, non devi mollare mai. Beh, io magari inizio con il buon proposito di smettere di bere come un marinaio. Mi sa che mi ci vuole tutto l’anno solare. E tu Antonia?”

“Proposito per il nuovo anno? Direi, sì, trovare il coraggio di sposarmi pubblicamente con Anna! E poi dimagrire perché altrimenti con l’abito che vorrei comprare sembrerei un ippopotamo”

 

Il treno era quasi vuoto. D’inverno i milanesi vanno a sciare, non vanno al mare. Il paesaggio proponeva la pianura padana all’imbrunire. Il riscaldamento non funzionava e le amiche si coprirono con tutto il possibile. Si sentì lo scampanellio del carrello bar che passava per i vagoni. Presero tre caffè decaffeinati. Erano agitate e piene della loro prima domenica insieme. Offrì Silvana, con il buon auspicio di darsi al caffè al posto dei superalcolici.

 

Il lunedì mattina tutte e tre le colleghe avevano un viso luminoso, caldo. Il capo passò come sempre a salutarle verso le 9.00. “Siete convocate per una riunione oggi pomeriggio alle 14.00. Dobbiamo rivedere la suddivisione dei carichi di lavoro, così non mi va bene”.

Anche quella mattina c’era il sole. Milano assolata perde un po’ della sua velocità, capita di fermarsi a guardare i palazzi, il cielo. E si scorge un terrazzo mai visto prima, un balcone fiorito. Anche le tre amiche vivevano qualcosa di nuovo. Di inedito. Iniziarono a scrivere al computer, la pelle del viso tirava un po’, le mani erano rosse, sentivano il freddo del mare far circolare più forte il sangue nelle loro gambe e nei loro piedi, bisognava stare attente perché il fondo di sassi era scivoloso, la brezza attraversava i computer e gli armadi dell’ufficio, il sole domenicale scaldava le loro scrivanie, avrebbero mangiato volentieri pane con prosciutto e formaggio, una coca cola, ma tra poco sarebbero andate alla mensa.

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8 commenti »

  1. Bello, mi è piaciuto come l’autrice è riuscita a rendere una comune gita al mare di tre ragazze una storia piena di atmosfera, a farti sentire una di loro, a incuriosire e comunicare emozioni.

  2. Stile personale. Interessante, forse un po’ azzardata, la variazione dei tempi nel verbi (ho una certa età)
    Una bella seduta di autocoscienza.

  3. Mi è piaciuto molto il finale, nell’ufficio si sente aria di mare…brava!

  4. cara miriam, grazie per il tuo punto di vista. in effetti l’atmosfera del racconto è uno degli aspetti che più ho cercato di curare e con esso il coinvolgimento del lettore nella storia. ciao. tiziana

  5. Mi è piaciuto! un pomeriggio di sosta e di confronto in riva al mare a gennaio, ovvero nel periodo migliore per non essere disturbati dalla folla.L’atmosfera di condivisione è ben resa e i propositi presi verranno mantenuti: il finale, così solare, sembra dire questo.
    Complimenti.

  6. Scrittura semplice come a volte è semplice la vita; la realtà insegna e il tuo racconto sa esprimerla con efficacia. Molto apprezzabile l’immagine del mare quale interlocutore e spettatore di momenti di vita quotidiana.
    Carmina trillino

  7. Veramente fine, reale, senza fronzoli, come è o dovrebbe essere la vita (concordo con Carmina qui sopra). Un racconto come una carezza. Grazie.

  8. Ciao Marzia, grazie per i tuoi commenti.
    Racconti nella rete è un’esperienza decisamente emozionante, sia da un punto di vista letterario che umano. Nel 2010 abbiamo condiviso emozioni, stupore, l’ebrezza che ci sia il “possibile” letterario (per noi).
    Ti auguro il meglio.

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