Premio Racconti nella Rete 2017 “I figli del fiume” di Lucia Finelli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Quella mattina la Capitale si era risvegliata sotto un fantastico mantello bianco! L’imponente palazzo della Cassazione, un po’ meno “Palazzaccio”, sembrava un vecchio burbero travestito da Babbo Natale; la neve aveva livellato i marciapiedi dissestati, nascosto cartacce e sporcizia ed aveva restituito dignità ai rami secchi del rione Prati, meglio che in primavera, quando gli alberi si ricoprono timidamente di fiorellini rosa o bianchi.
“Buongiorno sora Pia” disse Svetlana con il suo inconfondibile accento slavo, rivolgendosi alla custode dell’elegante palazzo di Piazza Cavour.
“Buongiorno cara! Hanno banchettato i tuoi signori!” rispose ammiccante la paffuta signora Pia, facendo cenno ai sacchi di spazzatura di lei. Moriva dal desiderio di conoscere il nome degli ospiti della sera prima. Ma con quella Svetlana non si riusciva a cavare un ragno dal buco! Era la domestica più segreta che avesse conosciuto o forse, in realtà, era una spia. In ogni caso, nascondeva qualcosa!
Al solito Svetlana passò dritta borbottando fra i denti: “Curiosona! Non saprai nulla da me!”, non senza aver prima accarezzato il tenero Romeo, il persiano acciambellato sulla mensola della guardiola. “Fortuna che c’hai sto’ micio qui!” gridò Svetlana alla signora Pia, uscendo dal portone. Si divertiva a fulminarla con i suoi bellissimi occhi verdi, profondi ed impenetrabili, ancor più in risalto nel viso ovale per via dei capelli legati indietro in una strettissima treccia arrotolata sulla nuca a forma di chiocciola. Bassa di statura e smilza di corporatura, Svetlana camminava leggiadra nonostante la sua durezza; non era vanitosa, ma indossava sempre vestitini eleganti, omaggio della signora Dora, per la quale lavorava da una vita.
Così abbigliata, nonostante la neve, Svetlana si avviò ai bidoni della spazzatura, procedendo meticolosamente alla seccante distribuzione dei rifiuti. Era esigente con sé stessa e con gli altri!
“Ehi tu, signore, non buttare umido in carta e plastica in umido!” disse con rabbia al vecchietto del quarto piano.
“Torna al tuo paese, donna! Vuoi insegnare l’educazione a me? Ignorante che non sei altro!” replicò lui con un gesto poco signorile della mano destra.
Lei, disgustata, lo ignorò. Quell’uomo era brutto, dentro e fuori!
In generale, la cattiveria umana l’addolorava e la lasciava esterrefatta. Le lacrime le solcarono le guance, parallele come i binari di un treno. Le gambe cedettero sotto un peso che non era il suo. Svetlana si lasciò cadere sulla neve candida dell’aiuola. Era così morbida! Si ricordò di un’altra neve e prese a fare l’angelo come da bambina. Si abbandonò al ricordo di quel piacere antico, chiudendo gli occhi. Si sentì chiamare: “Svetlana, tesoro, vieni via dalla neve, ti bagnerai! Vieni a fare colazione o farai tardi a danza!” e poi ancora: “Lascia perdere tua madre! Ora vengo e facciamo un bel pupazzo col tutù. Oggi non si balla!” Distinse poi la propria voce: “Sì, dai, papà, vieni a giocare con me, ora, domani e dopodomani. Ti prego, non partire di nuovo! Ho bisogno di te!” E poi, all’improvviso: “Bom!” Una nuvola rosso nera aveva avvolto la sua casa frantumata in cielo in mille pezzi. Vide fluttuare il comodo lettino costruito dal padre, il grande tavolo di legno e tutti i pranzi e cene consumati intorno ad esso, il calore del caminetto ancora acceso. La bambola di pezza con la treccia nera e le lentiggini era finita accanto a lei, orfana. La piccola Svetlana era rimasta immobile sulla neve per alcuni istanti eterni; quando si riprese, strinse forte a sé la bambola e pianse, e poi rise: non aveva visto i suoi genitori volare con gli oggetti della casa. Quindi loro erano ancora vivi da qualche parte!
Era solo uno sprazzo di labile memoria! Evidentemente si era addormentata, quando sentì qualcosa di umido sulla guancia. Un pelosissimo cane bianco la stava annusando con insistenza. Svetlana adorava gli animali e li considerava più sinceri degli umani. Così gli parlò: “Ehi cucciolino, ti sei perso?> Quello, naturalmente, non rispose, ma cominciò a scodinzolare nervosamente, ruotando su sé stesso e poi correndo avanti e indietro. Lei comprese subito i desideri del suo principe azzurro! Si alzò, si aggiustò il vestito, strofinò le mani, soffiandoci dentro per farsi calore e lo seguì.
“Bravo il furbacchione! Vuoi andare al parco dei cani per ritrovare l’innamorata!” gli disse con tono affettuoso. Ma il cucciolo, dopo avere leccato l’acqua congelata del nasone, superò la discesa al parco e si avviò verso Castel Sant’Angelo. Svetlana, come fosse la prima volta, si arrestò di fronte al panorama mozzafiato: a sinistra, attraverso gli alberi, l’infinito, la foce del Tevere; a destra, la fortezza di Castel Sant’Angelo, quell’enorme damigiana custodita dall’Angelo con la spada, proteso in avanti in posizione di difesa e, in lontananza, il Cupolone della Basilica di San Pietro, entrambi luoghi di misteri!
Il cane, nel frattempo, era scomparso, confondendosi con la nebbiolina del mattino.
“Amico mio, dove sei finito?” lo chiamò Svetlana, raggiungendo il muretto che costeggia il Lungotevere Castello e si affaccia sul fiume. Vi si appoggiò, affondando le braccia nella neve ancora pulita e si incantò a guardare giù il quotidiano spettacolo: risveglio lungo il Tevere nel silenzio della sponda rotto solo dal suono delle ambulanze. A terra, sotto il ponte, stanno distesi ed inerti i figli del fiume: lei vorrebbe muoversi, lui si è ributtato sotto la coperta di lana grezza. Un altro fagotto giace lì accanto un po’ distante. Lei vorrebbe il caffè, ma lui non l’ascolta, lui vorrebbe soltanto andare via per sempre, invece non muore mai! Starebbe ancora disteso, ma deve alzarsi sopraffatto dai bisogni, schiavo di sé stesso. I gabbiani, ad ali spiegate, danno il buongiorno con voce stridula, fanno il bagno in acque poco chiare, ma si accontentano; prendono al volo cibo fortuito, scarto degli scarti e, ogni tanto, giocano alla guerra, bersagliando uomini e cose. Anatre incoronate di smeraldi si dirigono veloci dai propri sposi, seguite dagli strascichi degli abiti disegnati sull’acqua, fanno verticali e disegnano cerchi.
Non era un film, ma la cruda realtà! Svetlana provava un senso di appagamento nel portare un po’ di calore a quelle persone. Si sentiva speciale, pur non facendo niente di grandioso: li salutava, gli dava del cibo, si faceva raccontare qualcosa della loro vita, se lo desideravano, e rimboccava le coperte a chi volesse ancora dormire. Anche sua madre compiva questo gesto dandole il bacio della buonanotte e lei si sentiva piacevolmente coccolata ed amata. Era un rito propiziatorio, affinché dormisse tranquilla facendo bei sogni!
Scese quindi per le ripide scale che conducono alla riva, sia pure con grande difficoltà a causa della neve e con la solita circospezione. Era sempre sul chi va là!
In effetti, qualcuno la stava aspettando!
“Buongiorno Principessa delle Nevi! Finalmente ti ho trovato!” disse con voce commossa un tale che si piazzò dritto di fronte a lei ai piedi della scalinata.
Anche Svetlana, nel sentire la voce di quell’uomo, ebbe dei brividi che le attraversarono il corpo fino alla radice dei capelli. Rimase zitta, squadrandolo da capo a piedi: era alto, con capelli e barba lunghi di colore rossiccio, occhi celesti ed un viso solcato da svariate rughe. Non si trattava di un giovanotto! Era vestito in maniera trasandata, ma non era sporco né maleodorante.
Lui l’anticipò: “Il mio nome é Ivan, sono russo, ma per ora vivo a Parigi, lungo la Senna. La mia casa è una chiatta”.
“Una chiatta? Mi prendi in giro?” lo interruppe bruscamente Svetlana.
“Si, una chiatta, è una barca” rispose lui ridendo. “Sono uno spirito libero, non mi piace avere fissa dimora.” Poi continuò: “Puoi anche non credermi, ma sono venuto fin qui per te, per portarti via con me. Non ti lascerò più!” Mentre parlava le porse una foto della propria casa sul fiume: una barca deliziosa, in legno a righe rosse e blu, con delle finestre piccine, ornate con tendine colorate e fiori di ogni varietà; a poppa, un barboncino se ne stava accomodato sopra una sedia a dondolo imbottita di cuscini ed accanto un tavolino pieno di libri. Svetlana sognò ad occhi aperti, immaginando la propria vita in quella casetta con un uomo al fianco tutto per sé. Solo un sogno!
“Sei venuto qui per me? Certo che non ti credo! Perché dovrei venire via con te? Anch’io sono una creatura libera e tu potresti essere mio padre!” disse sarcastica Svetlana. Poi, le scappò una lacrima. C’era qualcosa in quell’uomo che la turbava profondamente. Avrebbe dovuto fare delle indagini, ma non c’era tempo.
“Dobbiamo andare via immediatamente. Ti spiegherò tutto una volta arrivati in Francia. Fidati di me! Non te ne pentirai tesoro!” aveva appena detto lui.
Mentre Svetlana si lambiccava il cervello sul da farsi, un assordante colpo di arma da fuoco la fece sobbalzare e svenne. I lontani rintocchi delle campane la fecero rinvenire: Ivan era sparito; ai propri piedi scorse un piccolo diario e il cagnolino di prima, scodinzolante. Lo accarezzò e lesse quel diario, di filato, ma con estrema attenzione; quando ebbe finito, provò svariati sentimenti alla velocità della luce: incredulità, dispiacere, rabbia, odio, rancore, delusione, orrore, sensi di colpa. In ultimo, però, si sentì più leggera! In quel diario c’era la storia del suo passato o meglio della sua famiglia. E se fosse stato solo lo scherzo di un sadico scrittore? Certo, c’erano moltissime coincidenze, ma Svetlana volle lasciare aperto uno spiraglio al dubbio. In ogni caso, non era colpa sua se i propri genitori erano dei criminali di guerra, non li aveva scelti lei! Inoltre, aveva passato con loro soltanto i primi tredici anni della sua vita. Il resto era tutto merito proprio, nel bene e nel male!
Si rialzò frastornata, lanciò il diario nel fiume e si diresse al solito bar per prendere caffè e cornetti da offrire agli amici del Tevere. In fondo era quella la sua vita e valeva la pena viverla così com’era!
“Vieni con me, bello! Non credo che il tuo padrone tornerà.” disse al cucciolo, che la seguì fiducioso.
Il sole, che allora iniziava a fare capolino tra le nuvole, illuminò il viso di Svetlana di una luce nuova. Lei si strappò l’elastico dalla testa e sciolse la treccia, rastrellando i capelli con le esili dita. Aveva finalmente liberato i suoi lunghissimi capelli biondi!
“Ehi! Mi senti?” urlò una donna dalla riva opposta, gesticolando e sbracciandosi per attirare l’attenzione di Svetlana.
“Arrivo! Un attimo!” rispose lei, dando calci alla neve che ostacolava la sua corsa. Aveva appena trovato il senso della vita ed aveva anche più chiaro il significato di quella parola, “invitto”, che dava il titolo al racconto preferito della signora Dora!
“Anch’io sarò invitta!” disse spavalda, rivolta al suo nuovo amico a quattro zampe, andando dritta alla meta.
Quella giornata fu sicuramente memorabile per la città eterna incappucciata di bianco e, di certo, lo fu per la misteriosa donna del fiume di nome Svetlana.
Lucia,
vedrei bene la storia della rinascita di Svetlana, obbligata a subire il marchio scarlatto dei genitori ed a rifugiarsi in un paese non suo, come un efficace manifesto contro il semplicismo dei preconcetti, su tutti la xenofobia.
Sarebbe molto interessante da leggere con “Sally” di De Andrè in sottofondo. A mio avviso ci starebbe d’incanto.
Bravissima.
Grazie Lorenzo! Mi piace molto la tua interpretazione e ….anche la canzone di De André.
Svetlana ringrazia di cuore Alessandra e Costantino….grazie ragazzi!
Adoro il personaggio di Svetlana, me ne sono proprio innamorato. Grazie.
Un racconto coinvolgente, intrigante, delicato. Svetlana è un bellissimo personaggio di cui mi piacerebbe leggere ancora!
Racconto denso che riassume la tragicità di essere nati in una famiglia sbagliata. Svetlana però, coi suoi capelli biondi, i suoi occhi smeraldo, non si arrende alle iniquità delle vita, è sempre pronta a ricominciare con la stessa gaiezza della quale questa storia è impregnata dall’inizio alla fine.
Cara consuelo hai colto nel segno! Anche se l’ispirazione iniziale é nata altrove. Grazie per il tuo commento.
Mi piace l’ambientazione di una mattinata qualunque che si tramuta in un mistero irrisolto dell’infanzia; scoprire chi sono davvero i nostri genitori, nel bene o nel male, è quasi una perdita dell’innocenza ulteriore, una rivelazione su quelle persone che crediamo di conoscere senza alcun dubbio ma che in realtà avranno sempre dei piccoli segreti ai quali forse non accederemo mai. Ci possono sorprendere o ci possono tormentare, ma è lì che capiamo che sono persone come noi e non supereroi. A parte questo ho adorato la frase al vecchietto che gettava la spazzatura senza logica e me la sono proprio immaginata con la sua voce, alla cara Svetlana, che ha fatto bene ad arrabbiarsi!
Lucia,
il ritratto di Svetlana è bello e delicatissimo, in tutta la sua drammaticità. Nella descrizione di Roma avvolta da un mantello di neve che nasconde ogni sporcizia irrompe il ricordo dell’infanzia, della presenza dei genitori e il contrasto della nuvola rosso nera della sua casa frantumata nell’esplosione. E’ un ricordo che non si può cancellare, e non è colpa sua se i suoi genitori erano criminali di guerra. Così Svetlana cerca di ricostruire la propria vita con grande dignità. E’ un bel personaggio!
Brava.
Ringrazio molto Marisa e Rosa Maria per i loro commenti appassionati che danno vita al personaggio di Svetlana. Grazie di cuore
Scrivi bene Lucia, indubbiamente. Ma la forza di questo racconto sta nel personaggio. Svetlana, La sua meravigliosa innocenza, tragica unicità, appassiona e si vorrebbe conoscere ancora qualcosa di lei. Complimenti.
Grazie Gloria
Mi fa piacere che il personaggio di Svetlana ti abbia appassionato ed incuriosito e … chissà che non possa avere un seguito!
Complimenti Lucia! la neve ammanta le storie ed il tempo addomestica i ricordi, ma Svetlana è forte ed ne esce “invitta” con i capelli sciolti, liberi nel vento
Hai ragione Elisa, la neve é un elemento magico nella vita come nei racconti ed il tempo rischia di cancellare ricordi, volti e pensieri. Grazie per il tuo commento breve ma intenso.
Grazie Elisa per il tuo commento breve ma intenso. Hai ragione: la neve é un elemento magico sia nella vita sia nei racconti e il tempo rischia di cancellare ricordi, volti e pensieri. Perciò é importante scrivere!
Bello il personaggio di Svetlana, giusto inserirlo in una nevicata: la neve è misteriosa e quando arriva ci sorprende e ci riporta al mistero dell’infanzia… Brava!
Giusto e poi la neve é magica soprattutto per i bambini! Grazie
Svetlana alla ricerca di sé e delle proprie origini, e un fiume che scorre come il flusso della vita. Una metafora ben riuscita!
Grazie! Alle volte é più importante la foce dell’origine. ..grazie ancora
Bella questa storia un flusso vitale di sentimenti e speranze che scorre come un fiume tra passato presente e futuro, un personaggio che vive intensamente e lega intorno a se la storia, scritta molto bene,trasmette emozioni e sensazioni precise. Complimenti
Grazie Gianluca per questo tuo commento. Sicuramente sentimenti e speranze fanno andare avanti la vita do Svetlana e di tutti gli uomini!
Cara Lucia
ho letto e riletto il tuo racconto con calma e piacere. Sembra di avere davanti agli occhi un bellissimo quadro, descrivi Roma con tenerezza e precisione, attraverso i tuoi occhi si vede la poesia e il fascino di una città che avvolge e ammalia… così come Svetlana. Il tuo personaggio è bellissimo, delicato e forte, lucente come una pietra preziosa. Meravigliosa la descrizione del fiume e dei suoi figli, quante volte abbiamo visto una scena simile e quanta poesia riesci a mettere nella tua descrizione! Come diceva Eleonora, gli scrittori ci fanno vedere con occhi nuovi le cose che vediamo tutti i giorni… ci sei riuscita perfettamente. Poi arriva il personaggio che accelera il racconto: Ivan! Che bello e che sogno che porta con sè… ma non puoi lasciarci in sospeso, vogliamo saperne di più! Sembra l’inizio di un romanzo, e spero davvero che ci sarà un seguito perchè non voglio lasciar andare così Svetlana e Ivan! Bella la parte finale, con l’oro dei capelli di Svetlana che illuminano la scena. Brava davvero!
Carissima
Leggendo il tuo splendido commento ho avuto un brivido di commozione. Ti ringrazio moltissimo. …anche perché hai inquadrato il punto principale del racconto: i figli del fiume, ma forse eri avvantaggiata! Grazie
Lucia
Brava Lucia???? la neve l’angelo ieri e oggi, Ivan esseri vero o fantasticato, la forza di chi sopravvive sul fiume senza chiatte, una mano che tende un cornetto. È un fiume che scorre nel cuore. Grazie ????
Grazie Diana per avere letto il mio racconto fantasticando sui personaggi! L’acqua del mare o dei fiumi é un elemento vitale nella realtà come nelle storie. Buona lettura. Lucia
Che bello Lucia!!
Un racconto denso di significati e Svetlana è più un emozione che un personaggio.
Adoro l’immagine di lei che fa l’angelo nella neve!!
Brava!!
Grazie Raffaele per aver letto e commentato il mio racconto. Le emozioni illuminano la nostra esistenza …anzi ci tengono in vita! Ciao e…buona lettura
Quante Svetlana nascondono le nostre città, ognugna con il suo fardello, pesante o leggero che sia. Grazie di avercene raccontata una, con sapiente leggerezza.
E congratulazioni!
Ti ringrazio per il tuo esatto commento! In effetti sull’ultimo venerdi di Repubblica c’è un articolo dal titolo “Il mondo di sotto sta lungo il Tevere”! Grazie
Lucia, trovo il tuo personaggio molto ben caratterizzato. Quando gli fai dire “Ehi tu, signore, non buttare umido in carta e plastica in umido!”, giuro, me lo sono proprio visto davanti… non so perché, ma questo micro-dialogo col vicino maleducato mi ha colpito e divertito tantissimo.
Come ha già osservato qualcuno qui sopra, secondo me Svetlana potrebbe diventare protagonista di un romanzo. Io ne vorrei sapere di più: sul suo drammatico passato, sulla sua nuova vita, sulla famiglia per cui lavora, sui bisticci con la portinaia e coi vicini, sui suoi incontri coi clochard romani. Non ci hai pensato? In ogni caso, complimenti.
Grazie Riccardo!
Va bene ci penserò. …sono per l’appunto a piazza del Popolo e ho appena scattato un paio di foto ….chissà! Comunque ci vediamo a Lucca. Ciao Lucia
Giovanissima , andai in Russia.Mosca e Leningrado.Comunismo.A Leningrado le guide , che parlavano perfettamente italiano, pur non essendo mai uscite (non potevano) dalla loro nazione , si chiamavano , pensa un po’ te..Svetlana e Ivan ! Svetlana era una stangona nordica che fumava quanto un turco , ma amando sigarette americane (proibite) e fumando le schifose nazionali, ci chiese di comprarle per lei nei Berioska , , negozi dove potevi acquistare solo in valuta estera. Ho una foto con lei, tremanti cla FREDDO e guardanti la Neva.Era buffissima..ora mi dirai ma che cavolo c’entra con il mio racconto?? Il tuo racconto da triste è diventato allegro, ed io ho riso pensando a quanto mi son divertita da giovane! Mi è piaciuto e ti ringrazio del salto nel tempo. CHe piacere conoscerti a Lucca! Laura ..P.s. IVan?? Non mi ricordo un tubo , solo che non era molto bello, altrimenti me lo sarei ricordato, DA !
Mi fa piacere che il mio racconto abbia risvegliato tuoi vecchi piacevoli ricordi! Grazie per il commento e a presto cara.
P.S.: Svetlana era il nome di una tata ucraina ma ho scoperto che é anche il nome di un nobel per la letteratura bielorussa, Svetlana Aleksievic, mentre il mio Ivan é un gran bell’uomo anche se é stato ispirato da Ivan il Terribile ed Igor il russo!!
Ciao Lucia,
il personaggio di Svetlana è davvero ben caratterizzato, bello il flashback sul suo passato, bello il modo in cui decide di vivere nonostante la sua vita difficile. Hai descritto una donna sensibile e fidata, nella sua fedeltà alla signora Dora, nel suo senso civico (molto attuale il tizio che le risponde “vuoi venire a insegnare l’educazione a me?”, sono d’accordo col commento di Lorenzo!), nella sua gentilezza verso esseri umani e animali.
Inoltre, da romana non posso non apprezzare il modo in cui hai dipinto la mia città 🙂 Complimenti!
Grazie Eleonora! Mi fa molto piacere questo tuo commento in prossimità dell’evento che aspettiamo ormai con ansia…. ottobre si avvicina! A presto