Premio Racconti nella Rete 2017 “La pesca miracolosa” di Ivana Librici
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Nicola era arrivato al molo di cemento e stava sistemando le canne. Ne aveva già piazzate due e scrutò il cielo per decidere se mettere la terza. Il tempo era incerto, nuvoloso. Ma forse non avrebbe piovuto. Eppure sul molo c’era solo lui a pescare. Il mare ruggiva irrequieto e gli schizzi delle onde che si infrangevano sugli scogli gli bagnavano la faccia e le mani.
A Nicola non importava molto se pescava da solo o in compagnia. Se c’era qualche altro pescatore scambiava quattro chiacchiere volentieri, se era da solo si godeva la vicinanza del mare, di quella massa d’acqua in perenne moto, eternamente indecisa, che balzava furiosamente avanti e indietro e che, a volte, si calmava all’improvviso secondo indecifrabili sbalzi di umore. Anche il cielo seguiva simili leggi misteriose ed era solcato da movimenti imprevedibili. L’uomo, sul molo con le sue canne, si trovava a metà strada tra quelle due forze, il mare e il cielo, tra quei due colossi. Catturava da lì, quando ci riusciva, i piccoli abitanti del mare, e si misurava, inerme, con il temperamento mutevole dei due elementi.
Quella sera il tempo era particolarmente indeciso, sembrava covare una tempesta e al contempo sprigionava una strana quiete. Il mare, invece, era decisamente agitato. Questo aveva probabilmente scoraggiato gli altri pescatori che, in altre serate, affollavano il molo.
Nicola non montò la terza canna e si limitò a sostituire l’esca delle altre che il mare aveva strappato via. Forse non era serata. Aprì il suo seggiolino e si sedette. Ormai era lì e sarebbe rimasto un po’ anche senza pescare niente, giusto per il piacere di stare all’aria aperta e per staccarsi dal quotidiano, il lavoro, la moglie, i figli, le grane. Faceva un po’ freddo anche se era già primavera, ma era piacevole lo stesso.
Nicola amava quel posto anche se non era particolarmente bello. Dietro al molo, sotto il quale scorreva il torrente soffocato dal cemento, c’era un quartiere di case squadrate e tozze, di epoca fascista, da cui arrivavano luci e rumori attutiti. La città, con i suoi abitanti diligentemente al loro posto, nelle case o nelle vie, tutti nei loro spazi antropizzati, si affacciava comunque su quella massa d’acqua viva, su quella natura che, per quanto l’uomo tentasse di umanizzare con la sua presenza, resisteva indomita e indomabile.
Nicola pescava, sì, ma soprattutto sintonizzava la sua canna e il suo essere su quelle due masse di potenza, il mare e il cielo e, come un rabdomante, ne captava gli umori. Sua moglie non capiva cosa ci trovasse nel rubare ore al sonno e al riposo per un’attività che le sembrava noiosa. In realtà neanche Nicola lo capiva davvero, né tanto meno sapeva spiegarlo.
Eppure il mare di notte sprigionava una forza e un mistero che di giorno era impossibile sentire. Anche sua moglie amava il mare ma lo sentiva come una presenza addomesticata. In spiaggia, di giorno, con i loro bambini che giocavano sulla riva, quell’andirivieni delle onde era un movimento tranquillo, quasi sempre prevedibile. L’onda indietreggiava e la risacca la respingeva sempre più o meno sullo stesso punto. La sua variabilità era minima. Al massimo una di quelle onde, che comunque erano tutte diverse una dall’altra, uniche e irripetibili, riusciva a bagnare un angolo dell’asciugamano dove lei si stendeva. Faceva il bagno tranquilla e poi tornava a sedersi e a osservare quella mole d’acqua, splendente sotto il sole caldo. Quei colori intensi, brillanti, di notte sparivano come quell’illusione di cui erano fatti. Il mare è blu solo perché come uno specchio riflette il colore del cielo. Di notte quella belva addormentata, che nelle calde giornate d’estate si tinge di azzurro e di indaco e si offre allo sguardo come una bellezza innocua, diventa nera e instabile, il suo profumo un odore forte e pungente. Anche dalla riva appare come un animale terribile, fatto di paura e di mistero insondabile, lo stesso che sentono i marinai in mare aperto. Avvicinarsi alla riva è il preludio a quell’abbandono agli elementi che conosce solo chi ha navigato.
Qualcosa abboccò a una canna. Nicola girò il mulinello e prese il salaio perché gli sembrò un pesce grosso. Era un cefalo. Lo afferrò con delicatezza per slamarlo. Nel frattempo sentì arrivare qualcuno al molo. Era il marocchino che viveva sulla spiaggia. Nicola lo conosceva, faceva parte anche lui delle presenze che a vario titolo popolavano quel posto di notte. Dormiva in una tenda sulla spiaggia accanto al molo. A volte c’era anche un suo amico con lui, un suo connazionale, forse un marocchino o un tunisino. Non si sapeva bene da dove venissero perché erano di poche parole. Si avvicinò per il cefalo. Nicola aveva sperato di prendere un’ombrina o un’orata, ma tenne comunque il cefalo nel secchio. Il marocchino glielo chiese. Nicola disse:
– Sei sicuro di volerlo mangiare? Il cefalo è un pesce che non vive in mare aperto e mangia di tutto.
– È buono. – rispose lui.
Lo prese e andò alla tenda a preparare il fuoco. Cuoceva su una griglia i pesci che gli regalavano e quelli che pescava lui con una canna rudimentale fatta con un bastone e un filo.
Passò un’oretta in cui non abboccò più niente. Nicola osservava tranquillo le sue canne e ogni tanto dava un’occhiata al marocchino che mangiava il pesce seduto di fronte al mare. Infine si alzò e scese sulla spiaggia. Si avvicinò al marocchino. Stava seduto accanto alle braci ancora ardenti con il viso rivolto all’orizzonte. Guardò Nicola e disse:
– Stasera ho un appuntamento con una ragazza. È bella, ha diciotto anni.
Nicola stentava a credergli, il marocchino dimostrava più di quarant’anni, forse cinquanta, e non era certo una bellezza. Il fuoco ancora acceso gli illuminava in parte il volto e intravvide lo sfavillio del suo sguardo. Il bianco degli occhi faceva risaltare di più l’oscurità di pupille e iride. Sembrava aver voglia di chiacchierare. Nicola mise insieme mentalmente i tasselli dell’esistenza di quell’uomo e ne compose un quadro. Viveva in quella tenda in estate e nelle stagioni non troppo fredde. Nicola domandò:
– Dove vivi in inverno? Torni nel tuo paese?
– No, resto qui. Quando fa troppo freddo mi ospita un amico a casa sua. Quando vuole, anch’io lo ospito qui.
– Ma come fai a vivere qui? Lavori?
– Mi arrangio. Non mi interessa il lavoro. E poi qui è bellissimo. Vivere all’aria aperta di fronte al mare.
In qualche modo Nicola concordava.
Era la libertà totale.
Di notte quella spiaggia era una distesa grigia, uniforme. I detriti che il mare restituiva, pezzi di plastica, legnetti, immondizia varia, si distribuivano armoniosamente formando delle strisce sinuose. Quella che di giorno era una spiaggia di città, fatta di minuscoli sassolini che imitano la sabbia e di sporcizia e incuria al posto di sdraio e ombrelloni, era in quel momento un pezzo di terra selvaggia e un luogo di salvezza e riparo.
– È davvero bello qui. – disse Nicola. E aggiunse: – Da dove vieni?
– Dall’Iraq.
La risposta risuonò a lungo nell’aria e nella mente di Nicola, ultimo tassello della vita ricostruita del marocchino. Finché comparve un’esile figurina. Era davvero la ragazza che aspettava. Nicola la osservò solo un istante. Sembrava una ragazzina, dimostrava meno di diciotto anni. Infine si ritirò mentre i due entravano nella tenda. Tornò al molo e alle sue canne.
Il cielo era rimasto incerto per tutto il tempo, covava una lunga indecisione, quiete e tempesta. Il mare continuava il suo moto agitato, le onde non smettevano di spruzzare la loro schiuma bianca sul molo. La natura sa essere indecisa a lungo. Nicola si allungò a terra per riposare. Appoggiò la testa su un tronco e si appisolò sotto lo spettacolo della volta celeste. Qua e là si intravvedeva anche qualche stella tra le nuvole mentre la tenda proteggeva dagli sguardi quell’insolito incontro furtivo.
Quando Nicola si tirò su c’era del movimento davanti alla tenda. L’uomo e la ragazzina, lui in mutande e lei in mutandine e reggiseno, si avvicinavano un po’ incerti al mare. Incuranti dei cavalloni si buttarono in acqua, prima lui e poi lei.
Nicola rimase a lungo a guardare i due corpi in balia delle onde. Vedeva ora uno ora l’altra sparire e riemergere a intermittenza dall’acqua. Si preoccupò per quel bagno che gli parve infinito. Finché il mare stesso li respinse indietro e, uno dopo l’altra, carponi, tornarono a riva.
Ivana,
un racconto scritto benissimo, con penna sciolta ed agile, che rende partecipi dell’eterno, ancestrale, connubio tra l’uomo ed il mare.
Credo che questi generi molto descrittivi siano altrettanto rischiosi: una prosa ricamata, “barocca”, spesso li rende indigesti al lettore.
La tua scelta narrativa, invece, è stata magistrale: sei riuscita a comporre alla perfezione un pezzo che scivola via veloce, avvolge e rapisce come le onde che Nicola tanto ama.
Complimenti.
C’è qualche cosa di misterioso in questa bella storia. La ragazzina chi è veramente ? Mi piacerebbe se fosse la figlia dell’uomo che viene dall’Irak.
Comunque una bella storia 🙂
Lorenzo,
Grazie per le tue parole, davvero generose e poetiche, l’immagine dell’onda che avvolge e rapisce il lettore è bellissima e la terrò cara. Si prova una grande emozione quando ciò che si scrive arriva a chi legge.
Ugo,
Io avevo immaginato un incontro d’amore ma quando ho letto il tuo commento ho pensato, perché no? Sono contenta che il mistero che hai visto nei personaggi possa avere sviluppi inaspettati.
Grazie ancora
Hai descritto magistralmente il mare, il mare che adoro, il mare imprevedibile, gentile e temibile, i suoi odori, mi sembrava di vedere e respirare tutto questo leggendo. Grazie per questo bel racconto! Io, la ragazza, no, la vedo di più come l’inizio di una bella storia d’amore!
Sono davvero felice, Dominique, che il mio racconto ti abbia suscitato queste sensazioni e che il personaggio della ragazza faccia in qualche modo continuare la storia a chi legge.
Grazie a te per averlo letto!
Avrei voluto che non finisse…all’inizio pensavo a un’evasione dalla vita matrimoniale, una scappatella dalla routine ma poi, si sono aperte sensazioni uniche e vicende che mi hanno incuriosita al punto che mi è dispiaciuto non fosse stato lungo…come un romanzo! Un bel racconto Ivana, vite che si incrociano e poi si lasciano, la notte che sa di sogno, il mare che sa di libertà, bravissima davvero.
Quanti spunti di riflessione questo racconto, tutto sospeso, come se anche il lettore aspettasse che una conclusione “abbocchi”.
devo ammettere che inizialmente la storia sembrava ferma a Nicola. Poi invece sono comparse altre corde a cui aggrapparsi, altri ami.
Mi è piaciuta tantissimo la parte in cui usi ancora il termine “marocchino” pur sapendo che non lo è. La vedo come una piccola critica alle persone che adattano i propri pensieri al mondo plasmandolo, e non facendosi plasmare da esso.
Forse non è questo che volevi descrivere, ma è una riflessione in più, te la lascio qui, tra un commento e l’altro 🙂
Cara Lidia,
Grazie di cuore per il tuo commento, sono felice che tu ti sia “affezionata”a tal punto a personaggi e vicende.
Grazie ancora per averlo letto e commentato.
Caro Granit,
Che belle le tue parole. Mi hanno fatto riflettere. Il mio intento era che il testo suggerisca più che dire, ma che il lettore possa aspettare che “abbocchi”una conclusione in analogia con la pesca, non ci avevo pensato.
L’uso del termine “marocchino” è un’allusione a una certa mentalità che cerca di restringere i confini e che di conseguenza impedisce l’incontro. Ma è bellissima la tua riflessione, che queste persone adattano la propria visione al mondo plasmandolo e non lasciandosi da esso plasmare. In fondo l’incontro con l’altro, inteso sia come persona ma anche, in generale, come altro da sé, quindi anche con il paesaggio, con tutto ciò che chiamiamo “mondo”, non è altro che un lasciarsi cambiare.
Grazie Ivana per questo tuo racconto che è come un respiro profondo.
bellissima l’immagine ” ..sintonizzava la sua canna e il suo essere su quelle due masse di potenza, il mare e il cielo e, come un rabdomante, ne captava gli umori. ”
Nicola è proprio questo catalizzatore che trasforma una natura urbana, in un posto carico di magia, un incontro di sconosciuti in una storia d’ amore, una sera a pescare in una straordinaria avventura.
Scritto molto bene con uno stile fluido ricco, complimenti davvero Bravissima!
Grazie a te per averlo letto e commentato! Sono felice che ti sia piaciuta l’immagine del rabdomante, ma trovo molto bella la tua immagine, che sia Nicola il “catalizzatore” che attraverso il suo sguardo trasforma ciò che lo circonda. Grazie ancora!
La speranza.
È questa l’emozione che mi ha trasmesso il tuo bellissimo racconto( sia nel dialogo tra Nicola e il “marocchino”sia tra il “marocchino” e la giovane donna).Mi hai lasciato la sensazione di qualcosa di bello che non tarderà ad arrivare. Avrei voluto leggerne ancora…
Complimenti.
Grazie Mariangela per le tue belle parole. Sono contenta che tua abbia colto un messaggio positivo in questa vicenda. Grazie ancora per averlo letto e per aver voluto lasciare un commento.
Il mistero eterno del mare mescolato al mistero del “marocchino”. Molto bello questo connubio, metaforico della nostra ignoranza verso chi viene da lontano per aggrapparsi a una speranza. Mi è piaciuta la volontà di mantenere segreta l’identità della ragazza: un’amante, sua figlia? Si resta appesi a tanti punti di domanda, esattamente come il nero seppia del mare notturno.
Che bella prosa pulita! Brava
Grazie Consuelo per il tuo commento e per le belle parole che hai voluto dedicare al mio racconto.
Grazie anche ad Alessandro, sono contenta che il mio modo di scrivere ti sembri “pulito”, a volte ho paura di perdermi in fronzoli inutili e il tuo commento mi rincuora.
Ciao Ivana, in questo tuo racconto si avverte tutta la grandiosità del mare, che a tratti spaventa e a tratti rincuora. Io ho provato a stare in mare aperto di notte e ho percepito le stesse sensazioni che descrivi tu nel tuo racconto. Molto brava!
Ciao Marzia, sono felice di essere riuscita a trasmetterti il lato notturno del mare. Grazie per il tuo commento!
Ivana,
mi sono piaciuti il ritmo e la naturalità; è come se tutto e tutti fossero immanenti alla Natura, al proprio posto perché lì devono stare, al di là di pregiudizi giudizi e voyeurismi facili. E poi, il mare…
Grazie Paola per il tuo commento. Volevo esprimere qualcosa del genere, che se gli esseri umani cercano di sentire la natura, anche quel poco che ne rimane in città, diventano in qualche modo parte di essa. Sono felice quindi che tu abbia colto questo aspetto. Grazie ancora.
Non chiedermi perché, ma sopra quel cielo incerto e nuvoloso ho percepito la luna. La luna che solitamente governa la donna, questa volta sta nascosta nei sentimenti e nel mistero di uomini. Il sole si affaccia veloce e fugge ma si sente bruciante, per contrasto.
Scritto anche molto bene, Ivana, brava davvero.
Molto bella la descrizione del mare nella quale si sente tutto il rispetto e l’amore per la natura. Bel racconto.
il tuo racconto, Ivana, sembra ritmato dal rumore delle onde. Hai saputo unire il mistero del mare al mistero per lo sconosciuto. Anche io, come Granit Baqaj, ho notato l’ utilizzo dell’ appellativo ” marocchino ” come semplificazione, come a voler sottolineare la superficialità dettata dalla consuetudine della massa. Lo sconosciuto non teme il pescatore e si avvicina a lui con garbo, chiedendo ciò che Nicola non avrebbe, comunque, mangiato. Nicola, quindi, fa il passo successivo di avvicinarsi, spinto dalla curiosità. Lo sconosciuto si apre e racconta di sé..ma Nicola non gli crede, è diffidente. Eppure , la risacca gli porgerà la verità e l’ immagine di due persone felici, in quanto libere. Bello, bellissimo!
In risposta a Marcella, Les Ubu e Gloria!
Marcella, grazie per aver visto la luna! Forse, nonostante i protagonisti siano uomini, si sente dietro di loro la mano di una donna. Non voglio dire che esiste una scrittura femminile e una maschile, ma cr3do che esistano due sensibilità diverse, una lunare e una solare appunto. Per lo meno quando leggo ciò che scrivono gli altri, percepisco quasta differenza. Forse quella luna che hai visto tu sarà dovuta a questo…
Les Ubu, ti ringrazio per aver letto e commentato il mio racconto e per aver “letto” questo rispetto e amore.
Grazie Gloria per la tua interpretazione e per le tue parole davvero generose, sono felice che ti sia piaciuto.
bellissimo racconto, Ivana, complimenti! Hai affrontato un tema “romantico” e potenzialmente rischioso, il connubio fra l’uomo e il mare, in una maniera tutt’altro che banale, anzi davvero immaginifica e ricca di poesia. Bello lo stile semplice e limpido. Insomma, bravissima!
Molto bello. Hai grande sensibilità e la sai raccontare.
In risposta a Giada e Raffaella.
Un sentito ringraziamento a entrambe. Grazie per le vostre parole generose e incoraggianti. Ciao!
Molto bella questa storia. Il contrasto tra il sentimento diurno di un mare addomesticato e il notturno di una potenza iinquietante e selvaggia, tra gli abitanti della cittadina, inscatolati nelle case e nelle vite ordinarie, e il “marocchino” libero e aperto all’improbabilità di un incontro. Il pescatore attento e paziente nella sua attesa, senza aspettative come un piccolo budda. Il cielo, il mare, i detriti umani e l’indifferenza sovrana della natura… si può dire che nella tua prosa “ogni cosa è illuminata” 🙂
In risposta a Vincenza Alba.
Ti ringrazio davvero per il tuo commento. Le tue parole sono generose e mi hanno molto emozionata. Grazie ancora!
Bel racconto. Ben scritto, capace di ricreare l’atmosfera sospesa e magica di quando le solitudini si incrociano. Complimenti.
Cara Ivana, anch’io ti avevo letto .E la pesca, e il mare, e l’ostinazione, e la solitudine e la sfida.Fra un ‘onda e un’altra , questo è entrato nel mio cuore.Poi, improvviso.il ricordo..un cefalo comprato da mio padre, da piccola.Immangiabile perché puzzava di petrolio.Perche’ i cefali mangiano tutto, disse mio padre, logorano.Molto, molto intimista il tuo racconto.Il mare, anch’io passo ore ad ascoltarlo, a ricordare.E la vita va .
In risposta a Daniela Pietragalla e Laura Florio
Grazie Daniela per aver commentato il mio racconto, sono contenta che ti sia piaciuto e ancora complimenti per i tuoi!
Grazie davvero Laura per il tuo commento, sono felice di leggere le tue parole e soprattutto di averti evocato un ricordo. Complimenti ancora per il tuo racconto della mamma, il mio preferito tra i tuoi!
La brezza e il profumo del mare, queste le due cose che emergono dal tuo racconto. Il mare pacificatore di mondi, il mare grande oceano di pace. Magari fosse tutto così semplice…però noi ce lo auguriamo.
A me è piaciuto molto il personaggio misterioso della ragazzina. Un amore che nasce? La figlia? Per il profugo, in ogni caso, un motivo di speranza e di fiducia nel futuro. Nel mare mosso della vita, nuotare a fianco della speranza ci aiuta a tornare sempre ad un approdo sicuro.
In risposta a Chiara Borghi e Riccardo Negri.
Vi ringrazio per i vostri commenti che mi hanno fatto riflettere.
Chiara, il mio intento non era quello di delineare un’immagine così ottimista del mare, neanche simbolicamente, quindi ti ringrazio per avermelo fatto notare. Sono consapevole che il nostro mare è disseminato di morti, donne, uomini e bambini che non ce l’hanno fatta ad arrivare alle nostre spiagge. Tuttavia, come te, anch’io continuo a sperare che il nostro lato umano abbia la meglio.
Grazie Riccardo per il tuo commento, per aver sottolineato l’importanza della speranza.. Mi fa piacere che il personaggio della ragazzina ti abbia suscitato delle domande, come ad altri lettori. Ciò che scriviamo forse va oltre noi stessi e averlo scoperto grazie a persone che non si conoscono è la cosa più bella di questo concorso. Grazie!
Ciao Ivana. Hai già ricevuto moltissimi commenti e complimenti, quindi per non essere troppo ripetitiva ti dirò solamente BRAVISSIMA! Un racconto scritto benissimo, con frasi efficaci che permettono di immaginare la scena. Mi piace molto, in bocca al lupo!
In risposta a Aurora Paglialonga
Grazie Aurora! Sono contenta che ti sia piaciuto. E ricambio l’in bocca al lupo!
Arrivo tardissimo dopo tanti commenti che testimoniano il valore del racconto e le sue molte sfaccettature. Un altra storia sul mare, che qui è molto di più che una cornice. Tutto in questo racconto è simbolico, rimanda a cercare altrove, e anche il titolo può avere tanti significati diversi: fra tanti possibili pescati (inclusa la ragazza “pescata” dall’immigrato) il cefalo (mi dispiace per lui) sembra proprio il meno probabile. Il mare è il metro di confronto fra i due uomini, uno che ne ha paura e resta al suo limite e un altro che non esita, ci si tuffa, e viene preso, sballottato e restituito incolume da una grande forza incontrollabile. Le possibili letture sono tante. Mi piace pensare che la pesca la fa Nicola che torna a casa con uno squarcio di consapevolezza in più su come la vita sia accettazione. Complimenti Ivana per tutto: tema, prosa, immagini…
Sottoscrivo i tantissimi commenti positivi al tuo racconto e ci tengo a sottolineare, anche perché nessuno lo ha fatto, che mi piace – perché è molto pertinente – l’uso del linguaggio tecnico “del pescatore”: a proposito cos’è il salaio?
Sai che alla fine ho avuto un tuffo al cuore, assieme a Nicola, finché il mare non ha restituito i corpi intatti?
In risposta a Marco Floridia e Simona Faccani
Grazie a entrambi per i vostri commenti, anche perché vanno a toccare due “nervi scoperti”, del racconto.
Marco, ti ringrazio per le tue parole e per il riferimento al titolo, di cui non sono del tutto convinta, per paura che sia un po’ troppo aperto nel significato. La tua interpretazione è proprio l’idea che volevo suggerire e dunque ne sono particolarmente felice.
Simona, ti ringrazio tanto per il tuo commento generoso. Ho usato il termime salaio con molti dubbi (è un retino con l’asta lunga che serve a non fare scappare il pesce una volta uscito dall’acqua), in quanto si tratta di un regionalismo. Ho infatti inserito nel testo alcuni indizi per far risalire al luogo in cui è ambientato, ma so che è una scelta un po’azzardata. Dopo aver letto il tuo commento i dubbi aumentano, ma d’altra parte l’utilità di questo sito è proprio quella di confrontarsi con lettori attenti. Quindi doppiamente grazie!
Mi piace questo tuo mare Ivana, ad un tempo sfondo e protagonista della storia, camaleontico nel suo divenire, accoglie e restituisce a suo piacimento. Fa la stessa impressione a me che sono nata in una città di mare.
Complimenti!
In risposta a Elisa de Leonardis
Grazie per il tuo commento! Mi piace molto l’aggettivo camaleontico per descrivere il mare, rende molto l’idea. E poi credo che tu abbia ragione, chi nasce in una città di mare ha con esso un legame speciale…
Nel tuo racconto sono ben descritte le mille sfaccettare del mare.
Eppure è stato il personaggio principale ha catturarmi e farmi porre più di una domanda.
Colui che guarda con amore il mare e chi ci vive, chi è?
Sappiamo solo che ha una moglie che non capisce il suo essere pescatore.
Ha figli? Che età ha e che professione fa?
Io vorrei saperne di più di Nicola, soprattutto perché il tuo ritmo e la tua scrittura mi hanno preso e mi hanno trasportato sulla spiaggia e lì sono rimasto con il desiderio di saperne di più.
Nonostante conosciamo così poco di lui, Nicola è vivo, così come gli altri due personaggi che fanno da controcanto.
Nicola è un personaggio fluttuante come le onde, forse anch’esso è frutto del mare come i due stranieri…chissà|
Un buon ritmo e una descrizione efficace, rendono piacevole la lettura.
Mi piace molto il tuo modo di scrivere :quell’unire alle descrizioni paesaggistiche, del mare, della spiaggia, sentimenti e riflessioni che sono del protagonista, ma che possiamo condividere o attribuire agli elementi naturali come fossero dipendenti le une dagli altri. Mi piace lo spostamento dell’attenzione dai pensieri del protagonista alla contemplazione della natura, alla presentazione di un nuovo personaggio che esce dalla banalità, quando rivela non solo la sua provenienza, ma anche che ha aspirazioni di vita e d’amore, come tutti. Mi piace la preoccupazione del protagonista per il suo nuovo amico e la ragazza, quando teme un esisto nefasto : lo stesso che ha temuto il lettore. Brava!
In risposta a Crescenzo Zito e Annalisa Rabagliati.
Grazie Crescenzo per le tue parole. Sono felice che il personaggio di Nicola sia riuscito a catturare la tua attenzione e a incuriosirti. Il mio intento era di lasciare i personaggi poco definiti, abbozzati, in modo da far “lavorare”l’immaginazione del lettore. Sono contenta che tu li senta vivi, posso svelarti che in effetti sono tratti dalla realtà anche se trasfigurati.
Grazie Annalisa per il tuo commento. Mi fa piacere che tu abbia colto nelle descrizioni paesaggistiche i sentimenti dei personaggi come se non ci fosse un confine netto tra animo e ambiente. Grazie ancora per la tua attenta lettura.
A proposito di simmetrie, eh!? Scriviamo entrambe dl mare: tu da terra, io da mare. E di “sospensione” e attesa. Di quiete e turbolenze. Di prudenza e sfida all’insolito, al non familiare.
Scusa se ho parlato anche del mio racconto volendo commentare il tuo, ma – capirai – mi ha colpito l’identità del tema.
Concordo con chi ha sottolineato la tua abilità a schivare qualsiasi vischiosità nelle pur dettagliate descrizioni, sei riuscista a restituire tutta la fisicità della situazione con preziosa economia di parola.
IVANA, voglio ringraziarti per l’acutezza e sensibilità di tutti i tuoi commenti, che mi hanno indicato molte letture e visioni e prospettive che non conoscevo.
Sei preziosa per Racconti: mi sa che ti tocca dare ancora il tuo contributo in prosa e commenti.
Ti abbraccio
Ivana! Prossimo anno ‘FRITTURA DI PESCE’ , di paranza senza cefalo! Top!
Ahahahaha Laura! Sei troppo forte!
Ah rispondo a Iaia De Marco… ero presa con i commenti per le vincite.
Cara Iaia, grazie per il tuo commento! In effetti i nostri racconti hanno molti punti in comune anche se, curiosamente, partono da due prospettive opposte. Ti ringrazio in particolare per il tuo parere sulla forma perché so che le descrizioni possono essere insidiose…
Ivana,
ho riletto tutti i commenti al tuo bellissimo racconto: so che significa poco, ma penso che l’univocità della platea nel riconoscere le tue indiscutibili doti di scrittrice e la qualità del tuo lavoro addolcisca un minimo l’amarezza per la mancata vittoria.
La tua esclusione è una di quelle che più mi ha lasciato di stucco, sul serio.
Aspetto con ansia di leggerti e commentarti il prossimo anno.
Caro Lorenzo, grazie ancora! Ti assicuro che le tue parole e i commenti degli altri partecipanti per me significano molto! E ancora complimenti per la tua meritata vittoria…
Ivana, grazie ancora per le tue parole che sono per me di stimolo e di incoraggiamento.
Cara Ivana,
questo racconto trasmette l’agoscia e l’apparente placidità del mare. Se ne respira proprio l’odore, si vedono i personaggi fermi di fronte a questa distasa d’acqua con gli animi in perfetta sincronia con essa. Io non amo il mare, non l’ho mai amato, eppure questo in questo racconto mi ha affascinata moltissimo, soprattutto grazie al tuo modo di descriverlo: si sente che il mare è roba tua. Non posso che farti i miei complimenti, ti assicuro che farmi avvicinare a quella inquietante distesa d’acqua non è un’impresa semplice!