Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “La promessa” di Paola Ciregia

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

«Io avevo dei sogni e tu…»

«Io cosa? Te li ho rovinati io, i tuoi sogni?»

«Non hai fatto niente per incoraggiarmi… Lo sapevi che non ero felice, che, così, io non sono felice… Ma come sempre hai messo la testa sotto la sabbia, come è nel tuo stile.»

«Cosa vorresti insinuare? Quand’é che avrei nascosto la testa sotto la sabbia, sentiamo un po’!»

«Sempre, lo fai sempre! Anche se ti accorgi che qualcosa non va, tu fai finta di nulla! Speri sempre che i problemi si risolvano da soli, che se ne vadano così come sono comparsi, cioè dal nulla… Lo so cosa pensi di me: che esagero, che mi creo delle paranoie mentali anche laddove non ci sono, che non sono mai contenta di quello che ho. Ma non è così! Sei tu che vuoi far finta che i problemi non esistano: invece ci sono! Sono reali e se non li affrontiamo una volta per tutte, ci schiacceranno. Lo capisci questo, lo capisci?»

«È incredibile. Dal nulla te ne esci fuori con questi discorsi…»

«Ma come puoi dire dal nulla? Sono anni che provo a farti capire quello che penso, quello che sento…»

«Hai detto bene: che provi a farmi capire. Ma me l’hai mai detto apertamente? Mi hai mai detto: “Ehi caro, guarda che così non va.” Che cosa avrei dovuto fare, io? Leggerti nel pensiero?»

«In un certo senso sì, avresti dovuto! Io te li ho lanciati, dei segnali. Cavolo, mi conosci da sedici anni, un minimo dovresti sapere come sono fatta…»

«Invece no, non lo so più come sei fatta. Io non ti riconosco più, questa è la verità. Non so più cosa vuoi, non so neanche perché mi hai sposato…»

«Ecco! Vedi, come sei tu?!? Si sta parlando di me e tu metti in dubbio noi! Non riesci proprio a capire quello che sto cercando di dirti?»

«Tu mi stai dicendo che non sei felice. Come fa, questo, a non c’entrare con noi? Come posso non mettere in dubbio il nostro rapporto? La vita che abbiamo, a te, sta stretta…»

«Esatto, mi sta stretta! Perché è la vita che tu mi hai cucito addosso! Non la vita che io ho scelto!»

«Eh no, eh! Questo no! Ora stai davvero esagerando! Hai sempre fatto ciò che hai voluto, non ho mai interferito nelle tue scelte e, adesso, mi vieni a dire che non hai potuto decidere della tua vita?»

«È inutile, non capisci. Non capisci proprio…»

«Sì che capisco, invece. E sai cosa penso? Che ti nascondi dietro di me per non ammettere i tuoi, di errori! Non hai il coraggio di assumerti le tue responsabilità, di ammettere che, se hai sbagliato qualcosa, hai sbagliato per colpa tua… Questa è la verità.»

«Io in tutti questi anni ho pensato a noi… Tutte le scelte che ho compiuto, sono state in funzione nostra. Il lavoro, la casa vicino a tua madre… Tutto quello che ho fatto, io l’ho fatto per noi.»

«E ti penti, di questo? Ti penti di aver fatto certe scelte? Ti penti di avermi sposato? Perché faresti bene a dirmelo, una volta per tutte! Se sei così infelice con me, dimmelo!!! Abbi il coraggio di andare fino in fondo, cazzo!»

«Io non mi pento di nulla! Ma almeno una volta nella vita, potrò pensare a me stessa? Ho trentadue anni: se non faccio qualcosa ora, poi sarà troppo tardi…»

«Allora sentiamo: cosa vorresti fare?»

«Non usare quel tono ironico con me, hai capito? Non prendermi per il culo! E levati quel sorrisetto da scemo dalla faccia!»

«Non ti prendo per il culo. Sono serio. Onestamente, cosa vuoi fare? Vuoi andare all’estero? Vuoi licenziarti? E le rate del mutuo, con cosa le paghiamo? Che diciamo in banca? Scusate, ma mia moglie non era felice come segretaria, le rate le ricominciamo a pagare tra qualche mese, quando lei avrà trovato un lavoro più soddisfacente, più gratificante… Siete d’accordo, no?»

«Sei uno stronzo. Come faccio a dirti le cose? Come faccio, se questa è la tua reazione… Ma se non posso essere sincera nemmeno con mio marito, allora con chi posso esserlo? A chi dovrei dire come mi sento?»

«A me! Lo devi dire a me! Ma devi anche essere un po’ realistica, non credi? Dovrò farti ragionare almeno un po’?»

«Farmi ragionare??? Ma io non sono mica una pazza che deve rinsavire! Io sono consapevole di quello che dico. Sei tu, che non vuoi ascoltare. Perché quello che ti sto dicendo ti fa paura…»

«Paura? Ma di che cosa dovrei aver paura, io?»

«Hai paura del cambiamento. A te fa comodo che io rimanga nella situazione in cui sono adesso. Ho un lavoro che mi fa schifo, tutte le mattine faccio fatica anche solo ad alzarmi dal letto. Però è un lavoro sicuro, un lavoro che, come hai detto te, ci fa pagare la rata del mutuo a fine mese. E su questo ti do ragione. Ma posso chiedere qualcosa in più, oltre a questo? La mia vita può essere qualcosa in più, oltre che un misero stipendio a fine mese? Eh no, perché, oltre che sicuro, è pure un lavoro part time… Com’è che dicono tutti? Ti permette di conciliare perfettamente lavoro e famiglia… E sai che vuol dire questo? Che quando esco alle quattro, ho tutto il tempo per stirarti le camice, fare la spesa, prepararti una bella cenetta…Ecco cosa vuol dire! Wow, grandi soddisfazioni mi aspettano nella vita! Però a te va bene, vero? Non ti fa piacere, avere una moglie così? Tanto, ciò che conta, è che sia felice tu. Che sia soddisfatto tu.  Non è vero?»

«Stai delirando… Ma a me cosa importa che lavoro fai! O quante ore lavori! Mica ti ho detto io di accettare quel cavolo di lavoro.»

«Ma io l’ho accettato per noi! Perché tu potessi finire l’università in pace, senza il pensiero di dover portare i soldi a casa. L’ho accettato perché ci dava sicurezza, perché ci dava una stabilità che altrimenti non avremmo avuto… E per sette anni, mi sono sforzata di farmelo andare bene. Ma ora, la forza per sforzarmi, non ce l’ho più. Più! Lo capisci questo?»

«E tu lo capisci che non puoi tornare indietro, a quando avevi venticinque anni? Dovresti guardare avanti, invece che stare a piangerti addosso!»

«E con questo cosa vorresti dire? Che siccome non sono più una ragazzina, non posso ambire a qualcosa di meglio? Devo accontentarmi e rassegnarmi a un ruolo che non mi si addice?»

«Ma quale diavolo è il ruolo che non ti va bene? Non esiste nessun ruolo!»

«Sì, invece, che esiste! Quello della perfetta donna di casa! Che lava, stira, pulisce, cucina, sta coi figli e, se le va bene, ogni tanto va in palestra. Ma io non sono cosìììì!!! Io se penso a una vita così, mi sento morire…»

«Ma chi ti ha mai chiesto di essere così?»

«Tu! Magari inconsciamente, ma sei tu a volermi così!  Perché, altrimenti, certe cose non me le chiederesti… Non mi chiederesti sempre il ragù fresco, a volte, magari, ti accontenteresti anche di quello già pronto. E mi daresti una mano con le faccende di casa… Invece, che fai? Vai a giocare a tennis e mi lasci la borsa da disfare e le scarpe da lavare. E quelle poche volte che lavi i piatti, dopo cena, ti comporti come un benefattore, quasi come se mi stessi facendo una gentile concessione. Perché, per te, è un’opzione occuparti della casa. Per me un dovere. Non è vero? Dai, dì che non è così…»

«Io davvero non capisco perché mi stai dipingendo in una maniera in cui non sono…»

«Non te ne accorgi, ma lo sei…»

«Dannazione! Vuoi che ti aiuti di più con le faccende di casa? Ok, lo farò. Vuoi del tempo libero, del tempo per te stessa? Prenditelo! L’unica cosa che voglio io è che tu non ti dimentichi dei nostri progetti, della nostra intenzione di costruire una famiglia…»

«Ahahah!!! Ci risiamo??? Ancora con questi discorsi! Ma cosa pensi, che ti abbia fregato? Che ti abbia sposato, così, per passatempo?»

«No, non penso che tu mi abbia fregato. Ma vorrei sapere, una volta per tutte, se vogliamo le stesse cose, se stiamo andando nella stessa direzione. Tu sei ancora sicura di voler costruire una famiglia con me? Tu lo vuoi un figlio, sì o no?»

«Come puoi chiedermi questa cosa, adesso?»

«Te la chiedo perché tu non ne parli mai.»

«Non ne parlo mai perché mi fa paura. Certo per te sarà più facile, eh? Esci di casa alle otto di mattina e torni alle otto di sera. E così sarà anche quando avremo un figlio. Tu ci giocherai un po’ dopo cena e sarai a posto con la coscienza. Ma chi si sveglierà la notte, quando piangerà? Chi starà a casa, con lui, i pomeriggi d’inverno? Chi lo porterà dal pediatra e farsi i vaccini? E poi all’asilo, a scuola, in piscina e magari anche a giocare a pallone? Eh, chi penserà a tutte queste cose mentre te sarai nel tuo bell’ufficio, a discutere coi colleghi del prossimo progetto?»

«Io ci starei volentieri a casa, se potessi…»

«Ma io no! Io non voglio diventare una di quelle donne la cui vita gira interamente al marito, ai figli e alla casa. Perché io, così, non sarei felice…»

«Ma nessuno ti chiede di essere diversa da come sei. Tu devi essere te stessa, e io pure. Ciò che conta siamo noi, niente e nessun altro…»

«Sì, ma oltre che un noi, ci siamo anche io e te: due persone distinte, ciascuna con le proprie aspettative, le proprie ambizioni, i propri sogni… Se io non sto bene con me stessa, come posso stare bene con te, o con i figli che avremo?»

«Io voglio solo che la nostra storia funzioni.»

«Anche io lo voglio, con tutto il cuore. Ma se ci amiamo così tanto, allora perché arriviamo a dirci certe cose? Perché ci facciamo così male?»

«Non lo so. Forse perché, a volte, è più facile ferirsi che non impegnarsi a far funzionare le cose…»

«Ci facciamo del male ma non ci lasciamo… Perché?»

«Perché non lo vogliamo… Perché, in fin dei conti, siamo sempre quei due ragazzini di sedici anni che si sono messi insieme una domenica pomeriggio di aprile…»

«E come erano, quei due ragazzini?»

 

 

Sedici anni prima, sul muricciolo in fondo al molo di Viareggio…

 

 

«Quindi… Ci siamo messi insieme?»

«A quanto pare… Sì.»

«Fa un po’ strano dirlo. Voglio dire, fino a oggi, io ho pensato solo a me, alla mia vita, ai miei progetti, ai miei sogni…»

«Mi piacerebbe conoscerli, i tuoi sogni. E, magari, anche aiutarti a realizzarli…»

«E se poi ci portassero a non stare più insieme?»

«Se tifiamo l’uno per l’altra, i sogni non potranno dividerci… E, poi, ci siamo appena messi insieme, già pensi a lasciarmi?»

«Hai ragione, che stupida che sono. Però promettimi solo una cosa: che, qualunque cosa succederà tra di noi, cercheremo di non farci del male. Ok?»

«Beh, se mi lasci, come faccio a non stare male…»

«No, ma intendevo dire un’altra cosa… Se litigheremo, se la penseremo diversamente su qualcosa, se ci saranno delle discussioni tra noi… Tu promettimi che ci ricorderemo sempre di questo momento, di questa promessa: di non ferirci l’un l’altra.»

«E quando ci lasceremo?»

«A quello non voglio pensarci. Magari ci lasceremo domani, o tra dieci anni…»

«O magari… Non ci lasceremo mai.»

«Chissà. Magari, un giorno lontano, ripenseremo insieme a questo momento…»

«E ci ricorderemo del perché ci siamo messi insieme…»

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3 commenti »

  1. Amaramente realistico.
    L’ho letto tutto d’un fiato!
    Sei riuscita a figurare perfettamente un dialogo di coppia…complimenti, Paola.

  2. Sembra reale. Sembra che siamo seduti là davsntia loro ad ascoltare. Sono problemi che devono affrontare tutte le coppie. Il ruolo imposto ancora oggi alla donna nella nostra società. Il punto di partenza della decisione di non ferirsi mai quando l’amore sboccia cieco e più forte di tutto. Brava. L’ho letto con interesse e con voglia di andare avanti.

  3. Una registrazione perfetta, fa rivivere le mille discussioni di due che cercano di amarsi. Molto efficace, molto vero, molto un sacco di altre cose!
    Brava!

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