Premio Racconti nella Rete 2017 “Obblighi direzionali” di Jessica Moro
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Buongiorno dottore, buonasera signora. Inizia così la seduta. Siamo già confusi in partenza, come si può notare. Perché non so com’è che d’inverno la gente alle quattro del pomeriggio, inizia già a vederla serale la questione. Io no, sono un tipo ostinato. Finché non si cena per me non è sera. Rimango della mia idea. Il dottore no. Guarda l’orologio e prende appunti. Starà scrivendo che sono sfasata e aggiungerà che sta tutto nella non accettazione del buio cosa che collegherà alla mia psiche incapace di accettare il finire di un periodo di tempo ben definito. E siamo solo all’inizio.
“Allora mi dica qualcosa di lei, a piacere.”
A piacere le direi che non ho piacere a parlare di me a uno sconosciuto, ma visto che lei mi metterà di diritto sul suo onorario, troverò qualcosa da dirle.
“Beh dottore, diciamo che se sono qui è perché faccio naturalmente fatica a comprendere delle cose.”
Sono in gamba, vero? Ho già delegato.
“Che tipo di cose?”
“Uhhhhh” soffio, facendo roteare la mano.
Lui non accenna a cambiare la sua espressione da macho della psicoanalisi.
“Faccio strani sogni.”
“I sogni possono essere lo specchio di qualche verità che neghiamo a noi stessi.”
Al dottore piace vincere facile.
“Sì, d’accordo. Se vuole posso raccontarle quello di martedì.”
“L’altro ieri” precisa.
Forse pensa che io non sappia nemmeno in che epoca ci troviamo.
“Sì, l’altro ieri. Giusto. Sa cosa mi sono sognata? Cartelli.”
“Cartelli di che tipo?”
“Divieti, obblighi direzionali, sensi unici.”
“Statici?”
No, svolazzanti, dottore!
“Sì. Ero alla guida di una macchina decappottabile e cercavo di uscire dalla città, ma sulla mia strada c’erano un sacco di ‘cartelli statici’.”
Fa il broncio, mentre appunta i miei sogni sul suo blocco. Se lo guardo da questa angolazione, sembra più giovane, direi sulla quarantina, ma prima, quando sono entrata, mi pareva sui cinquanta e passa.
“Lei che idea si è fatta?”
Ma il dottore non è lui?
“Non lo so. Credo di essere troppo incasinata, cioè: so bene che quello che ho tra le mani è l’ennesimo ‘senso unico’, ma mi sto ‘obbligando’ a percorrere lo stesso quella strada nonostante ci siano più cartelli di ‘divieto’ che aree verdi. Non so se mi spiego.”
“E quale sarebbe questo senso unico?”
Penso un attimo a quello che ho appena detto. Forse se lo dico ad alta voce sembrerà perfino reale.
“Sa una cosa? Credo di essermi innamorata.”
Il suo viso si apre improvvisamente, inondandosi di luce. Quest’uomo è un romantico!
“E crede che questa situazione sia un gran casino.”
Non è una domanda, c’è proprio un punto finale grande come una casa. Somiglia a una pacca sulla spalla.
“Certo che sì, lui è sposato.”
Il suo viso si allaccia in un’espressione indecifrabile di dolore e disappunto.
“Lui che dice?”
“Beh, dice che non l’ama più, ma che non sa come fare a lasciarla.”
“Tipico.”
Ho capito bene?
“Dottore, lei è sposato?”
Mi viene così ‘sta domanda e mi pento subito di averla posta.
“No, ma qui le domande le faccio io.”
Ah-ah. Punto sul vivo. Se non è sposato, siamo nella stessa barca, ma il suo casino è al femminile: è una casina.
“Mi scusi, solo che mi sembra un tantino, come dire, coinvolto.”
“Proseguiamo. Lui sa che lei è così presa da questa relazione? Voglio dire: lei si limita a fare l’amante o gli ha detto chiaramente che vuole di più?”
“La prima, per ora. Facciamo solo delle congetture di sorta, niente di specifico, niente come dire: lascia tua moglie, o robe simili. Qualche frecciatina, qualche fantasia, qualche qualche.”
“Il suo sogno analizza perfettamente la situazione in cui lei si trova.”
Diciamo che me la sono analizzata correttamente da sola, poco fa. Tra l’altro la soluzione era talmente palese che non so, probabilmente non volevo vederla. Eppure, dentro di me so benissimo che quando un uomo dice e non dice, ammette e non ammette, fantastica ma non realizza, in realtà non vuole fare proprio un bel niente. STA-TI-CO, come i cartelli, che si mettono lì e tu non puoi farci niente se c’è un senso unico, che se ci giri dentro lo stesso, sicuro al novanta per cento fai un frontale. Per non parlare degli obblighi che in un sogno spesso e volentieri sono obblighi d’altro tipo: ti obbligo a stare in questa situazione di merda perché questa situazione a me va bene. D’altronde quale uomo non si sollazzerebbe nell’avere ben due donne? E poi c’è la questione dei divieti: il divieto di pensare al futuro, di amare alla luce del sole, di essere una coppia.
La questione non mi era mai stata così chiara come adesso.
“Concordo, lei ha la situazione più chiara di quel che pensava” mi dice, dopo che tutto quello che credevo essere stato uno sproloquio interiore, mi fa notare, l’ho dispensato a voce parlando rivolta al muro e non a lui, ma comunque facendogli sentire le mie elucubrazioni.
“Dottore l’ha detto lei che i sogni possono essere la realtà che neghiamo a noi stessi.”
“Sì, è così e ne abbiamo l’ennesima conferma oggi.”
“Ora capisco perché DREAM è l’anagramma di MERDA.”
Jessica,
mi è piaciuta moltissimo questa “stramba” seduta psicoterapeutica: simpaticissima ed introspettiva allo stesso tempo, supportata da un linguaggio moderno e molto ricercato, oltre che dalla calzantissima metafora dei segnali stradali.
Il finale è stupendo :-).
Davvero complimenti!
Scritto bene, divertente e sagace. Mi è piaciuto molto. Brava Jessica!
Bellissimo questo racconto costruito su tre dialoghi Lei con lui e lei con se stessa.
Ritmo e leggerezza narrativa lo rendono piacevolissimo da leggere.
Bravissima Jessica !
Apprezzabile l’intento ironico, che dà leggerezza al testo e allarga la possibilità di immedesimazione.
Grazie a tutti, sono contenta vi sia piaciuto! E’ sempre emozionante essere letti e avere un confronto di questo tipo. Grazie ancora 🙂
Jessica il tuo racconto è andato dritto dritto a toccare corde mooooolto sensibili! Hai azzeccato tutto e in modo così sintetico sei riuscita a trasferire nelle parole motivazioni e sensazioni più che reali! Brava davvero! Ciao Mariangela
Scritto molto bene.
Ironico, divertente. Brava!
Cara Jessica, il tuo racconto parla a tutti noi, maschi e femmine, in modo ironico, sarcastico e paradossale. Molto interessante la “voce” interiore,” l’incasinamento”
della protagonista e dello psicanalista. Si legge di un fiato. Brava e ciao.
Dialoghi spigliati e sintesi d’effetto per questo racconto mai scontato. Ho riso di gusto, immedesimandomi nel personaggio senza difficoltà. Solo un momento di “stacco” l’ho avuto alla terza riga quando scrivi “sono un tipo ostinato” riferito alla donna. Perché non hai usato il femminile?
Ahahah… Jessica, ma sei sicura che ogni uomo si sollazzerebbe con due donne? A volte una basta e avanza…
Brava, molto carino
Ciao Roberto, grazie del tuo commento.
Ho usato “Tipo ostinato” perché quando riferiti alle persone, sono corretti anche se usati al maschile (sia che il soggetto di cui parliamo sia maschio o appunto femmina).
Ti ringrazio di cuore, per la tua interazione 🙂
Racconto ironico e profondo. Uno stile efficace che regala leggerezza su temi che spaccano il cuore. Abilmente costruito per donare un sorriso al lettore dandogli al contempo molti spunti di riflessione. Una tra le situazioni più diffcili, il triangolo amoroso è qui analizzato con freschezza e grande sensibilità. Complimenti Jessica!
Il trionfo dell’ironia e del ritmo. Davvero brava!
Divertente e riflessivo, mi è piaciuta molto la tua scrittura leggera!
Spiritoso e frizzante. Bella questa presa in giro di certi dottoroni????