Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “Il piccolo filo di lana” di Andrea Proietti (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

C’era una volta un piccolo filo di lana di nome Leggerino, che tutti chiamavano Ino. Sottile e marroncino, abitava in un’inestricabile foresta, che gli strani animali che ci entravano dentro chiamavano maglione, composta da centinaia e centinaia di fili disposti a formare trama e ordito, ordito e trama.
La Foresta- Maglione aveva una sua composizione sociale: c’erano fili di lana comune, come la famiglia di Ino, di agnello inglese, di morbido cachemire e persino, in una piccola porzione, di preziosissima vicuna. Una rigida gerarchia riservava a ciascun tipo di lana una parte della Foresta- Maglione: le aree migliori erano riservate ai fili più preziosi: lana comune nei polsi e nel bordo elastico, come il nostro Ino, cachemire puro sul davanti e mescolato all’agnello inglese sul dietro e sulla maniche, infine vicuna nella parte centrale del davanti. Nessuno, come si può immaginare, avrebbe potuto passare da una zona all’altra, non era prevista mobilità; nessuno avrebbe potuto cambiare, diciamo così, quartiere. Esistevano però delle aree di confine, dei punti dove i diversi tipi di fili di lana venivano a contatto, convivevano tra di loro: erano le zone miste. Qui, l’aristocratica vicuna s’intrecciava con la plebea lana comune, il nobile cachemire costretto a tramare con lane di rango assai inferiore. Non possiamo certo dire che ci fosse uguaglianza e che i fili godessero dello stesso rispetto e considerazione, tuttavia la pace regnava in quella società ricca di tanta diversità.
I fili stavano così tutti uniti e intrecciati tra di loro e la cosa bella è che nessuno poteva scegliere con chi vivere. Non sopportavi il filo che ti passava sopra? Nulla da fare, dovevi tenertelo! Al vicino non piaceva farsi il bagnetto con le inevitabili nauseabonde conseguenze? Poco importava, quello era il suo posto. Tutti accettavano questa regola, talvolta anche a malincuore, ma così era stabilito dai tempi dei tempi.
«È il destino di noi poveri fili di lana!», dicevano gli anziani per calmare i bollenti spiriti dei giovani.
Leggerino ascoltava i consigli con la curiosità di chi vuole imparare per crescere, o crescere per imparare o imparare a crescere, non importa. Ascoltava!
Nessuno, da qualunque parte la si volesse guardare, aristocrazia o plebe, aveva mai osato ribellarsi a quello stato di cose. Persino durante la brutta stagione, che è quella che gli uomini definiscono bella, quando tutto intorno alla foresta di lana arrivava una pellicola trasparente tanto appiccicosa e fastidiosa da togliere il respiro, i fili avevano sempre convissuto in pace e tranquillità. Figuriamoci quando quel sacchetto mortifero spariva e si tornava a respirare l’aria nuova, gelida e frizzante che solo l’inverno sa regalare: la gioia animava gli animi e si viveva in splendida armonia. E quello appena trascorso era stato un signor inverno, di quelli d’una volta, tutto bianco, burbero e ululante: talmente freddo da far gelare anche i fili di lana più grandi. Sarà forse proprio per opposizione a un inverno tanto generoso, per i nostri amici di lana quell’estate si stava rivelando durissima.
«Non mi ricordo un’estate tanto torrida!», lamentava un filo d’antico pelo.
Qualcuno rammentava quella del dell’anno del colore blù. Sì, nella Foresta-Maglione gli anni prendevano il nome dei colori.
«No! Ma che dici!», intervenne un baldanzoso giovane filo del collo ricordando che suo nonno gli raccontava sempre dell’orribile caldo nell’anno del pervinca, quando sembra che l’estate, diceva esagerando un po’ come si fa in questi casi, si protrasse per alcuni mesi.
Ognuno volle dire la sua in proposito, tutti grondavano di sudore per il caldo e il nervosismo saliva alle stelle.
Anche il nostro piccolo Ino aveva le sue idee sul tema, tuttavia non ebbe il coraggio di aprire bocca se non con alcuni suoi vicini più stretti del polsino dove viveva, e a voce bassa per non farsi riprendere dai grandi e grossi fili della manica.
Nulla comunque lasciava presagire ciò che sarebbe accaduto di lì a poco: qualcosa avrebbe sconvolto la vita di quella pacifica comunità di variopinti fili di lana. Chissà, forse non tutti i mali sarebbero venuti per nuocere.
«Aiuto! Aiuto!».
«Una voragine, una voragine!».
«Correte, qui sta crollando tutto!».
Le grida di spavento, le richieste di soccorso e l’agitazione si sovrapponevano in un caos che andava contagiando l’intera foresta-maglione. Un grande buco si era aperto proprio sul fianco sinistro in corrispondenza del punto di contatto tra il cachemire puro e quello misto con la vicuna. La voragine aveva quindi colpito una zona centrale e ricca dove risiedeva l’élite dei fili di lana. Nessuno avrebbe potuto prevederlo, magari tra la precaria consistenza d’un polsino sì, forse in una manica, ma lì, tra i fili di eccelsa qualità, chi l’avrebbe detto. Però accadde.
«Oddio, è una catastrofe! Le mie amiche, mio Dio, sono scomparse laggiù, correte!», urlava in lacrime una matura filessa di vicuna che nel dramma non perdeva il suo accento impeccabile e le buone maniere da gran signora.
«Per mille acari, qui non c’è più nulla da fare!», sentenziò dopo un colpo d’occhio Morbidone abituato con la sua generosità a prodigarsi per aiutare gli altri.
In effetti il danno ormai era fatto. Ma fatto da chi? Il cratere s’era inghiottito alcune decine di sfortunati fili che sembravano essersi polverizzati come dopo un incendio. Chi o cosa l’aveva provocato? Il grande buco avrebbe potuto rendere inservibile il maglione e perciò comprometterne la stessa esistenza. Tale paura attraversava la mente di ciascun filo sebbene nessuno avesse il coraggio di confessarlo ad alta voce.
Nel frattempo la notizia di filo in filo era arrivata fino agli angoli più lontani della foresta di lana, naturalmente ingigantita come accade in questi casi ad ogni passaggio di bocca-orecchio, orecchio-bocca-orecchio. Come un liquido oleoso che uscito dal contenitore s’espande e s’incunea a invadere e occupare ogni superficie che incontra, così la notizia del disastro raggiunse il collo, le spalle, le maniche, i polsini. Man mano si aggiungeva un particolare, una rivelazione, un dettaglio che condivano, insaporivano, insomma coloravano la cronaca. Nessuno ormai pensava più al caldo della torrida estate, c’era una preoccupazione più grande a cui pensare, una paura nuova, oscura, inspiegabile. Il nervosismo ora si stava trasformando in panico, un tremore correva lungo tutti i fili di lana.
«Ha ha ha hai sa sa pu pu to che che è è su su suc successo?».
A Ino la notizia giunse attraverso le sillabe inciampate sulle labbra per la balbuzie, resa ancor più evidente dall’eccitazione, di Pelosetto.
«U… U… un bbu… bu… buco e… e… enorrrme».
Pelosetto impiegò più di mezz’ora per raccontare al suo amico ciò che avevano raccontato a lui. Fu talmente minuzioso nei particolari che Ino non riusciva a credere di non essere stato testimone oculare del disastro.
Ora, ad alcune ore dal fatto, nella tollerante foresta-maglione si era scatenata la caccia al colpevole. Ci doveva essere un colpevole. E se c’era, proclamarono i fili dell’aristocrazia che avevano grande influenza sugli altri, lo si doveva trovare a ogni costo. Non giustizia li muoveva ma vendetta e della peggior specie. Pregiudizio razzista, ecco l’indirizzo che presero da subito le accuse verso i fili gialli che qualche mese prima erano arrivati nel maglione-foresta a ornare il bordo di una specie di taschino preesistente nella zona del petto, non lontano dal punto in cui s’era aperta la voragine.
«Sono stati loro! Quelli non sono come noi!» e giù mugugni di apprezzamento.
«Io ve l’avevo detto che avrebbero portato solo guai, prima di venire qui avrebbero dovuto imparare le nostre regole», gridò un filo di vicuna dall’aria aggressiva e strafottente.
Persino tra i fili più educati e perbene iniziavano a circolare dei distinguo, dei sì, non sono razzista, però, se fosse vero… finora queste cose non erano mai accadute! Figuriamoci l’eccitazione di gruppo nel branco dei più esagitati, si scatenò un’autentica caccia al filo giallo. Un tam tam che si stringeva a cerchio contro quei poveri innocenti malcapitati fili gialli. In poco tempo il maglione-foresta fu scosso da una violenta tempesta di parole, di gesti, d’azioni tutti rivolti all’allontamento o peggio all’eliminazione dei fili gialli.
«Difendiamo la nostra identità! Rimandateli a casa loro!», e giù cori di approvazione.
«Fuori i fili gialli dal nostro maglione! È ora di smetterla con questo multilanismo! Si torni alla lana pura!».
Quale fosse la la lana pura però Ino non l’aveva capito.
«Noi apparteniamo alla lana pura?», chiese al nonno un po’ impaurito dalle brutte parole che aveva ascoltato poco prima.
«Figliolo», rispose il vecchio, «tanto tempo fa, nella notte dei tempi, per mano di un Dio buono e misericordioso, fu creato il filo, a sua immagine e somiglianza. Tu, gli disse il creatore ammonendolo, andrai per il mondo a costituire maglioni, maglie, cardigan, cappotti e cappelli, e vivrai in pace con i tuoi simili, perché tutti siete figli miei».
«Ma Pelosetto dice che Dio non esiste!, che noi siamo il frutto della natura e dell’evoluzione, l’ha letto nel libro L’origine del filo di lana di quel famoso filoscienziato».
Il nonno replicò elogiando le conoscenze del giovane Pelosetto e di suo nipote, ricordando al piccolo Ino che l’uguaglianza e la fratellanza tra i fili di lana sono alla base di ogni bella religione, di ogni grande filosofia e di ogni buona politica.
«Non dimenticare mai queste mie parole, figliolo».
E così fece! Certo, non riuscì allora a salvare i poveri innocenti fili gialli dall’ondata di odio e di persecuzione che li colpì duramente in quel tempo. Tuttavia, molto tempo dopo, quando innumerevoli stagioni erano passate sulla foresta maglione, tante mode, ideologie e generazioni di fili avevano attraversato quel piccolo mondo di lana e la democrazia aveva trionfato, Leggerino, detto Ino, filo saggio e rispettato da tutti, sebbene di umili origini, diventò il Presidente della Foresta- Maglione e governò con tale senso di giustizia e di pace che ancora oggi nessuno l’ha dimenticato.

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4 commenti »

  1. Bellissimo Andrea! Originale, scritto molto bene, educativo! Complimenti.

  2. Una bella allegoria, complimenti!
    E poi trovo elegantemente ironico che l’eroe destinato a essere un grande futuro si chiami Leggerino, detto Ino.

  3. Mi scuso: destinato ad avere un grande futuro…

  4. Delizioso. Sarebbe bello poterlo leggere nelle scuole. Complimenti.

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