Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “L’equilibrista” di Giovanna Sgherza

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Non avevo pianto.

 

Nulla. Nemmeno una lacrima.

 

Solo tanto sgomento quando il medico di guardia dell’ospedale mi aveva comunicato la morte di mio fratello.

Lo avrei odiato, se non fossi stato un medico anche io e quindi quasi abituato a convivere con la tragedia della morte.

Ma quando ci si trova “dall’altra parte” tutto ti sembra completamente diverso: non vuoi crederci e ti interroghi se quell’uomo che indossa la divisa verde, con ancora la mascherina attaccata al collo, sia soltanto un folle e accanito incubo della tua vita o un guerriero che ha lottato strenuamente ma infelicemente contro i mulini a vento..

 

Avevo guardato attonito  il collega e rivolto subito tristemente gli occhi verso l’assistente che mi avrebbe accompagnato a fare il riconoscimento ufficiale della salma.

 

Era stata la cosa più veloce e meno dolorosa in realtà.

 

Il vero dolore era arrivato dopo, quando avevo dovuto raccogliere i suoi effetti personali, i suoi indumenti e i suoi libri e metterli via per cercare di cancellare la sua presenza in casa mia.

Ingenuità infantile la mia, o forse tentativo inconscio di nascondere e aggirare la dura verità….

 

Jenny mi era stata vicina in quei giorni terribili, pur sapendo che avevo bisogno di stare solo con me stesso e di metabolizzare il mio dolore.

Non avevamo quasi mai gli stessi turni in ospedale e, la mia attività di ricerca universitaria mi impegnava spesso nei pomeriggi quando lei invece non lavorava.

 

A volte compariva radiosa nel mio studio cercando di distrarmi e farmi sorridere, ma puntualmente si sedeva accanto a me e con la sua innata curiosità mi rivolgeva domande sulle mie ricerche, arricciando il naso quando le immagini sullo schermo del computer erano disgustose.

 

Poi, quando il tramonto si presentava alla piccola finestra del mio studio, rimettevo in ordine i fogli che avevo sparso sulla mia scrivania, controllavo diligentemente che non ci fossero ancora download in corso e, sotto lo sguardo attento e sereno di Jenny indossavo la giacca per uscire e dedicarmi finalmente a lei.

 

Spesso dopo una breve passeggiata cenavamo fuori, in qualche trattoria lungo il fiume; ma nelle serate più fredde preferivamo rientrare in casa per starcene al calduccio dopo aver cucinato qualcosa insieme.

 

La mia vita scorreva così: un po’ noiosa, ripetitiva, senza slanci e senza emozioni, come se qualcosa, dopo la morte di mio fratello, mi avesse trasformato in un automa con un cuore di diodi e metallo privo di qualsiasi sentimento.

 

Mi rendevo perfettamente conto che la mia resilienza poteva raggiungere a malapena il 10-15% di quanto un uomo possa possedere, e cercavo perciò di reagire positivamente solo nell’ambito lavorativo e professionale partecipando attivamente e proficuamente ai diversi ed interessanti convegni organizzati dalla fondazione di ricerca oncologica di cui ero, da alcuni anni, consigliere ricercatore.

 

Forse un modo per distrarmi e per pensare meno alla perdita di mio fratello? O forse un modo come un altro per evitare di affrontare i problemi quotidiani e la vita di coppia ormai stanca?

In ogni caso stare lontani per qualche giorno ci dava beneficio, perché al mio ritorno il nostro abbracciarci e respirarci era più intenso e sentito rispetto a quando ero partito.

 

Una notte ho fatto un sogno molto strano ma significativo.

 

Ho sognato mio fratello.

 

Non mi era mai capitato dal giorno dell’incidente ed ormai era trascorso quasi un anno.

Indossava giacca e pantaloni di colore nero, bellissimo ed elegante nella sua camicia bianca ma era scalzo e camminava su un cavo di metallo tra due dirupi non vicini tenendosi in equilibrio con un’asta flessibile.

Sotto di lui un baratro scuro e indecifrabile.

 

Io ero spaventatissimo, lo guardavo dal bordo della montagna e lo supplicavo di tornare indietro al sicuro, ma lui sorridendo continuava il suo percorso estremamente pericoloso con una tranquillità angelica che sembrava dirmi: “ non aver paura di camminare sul filo della vita, io sono tranquillo… Vedi? Tu invece sei fermo lì che mi aspetti immobile e non hai il coraggio di affrontare la vita e provare a vivere le tue emozioni….”

 

Mi svegliai di soprassalto, un po’ impaurito e un po’ meravigliato.

 

Jenny quella notte non era accanto a me perché aveva dormito a casa di una sua amica gravemente ammalata per restarle vicino.

 

Allora, sentendomi solo come non mai, mi alzai e mi avvicinai alla finestra da cui entrava la flebile luce della notte.

Istintivamente spostai la tenda e guardai fuori.

 

Un gatto bianco e nero era lì, di fronte a me, in perfetto equilibrio sul bordo della recinzione metallica del giardino e mi fissava ammutolito con i suoi occhi giallo-grano senza muoversi di un solo centimetro.

Non so quanto tempo durò quello sguardo reciproco…certamente mi attraversò senza che me ne accorgessi.

 

Dopo, quando il gatto mi vide sorridere rincuorato, con un balzo lieve ed elegante fuggì via e in pochi attimi raggiunse il muretto dell’isolato adiacente al mio, scomparendo dalla mia vista.

Indossai il primo pullover che trovai in camera, presi le chiavi e uscii velocemente di casa facendo le scale di corsa.

 

Il gatto probabilmente aveva attraversato il cortile adiacente  e poi era tornato sulla strada dove c’era più luce e si era raggomitolato in un cantuccio accanto al contenitore della raccolta differenziata.

Mi avvicinai con cautela e lo accarezzai teneramente…

 

Soltanto allora ero riuscito a piangere.

Calde lacrime di dolore erano scivolate sul mio volto lente ma copiose, mentre il gatto, con occhi socchiusi, cedeva il suo calore alle mie mani fredde.

 

E in quel momento avrei voluto tanto riabbracciare mio fratello…  e parlargli: avrei voluto raccontargli le mie paure e i miei progetti, avrei voluto esprimergli l’amore per la mia donna, avrei voluto guardare con lui le partite in tv e forse anche dedicargli un pomeriggio fuori dagli schemi in giro con la sua moto alla ricerca di paesaggi sconosciuti…..

 

Quello strano sogno aveva riportato l’assenza di mio fratello nella mia vita facendola diventare   presenza costante  e silente che mi fortificava in ogni momento della mia esistenza, anche perché, il figlio che dopo quella notte io e Jenny abbiamo fortemente voluto, ora porta il suo nome.

 

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