Premio Racconti nella Rete 2017 “Peppino e la sirena con le gambe…” di Antonella Iaschi (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Ci sarà un giorno…
Peppino se ne stava tranquillo davanti al mare. Pensava… a cose belle e a cose tristi. All’improvviso si immaginò di non avere più casa in quella piccola isola, e di dover cercare un altro luogo in cui passare i giorni lunghi della pensione.
A volte in riva al mare succedono cose incredibili e quel giorno all’orizzonte Peppino vide una balena azzurra, o almeno questo gli sembrò quel qualcosa che galleggiava in lontananza.
Le piccole ondine che gli bagnavano i piedi diventarono prepotenti. La sua curiosità crebbe insieme a loro. Poi un gabbiano iniziò a volargli attorno, come volesse dire: “Seguimi, seguimi, seguimi!”
C’era una barca lì vicino, Peppino in un quattro e quattr’otto la spinse in mare, trascinandola fino a dove l’acqua era abbastanza alta perché potesse galleggiare, salì a bordo e si mise a remare dietro al gabbiano che, essendo molto più veloce di lui, ogni tanto si fermava e lo aspettava lasciandosi cullare dal vento.
Quella macchia azzurra che si avvicinava era effettivamente una balena.
Improvvisamente la barca iniziò a riempirsi d’acqua, il mare ormai burrascoso stava per inghiottirla e Peppino, nonostante sapesse nuotare molto bene sentì un brivido di paura.
Il gabbiano invece giocava tranquillo col vento, come se dall’alto potesse vedere il futuro. Sapeva che l’omino che gli dava le croste di formaggio in inverno quando non c’era molto da mangiare, non correva nessun pericolo.
La balena era ormai vicina, la barca non si vedeva più e Peppino stava nuotando verso riva per mettersi in salvo. La paura era passata, era certo di essere in grado di tornare indietro, aveva braccia forti e conosceva il mare. Ma… la balena iniziò ad emettere un verso che sembrava voler dire: “Raggiungimi, raggiungimi, raggiungimi” e Peppino che era curioso cambiò direzione e puntò diritto verso quella montagna azzurra. La balena aprì la bocca e Peppino nel scivolarle dentro pensò: “Cavolo! La storia di Pinocchio si ripete…”
Nella pancia del mammifero c’era proprio tutto, come nella pancia di una mamma. Peppino si sentiva al sicuro, come se avesse trovato il posto in cui passare i lunghi giorni della pensione.
In un angolo trovò uno scatola ricoperta di immagini di fiori, dentro tante fotografie di gatti, tanti fogli con parole scritte, tre fogli con le rispettive buste e una biro. Sapeva a chi appartenevano.
L’isola che lui amava tanto da qualche mese gli sembrava vuota. Nella casa che lui guardava dagli scogli, quella piccola, piccola che sembrava un nido, le finestre erano chiuse da troppo tempo. Un giorno di fine primavera era arrivato un elicottero di quelli che portano via le persone che non stanno bene e da quel giorno nessuno aveva più aperto quelle imposte. Anche i gatti che giravano lì attorno erano andati da altre parti a cercar cibo.
In quella casa abitava una sirena che al posto della coda aveva le gambe. Lei nuotava sui palchi dei teatri e cantava canzoni e recitava e sorrideva. Sorrideva sempre anche a lui, fin dalla prima volta in cui da estranei erano diventati amici semplicemente perché lui le aveva dato una mano a portare su le borse con la legna. C’erano 92 gradini dal parcheggio alla porta di casa. Lui era abituato a farli, lei aveva il fiatone. Ancora non era un’isolana. Poi lo era diventata perché il mare e la poesia respirano nello stesso modo.
Peppino aveva l’abitudine di cercare le motivazioni degli avvenimenti e credeva che, quando qualcosa accadeva, era per indicargli qualcos’altro. Una strada da percorrere, una decisione da prendere, una meta da raggiungere. Passò in rassegna le ore di quel giorno, per chiarirsi le idee.
Dunque: era arrivata una balena azzurra in un’isola dove le balene non arrivano mai.
Il suo amico gabbiano aveva fatto in modo che lui la raggiungesse.
Nella sua pancia lui si sentiva a casa e nella scatola che aveva trovato c’erano oggetti della “sua” amica.
Perché?
“Semplice” pensò Peppino: “La mia amica ha bisogno di me.”
Loro due spesso si confidavano i sogni. Tutti e due sognavano anche ad occhi aperti, anzi soprattutto ad occhi aperti, e quei sogni lei che era brava a scrivere li trasformava in storie. Poi, visto che era brava anche a recitare li raccontava agli altri girando per i teatri e le strade.
“Ma io cosa posso fare? “pensò Peppino. Su quel pensiero si addormentò.
Nel sogno la biro iniziò a scrivere. E riempì i tre fogli.
Al risveglio Peppino scrisse veramente, infilò le tre lettere nelle buste, in una mise anche tutte le storie che la sua amica aveva lasciato nella scatola, le avvolse nella plastica perché non si bagnassero e se le infilò nei pantaloni. Poi aspettò che la balena aprisse la bocca, uscì e si mise a nuotare verso riva.
Spedì le tre buste.
Una era indirizzata a un politico, l’altra ad un editore, e la terza alla “sua” amica.
Si sedette sulla solita panchina e iniziò l’attesa.
La balena intanto continuava a galleggiare là sulla linea dell’orizzonte, e il gabbiano continuava a volarle intorno.
Passarono parecchi giorni.
Una mattina la balena non c’era più e Peppino smise di guardare l’orizzonte, si girò verso la casa là in alto e vide le finestre aperte. Qualcuno aveva messo un fiore su quel davanzale e i gatti erano tornati lì sotto in attesa del cibo.
Il gabbiano che gli volava sulla testa sembrava volesse dire. “Seguimi, seguimi, seguimi!” e lui lo seguì verso il traghetto che stava attraccando.
La sua amica era lì, qualcuno la accompagnava spingendo la carrozzina perché lei ancora non riusciva a camminare bene, ma era lì.
Aveva in mano la lettera in cui Peppino le aveva promesso che l’avrebbe riportata a casa perché altrimenti quell’isola non sarebbe mai più stata la sua casa e soprattutto perché voleva passare con lei i suoi lunghi giorni della pensione. Aveva in tasca la lettera con cui le era stata assegnata una pensione in grado di mantenerla e… aveva il contratto di edizione per il libro delle sue storie. Un libro che avrebbe aiutato gli artisti come lei, cui il destino un giorno aveva cambiato la vita.
Particolare questo racconto, ricco di simboli e metafore, non facilissimo, nonostante lo stile apparentemente semplice.
Brava Antonella!
Bello, ma non solo per bambini, vero?