Premio Racconti nella Rete 2017 “Pronta” di Roberto Montenero
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017La porta della camera d’albergo si apre ma Laura non si volta a guardare, ha ormai imparato a riconoscere quei passi che si avvicinano. Si sente avvolgere le spalle e baciare sul collo. La pelle si accende come sfiorata dal sole in piena estate. Gli occhi scivolano sul cellulare gettato sul letto e, per un momento, le si offusca lo sguardo. La chiamata persa mentre stava riordinando l’armadio lampeggia, a ricordarle come ha fatto ad arrivare lì.
Le due ragazze sono sedute al tavolo della cucina mentre stanno bevendo una tisana.
“lo sai che mi piace molto il tuo pigiama? Dove lo hai comprato?”
“Quest’anno va di moda il rosa con il rosso. Ma mi sta bene? L’ho comprato in saldo da H&M, quello in Via Indipendenza.”
“Ma dai? Quando sono passata io non c’era, altrimenti l’avrei preso. Sei proprio figa, Anna. Col fisico che hai ti potresti permettere anche…”
“Si dai… non esagerare eh?”
“Macché ti pare? Lo sai che ti sono amica.”
“Appunto, non potresti mai dirmi qualcosa di negativo.”
“Scema! Nel senso che ti dico proprio quello che penso, perché ti voglio bene.”
“Ha ha ha, già.”
Sorso di tisana.
“Lascia andare, Anna, non puoi tenerti tutto dentro.”
“E cosa dovrei lasciare andare di preciso Giò?”
“La chiacchierata con tua mamma di oggi ad esempio…”
“Che chiacchierata scusa?”
“Si, lo so, non avrei dovuto ma ho ascoltato lo stesso.”
“Già, non avresti dovuto.”
“Ma l’ho fatto…”
“Senti, non ho voglia di parlarne, ok?”
“Ok. Cosa facciamo per pranzo domani? Pensavo di comprare un po’ di insalata, del formaggio tipo brie, i funghi li abbiamo. Prendo un mezzo pollo arrostito, alla Coop, e ci facciamo una bella insalatona per tre. Pomodorini e scaglie di grana?”
“Ma ci senti? Ti ho detto che non voglio parlare di mia madre.”
“E chi ne sta parlando? Chiedevo per il pranzo di domani, dato che avremo gente qui…”
“Mia madre appunto.”
“Ok, ma non ti ho chiesto niente di particolare, solo se preferisce i pomodorini o se le piace il brie.”
“Ovvio, stai usando su di me il tuo sistema ad imbuto, ma io non voglio entrarci.”
“Maronna O’ Carmine, quante storie per una insalatona.”
Altro sorso di tisana che scende placido come il silenzio tra le due amiche.
“Ho paura di sapere che viene qui a fare.”
“Ah si?”
“Si…”
“Non è che se lo dici a voce alta si avvera per forza, lo sai.”
“Viene a dirmi che lascia papà…”
“Ma va! E perché dovrebbe?”
“Perché da quando me ne sono andata di casa…”
“Dai Anna, non piangere. Mica è colpa tua se sei venuta a studiare a Bologna no?”
“Che c’entra? Se stavo più a casa magari…”
“Tieni qui e asciugati le lacrime. Macché a casa. E poi che ne sai che tua madre non voglia fare un giro shopping eccitante con noi?”
Anna guarda l’amica e le sorride.
“Non penso proprio. I miei sono in crisi da tempo, me ne accorgo ogni volta che torno a casa. Mio padre pensa solo agli affari suoi e mia madre pensa a me e a mio padre. Credo si sia stufata. Lo capisco dalle risposte arrabbiate che gli dà, anche per niente. E io ormai mi arrangio.”
“Non farla così tragica. Famiglie così ce ne sono una marea in giro.”
“Sarà. Ma sono convinta anche che mia madre abbia un amante.”
“Ma chi? Laura? Stiamo parlando della stessa persona?”
“Noi donne abbiamo un sesto senso. E vediamo meglio degli uomini.”
“Su questo non c’è dubbio.”
“Ha ripreso a curarsi di più, qualche volta va dal parrucchiere. Ha cambiato profumo e ha qualche completino intimo molto sexy.”
“Magari vuole risvegliare l’istinto di tuo padre.”
“Quello non si sveglierebbe nemmeno davanti a Shakira e Rihanna che ballano nude per lui.”
“Cattiva questa. Se mai faranno una canzone insieme staremo a vedere.”
“Sarò anche cattiva ma è la verità. E poi quando glieli ho beccati…”
“Che cosa?”
“I completini, nel cassetto, mi ha detto: metti via, non è roba per te. Mi sembrava di aver beccato un bambino con le dita nella Nutella.”
“Giusto, vado a prenderla.”
“Chi, mia madre?”
“Ma no, la Nutella, alla faccia della tisana.”
“Sei impossibile, lo sai?” rispose Anna ridendo
“Vedi? Ora che sei uscita dall’imbuto stai meglio. E aspetta di aver svuotato il barattolo…”
“E’ lì nel secondo scaffale, prendi anche i biscotti che ci strafoghiamo.”
“E comunque sei proprio gnocca dentro quel pigiama…”
Il rumore delle onde che si infrangono sul bagnasciuga di Alassio copre i commenti dei giornalisti televisivi mentre la Costa Concordia attende di lasciare finalmente dietro di sé l’Isola del Giglio. Anch’io sono naufragata, pensa raggomitolandosi in quell’abbraccio, e anch’io mi sono rialzata, grazie a queste mani che mi stringono. Grazie all’amore che piano piano si è accoccolato nel mio cuore, senza togliere spazio al resto. Senza chiedere nient’altro che potersene stare lì.
Appena mezz’ora prima, sdraiata sul letto dell’albergo con le guance bagnate dalle lacrime, Laura era ipnotizzata dal riverbero delle luci e dai giochi d’ombra delle tende mosse dalla brezza. Si respirava una atmosfera calma e pigra, riservata di solito ai resort esotici, che scioglieva i pensieri, liberi di vagare fra le stanze della memoria. Si alza, costretta da un rigurgito di perfezionismo a cercare una gruccia nell’armadio, per riporre anche l’ultima camicia, bianca. Stizzita si blocca, rendendosi conto che questo gesto appartiene al suo passato. Mi sono sempre sentita come la Kidman nel film “La donna perfetta”, accondiscendente e compiacente più per educazione che per vocazione pensa sospirando.
Ma poi qualcosa si era rotto, l’impeccabilità si era incrinata e il suo mondo aveva iniziato a perdere pezzi. L’uscita di casa della figlia universitaria era stato l’ultimo lieve tocco che l’aveva fatta crollare, col complice disinteresse del marito. Che solo ora sembrava essersi destato dal suo torpore, che solo ora che se n’era andata la cercava al telefonino.
La continua ripetizione dei gesti quotidiani l’aveva sorretta come una armatura, proteggendola. Ma il prezzo pagato era lì, in mezzo al suo petto, un cuore duro che pompava sangue arrabbiato e rappreso. Fino al giorno in cui quegli occhi non l’avevano scalfita con i loro discorsi carichi di leggerezza.
Il telefonino buttato sul letto si illumina e vibra. Lo sguardo di Laura racconta di trappole e litigi. Nella stessa mano prende il coraggio e il cellulare.
“…”
“Laura, Laura ci sei? Pronto, Laura?”
“Sono qui.”
“Ah, credevo… Come stai?”
“Perché me lo chiedi?”
“Sono due giorni che non mi rispondi al telefono. Mi stavo preoccupando. Non so nemmeno di preciso dove sei.”
“La strada per stare bene è lunga, Marco, ma almeno la notte dormo.”
“Dove sei?”
“E tu invece come stai?”
“Mi sono svegliato una mattina e invece di trovarti a letto, ho trovato un biglietto di addio. Come credi mi possa sentire? Non puoi averne un’idea di come sto.”
Laura, sempre con il telefono nella destra si distende sul letto e chiude gli occhi.
“Sono io che dovrei sospirare Uaua, non tu!”
“Per quello te l’ho chiesto, perché non lo so.”
“Sto male, Uaua, sto…”
“Non chiamarmi Uaua!” gli grida al microfono.
“Ok, scusa ma l’abitudine…”
“Certo, l’abitudine…”
“Senti Ua… Laura… Non ti ho chiamato per litigare al telefono. Avevo bisogno di saperti a posto. E per capire cosa ti passa…”
“In una camera di albergo.”
“Come scusa?”
“Mi hai chiesto dove sono. Ti ho risposto.”
“Laura non prendermi in giro, Cristo Santo. Voglio sapere la città dove sei.”
“Perché? Vuoi salire in macchina e venirmi a prendere? Vuoi venire qui e implorarmi in ginocchio? Oppure mi prendi per i capelli e mi riporti a casa?”
“Ma perché mi parli così? Non ti riconosco.”
“Certo che no. Quando mai ti sei preoccupato di guardare oltre il tuo naso, tu? Che ne sai di come sono io veramente?”
“Laura, senti, incontriamoci da qualche parte, a parlare. Ho bisogno di parlare.”
“E dei miei bisogni che ne facciamo? Che cazzo ne facciamo eh? Io ho bisogno di stare sola, di stare in silenzio. Di non vederti. Ciao.”
“NO! Non riattaccare ti prego Laura. Ok, ok, va bene. Ma non puoi buttare una vita con un semplice biglietto di addio. Credo di meritarmi di più. Credo che Anna si meriti di più di questo.”
“Non tirare in ballo mia figlia che…”
“Nostra figlia, nostra…”
“… con lei ho già parlato e chiarito. Questo senso di colpa non funziona con me, chiaro Marco?”
“E cosa funziona con te Laura? Ultimamente non funziona niente. Ti sei chiusa e addio. Andate tutti al diavolo. E addio.”
“Hai ragione. Addio.”
Laura appoggia il telefono sul copriletto e gli tiene sopra la mano. Inclina un po’ la testa e si lascia cullare dal movimento delle tende. Una lacrima le scende lungo la guancia.
La mano vibra. Prende fiato e riapre la comunicazione.
“Non hai capito, come al solito. Non voglio parlare, ascoltare, piangere, litigare. Bla bla bla, uh uh uh, blablabla…”
“Che cazzo fai Laura?!?!”
“Blaaaa blaaa blaaa.”
“Come si chiama? Lo conosco?”
Laura si gira su un fianco e inizia a ridere, ma ne esce un suono come di stoviglie di latta che sbatacchiano tra loro.
“E’ tutto qui il problema? Tranquillo, non scopa bene come te!”
“Laura, ti prego, ti prego…”
“Non c’è nessun uomo Marco.”
“Dopo vent’anni di matrimonio, capisco Laura, ma torna a casa, parliamone.”
“Non. C’è. Nessun. Uomo.”
“Si, va bene, sono qui, non è un problema, capisco.”
“Non capisci un cazzo, come sempre, non capisci un cazzo!”
“Allora spiegati. Spiegami.”
“Ma se non mi hai mai ascoltato, che cazzo vuoi che ti spieghi? Vuoi una dannata spiegazione? Eccola: mi hai distrutto, annientato con quel tuo disinteresse, quell’aria da “io so”. Ma che cazzo sai tu?”
“Laura, capisco che tu sia sconvolta, ma ti prego, vediamoci. Possiamo andare da un consulente…”
Le stoviglie ricominciano a sbattere.
“Addio Marco, abbi cura del tuo mondo. Io non ci entrerò più.”
Laura prende il suo diario mentre alla televisione passano le immagini della Costa Concordia in navigazione. Annusando salsedine e complicità si era messa a scrivere, seduta davanti allo specchio sopra il tavolino. Ci vede una quarantaduenne asciutta, leggermente abbronzata, con in mano una penna e l’aria concentrata di chi cerca parole importanti. La mano si muove con grazia e l’inchiostro steso sulla carta, mentre si asciuga, rischiara i pensieri. Rilegge, “Non so come possa essere successo ma mi sono innamorata di una donna.” Ecco, ora che l’ho scritto è vero. Ora che l’ho letto è sicuramente vero. E da qui non voglio tornare più indietro.
“Che ne dici di un bel piatto di spaghetti allo scoglio? Magari sulla terrazza vista mare?” Le chiede Michela.
Laura la bacia. Poi si alza e la prende per mano.
“Andiamo.” dice sorridendo e guardandola negli occhi “Sono pronta.”
L’intreccio è articolato e avvincente, abitato da personaggi tratteggiati con efficacia.
Stimolante l’accostamento tra i dialoghi colloquiali e le descrizioni colme di immagini evocative.
Complimenti.
Grazie per i complimenti, sempre ben accetti. Mi sono divertito a raccontare Laura attraverso i dialoghi, provando a dipingerla con i pennelli di chi le sta intorno.
E, scusa ma l’ho visto dopo, complimenti a te per aver vinto lo scorso anno!!!
Bello questo racconto costruito sapientemente su dialoghi apparentemente semplici ma che sanno delineare carattere e sentimenti dei protagonisti.
Complimenti per lo stile è il ritmo che ti tiene fermo su un tema svelato è sospeso sino alla fine.
Grazie Gianluca per le tue parole, volevo provare a raccontare i personaggi senza descriverli, se non lo stretto necessario. Sembra che l’esperimento sia riuscito…
Ciao Roberto, ottimo lavoro.
Sei riuscito a delineare i personaggi “senza descriverli”. Le forti emozioni che suscitano i dialoghi sono efficaci a far comprendere tutto lo scenario.
Accidenti che botta per il marito, se è leggermente intelligente capisce che il cambio di rotta di Laura è quanto di peggio possa esistere…altro che tradimento…Ma la vita è anche cambiamento radicale per nascere ancora. Bravo come sempre caro Roby!!!
Una breve storia sulla consapevolezza e sul sano egoismo che, qualche volta ( e per fortuna ) riesce a prendere le donne per i capelli e a trascinarle fuori dalla palude. Belli i dialoghi, attraversati da un sottile humor. Efficace il salto spazio-temporale che risveglia la curiosità nel lettore. Complimenti Roberto.
Lilli, brindiamo a chi ha il coraggio di cambiare e di rinascere allora! Grazie di cuore per il tuo commento, hai centrato in poche parole quello che volevo trasmettere.
Si brindiamo!!!!! E allegria, se non ce la mettiamo noi nessuno può sostituirci nel farlo. Un abbraccio e a presto.
Grazie Gloria per aver letto e commentato il mio racconto. C’è volutamente solo una piccola parte di descrizione perché volevo far emergere i personaggi e la storia dalle loro stesse parole. Ho poi anche giocato con il tempo della storia, andando avanti e indietro. Felice che ti sia piaciuto.
Roberto,
per come la vedo io, riuscire a trasmettere emozioni e stati d’animo con dialoghi brevi, incisivi e diretti è di una difficoltà mostruosa.
Il concatenamento è magistrale e la storia si snoda agilmente tra le maglie dei discorsi diretti, fino ad esplodere in un finale inaspettato e tutto da godere.
Bravissimo, non c’è che dire.
I dialoghi sono un po’ un rischio nello scrivere, la scarsa verosimiglianza è sempre in agguato. Tu sei riuscito nell’operazione di usare quasi solo dialoghi per narrare efficacemente una storia, e la narrazione scorre che è un piacere. Complimenti.
Non pensare che non abbia letto il tuo ultimo capolavoro…mi è solo mancato il tempo per scrivere un commento.
Rispetto agli altri tuoi, questo sembra scritto da altre mani. Forse avevi un altro spirito? Forse sei eclettico? Forse….forse necessitiamo di un altro brano per sapere quanto è un caso e quanto uno stile (non crederci: la mia è solo golosità di belle letture!!).
Bravo!!
Invidio molto chi sa trattare così bene il dialogo… a parte questo trovo che sia un racconto molto intrigante, che mi ricorda certe eleganti commedie americane capaci di arrivare con grazia al cuore delle cose.
@Lorenzo Garzelli: grazie per le splendide parole. Mi sono divertito a scrivere un racconto dove prevalgono i dialoghi sulle descrizioni e a leggere il tuo commento l’esperimento è riuscito! Grazie ancora.
@Lavinia Brilli: il rischiò c’è, inutile negarlo. Ho provato ad ascoltare i dialoghi che avvengono intorno a me e mi sono accorto che la quando due persone parlano non hanno la necessità di ri-spiegarsi il contesto nel quale il loro dialogo è inserito, lo danno per scontato. E allora, io ascoltatore esterno, devo immaginare quel contesto, altrimenti non capirei nulla. Qui ho provato a fare lo stesso. Grazie per il tuo tempo e per il tuo commento.
@CLO: appena ho un altro racconto lo posto per saziare la tua fame di (belle) letture! Qui mi sono cimentato con un ambito che non è immediatamente il mio (gli altri racconti sono fantascientifici o noir…) ma, come ho già scritto, mi sono divertito a provare qualcosa di diverso dal solito, non solo come contesto ma anche come tipologia, rendendo i dialoghi in maniera così importante. A quando un tuo scritto? Grazie per il tuo commento.
@Ugo Mauthe: ti ringrazio per i complimenti, sono contento che questo racconto si dimostri in grado di reggersi da solo sulle sue gambe fatte di dialoghi e che arrivi elegantemente al cuore delle cose. Grazie ancora.
Intrigante e delicato. Il lettore si lascia trasportare da una scrittura immaginifica e dai dialoghi che al posto di smorzare la storia la rendono più viva e più vera. Si ha come l’impressione di essere lì con loro. Finale inaspettato e non scontato. Bravo!Sono curiosa di “leggerti” ancora…
Gentile, tenero, sensibile. Molto belli i dialoghi intrecciati alle descrizioni. Avvincente.
Bello, Roberto! Hai descritto lo sciogliersi di una famiglia, processo frequentissimo nella società odierna, alternando i punti di vista in una maniera che non è affatto scontata. C’è qualcosa di misteriosamente evocativo nella tua scrittura. Condivido le parole di chi mi ha preceduto anche relativamente all’efficacia dei dialoghi. Ottimo, insomma! 🙂