Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella rete 2017 “Non chiedere, non dire” di Chiara Borghi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

 

Splendi con la tua pazza luce di diamante
piccolina che ancora non so per quanto
potessi sarebbe un lungo assolo di chitarra
sarà invece il temporale d’una moina a stecchirmi
uguale a quella del bigemino all’angolo
ti distingueranno donna dallo sguardo
ma tu già lo sei
ed investi me
mi insegni d’una sfolgorante tua verginità
che si fa mia nell’attimo in cui mi svesto di fredda porpora sul tuo tappeto
questa è una guerra vera.

Al mattino riprendo con un macchiato caldo; mi ricucio gli iridi agli occhi e ti guardo crescere dalle lenzuola. Pazza sciagurata rimetti quel reggiseno! Mi fa orrore ora il tuo petto nudo e poggio una mano a coprirmi timidamente gli occhi e a strofinarmeli. Abbottoni la camicia e guardi in basso, non essere offesa con me, stropicci la lingua sulle labbra e le storci, poi ti alzi e ti guardi allo specchio grande tutta intera, slip e camicia, intanto tiri i lembi ai lati degli occhi e scuotendo la testa fai le smorfie e ridacchi come una scolaretta stupida che ha appena rubato un lecca-lecca dal cesto grande della maestra.
“Eh eh … cinesina … eh ” sei al settimo cielo e sembri stupita che io rida poco e quel poco mi sforzi, sicuramente stai pensando che non sono ancora pronta, che trasferirmi da te è stata una scelta estorta, che ancora non l’ho detto ai miei e neanche ai miei amici e che niente di mio è a conoscenza di noi due. Non è vero, tu non mi hai estorto niente e questa è stata una mia scelta, tanto non potevo più stare con Giacomo per etichetta, non aveva più senso guardare i maschi per convenzione. Ma anche adesso che ho deciso e ti avrò davanti al caffè la mattina, ho paura e ho paura d’averne perché nel nostro caso, amore, aver paura vuol dire ripensarci, ritornare alla cosiddetta normalità anche quando non ci appartiene.

Anna, sai che ti amo, sai che non sarei mai in grado di lasciarti e sii libera di prendere questo vincolo come un limite, ma sai anche tutto il resto e forse ne intuisci un di più a cui io non sono ancora arrivata. Anna sai che ti porterei sull’altare se ne venisse il tempo e forse è proprio questo che ha da venire, il tempo per noi perché un nostro bacio fa rabbia sentirselo sbirciato da qualche estraneo che c’ingabbia nel fluire rigido dei suoi pensieri e ci castiga. Ora versa il caffè e lascia sgombro il comodino che ci appoggio le brioche calde e sto attenta a non sbriciolare. Devo fare in fretta per l’autobus delle otto e cinque che alle otto e trenta il computer deve stare acceso e il caporeparto gira per i cubicoli a controllare che i numerini verdi lampeggino sul nero dello schermo. Poi, l’uscita alle cinque e mezza, ciao a tutti e a domani, il traffico delirante del dopolavoro che ti sorpassa sulla destra e ti rintrona di clacson se non riparti subito allo scattare del verde. Ma poi tutti dove vanno? La sera li ritrovi a guardare la televisione o a leccare un cono in piazza e due passi sul lungomare prima di crollare di sonno dopo un amore take-away. Ed io che li disprezzo vorrei essere come loro, ma la sera sono sola e triste e fisso il soffitto mentre le pareti si gremiscono dei fotogrammi dei nostri discorsi, le nostre guerre e le nostre tregue, la porta che sbatte, le corse per le scale per riprenderti e riprendere tutto da un bacio che mi gira ancora la testa se ci penso, che se fossi un dolore ti curerei con una medicina ma sei una sbronza forte che non passa e che non voglio far passare.
Poi sono troppo stanca e sfumo a nero.

Anna questa settimana non c’è, va in Sardegna dai sui genitori, ho già le chiavi dell’appartamento, vai già tu a sistemar la roba, tra una settimana torno ha detto. Prima di spegnere la luce le telefono, ultimamente si parla sempre della casa, della convivenza, del fatto che devo dirlo a tutti, che devo uscire allo scoperto e la domenica quando torno dai miei, poi in un attimo è già lunedì e non gli ho detto che amo una donna e ricomincia tutto daccapo come un incubo. Ieri alla televisione un politico ha detto che gli omosessuali non possono insegnare alle scuole elementari, che i bambini diventano gay, come fosse una malattia, come prendersi un fungo in piscina.
Giuly mi aiuta a pulire casa prima di traslocare, mia madre dice che è maleducazione lasciare la casa sporca al proprietario. Per me è sprecar tempo; il proprietario ha detto che mandava l’impresa di pulizie, ad ogni modo obbedisco. Giuly è sposata e ha due figli e la mia età anche se non è più una donna molto giovane. Per mantenersi aiuta a pulire le case degli altri ed io mi chiedo se poi abbia tempo di pulir la sua. Parla sempre dei suoi figli e mai di suo marito, eppure dovrebbe essere felice a mio avviso di far parte dell’esercito della maggioranza e nessuno disserta sulla sua sessualità o sulle sue scelte di vita. Il più grande dei suoi figli ha sei anni e sa leggere benissimo, il secondo ne ha tre e ama giocare con i lego, Giuly vuole che da grande faccia l’ingegnere. Io spero che non si senta mai obbligato a fare nulla. Giuly mi ha chiesto perché vado a vivere con un’amica, dice che sono bella e che è strano che alla mia età non abbia ancora un marito. Io le ho detto che Anna non è una mia amica e lei ha incalzato dicendo che è come una sorella e mi capisce benissimo. Io credo non abbia capito niente. Non accenno parola e lei comincia a raccontare che prima di sposarsi aveva un’amica e che stavano sempre insieme e che tutti pensavano fossero lesbiche. Quando dice lesbiche sussurra e fa gli occhi grandi come i bambini quando bestemmiano sotto il banco a catechismo. Spazzo un po’ il pavimento e lei ridacchia, poi mi rassicura, io sono aperta a queste faccende, “mi fanno un po’ effetto” storce di poco la bocca e poi aggiunge “ma li riconosco anche quelli che si vestono da uomini veri, è l’atteggiamento”. Poi si mette una mano di fianco alla bocca come per far eco e mi sussurra all’orecchio, “ mio cognato dice che sono gli ormoni che hanno dato ai polli per farli crescere in fretta” ed io sgrano gli occhi ma le sorrido.
“E’ una questione di polli” abbozzo accendendo il computer come per mettermi a lavorare.

Domani arriverai ed io non ho parlato con mia madre che sta sempre a combinarmi appuntamenti al buio con i figli delle sue colleghe e mi informa costantemente che vorrebbe un bel nipotino.
Non ho parlato a mio padre che mi chiede come va il lavoro e intanto svuota e riempie il suo bicchiere. Non incazzarti Anna, sto cercando le parole giuste, il momento per non sentirmi dire che da quando sono nata do problemi, non voglio che mia madre dica che lo faccio apposta per farla morire d’apprensione.
Ora dormo che è l’ultima notte che passo in casa mia e non ci saranno più letti singoli e neanche cose completamente mie, tutto sarà nostro. Saremo entrambe le nostre mogli e spero non sia il temporale d’una moina a stecchirmi come il verso della poesia che scrissi quando t’incontrai la prima volta alla stazione dove lo sciopero dei treni ci aveva spostato le vacanze d’un giorno e la vita d’una vita.

Ho appena riattaccato. Eri tu al telefono e domani non ritorni, un contrattempo hai detto, andavi di fretta o qualcosa del genere, ho ancora due giorni per decidere, ho avuto una proroga perché tu non torni. Accendo la luce e vado in cucina a bere un po’ d’acqua.
E’ mezzanotte, ero già a letto ma decido d’uscire, forse giù al pub qualcuno ha voglia di fare una partita a biliardo e bere una birra, mi distraggo un po’, infilo un paio di pantaloni e vado. Entro nel locale pieno di ragazzini, vado al bancone, tocco le tasche, tiro fuori il telefono, lo spengo tanto non mi richiamerai più stanotte, premo il tasto off e la luce verde s’accende e subito rispegne. Ordino una media chiara e delle patatine fritte, mi siedo su uno sgabello. Aspetto. No, non ce la faccio,riaccendo il telefono. Bevo,mi tormento le mani, guardo le etichette delle bottiglie di liquore sullo scaffale davanti a me. E’ tardi e domani mattina devo consegnare la relazione tecnica al capo. Torno a casa.
“Pronto? Ciao scusa se è tardi ma avevo voglia di sentirti. Dove sei, stai camminando?”
“Sì, sono stata giù al porto, in quel pub che ti piace, tutto bene?”
“Insomma mia madre non tanto, per questo mi fermo ancora un paio di giorni, potresti raggiungermi qui, il mare è bellissimo e poi i miei non ti hanno mai vista, gli ho parlato molto di te,
sarebbero contenti di conoscerti.”
“Non mi danno le ferie, lo sai che le ho solo in agosto. Verrei se potessi, in città si brucia dal caldo, sei abbronzata?”
“Sono nera come un tizzone! Hai finito di sistemar la roba?”
Si, è tutta imballata, Giuly mi ha dato una grossa mano, è brava in queste cose.”
“Bene, hai le chiavi, porta gli imballi a casa così quando torno. E’ già tutto apposto? Come l’hanno presa i tuoi?”
“Sì, insomma. Sono contenti”
“Cosa vuol dire: insomma? A casa mia o la prendi bene o la prendi male. Com’è la storia?”
“A casa tua è tutto facile. Per i miei non lo è. Per ora gli ho detto che mi trasferivo da un’amica.”
“Un’amica? Io sarei la tua amica. Don’t ask, don’t tell. Funziona così? Ipocrita.”
“Non è quello, è solo temporaneo, ci sto andando per gradi. Glielo diremo insieme.”
“ A tavola magari come in un film di Ozpetek. Vaffanculo Lilly, trovatene un’altra di amica!”
Si sente un gran fragore poi il telefono risuona occupato ed infine entra la segreteria. Forse è finita per sempre.
Di colpo il sonno è svanito. Farò ancora due passi. Trilla di nuovo il cellulare. Magari ti sei accorta d’esser stata troppo dura e vuoi chiedermi scusa. Non sei tu. Già, raramente torni indietro. Non conosco il numero e sono tentata di non rispondere. Continua a trillare. Rispondo.
“Pronto? Anna sei tu? Chi parla?”
“Sono Giacomo”
“Che cosa vuoi?”
“Solo dirti che ti amo ancora, che ho bisogno di vederti. Una volta.”
“Non puoi farci niente, non posso continuare con te.”
“Solo un’altra volta, ti prego! Sono all’Hotel Victoria, stanza ventisei.”
Forse spiegare a lui come stanno le cose mi aiuterebbe a sistemarle bene dentro di me.
“Arrivo, ma solo per parlare. Non metterti in testa strane idee.”
Sono davanti all’Hotel. Entro.
Mi ripeto: Io amo Anna. Chiarirmi con Giacomo mi renderà più forte.

E’ stata un’esperienza rivelatrice. La verità detta a voce alta mi ha reso libera. Invece Giacomo mi ha fatto pena. E’ questo effetto che fanno le parole d’amore quando non si amano più? Le parole del disamore fanno pena?
Devo telefonare ad Anna. Magari lei mi sta pensando e ci sta ripensando, mi sta perdonando.
Mi telefonerà lei se vorrà tanto domani dovrebbe tornare.
Allora perché sento un colpo secco all’imboccatura dello stomaco?
La rivedrò, ne sono sicura. Sono calma e provo a dormire. Allora perché sento che ne morirò stanotte?
Anna, tornerai domani. Così deve andare, tornerai e sarà tutto più chiaro, d’improvviso vedrò quanto sei bella con i capelli mossi dalla scia del vento, rivedrò quanto sei dolce quando cerchi il lucidalabbra nella borsa e frughi indignata come se non fosse il tuo quel disordine. Poi alzerai lo sguardo e mi vedrai e il dubbio scomparirà dalla mia mente e quest’angoscia che mi sbarra fissi gli occhi nel buio e mi accerchia d’occhiaie sarà un’altra storia.
So che sarà così, sento dentro di me la certezza che sentono solo gli innamorati. La lontananza ha giovato ad entrambe, troppo cariche l’una dell’altra da sprofondare nella neve fresca. Domani comprerò un quadro al mercatino di piazza Campetto, dove andammo al primo appuntamento e il suo posto sarà in camera da letto, testimone silenzioso della nostra unione.
Non potrà benedirci prete alcuno, né celebrare un vero rito nuziale ma ti farò più moglie d’ogni altra e farò in modo che il nostro sia il più bello dei mondi possibili.

Il tramonto alza in cielo i gabbiani, qui al porto di Genova. Tra poco sarai qui con il traghetto pieno di gente. So che andrà tutto bene. E’ la nostra vita e nessuno potrà mai guastarla.
Che strano mazzo di margherite tengo fra le mani! Ho l’impressione che tutti mi stiano a guardare,
o forse hai ragione tu, la gente non si cura affatto di noi. La gente passa e non si cura affatto di niente. Per me questo è il nostro primo vero appuntamento da fidanzate. Ecco: scorgo la corrente delle onde e la brezza sottile, quella dell’arrivo delle navi, ecco la sirena, ti vedo con il vestito azzurro sul ponte, non riuscirei a confonderti tra migliaia di sosia. Finalmente sei tornata, è andato tutto bene, mi sorridi e tra poco potrò riabbracciarti. Ti vedo defluire in un mare di folla che ora gremisce il pontile e riempie la banchina. Ti acciuffo dalla corrente. Sei mia.
“Ti abbraccio”.
“Carine le margherite, sono per me?
“Sì”
“Andiamo a casa?”
“Andiamo.”

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21 commenti »

  1. Un racconto travolgente, uno sguardo ad una società ancora intrappolata nel pregiudizio
    E nel timore di tutto ciò che appare diverso da quella che viene definita “normalita”.
    Un amore inaspettato,intenso e passionale vissuto in modo diverso dalle due
    Protagoniste; i vari tentativi di uscire allo scoperto e la paura del non essere accettate
    Contrapposta alla sicurezza di amare davvero un altra donna…un insieme di emozioni
    Che rendono il racconto estremamente attuale.
    Da leggere tutto d un fiato.

  2. Il ritmo serrato offre al lettore un amore sincero che vuole uscire allo scoperto. Ci sono ancora i pregiudizi e le gabbie sociali ma nel racconto la speranza di superare gli ostacoli è viva e incalzante. Un tenero desiderio che valica i confini, solca i mari e le brezze e le correnti per raggiungere l’obiettivo. Chiara Borghi racconta l’amore nonostante tutto

  3. L’autrice con mano leggera ha raccontato di un argomento quale la omosessualità senza pruriti sessisti ma con gli evidenti imbarazzi delle due protagoniste, l’una all’apparenza abbastanza disinibita, l’altra invece schiava dei pregiudizi della società.Chiara Borghi alla fine fa trionfare l’amore,per molti “non normale”, ma per le due donne, un amore vero,emozionante che nel tentativo di legalizzarlo,e di accettarlo nelle loro coscienze, avevano rinunciato ad abbandonarsi senza se e senza ma ad una vita insieme.

  4. Un racconto d’amore e sull’amore. Due donne, una lo specchio dell’altra; nel sottofondo l’incredulità, l’ostilità e l’intolleranza della società “normale”. Il racconto è sicuramente dalla parte delle donne e scritto dall’autrice con passione e positiva sensibilità femminile.

  5. Non è semplice trattare del dolore di una società misogina e iniqua, e non è facile parlare d’amore senza cadere nei cliché. L’autrice è riuscita invece a creare un buon meccanismo narrativo in cui ha presentato un intero universo popolato da personaggi realistici. La trama del racconto coincide precisamente con la vita degli attori che inscenano il dolore dato dal rifiuto, dal pregiudizio, dall’insicurezza.
    Il messaggio scorre forte e arriva chiaro senza inutili sbavature: nulla è semplice in una società chiusa in cubicoli aziendali, proclami da dittatura, ignoranza serpeggiante; niente è difficile come amare in questo stato.
    Eppure questo racconto non è un proclama politico o un manifesto ideologico: è uno specchio delle nostre vite.

  6. Fulminante racconto su un tema difficilissimo da trattare. Mi sembra che l’autrice ci sia riuscita con delicatezza e passione.

  7. Bel racconto, specchio di questa società dalle larghe vedute (a parole) e dagli stretti orizzonti (nei fatti). Delicato e appassionante, mi ha coinvolto fino alla fine. In un qualche modo fa il paio con il mio…

  8. Sul tema non dico niente, perché hanno già detto tutto e con tutti sono d’accordo.
    Lo stile è particolare e curato. Potendo, avrei sottolineato certo passaggi che rendono bellissimo il tuo racconto. Uno fra tutti, quel “poi sono stanca e sfumo a nero”.

  9. Che bel racconto Chiara. Bello l’ incipit a metà tra una canzone dei Pink Floyd ed una poesia di Saffo. Bello il ritmo dell’ ansia crescente che si placa, infine con la presenza dell’ altro che riporta tutto alla normalità.Perchè normalità è.

  10. Grazie a tutti per i bellissimi commenti al mio racconto. Ho cercato la leggerezza dell’amore dentro alle difficoltà di un modo omofobo. Speriamo che il futuro possa alleggerire ulteriormente la situazione.

  11. Quello che amo di più in Chiara è che non racconta quasi mai, ma mostra, indica e svela una realtà esistente, ma che per distrazione noi non vediamo.

  12. “Il più bello dei mondi possibili” Se il mondo di Anna e Lilly diventerà così, a dispetto di tutto e tutti, lo sarà solo per merito loro, per il loro desiderio di un amore normale, senza virgolette, senza sorrisetti di finta complicità degli altri.
    Grazie Chiara, per averci portato, con delicatezza e sensibilità, nella vita delle 2 ragazze, come in punta di piedi, per cercare di non disturbarle, mentre affrontano le loro difficoltà, in un mondo con ancora tanti, troppi passi da fare per essere “il più bello dei mondi possibili”.

  13. Bello bello questo racconto! tema interessante e molto attuale. Complimenti!

  14. Si sta per chiudere questa prima fase e non ho idea di come andrà a finire ma voglio comunque ringraziare chi ha trovato il tempo per leggere e commentare questo mio racconto. e spero che sia stato tempo speso bene.

  15. Bello! Non l’avevo ancora letto… una bellissima storia d’amore.

  16. Chiara,

    hai fatto risuonare di poesia l’ipocrisia del mondo che cerca di tarpare le ali al vero amore, costringendolo nell’etichettamento forzato delle relazioni eterosessuali..

    Ho apprezzato davvero tutto il testo (bello, originale, scritto in punta di una penna elegante e feconda), rimanendo di stucco per la tua capacità di esprimere sensazioni e manifestare prese di posizione per tramite del comportamento di personaggi.

    Ne è prova tangibile il passaggio, meraviglioso, in cui ti soffermi su Giuly, la signora che di mestiere pulisce case, evidenziando con fare sfumato il peso di una vita, la sua, costretta tra i vincoli degli obblighi che una società (sedicentemente) civile impone “al cittadino buono, bravo e ligio ai suoi canoni”: “eppure dovrebbe essere felice a mio avviso di far parte dell’esercito della maggioranza”.

    Dopo una frase così vera e ficcante – che, tra l’altro, sintetizza tutte le difficoltà che Anna si trova ad affrontare per svelare la propria natura ad un universo di perbenisti -, penso che non ci sia altro da aggiungere.

    Bravissima.

  17. Ovviamente nell’ultima frase non intendevo Anna, ma la protagonista.

    Sorry 🙂

  18. Una storia d’amore, raccontata molto bene, però c’è di più, ci sono le fragilità umane, ci sono i pregiudizi e soprattutto la paura. E’ bello leggere e sentire questo cuore che batte e che malgrado tutto si nutre di speranza, la più bella, l’amore supera ogni paura. Io ci credo, perché l’amore é amore e basta, le etichette sono inutili, superficiali, giudicanti e fanno tanto male.E, tutto questo Chiara lo trasmette meravigliosamente.

  19. Chiara, bello il tuo racconto. Non saprei che aggiungere a quanto già detto, soltanto che definire il normale e l’anormale è una responsabilità che non ci si dovrebbe prendere con leggerezza. Rendi leggibili tutti gli stati d’animo della protagonista, che sono tanti e contrastano con le certezze del mondo che la circonda… beato lui!

  20. Bellissimo racconto Chiara, costruito su una trama esile come il sentimento che la muove, ma con parole precise e potenti. Bellissima la poesia, veloce e tagliente come un diamante, appunto.

  21. Le storie d’amore sembra si somiglino tutte, in realtà ognuna è un universo a se stante dove è obbligo entrare in punta di piedi. Tu l’hai descritta davvero con la delicatezza che meritava!

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