Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2010 “Amor perdona” di Andrea Bonvicini

Categoria: Premio Racconti per Corti 2010

Una mano adulta, e quella di un bambino in essa. L’adulto gli torce un poco il polso. Gli risponde uno strattone, accanto al gomito il volto irato del bambino. Attraversano assieme la strada.

Allenta la presa appena e la mano si stacca subito da lui. La figura magra del figlio lo precede ora di qualche passo. Nella mente (in bianco e nero) il volto sudato della moglie, in sala parto. Un gemito: “Ecco che comincia già ad andarsene”.

Lui ha in mano due canne da pesca, retino e cesta per le esche. Camminano in un parco, lungo un canale, tra coppiette di innamorati, molti vecchi che si scaldano al sole sulle panchine, i tavolini del mercatino dell’usato. Un venditore li scruta indagatore. Prova a toccare la testa del figlio con la punta delle canne.

–Ehi, che fai, non abbocchi?

–Lasciami stare, lo sai che mi dà fastidio se mi tocchi i capelli.

–Non ti dava fastidio se lo faceva la mamma, però. E poi potresti prendere almeno la tua canna.

–La mamma non c’è più, e l’idea della pesca è tua, non me ne frega niente.

Sospira, scuote la testa.

[bianco e nero]La sera prima al tavolo, un piatto di bastoncini di pesce e piselli, il bimbo li tormenta con la forchetta ma non mangia.

–Lorenzo, mangia, dai!

–Non è pesce vero questo, sa di plastica.

–Il pesce vero costa, con il mio stipendio… –riflette un attimo –Pesce vero, ma certo! Lo sai da dove viene il canale che passa nel parco? C’è un lago più in là e lì ci sono pesci grandi così!

–E li prenderemo a mani nude immagino…

–Con le canne, domani ne compro due e andiamo a pescare. Vedrai, ci divertiremo.

Il ragazzino gli pianta gli occhi negli occhi, guardandolo da sotto in su.

–Tu non sei capace di pescare, non sei buono a nulla, non prenderemo mai niente!

–Ah no, dici? Te lo farò vedere io se non sono capace. Basta un po’ di volontà e di convinzione e si ottiene tutto. La vedremo, domani.

Il bimbo non abbassa lo sguardo.

Sono arrivati al laghetto. Il figlio arriva ingobbito, piegato su se stesso.

–Vieni qui, impara come si fa a pescare.

–Non ci penso nemmeno. Mi fanno schifo i pesci, sono viscidi, sembrano già morti.

–Smettila, volevi il pesce e adesso peschi con me. Obbedisci!

Il piccolo afferra la canna e la getta nell’acqua. Il padre alza una mano per uno schiaffo ma si trattenne. –No, non ti ho mai picchiato e non lo farò ora. Va’, va’ dove ti pare. Va’ al diavolo, se ti fa piacere, anche a me non frega niente di te! –gli urla in faccia –Io starò qui e pescherò, che ti piaccia o meno.

Gli gira le spalle, siede cupo sull’orlo del pontile, le gambe penzoloni fino a filo dell’acqua. Prepara l’esca e lancia. Tra sé: “Un pesce, e che pesce! Imparerà!”.

Un rombo cupo dell’acqua, quasi sotto i suoi piedi. Cala la nebbia [bianco e nero] il paesaggio si confonde nella sua mente con il volto ridente di lei.

Uno strattone secco della canna. Il pesce tira forte. Sul bordo di legno lui rischia di perdere l’equilibrio: solleva in alto la canna con una mano mentre si allunga a prendere il retino. La lenza scorre tra le dita: il filo sottile gli penetra nella carne. Grida chiamando il figlio, mentre il pesce salta e ricade nell’acqua. Tira con tutte le sue forze. Si sente un plof pesante e poi uno sciabottare. Si alza mentre il pesce si divincolava boccheggiante davanti a lui. Lo tiene per la lenza avvolta attorno alla mano insanguinata. Si volta per chiamare a sé il figlio ma c’è solo nebbia.

–Lorenzo! Dove sei Lorenzo?

Sul volto il sospetto, un presentimento. Corre fino all’inizio del molo. Con furia svolge la lenza e lascia cadere il pesce. Salta giù dal pontile e comincia a risalire il molo con ansia, chino sotto le assi di legno, continuando a chiamarlo. L’acqua ormai quasi fino alle spalle e una corrente che quasi lo trascina via. Si tiene ai grossi pali. Sotto il molo una gora nera che fa defluire le acque verso il canale: una grata chiude il passaggio, su di essa qualcosa come un ammasso di stracci, una macchia bianca. Lotta contro la corrente per raggiungerlo, cercando di non perdere l’appiglio. Con una mano si tiene aggrappato al pontile mentre prova ad afferrarlo. Urla: –E’ morto. Dio no, no!

Con le unghie afferra qualcosa, e con tutta la forza prova a trarlo a sé, un millimetro alla volta. Acqua, lotta, paura sul volto, l’acqua che lo spinge contro la grata: “Oddio, perdonami, oddio no, perdonami. No, piccolo, no! Ora, ora, avanti. Oddio, perdonami, oddio, perdonami, no!” Guadagna a fatica la sponda.

E’ sulla spiaggia viscida d’erba e d’acqua. Con le dita si tira su lungo la proda trascinando il corpo dietro di sé. –Lorenzo! Lorenzo, no! Dio no!– crolla disteso, con la faccia schiacciata a terra.

–Papà, papà che c’è? Che succede? Che fai lì?

Balza incredulo aggrappandosi alle gambe del figlio chino su di lui.

–Lorenzo, Lorenzo. Ma allora sei vivo! Oddio che spavento, Dio che terrore!– Lo stringe e lo bacia tutto, sul viso, sul petto e sulle braccia. –Papà, ma che succede? Papà, papà, fai piano, mi fai male.

Si alza barcollando. Si gira, dietro a loro solo un tronco, una forma vagamente umana, avvolto di stracci e alghe. –Pensavo che eri caduto in acqua, pensavo che eri morto, oddio non ci voglio neanche pensare. Ero sicuro che eri tu là sotto.

Raddrizza quasi ridendo il tronco. Svuotato di forze piange e ride. Lo mette davanti a loro: davvero pare un corpo piegato, quasi in ginocchio, proteso in avanti. Si intravede quasi un viso, sembra sorridente. Stanno in silenzio.

Il ragazzo: –Assomiglia alla mamma.

–Ti manca tanto, vero? Anche a me manca tanto, lo sai.

Piangono assieme, abbracciati.

Il piccolo implorante: –Adesso basta però. Adesso basta, portami via.

Prende per mano il padre e lo aiuta ad alzarsi, impiastricciandosi anche lui tutto di fango.

Si incamminano assieme. Dopo pochi passi si volgono a guardare. Da dietro il tronco sembra di nuovo solo un tronco.

Camminano assieme lungo il canale. Man mano la folla si infittisce e li guarda stupiti. Si fermano a guardare insieme i pesci che se ne stanno immobili nella corrente facendo resistenza con qualche colpo di pinna soltanto. Un’anatra dal collo verde e blu li guarda a lungo con un occhio giallo, divinamente ironico. Si allontanano, camminando vicini.

Loading

5 commenti »

  1. Contrasto padre figlio, ok. Risolto in maniera originale. Ottima la tensione, penso renderebbe bene con la velocità delle riprese di un film. Bravo!

  2. E’ il terzo che leggo di abonvi (mi sono stampata stamattina alcuni e ora sto commentando). Ti piacciono le storie tese, con vari strati di significato e segni lasciati qui e là. Interessante. Molto ben costruito.

  3. Graznde tensione. La sequenza dell’acqua-albero-morte mozza il fiato. ok

  4. Non facile. Buono

  5. Struggente sul tema padre-figlio (meno usuale che madre-figlio). Si intuisce un che di simbolico, non so

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.