Premio Racconti nella Rete 2017 “Futura” di Laura Calderini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017… nascerà e non avrà paura …
… e se è una femmina si chiamerà Futura
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«Ciao. Femmina?» disse indicando il fiocchetto rosa sul cappellino.
Eccolo lì, come tutti i neo genitori, a sbandierare quell’aria fiera e assurdamente stupita per aver generato un figlio. Ché una volta i bambini nascevano ed era naturale che fosse così; non ci si stupiva mica, non li si guardava come fossero vetri soffiati di Murano, pronti a rompersi al minimo tocco, e non li si considerava depositari di chissà quale virtù, unica e irripetibile, la cui preservazione abbisogna di cure e attenzioni particolarissime -guai a non farli sentire deus ex machina di vite che sembrano aspettare solo loro per poter andare avanti in forma compiuta-, e si crescevano con una maggiore concretezza e praticità; con un senso della vita molto più reale e realistico.
«Sì. Si è appena svegliata» risposero quei baffi sollevandosi alti sopra i denti.
«E come si chiama?» domanda assolutamente scontata, ma, alla sua età, e se ne compiaceva, riteneva di poter sfacciatamente rivolgere la parola, magari chiedendo, anche a chi non conosceva, cose che non le fossero di alcuna utilità e che in definitiva potessero non importarle per niente, o che potessero pur infastidire colui cui erano rivolte: pazienza!; era una sorta di diritto acquisito e dovutole, a controbilanciare quel senso di smarrimento per gli anni che inesorabilmente passano.
“A sessant’anni smetto di fare la persona seria”, chi lo disse? Ah si, Anna; beh io anticipo i tempi. Dunque, come si chiama?
Il giovane padre, audace, guardandosi intorno e dando una leggera scrollatina alla pupattola perché sfoderasse una di quelle smorfiette che tanto fanno impazzire gli adulti: «Futura» gorgogliò.
Improvvisamente, quell’esserino sfrontato, quasi a frugare dentro i pensieri biliosi che ciancolavano nel cervello della signora, assalita proprio in quel momento da una vampa malefica, ficcò, con un colpo secco, la serenità ridente dei suoi occhietti neri, svegli, quasi nervosi, dentro la sua anima, facendo rovinare i baluardi di un’acidità posta a guardia di un vecchio dolore.
Ehi quanto sei bella piccola, benvenuta nel coro delle donne.
Ché lei non ce l’aveva certo con quelle creature, anzi …e aveva una predilezione per le femmine, indubbiamente, e non ne faceva mistero, ma non riusciva a sopportare questi padri e queste madri che, ad un certo punto, spostano il baricentro della propria esistenza per seguire un percorso ellittico, innaturale, intorno al nuovo sole apparso all’orizzonte, accordandogli la loro incondizionata deferenza e ponendosi, spesso, irragionevolmente, alla sua completa disposizione, stando attenti a non imporsi mai con atti di negazione o di impedimento che potrebbero irritare una suscettibilità troppo sublimata.
Il groppo si arrampicò su con prepotenza, subdolo, dalla bocca dello stomaco, lungo l’esofago, su per i bronchi, la gola e non poteva ormai fermarlo intanto che, imbustando la spesa, stava mormorando, in verità a sé stessa ma rivolta al ragazzo solo perché se ne stava lì, anche piuttosto perplesso, difronte a quella strana donna: «Ma sai che proprio ieri, dopo tanto tempo, ho riascoltato alla radio la canzone di Dalla e quella frase, proprio quella … , pensa! -che strana combinazione- mi ha accompagnato per tutto il giorno?!», e lesta aveva girato il viso verso la cassiera a cercare una risposta da dare a un’inesistente domanda, per nascondere le lacrime in cui quel viluppo salato si stava sciogliendo, ché altrimenti l’avrebbe soffocata.
Quella frase, infatti, pur ascoltata e cantata decine di volte, quel giorno, toccate le corde di una nuova consapevolezza, le si era acquattata dentro, da qualche parte, per trovare il suo perché, che fosse il suo personale perché, che non fossero solo delle parole trascritte velocemente su un foglietto infilato nella tasca dei jeans.
«Tesoro andiamo che è tardi» la voce calda, rassicurante, materna di suo marito.
L’aveva guardato e di nuovo tutto era tornato al suo posto: lei, finalmente la figlia che non era mai stata; il sole al centro; il vetro di Murano.