Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “Un bicchiere di stranezze, biscotti e un gatto da accarezzare, grazie!” di Edoardo Mancini (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Era luglio, un freddissimo e gelido luglio come tanti; mi ero appena trasferito a Borgo Distante un piccolo paesino vicino a Chissà Dove, la capitale del Regno di Altrove che era situato tra i Monti Laggiù e le Colline Appena Più in Qua (dette C.A.P.Q. per fare prima). Non so per quale preciso motivo avessi deciso di cambiare domicilio, forse casa mia era troppo spaziosa e desideravo un posto più claustrofobico, o magari quella mattina mi ero svegliato con lo sghiribizzo d trasferirmi in un altro posto, lontano dalla cittadina di Poco Più In Là, dov’ero nato e cresciuto; fatto sta che, qualsiasi motivo mi avesse spinto a trasferirmi nel piccolo paesino di Borgo Distante, in poco tempo si era trasformato da un’idea distante a un inquietante punto fermo nella mia vita. Non riuscivo più a resisterle, ormai quando andavo al negozio dei miei amici procioni albini non chiedevo più un sarchiapone macchiato con gingerli freschi di allevamento, ma se potevano affittarmi una casa; alla fine, dopo l’ennesima notte passato a dormire (invece che a giocare a Ratatosch come ogni bravo cittadino) e a sognare un piccolo e claustrofobico appartamento, mi decisi: sarei andato a parlare col maggiore caporale Squinzi, per chiedergli l’affitto di una casetta nel paesucolo di Borgo Distante. Ed eccomi qua, con in mano uno stragonometro a onde lontane, che narro la storia del signor Brizzipaldi e del suo Bar Omeo. Quando per la prima volta incontrai il signor Baromeo Brizzipaldi stavo camminando in mezzo alla strada, guardando le macchine che si succedevano lente sul marciapiede, come piccole sfingnomatoneri muschiate. Ero uscito di casa di buon’ora, alle 39:75/10, avevo salutato l’ascensore, dato un croccantino ad Agenore il postino, che abbaiava come non mai, mi ero scusato dell’anticipo con il lampione, che mi aveva guardato diritto e mi ero avviato sulla strada opposta a quella del mio ufficio, quello della Gestione Finanze Truffaldine; tuttavia, mentre mi accingevo ad appropinquarmi, vidi un signore tarchiato con un viso incredibilmente poco azzurrognolo (chissà come lo prendevano in giro per quel suo colorito rosato) e dei vestiti bizzarri (indossava una specie di Strabzurg ma a maniche lunghe e con delle cose strane e rotonde che probabilmente servivano a chiuderlo) che sostava davanti ad un negozio con scritto sull’insegna “Bar da Marco, tutti i giovedì cappuccini gratis”. Ora: vi starete chiedendo, come me allora, cosa diamine sia un cappuccino, ma purtroppo devo ammettere che è un mistero che non sono riuscito a svelare, poiché il Bar è stato chiuso dal Comitato Per La Sopravvivenza Cittadini Innocui E Non (C.P.L.S.C.I.E.N.). Comunque, dopo quello strano incontro, mi diressi verso il mio bar preferito, il Bar One; purtroppo, per una sfortunata serie di eventi che comprendevano una lucertola muschiata albina e uno snargr ben cotto lo trovai chiuso. Non volendomi arrendere all’eventualità di non avere la possibilità di godermi il mio solito sarchiapone mi guardai intorno in cerca di un altro bar vedendo, in un vicolo vicino la scritta “Bar Omeo: sarchiapone tutti i giorni che volete (e anche quando non volete)”. Non mi sembrò vero e, dalla felicità, mi misi a ballare lo Gnarf, danza tradizionale di quelle parti; sempre pimpante per la felicità chiusi la porta ed entrai. La prima impressione fu che il bar, e il suo proprietario, fossero le persone più comuni e tradizionaliste di sempre: niente tavoli di mogano e pareti in legno, niente bottiglie dietro il bancone, lo stesso proprietario indossava il panciotto blu elettrico che andava di moda 35 ploritz fa. Vidi la gente che ordinava le cose meno strane che ci si posano aspettare: “un bicchiere di stranezze, biscotti e un gatto da accarezzare, grazie!” Sentii dire ad uno “un granello di polvere che può nascondere infinite possibilità” ordinò un altro, ed il proprietario (quello che poi scoprii essere Baromeo Brizzipaldi in persona), con una coordinazione incredibile per un uomo di quell’età (avrà avuto si e no 2734 spnurgaz), riusciva, non si sa come, a prendere tutte le ordinazioni, prepararle e infine consegnarle ai clienti addirittura prima che essi le ordinassero. Mi misi sdraiato sul bancone, aspettando docilmente il turno di ordinare, dopo pochi secondi, incredibilmente, mi venne servito un sarchiapone caldo macchiato con gingerli freschissimi, proprio come piace a me. Io guardai il proprietario sbalordito e, dopo aver fissato la mia ordinazione per una manciata di ploritz, gli chiesi come avesse fatto e lui, con un sorriso accondiscendente, mi rispose: ” ma come? Non lo sa? Questa è la caratteristica del mio bar, le ordinazioni arrivano sempre prima che il cliente le faccia, ma ora si sbrighi a fare questa ordinazione altrimenti non potrò averle portato il suo sarchiapone qualche secondo fa. Comunque io sono Baromeo Brizzipaldi, direttore, cameriere, fattorino nonché proprietario del bar in cui lei si trova adesso.” Io ordinai, ringraziai, e mi misi a chiacchierare del per e del diviso con il signor Baromeo, tanto per passare il tempo. Lui si dimostrò essere un uomo pieno di cultura e con cui si conversava facilmente, oltre che di ottima compagnia; dopo qualche ploritz passato a chiacchierare guardai l’orologio che avevo intorno al collo e, accortomi che ero anticipo, salutai frettolosamente Mister Brizzipaldi e, uscito dal bar, mi incamminai per la mia strada (probabilmente, essendo soprappensiero, mi ero incamminato per la strada di qualcun altro, infatti dopo qualche ploritz mi ritrovai lontano chilometri dalla mia direzione e con un incantevole cormorano appeso al braccio). Dopo quell’occasionale, fortuito evento che mi aveva condotto fino al signor Brizzipaldi il Bar Omeo divenne la sede fissa dove trascorrevo i miei pomeriggi, un po’ chiacchierando col socievole proprietario, un po’ gustando ottimi sarchiaponi macchiati; una di queste volte, però, notai che Mister Baromeo era preoccupato, angosciato addirittura. Gli chiesi con garbo che cosa avesse per due e lui cercò abilmente di schivare la domanda (questo la prima volta, la seconda cercò di corrompermi con un altro sarchiapone e, mio malgrado, devo ammettere che ci riuscì… furbo come un malapgrone quell’uomo). Da quel momento, per qualche strano motivo, ogni volta che mi recavo al Bar il signor Brizzipaldi era sempre più preoccupato, così tanto che una volta (probabilmente era al culmine dell’angoscia) mi portò il sarchiapone dopo che lo avevo ordinato. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso; lo presi per le spalle, lo sbattei al muro e gli intimai di confessare il misfatto. Lui, spaventato dalla mia immotivata ferocia, fece una faccia contrita e mi spiegò l’accaduto. Appresi allora come il capo di quella contrada, tale Generale Comandante Capo Bartimeno Paranucci, volesse espropriare una proprietà che di fatto non era di sua proprietà per farla diventare di sua proprietà e questa, per lui, era una priorità (ad oggi non abbiamo ancora capito a che cosa gli servisse quell’immagine e perché con così tanta urgenza); indovinate qual’era la proprietà vittima dell’esproprio? Esatto! Proprio quella di Agenore, il postino a cui avevo dato un croccantino all’inizio della storia, ve lo ricordate? No stavo scherzando, ovviamente la proprietà era quella del mio buon amico Baromeo che, essendo il bar la sua unica fonte di sostentamento, non sapeva più di cosa vivere e sopratutto di cosa far vivere la sorella, bloccata sulla sedia a rotelle dopo uno sfortunato incidente in mezzo alla strada con un pedone. Baromeo mi confidò anche che, chiesto aiuto alla sorella, lei gli rispose di andare a consultare il paragrafo 3 del ventesimo libro nel settimo scaffale sezione B; il mio simpatico amico mi aveva infatti spiegato come lui le chiedesse spesso aiuto ma lei gli rispondesse sempre con un libro. Dopo la spiegazione, durata molti ploritz, il povero signor Brizzipaldi si mise a piangere disperato, con la conseguenza spiacevole di bagnare irrimediabilmente il mio sarchiapone. Quando infine riuscii a consolarlo ci mettemmo, insieme agli altri avventori del bar, a cercare una soluzione a questo difficile problema che si prospettava all’orizzonte (l’esproprio infatti avrebbe avuto atto da lì a poco). Anche con delle menti sopraffine come le nostre ci vollero diversi ploritz per trovare una situazione vantaggiosa per tutti ma, infine, ci riuscimmo. La organizzammo in questo modo: Baromeo e sua sorella di sarebbero trasferiti a casa mia, mi avrebbero pagato l’affitto e il mio buon amico avrebbe portato avanti la sua attività nel locale si piedi del palazzo messo in vendita da una mia vecchia conoscenza (era infatti originario del mio paese natale, e si era trasferito pochi ploritz prima di me). Quanto a me avrei al più presto traslocato nel mio ufficio, che non distava molto dalla casa in cui attualmente risiedevo. Il problema era soltanto uno: chiunque fosse entrato nel mio ufficio avrebbe certamente notato una chiara mancanza di letto, comodino e cucina; eh già, ammetto che la mia situazione era assai precaria ma, per un amico, questo ed altro. Il caro Baromeo, dopo avermi baciato sulle guance diverse volte e avermi offerto sei o sette sarchiaponi per la gratitudine, cominciò il trasloco, aiutato da tutti gli avventori del bar e anche da qualche amico venuto da chissà dove (non la città, in questo caso lo uso come modo di dire). Ed è così che adesso consumo gratis al bar del mio amico (dal quale vado spesso in visita) e dormo su una scomoda sedia imbottita; potremmo chiudere questo racconto con qualcosa del genere: “larga è la foglia, stretta è la via, voi dite la vostra, io ho detto la mia” ma siccome mi suona banale e non adatto a un racconto di intrattenimento quale questo è preferisco concludere con un: arrivederci e al prossimo racconto.
A questo punto lo scrittore tolse le dita dai tasti della macchina da scrivere, si alzò lentamente dalla sedia sulla quale aveva passato le ultime ore, sbadigliò e si avviò verso la finestra per aprire le persiane, il suo ultimo racconto sulle avventure dell’investigatore Adebaldo Rubiconi, intitolato: “la vicenda del Bar Omeo” ancora sul tavolo

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2 commenti »

  1. Un fiume in piena, una canzone, una favola, una poesia. Difficile nella sua semplicità. Ben scritto.

  2. Non proprio da bambini, diciamo che appartiene a quella letteratura per bambini che in realtà apprezzano gli adulti, con tutti i nonsense e il mondo alla rovescia. E questo lo rende davvero gustoso. Mi è piaciuto un sacco

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