Premio Racconti nella Rete 2017 “Filarella” di Nina Quarenghi (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017C’era una volta una bambina che si chiamava Filarella perché di notte, mentre sognava, le crescevano dei fili colorati tra i capelli. Ogni mattina al suo risveglio Filarella tagliava i fili e li riponeva in uno scrigno che teneva sotto il letto. Quando diventò grande Filarella si intristì e smise di sognare e così finì l’incantesimo dei capelli filanti. Era triste perché non sapeva cosa fare della sua vita; l’unica cosa che le dava conforto era aprire la scatola segreta, prendere i fili e intrecciarli.
Un giorno, mentre passeggiava per il villaggio, vide un annuncio su una vetrina: “Cercasi apprendista sarto”. Entrò e vide un vecchio con una barba grigia e gli occhiali spessi, intento a tagliare con le forbici una tela dorata.
“Buongiorno” disse Filarella.
Il sarto non la guardò e non disse niente. Quando ebbe finito di tagliare il tessuto, alzò lo sguardo.
“Che cosa desidera?”.
“Vorrei fare l’apprendista sarto”.
“Ma tu sei una femmina”.
“Sì, però con le stoffe ci so fare”.
“E che sai fare, dimmi”.
“So intrecciare i fili e farne braccialetti, collane, tappetini e sciarpe”.
“Ah, mi sembra pochino, ma di lavoro ce n’è, quindi prenderò te per il momento, ma se combini dei guai te ne vai subito. Ora dimmi un’altra cosa: ti piacciono i vestiti?”.
“I vestiti mi piacciono da pazzi, ma non sono capace di farli”.
“Stai con me e imparerai”.
Così Filarella andò tutti i giorni dal sarto e ogni volta imparava qualcosa. Quando fu abbastanza brava, il vecchio le propose di fare un vestito tutto da sola. Filarella era felice e decise di fare un abito da strega.
Cominciò ad accumulare montagne di stoffe e le lasciò vicine per un po’, così che si scegliessero tra loro. Prese le stoffe che andavano più d’accordo e imbastì l’abito, con un filo bianco grezzo. Lavorava con la mente, le mani e il cuore e non si sa chi dava gli ordini e chi eseguiva, se il cuore, le mani o la mente. Mentre metteva insieme i pezzi, le venivano nuove idee su come continuare il vestito, come adornarlo, come sistemare una piega o una cucitura. In alcuni giorni i fili le scappavano di mano, non riusciva nemmeno ad infilarli negli aghi, le sembrava che non ce l’avrebbe mai fatta a finire l’opera; osservava il suo lavoro imperfetto e non era contenta; il sarto le restava accanto silenzioso. Altre volte invece riusciva a creare delle cuciture così belle, che rimaneva lei stessa stupita e allora anche il sarto sorrideva dietro la folta barba.
Un giorno Filarella mise l’ultimo punto e andò dal vecchio soddisfatta.
“Ho finito”.
“Ah”, disse lui e prese a ispezionare il vestito con una lente d’ingrandimento; lo voltò e rivoltò, lo osservò dentro e fuori e alla fine guardò Filarella con la faccia scura.
“Il tuo abito non è male, ma ci sono tantissime scorrettezze. Guarda qua, c’è addirittura un buco, e qui hai sovrapposto le stoffe e hai lasciato una gobbetta. E poi è molto pesante, prova a sentire anche tu. Come credi che lo possa usare una strega? La farebbe precipitare con tutta la scopa; ci hai messo troppa roba”.
Filarella aveva le lacrime agli occhi, così il sarto le prese una mano e disse:
“Non ho detto che è brutto, dico solo che non è finito. Ora comincia la parte più difficile, vieni con me”.
Il vecchio aprì una cassaforte, da cui estrasse un astuccio d’argento; lo porse alla ragazza: conteneva tante forbici di grandezze diverse. Prese la più piccola e le disse: “Per rifinire il tuo lavoro devi usare questa. E’ una forbice magica: ti guiderà lei, sta’ attenta che è molto affilata”.
Così Filarella, con il forbicino magico, cominciò a tagliare il suo abito; eliminò fronzoli e svolazzi, file e file di bottoni buoni solo a innervosire chi doveva allacciarli, perline a forma di luna e di stelle che avrebbero reso la strega troppo leziosa. Lavorò giorno e notte; qualche volta pianse per il dispiacere di tagliare le parti che aveva assemblato con tanta fatica; le lacrime allora caddero sul vestito e lo resero più morbido.
Ormai allo stremo delle forze, con le dita tagliuzzate e piene di cicatrici, Filarella portò il suo abito al sarto. Lo teneva sulle braccia tese, come fosse una persona addormentata.
Lui disse: “Indossalo”.
La ragazza andò nel camerino e infilò l’abito senza fatica: il tessuto scivolava sulla sua pelle e l’avvolgeva, confortevole come un abbraccio; il fruscio che provocava mentre si muoveva le dava piccoli brividi. Quando si voltò e vide la sua immagine allo specchio, si trovò magica. Uscì dal camerino; il sarto la vide e rimase con la bocca aperta, una piccola “o” nella sua barba grigia.
“Ora il tuo vestito è perfetto” disse “mettilo in vetrina”.
Una strega lo comprò dopo qualche minuto e se ne andò soddisfatta sulla sua scopa, diffondendo nel regno la fama della sarta Filarella.
Quanto a lei ebbe subito voglia di fare un altro abito, tutto diverso, magari da Principe Azzurro. Così si mise a immaginarlo e si addormentò felice, mentre dai suoi capelli uscivano i fili colorati di un nuovo sogno.
questo racconto è per bambini, ma anche per i grandi, in particolare per i grandi che scrivono (racconti, saggi, romanzi) e una volta che pensano di avere finito, in realtà devono rifinire rifinire rifinire rifinire….
Una favola delicata e una bella metafora.
grazie Valeria, anche lei ha scritto nella rete?
Meraviglioso nina, un bellissimo racconto sulle passioni ritrovate e sugli incontri di anime ( che non sono mai casuali).
Grazie Gloria per le belle parole!
Gran bella metafora della scrittura, ma anche di qualsiasi processo creativo. C’era un tizio tanto tempo fa che parlava di labor limae, nevvero?
Esatto! Grazie Raffaele
Cara Nina, è bello questo racconto a metà tra la favola e la metafora, dove il segreto della bellezza è nel saper togliere
e la fatica nel farlo rispecchia la difficoltà della sintesi.
Per bambini solo apparentemente. lo stile è sciolto,scorrevole e piacevolissimo.
Bravissima.
Grazie infinite Gianluca
Mi piace questa fiaba delicata che vuole invitarci ad essere rifinitori accurati di ciò che facciamo.Brava Filatelia!!!!
ops Filarella
Nina Filarella che bella fiaba hai scritto! Le cicatrici ed i tagliuzzi sulle mani passeranno e resterà la bella storia insieme ad un nuovo sogno. Sei proprio brava. Appena sara’ illustrato…lo voglio????
I punti interrogativi volevano essere esclamativi. Non so cosa è successo
Molto graziosa questa fiaba, Nina! Per me è un invito a non perdere la voglia di sognare, la spensieratezza dell’infanzia e la pazienza di portare a termine (e saper alleggerire…) anche i lavori più pesanti.
I fili colorati che crescono tra i capelli mentre Filarella sogna sono molto poetici!
Brava! Ci vuole davvero il libro illustrato…
Mi è piaciuta molto la fiaba di Filarella. C’è poesia, c’è dolcezza e soprattutto, secondo me, c’è la voglia di fare qualche cosa di buono di se stessi. Uno scopo che i grandi dovrebbero sempre tentare di trasferire ai piccoli, con il garbo e l’esperienza quando mancano le forbicine magiche. Che esistono veramente, se no come si fa a scrivere una bella storia e a limarla fino a renderla perfetta. 🙂
Quante cose ci sembravano perfette. Tagli es aggiustamenti non finiscono mai.
Bella fiaba Nina
Una bellissima storia, di quelle necessarie, che arricchiscono a qualsiasi età. Grazie!
Grazie a tutti, anche da parte di Filarella, tutta tagliuzzata da me, poverina…
Nina,
ti faccio pubblicamente le mie congratulazioni,in attesa di conoscerti di persona. Filarella è dolcissima, ma quella cimice mi stava simpatica! Un abbraccio <3
Congratulazioni! Più che ai bambini, questa favola la vedo indirizzata a noi grandi e agli artisti in particolare… credi di essere arrivato, e invece c’è ancora da sistemare. Ma con l’impegno e la costanza, il risultato arriva. Bene!
Complimenti Nina! Un racconto bellissimo che mi era sfuggito, magico perfino per gli adulti! Avrei premiato pure La perfezione non esiste ma…non potevi mica vincere tutto te! 😉 Complimenti ancora e spero di leggerti di nuovo!
Grazie Paola, Ombretta e Lidia. Ci vediamo a Lucca, che bello!!
Molto bello il tuo racconto Nina. È proprio vero che da grandi, spesso, si smette di sognare, ci si intristisce e finiscono gli incantesimi! Perciò é bello leggere, scrivere e lavorare con la fantasia.
Cara Nina,
sicuramente questo racconto è una bellissima metafora dei processi creativi, come hanno già scritto prima di me nei commenti. Ma una frase mi ha colpita in particolar modo, ed è proprio all’inizio: “Quando diventò grande Filarella si intristì e smise di sognare e così finì l’incantesimo dei capelli filanti.” Quando si cresce, c’è il rischio che i sogni si accartoccino su se stessi e si perda la bussola. Non si sa più cosa si vuole fare, si mettono da parte i desideri perché “fare lo scrittore/il cantante/il musicista/il ballerino sono solo fantasticherie infantili” e così ci si inaridisce. Smettono di crescere i fili colorati.
Invece, a volte, per ritrovare la strada, si dovrebbe imparare a ricordare cosa ci faceva star bene da bambini, prima che le leggi del mondo prendessero il sopravvento. Chissà che pian piano i fili colorati non ritornino a spuntare. <3
Grazie davvero per aver scritto questo racconto. Ci vediamo a Lucca!