Premio Racconti nella Rete 2010 “L’Uovo megalitico” di Manuela Daidone
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010A volte Gianni andava a fare i compiti da Elsa, la compagna di scuola che abitava nella casa accanto alla sua, sempre pronta, con la consueta raffinatezza di maniere che la caratterizzava, ad assecondare la vivacità, spesso incontenibile dell’amico.
Quel giorno però, per la prima volta, stranamente, Elsa aveva un’aria ritrosa e il viso tirato come se presagisse un pericolo. Così appena ebbero finito i compiti Gianni le chiese: – Che fine ha fatto il tuo buon umore? –. Elsa, con tono tristemente serio e lamentoso, rispose: – Domani ho un’audizione di canto e temo di non riuscire ad intonare una sola nota e di deludere i miei genitori – . Sicché Gianni, mostrandosi impaziente come chi ha una gran fretta di parlare, goffamente sbottò – Che sarà mai! Subito risolto! Ecco per te una favola! – e con decisione puntualizzò: – La condizione di Naam era certo più difficile della tua, musona! –. Concludendo quanto detto con una boccaccia; e, mentre nel viso di Elsa si formava un’espressione di sgomento e di offesa, Gianni proruppe:
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– Ascolta!
La gabbianella Naam non era bella. Aveva una grazia che la trasfigurava donandole qualcosa di magnetico, che solo a prima vista poteva essere scambiato con la bellezza pura.
Benché fosse esordiente, dimostrava già una certa abilità nel volo disegnando nel cielo figure geometriche dal significato oscuro.
Il suo verso, raramente udito, aveva in sé qualcosa di stridulo e di appena sguaiato che provocava vergogna in chi l’udiva, ed era tale da piegare le menti ad un ascolto catturato dalla malia esercitata dall’alternanza di suoni acuti e bassi, dall’effetto altalenante consolatorio e, tuttavia, straziante. Nel suo canto qualcosa di sgradevole quasi simultaneamente diventava piacevole e viceversa.
Era così gentile, delicata da indurre a ritenerla, con giudizio affrettato, del tutto fragile, in balia dei venti, qualunque intensità avessero.
Si poggiava sulle acque dei grandi fiumi, di spalle, contro corrente e si lasciava, per coraggio o per imprudenza, trasportare dagli andirivieni delle onde, forse ignara di essere sul filo di correnti subdolamente minacciose, sempre in bilico tra vita e morte, ad attirare come una calamita cose troppo belle per avverarsi o catastrofi che contrariamente con estrema rapidità potevano compiersi, indice di quanto poco coraggio si abbia nel credere che la felicità si possa e si debba concretizzare. E in queste situazioni era subito evidente, quanto facile fosse per gli uccelli avventarsi proprio su di lei, che trasudava modi gentili, come se ciò fosse troppo scandaloso da reputare cosa vera e bisognasse subito rasparlo via con gli artigli.
Strappata con furia rapace dal suo nido, per poco non divenne il pasto del suo rapitore, quando cadde nel nido dei suoi nuovi genitori che non l’accettarono del tutto. Così si impegnò a scorgere amore nei frammenti del nido e a rispondere allo sfregamento sempre un po’ maldestro del becco dei novelli genitori con il suo.
A volte il ricordo, la nostalgia dell’amore originario appena intravisto la induceva a cercare lo sfogo nel volo creativo con il quale non solo l’amore ma la vita e le sue innumerevoli sfaccettature sembravano appartenerle. In volo, si credeva capace di tutto, depositaria di una conoscenza misteriosa.
Era fortuna o forza ciò che spesso le permetteva semplicemente di essere sfiorata o di lasciarsi solo graffiare dai pericoli? A ogni modo, alcuni, non importa se fossero dalla sua parte o meno, avevano il sentore che in lei vi fosse un’insolita energia, una determinazione nel manifestare o perseguire ciò in cui credeva, da tenerla a debita distanza, come se potesse condurre a cambiamenti, forse, così positivi da essere intollerabili.
Un giorno spinta dalla tristezza derivante dall’essere stata dimenticata dai suoi amici, al solito cercò il volo e si ritrovò in una baia lacustre circondata da scuri e aguzzi scogli, quando venne accerchiata da esemplari della sua specie ma dall’aspetto alquanto losco che, avendone lodato il volo, le chiesero un’esibizione, ed ella danzò in volo per il suo pubblico. Appena si poggiò a terra, gli scellerati uccelli che l’accerchiavano osservandola con occhiate di stupore sinistro, iniziarono a compiere un oscuro rituale consistente in una danza sempre più frenetica, restringendo gradualmente il cerchio intorno alla malcapitata, scuotendo le ali con le punte piegate ad angolo in tutte le direzioni. Naam si sarebbe potuta salvare se si fosse affidata al suo volo, ma inspiegabilmente restò paralizzata, quasi essa stessa deliberatamente avesse deciso di confondersi con i suoi carnefici; tremava e nel tremare in preda alle visioni di un incubo, le scorrevano davanti agli occhi le immagini delle tante ingiustizie al centro delle quali era finita senza un perché, e sopraffatta, si ripiegò su sé stessa, mentre il cerchio si chiudeva su di lei che spariva.
Non si sa come sia scampata alla fine. Naam, a ogni modo, non avrebbe potuto fare ritorno tra i suoi, perché gli uccelli malvagi, non potendo renderla del tutto loro simile, si vendicarono vantandosi, presso la comunità di Naam, che ella deliberatamente aveva scelto di divenire l’uccello della notte pronto a compiere ogni indicibile bassezza. E così tutti i membri della comunità di Naam, sia quelli che l’apprezzavano, che quelli che la disprezzarono, si liberarono per sempre dalla minaccia della strana gentilezza di Naam.
Si risvegliò in un luogo molto arido, nel quale spirava un vento gelido e pungente che le attraversava il piccolo corpicino e le scompigliava ulteriormente le piume sciupate e sporche. Apriva appena e chiudeva debolmente i suoi occhietti che sembravano implorare la pace del sonno eterno, quando quel luogo fu attraversato dalla voce rassicurante e affabile di un uccello maturo: – Volare Volare in ogni situazione sempre Volare e vedrai che dopo esserti persa nella malvagità e nella solitudine, pur incontrando lungo il tuo cammino ancora malvagità e solitudine, aggrappandoti a queste parole Volare Volare non soccomberai. Ci rivedremo quando sarai pronta a confidare nel tuo volo, a scorrere come l’acqua in un ruscello in ogni situazione -. La voce tacque e le sembrò di intravedere l’immagine sfocata di un gabbiano di un bianco sfolgorante. Con voce flebile disse: – Chi sei? –. Il gabbiano rispose: – GBA: il Gabbiano dal Battito d’Ali – e con estrema dolcezza e rapidità accennò un sorriso e l’accarezzò con la sua ala leggermente monca che pure riluceva più dell’altra del tutto integra e volò producendo con il movimento delle ali un ritmo che fece cadere Naam in un sonno ristoratore.
Quando Naam si risvegliò giaceva sdraiata in un piccolo giaciglio all’interno di un nido a forma di capanna. La prima immagine vivida che le si parò dinanzi, appena aperti gli occhi, dopo il lungo sonno, fu quella di una gabbianotta un po’ attempata con due lenti appiccicate agli occhi che con cura ne scrutava ogni singolo moto e che teneva tra le ali una bevanda fumante. – Bevi – disse la gabbianotta e aggiunse: – Sono VLI: “Volo che Lega all’Ignoto”, benvenuta Naam: “Nuove Ali per Attraversare il Mare”. Ho il compito di condurti per queste terre aride dove si nascondono e scorrono solo piccoli rivoli d’acqua, imparerai ad affrontare la paura di essere visibile rivestendoti di questo velo scuro che per le proprietà mimetiche con i vari elementi della natura ti renderà invisibile – .
Difatti Naam non era più in grado di volare da sé ad alta quota, la paura la legava al suolo come un macigno, ma appena indossava il velo le sembrava con la fantasia di essere ancora nei cieli della sua terra. Tutto ciò si prolungò per lungo tempo. Il volo nascosto sembrava averle ridato la fiducia in se stessa. Ma, non del tutto nel suo volo, perché, una volta scostato di poco il velo, precipitava al suolo con il pericolo di sfracellarsi, se non si ricopriva.
Ella era in grado di volare solo a bassa quota e ciò le aveva permesso di sviluppare il doppio del volo nascosto, un volo nuovo, ma altrettanto segreto che l’aveva legata alla terra, ai suoi dolci declivi e ai suoi recessi più profondi e nascosti. Era come se una strana necessità, pur di volare, le imponesse di sondare, in condizioni disagevoli, aspetti mai esplorati del volo che, però, comportavano un grande dispendio di forze. Il doppio del volo nascosto era il sintomo di come l’animo provato per far nascere in sé la fiducia nella vita nella quale si dispera, possa attraverso il virtuosismo di pratiche nelle quali si crede scorgere un’ancora di salvezza afferrata la quale, forse, ci si possa sentire approdati, al sicuro. Sviluppò una tale maestria in quel tipo di volo frenetico, che alternava movimenti lenti e veloci, che a vederla si avrebbe dubitato di avere assistito a un’esibizione reale o a una visione.
VLI un giorno capì che era giunto il tempo che si compisse il segreto nascosto nel nome di Naam. – É giunto il tempo di attraversare il mare – disse VLI con voce perentoria, – adesso sei pronta a volare ad alta quota, senza il velo. Non desterai troppo l’attenzione, sarai solo intravista! – .
Naam non si credeva ancora pronta, eppure, appena spiccato il volo con qualche incertezza, le risuonarono in testa queste parole: Volare Volare, e riuscì a concentrarsi nel volo, attraversando il mare in un lasso di tempo del quale non seppe determinare la durata: tale era la concentrazione nel volo! Ma portò con sé in una borsina il velo magico, per ogni evenienza!
VLI, che volava insieme a Naam, senza che ella se ne accorgesse, a poco a poco, invertì il volo per ritornare in quella terra desolata che pure tanto aveva dato a Naam sulla necessità di volare in ogni condizione! E, mentre si allontanava, purché le sue parole fossero il secondo pensiero di Naam oltre al volare, reiterava: – Il volo è figlio del mistero, nessuno ci può privare di esso se non lo permettiamo! Il volo è figlio del mistero, non solo il cielo e la terra ma anche ciò che sta in mezzo il mare, il coraggio dell’agire, le molteplici sfaccettature del volo ti appartengono, Naam! –
Naam, appena giunta nei pressi della terra ferma, avendo udito il richiamo dei suoi simili, si lasciò confondere e iniziò a precipitare; e solo prima di toccar terra riuscì a riacquistare quel po’ di controllo che le permise di non schiantarsi.
GBA sfolgorante e imponente la sovrastava dall’alto mentre Naam giaceva ancora riversa per terra e dolorante. Rivolse la testa verso l’alto e lo riconobbe: – Tu esisti? – disse con voce incredula e tremante, e GBA con un sorriso bonariamente beffardo: – Lo spero bene, e per molto tempo ancora! –. L’aiutò a rialzarsi e aggiunse: – Sei giunta in tempo nel giorno prestabilito per le celebrazioni del rito! – . E in un attimo la spiaggia si popolò di gabbiani. Gba fece emergere stelle marine volanti che, spesso, servivano ai gabbiani perché si lasciassero trasportare dove più desideravano, e aiutò Naam a salire sulla sua. Gba volò sulla stella a pelo d’acqua insieme agli altri e si radunò con loro in un luogo in cui ci si augura tutto il bene per i giorni a venire. Scesi dalle stelle, attraversarono una gola incassata tra pareti molto ripide e scavata in una roccia dalle striature colorate, giungendo nel punto in cui la gola assumeva forma circolare per accogliere nel suo centro un grande oggetto ovoidale. Era il solenne Uovo Megalitico, dinanzi al quale si compiva di anno in anno il rito della vita che rinasce ogni istante in ogni essere. GBA si rivolse a Naam: – Prendi parte con i tuoi simili al rituale e dà seguito al tuo modo unico di dargli forma! –
I gabbiani una volta postisi in cima all’Uovo si lasciavano scivolare sulla superficie liscia: per ricordare di cedere ai cambiamenti della vita; e prima di toccar terra spiccavano il volo: per ricordare che, a un certo punto, è necessaria la volontà per trarre il meglio da quei cambiamenti che cerchiamo o che si impongono, nel bene o nel male, a noi stessi, rigenerando la vita. Ma Naam scivolò rovinosamente dall’Uovo e cadde per terra prima di spiccare il volo. GBA le si avvicinò: – Naam, Naam, affronta la paura perché solo ora puoi spiccare il volo con più forza e decisione! Toccare il fondo è importante solo se motiva di più ad affrontare il volo ecco il tuo modo unico nel rituale. Puoi farcela anche tu come tutti! – . E così Naam riuscì sia pur con sforzo a riprendere il volo, mentre GBA concludeva dicendo: – Un giorno riuscirai e il ricordo della caduta ti renderà più felice! – .
Quindi cadde polvere di perle, segno di protezione divina, ma per un attimo tutti scomparvero e fu una gran risata!
GBA si accorse che un lembo del velo magico sporgeva da un angolo della borsina di di Naam e facendo cenno con gli occhi, perché Naam se ne accorgesse, con l’espressione di chi vuole intendere il contrario, disse
– Credi di averne ancora bisogno? – e Naam singhiozzante – Si disse che io non ho niente dentro e fuori di me e il velo divenne il mio deserto. –
GBA le tolse il velo e la baciò. Naam con voce vibrante e lieve – Questo è amore?. GBA non rispose alla domanda ma disse – Il volo è figlio del mistero, non solo il cielo e la terra ma anche ciò che sta in mezzo, il mare, il coraggio dell’agire, le molteplici sfaccettature del volo ti appartengono Naam! Puoi tutto, sei parte di Tutto, a modo tuo, senza velo –
Naam lo accarezzò e volò tra cielo e terra, mescolandosi coi colori – .
Gianni, appena ebbe finito, raccolti i libri sul tavolo, si diresse verso la porta con aria baldanzosa e fischiettando, per poi voltarsi un’ultima volta in direzione di Elsa che lo osservava con due occhietti ridenti, e con tono da burlone disse – Cantare, cantare! -. Pronunciate queste parole, Gianni fece un inchino, si voltò verso la porta e se la chiuse alle spalle.
Elsa superò l’audizione, ma non con il massimo dei voti. Ad ogni modo fu fiera del suo coraggio e di aver difeso il proprio sogno.
“Toccare il fondo è importante solo se motiva di più ad affrontare il volo”…
Sì, ritrovo in queste parole di questo bellissmo, toccante, intenso racconto il fondamento della Vita stessa: toccare il fondo per poter risalire… e ritrovare in quella caduta la spinta a comprendere a quale Progetto appartenimo realmente, un progetto che forse (in certi casi sicuramente) non è stato affatto compreso dalle persone che ci hanno circondato nella vita, e che anzi l’hanno calpestato, ma che riaffiora in continuazione, ancora e ancora, attraverso persone che fanno da strumento per riportarci al senso di tutto, a una spiegazione altrimenti inafferrabile…
Abbiamo bisogno gli uni degli altri, abbiamo bisogno di astri sotto questo cielo……
In mezzo alla fanghiglia c’è pur sempre qualche lumicino, dalla luce fioca magari – perché non vuol farsi notare, non vuole apparire…- ma che contribuisce a rischiarare il nuovo giorno che verrà, il giorno in cui tutto questo sarà solo un ricordo, un segno pur sempre indelebile della propria vita, ma che servirà a far apprezzare quello che sarà… aiutando poi, un giorno, altri gabbiani in volo a rialzarsi dalle proprie cadute libere e a riprendere forza…
… proprio come ha concluso il gabbiano del racconto: “Un giorno riuscirai e il ricordo della caduta ti renderà più felice!”…
Naam è l’emblema di una creatura che fa i conti con l’assurdità della vita, che la porta ad essere esclusa solo per l’inflessione della voce o perché se
ne percepisce la forza, per altro per nulla minatoria e che si salva a volte per mera fortuna.
Naam accetta il suo deserto: la necessità di dover vivere o volare con dignità in una condizione difficile che ad ogni modo, come una dura palestra, rafforzerà il suo volo, così da poter indurla a dosare l’abbandono e la volontà in ogni situazione, in modo da non lasciarsi sopraffare e trarre il meglio nel bene e nel male dal vissuto.
Inoltre Naam è l’emblema di come sia importante perseguire una passione anche se non si è perfetti o magari si viene sottovalutati, e di quanto sia importante aggrapparsi ad essa per salvarsi. È un personaggio comune che diventa un’eroina perché costretta a prove difficili, riesce a superarle.
Dunque per Elsa Naam è un paradigma nelle cui vicissitudini negative forse scorge i segni di un probabile riscatto, di una crescita che non può prescindere dall’accettazione degli ostacoli, degli impedimenti, perché anch’essi sia che ci allontanino dalla strada intrapresa sia che ci spingano ad intraprenderla con maggiore decisione rappresentano qualcosa di ineluttabile che per debolezza o per forza, da parte nostra, ci inducono a dare una svolta alla nostra vita che reca con sé sempre la promessa di una rinascita.
Così Elsa va incontro alla prova per perseguire il suo sogno, nonostante le voci contrastanti che dentro e fuori di lei a torto o a ragione, poco importa, la imbrigliano bloccandola e, anche se forse non riesce a dare il massimo, di certo darà il meglio di sé in una situazione difficile, perché lottare permette di riportare con sé sempre, pur perdendo, un piccolo grande trofeo: la speranza che il coraggio di saper vedere la luce nelle tenebre più fitte si converta in forza che torni utile in seguito.
Un racconto intenso, profondo, ricco di significati. La vita è una strada tortuosa, quasi sempre in salita, ma, fortunatamente, non mancano momenti in cui è possibile godersi una piacevolissima e rilassante discesa. Stile sobrio ed elegante, con dettagliata descrizione dei particolari. Brava!
Come al commento fatto al racconto precedente ribadisco la mia infinita gratitudime per il tuo apprezzamento!
Grazie Corrado Giusti! E complimenti per il tuo racconto!
Manuela
Un racconto intenso e poetico scritto con grazia e leggerezza. Mi è piaciuto. Elio Rogati
Grazie infinite all’autore Elio Rogati. L’apprezzamento fa bene all’anima :))!! E ancora vivissimi complimenti per i tuoi racconti!
Manuela