Premio Racconti nella Rete 2017 “Gocciole” di Chiara Tencati
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Quest’anno sono partiti loro tre, in santa pace dice il papà guidando, il villaggio ha quattro stelle ripete la mamma alla sua destra. Alle sei di mattina sono in macchina e quindi arrivano puntuali prima di pranzo. Imboccano il vialetto alla ricerca del mini-appartamento, il ghiaino entra nelle fessure dei sandali di Vittorio.
È importante lasciare le scie in caso di emergenza.
Comincia a pattinare.
“Alza. Quei. Piedi.”
Fine. Del. Divertimento.
Il papà è carico di borsoni, la mamma lo anticipa correndo su e giù dai marciapiedi.
“È di là?”
“No, qui c’è il tabacchino!”
“Che lettera c’è lì? Da che numero partono?”
“B-16!”
Colpito, affondato.
Improvvisamente spunta ciò che più di tutto lo attendeva: l’acqua azzurra, che più azzurro di così non si può, proprio come nella foto del depliant.
“Le piscine!”. Tende il braccio, corre verso il parapetto.
Olimpiadi di Rio de Janeiro, medaglia d’oro, ultimo sforzo… Yeeee! La folla è impazzita.
Si volta e li vede in cima alla collinetta di sinistra, gli urlano “Spicciati!”. La mamma lo aspetta, la raggiunge, ma comincia a sudare, suda come succede ai bambini. Non come i grandi, un po’ per volta a partire da sotto le braccia, ma di colpo, tutto il corpo insieme, anche capelli, pancia e ginocchia. A dire la verità un po’ si sforza di sudare, rincorrendo il pretesto per fare un tuffo subito.
In camera si danno una rinfrescata, Vittorio chiede di poter mettere direttamente il costume, sotto.
Mentre il papà riposa la mamma disfa le valigie, appende i vestiti negli armadi, sistema i costumi e la biancheria nei cassetti, lo fa prima in una stanza e poi fa lo stesso nell’altra. Lui aiuta la mamma, si sforza di essere preciso come lei in modo da non venire escluso da quell’improvvisata catena di montaggio e poter ottimizzare i tempi e andare presto in piscina, come avevano promesso. Le scarpe nel mobile all’ingresso, gli asciugamani in bagno.
Bisogna aspettare almeno fino alle quattro.
Quando papà si sveglia dal pisolo è ancora molto caldo.
Con questo sole ci cuociamo è meglio se andiamo in paese con le biciclette a fare un po’ di spesa.
Al supermarket del villaggio comprano acqua.
Da tenere sempre in frigo.
Camomilla e due limoni.
Magari si mangia pesante.
Cracker.
Per sicurezza.
Riesce a convincere la mamma a prendere pure i biscotti con le gocce di cioccolato.
Gli originali costano una follia, rincarano sempre in questi posti turistici.
Al bar, dove il papà si è fermato a vedere la partita, si siedono. La voglia di assaggiare un biscotto lo segue dal supermercato, immutata come sempre, ma in quel momento la mamma esce, in una mano regge un caffè e nell’altra sventola un ghiacciolo. Al limone.
Così ti rinfreschi.
Dalla sedia del bar i suoi piedi penzolano e si muovono freneticamente.
Fino alla fine della partita.
“L’hai portata la cuffia?”
Così si ricordano della promessa. La piscina me l’hanno promessa.
Riconsegnano le biciclette, quando finalmente tutto è stato messo nel posto giusto sono le sei.
“Il regolamento dice che non si può andare in piscina dopo le sei e mezza.”
Per così poco tempo non ne vale la pena.
Doccia. Forse al ristorante danno già qualcosa da stuzzicare.
La cena procede lentamente. Dalla terrazza del ristorante li vede.
Qualche bambino sta ancora facendo il bagno in piscina.
Chiede alla mamma un biscottino del dopocena, lei con imbarazzo li estrae dalla borsa, apre il pacco, li appoggia sul tavolo.
“Uno solo.”
Il papà afferra con lentezza il pacco appena aperto, si alza dalla sedia mentre i loro quattro occhi allibiti lo seguono con terrore, si avvia verso il cestino più vicino e butta il pacco. Poi torna a sedersi.
Ci staranno guardando tutti.
“Si mangia quello che c’è”.
Alla baby-dance arriva per primo, ma non gli va di stare. I bambini eleganti ballano scatenati a bordo piscina.
Non è tardi ma siamo in piedi dall’alba, andiamo a dormire.
Beve un bicchiere di latte sul divano-letto.
“Buonanotte tesoro”.
Metto il costume al posto del pigiama.
Si addormenta con un unico pensiero.
Non è giusto.
Chiude gli occhi, non vede l’ora che sia mattina.
Nel bel mezzo della notte un’idea lo sveglia. Dalla finestra sente il rumore del ricambio dell’acqua in piscina. Quindi si alza incerto, poi prende coraggio, afferra la cuffia e socchiude il portoncino.
Un tuffo e torno, nessuno se ne accorgerà. Anche se ho cenato, perché non è vero che è pericoloso, ho visto altri bambini fare tuffi a bomba con in bocca ancora l’ultimo boccone di merenda.
I cancelli che delimitano la piscina hanno il lucchetto, chiuso.
Io adesso vado al mare.
Ha sentito al bazar che è vicino.
Faccio il bagno lì.
Passando davanti al parcheggio esce dal villaggio, la strada è vuota. L’omino arancione del semaforo lampeggia, incerto sul da farsi guarda prima a destra e poi a sinistra, più volte, e attraversa. L’asfalto diventa sabbia, fresca. Avevano ragione, il mare è vicinissimo. Prima lo sente, poi finalmente lo vede, accelera, un po’ di paura cresce.
Il latte è difficile da digerire.
Ma è troppa la voglia di fare il bagno, mettendo testa, orecchie comprese, sotto.
Poi le asciugo bene, con la maglietta. Magari è uno di quei mari con i pesci che si lasciano catturare.
Si tuffa.
Melma schifosa colante tra le mani, è il mostro lancia melma, è lo squalo-uomo che terrorizza tutti, è il morto per finta, tutti lo vedono dall’alto e lo credono un morto per davvero, già sente le sirene degli elicotteri della polizia che danno l’allarme al comando più vicino, e lui invece è vivo, e ora si trasforma in un bagnino, deve salvare la vita a tutte le conchiglie sul fondale e metterle al riparo dall’epidemia del virus mortale.
Esce dall’acqua, è stravolto ma soddisfatto. Il sole comincia a spuntare dall’orizzonte, ha poco tempo, si siede sulle piastre per pulirsi dalla sabbia, poi appallottola la maglietta, la infila sotto la testa e, chissà perché, si sdraia.
Si sveglia in braccio al papà. I suoi passi sono veloci e decisi, nonostante la sabbia. Dietro di loro li segue, tra gocciole di lacrime, la mamma. Dalla sua borsa spunta un pacco di biscotti.
I più buoni, quelli originali.
Racconto molto piacevole, soprattutto per le fantasie infantili.
Grazie Mariangela, mi piace così tanto scrivere di fantasie infantili
Un racconto dal ritmo incalzante, divertente da leggere ma che fa anche riflettere.
Grazie Vincenzo, sapessi quanto mi sono divertita ad origliare questa storia che in parte è accaduta per davvero, almeno per ognuno di noi
veramente bello: in pochi tratti, tutti ad altezza bambino, la Tencani ci fornisce il brillante ritratto di una solitudine: il bambino protagonista è trasparente, come l’acqua della piscina che tanto agogna, e per quanto provi a farsi notare, viene sempre frustrato. Fino al drammatico gesto di ribellione finale. bava!
Il tuo “minchia di” commento mi è particolarmente caro, grazie Art