Premio Racconti nella Rete 2017 “Loris” di Giovanni Benedetti
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017L’aereo era in ritardo di due ore. Ogni tanto guardavo il tabellone luminoso, forse in cerca dei motivi che mi avevano spinto a rispondergli di sì. Ma l’unica spiegazione che mi veniva in mente era un possibile attacco di febbre. O un malinteso. Oppure che fossi più pirla di quanto avessi sempre creduto.
Appoggiai il giornale sulla poltroncina accanto alla mia proprio mentre l’altoparlante annunciava l’arrivo del suo volo.
Lo riconobbi subito: stava parlando con una hostess dai capelli rossi, molto carina e alta il doppio di lui. Mi venne da sorridere, il lupo perde il pelo… Mi salutò da lontano, mi venne incontro per abbracciarmi e a tradimento mi dette una strizzata alle palle che mi lasciò senza fiato. Ecco, pensai, è proprio lui. Lo scostai con uno spintone che voleva essere deciso. “Loris, non cominciare a fare l’imbecille come al solito!”
Ma lui non diede importanza alle mie parole e mi schioccò due baci sulle guance. “Jennifer, questo è il mio grande amico Nicola!”. La rossina mi porse timidamente la mano e mi accorsi che aveva due occhi celesti talmente chiari che sembravano finti. Sicuramente un’irlandese, o una scozzese.
Usciti dall’aeroporto, i due si baciarono teneramente e lei se ne andò. “Chi è, la tua ragazza?”
“La mia ragazza? Ahahah, Nicola! Mi fai morire! L’ho conosciuta un’ora fa!”
Nel tragitto da Pisa a Viareggio, Loris non smise un minuto di parlare. Non capii quasi nulla, ma rimasi col dubbio che in questi tre anni lontano dall’Italia avesse aperto un’agenzia di viaggi a Londra, fosse diventato amico intimo e consulente di David Gilmour, gestisse un pub esclusivo a Mont Saint-Michel, importasse arance dalla Spagna all’Olanda e fosse socio di una piccola compagnia aerea vicino a Parigi.
Parcheggiai sotto casa dei suoi zii e lo salutai mentre stava finendomi di raccontare come fosse redditizio il mercato dei pannelli solari in Lussemburgo.
La mattina dopo era lunedì e, dopo aver riflettuto un attimo sulla pochezza e la banalità della mia vita, mi diressi come di consueto verso l’agenzia di assicurazioni dove lavoravo. Mentre stavo spiegando a un cliente che aveva fatto il pieno di benzina in una macchina diesel che il danno non era configurabile come responsabilità civile, sentii suonare il cellulare. Strano, nessuno mi chiamava mai in orario di ufficio.
“Nicola, dovresti venire subito alla questura per chiarire un malinteso, grazie”
Non feci in tempo a chiedere spiegazioni perché Loris aveva già messo giù. Mentre il cliente (anzi, ex cliente), se ne andava imbufalito giurando che non avrebbe più fatto una polizza con noi, presi le chiavi della macchina e mi avviai alla questura, luogo che in ventinove banali anni di esistenza non avevo mai avuto occasione di visitare.
Fu difficile e imbarazzante spiegare nell’ordine che 1) no signor maresciallo, il mio amico non voleva dire che lei è un figlio di puttana, sa, lui non vive più in Italia da un sacco di tempo e certi modi di dire all’estero hanno tutto un altro significato. 2) come può pensare signor maresciallo che il qui presente Sig. Loris dicesse sul serio quando affermava che “a Marsiglia conosce un tale che se gli dice due parole qui fate tutti una brutta fine”? Era evidentemente stravolto dalla stanchezza e dal fuso orario, e 3) ma via signor maresciallo, cosa vuol dire che le risulta un conto non pagato di duemila euro al Grand Hotel Principe di Piemonte per vini e champagne, si tratta sicuramente di un malinteso!
Il maresciallo non mi parve del tutto convinto ma alla fine ci lasciò andare. D’altronde, pensai, in Italia per trattenere qualcuno in questura spesso non è sufficiente nemmeno un triplice omicidio, figuriamoci bagatelle come questa.
Loris mi ringraziò e mi disse che per lui ero come un fratello, che presto quel maresciallo avrebbe contato le pecore sul Gennargentu, che le cose non erano andate affatto così, che era incredibile come certe persone riescano a ribaltare la realtà, e che aveva bisogno che lo ospitassi in casa mia per qualche giorno.
A questa richiesta fui irremovibile: era impossibile, l’appartamento era piccolo, il padrone di casa era assolutamente contrario, insomma, mi dispiaceva tanto ma avrebbe dovuto organizzarsi diversamente.
Loris si sistemò in soggiorno, gli diedi un paio di coperte per il divano, e rimanemmo fino a notte tarda a rievocare i bei tempi della nostra adolescenza. Praticamente eravamo cresciuti insieme e di episodi di cui parlare ce n’erano a centinaia. Come quella volta che, a quindici anni, uscimmo dal porto con una barchetta a remi per arrivare allo yacht della sua fidanzatina dell’epoca. O quella volta che ci sperdemmo sulle Alpi Apuane e ci ritrovarono i soccorsi a notte fonda. Ma l’episodio che ricordavamo entrambi con più allegria era il capodanno imbucati a una festa a Forte dei Marmi, dove ci ubriacammo e ci divertimmo con belle ragazze sconosciute. Se proprio vogliamo essere pignoli, per quanto mi riguarda mi limitai a ubriacarmi.
La mattina dopo stavo cercando di convincere un idraulico in tuta blu sbrindellata a sottoscrivere un fondo d’investimento, quando mi arrivò un messaggio sibillino da parte del mio padrone di casa: “Che succede in casa tua? Strani odori e traffico intenso”. Il solito rompicoglioni, pensai, a casa mia non c’è nessuno, o al massimo Loris che dorme; si sarà sbagliato con l’appartamento accanto. Comunque nell’intervallo di pranzo faccio un salto a controllare, decisi, mentre l’idraulico, finalmente convinto, tirò fuori dalle tasche decine di banconote da 50 euro unte e spiegazzate, per una cifra che io non mi sognavo di guadagnare in un anno di lavoro.
Nel giro di cinque secondi realizzai che il mio padrone di casa non si era affatto sbagliato e che il pranzo me lo potevo scordare. Non ebbi difficoltà a riconoscere dal pianerottolo gli “strani odori”. D’altronde solo un perfetto pirla come me poteva pensare che Loris avesse cambiato vita, che l’età e il nuovo ambiente l’avessero maturato. Entrai in casa con un diavolo per capello ma la mia rabbia andò a scontrarsi con due enormi tette che facevano capolino dal divano, seguite a breve distanza dalla legittima proprietaria che a prima vista sembrava tutto fuorché lucida e capace di intendere e di volere. Anche se arrabbiato, dovetti riconoscere la buona qualità dello spettacolo e probabilmente ero parecchio distratto perché mi imbattei in due gambe di cui non avevo notato l’esistenza finché non andai a inciamparvi contro, finendo lungo disteso sul padrone delle gambe stesse, che mi accolse con un abbraccio fraterno, un alito di birra scura e una serie di esclamazioni in tedesco. Evidentemente le cose che diceva erano divertenti, perché la nudista dietro il divano scoppiò in risate irrefrenabili. Forse fu il nervoso, forse la disperazione, forse la fame o l’odore di hashish che saturava l’aria, ma non seppi reagire in altro modo che mettermi a ridere anch’io. E fu in quel momento che Loris, uscendo dal bagno in mutande, urlò con gioia: “Nicola! Friedrich! Vedo che avete già fatto amicizia!”
Quel pomeriggio non tornai in agenzia perché troppo affaccendato in attività di routine come spalancare tutte le finestre per mandar via gli strani odori, spiegare a Friedrich che non era che non mi piacesse ma assolutamente non volevo avere una storia con lui, convincere Julia che sì, le sue tette erano bellissime ma non era il caso di uscire in strada senza coprirle, prestare a Loris i cento euro necessari per pagare il fumo già fumato (me li avrebbe resi sicuramente entro domani), trasformare un bivacco hippy in un normale appartamento viareggino, spiegare al mio padrone di casa che la cosa non si sarebbe ripetuta mai più, mandar giù senz’acqua le mie prime pasticche di Valium dal 2005, e cancellare la scritta “I have a dream” dalle piastrelle di cucina. Alla fine ero talmente stanco che accettai con rassegnazione la proposta di Loris di prepararmi uno spaghetto all’aglio olio e peperoncino, ricetta originale avuta da un romano con cui aveva gestito un ristorante a Bruxelles. E feci bene ad accettare, perché erano davvero buonissimi, cotti e conditi al punto giusto, e con un sapore speciale dovuto a un ingrediente misterioso che non mi volle assolutamente rivelare. E anch’io tutto sommato preferii non indagare troppo.
La settimana trascorse così, con risse in discoteca e album di foto sul divano, con flautiste seminude e triglie fritte a mezzanotte, con creditori furiosi sull’uscio di casa e rievocazioni di serate giovanili, con dosi crescenti di Valium e wurstel alla bavarese fatti proprio come quando aveva quella barca che navigava sul Reno… Magari sarà stata un’altra balla, ma resta il fatto che quella sera mangiai i wurstel più saporiti di tutta la mia vita. E tutto sommato l’unica volta che me la vidi davvero brutta fu il sabato mattina, mentre stavo mercanteggiando con una vecchina il premio di assicurazione della sua Panda, quando entrò in ufficio una ragazza giovane e carina e arrabbiatissima con un ombrello in mano e segni di pianto agli occhi. “Dov’è quello stronzo?”. Non dubitai nemmeno un secondo sull’identità dello stronzo in questione, e cercai di spiegarle, sotto gli occhi attenti della vecchina, che il mio amico era dovuto partire la mattina stessa a causa di un lutto improvviso. Una zia. A cui era molto affezionato. Quasi una mamma. Povero Loris, era distrutto. No, non lo so quando tornerà. Forse il mese prossimo. Forse mai più. Non fu un compito semplice né privo di imbarazzo, ma alla fine me la cavai con qualche insulto e l’impegno solenne di parlargli. Oltre allo sguardo disgustato della vecchina che se ne andò con la sua Panda giurando di non rimettere più piede in un posto dove “si facevano piangere le povere ragazze”.
Ma finalmente, grazie al cielo, arrivò anche il giorno della partenza. Nuvole grigie, una chitarra elettrica lunghissima che quasi non entrava in macchina e una giovane brasiliana di colore ci accompagnarono nel nostro viaggio verso l’aeroporto. Loris e Fernanda sembravano affiatatissimi e mi raccontarono nei dettagli i loro programmi futuri: avrebbero rilevato un chiosco di gelati sul porticciolo di Saint-Malo, e la sera lui avrebbe suonato la chitarra nei localini della città (avevano già – e ti pareva – un sacco di contatti), e lei avrebbe dato lezioni di samba. Il fatto che in vita sua Loris non avesse mai preparato gelati né tantomeno suonato chitarre era, per me come per loro, completamente irrilevante. Parlavano con l’entusiasmo di chi sta per iniziare una nuova vita, e mi ritrovai ancora una volta a pensare alla mia, di vita, così uguale a sé stessa, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Così inquadrata, e nello stesso tempo così precaria.
Al momento di salutarci Loris mi abbracciò forte e poi, con un movimento rapidissimo, spostò la sua mano sul mio inguine e diede la solita strizzatina di palle, cosa che odiavo – e lui lo sapeva. Non ebbi nemmeno la forza di arrabbiarmi, forse perché tra pochi secondi sarebbe partito e non l’avrei rivisto per chissà quanto tempo.
Entrai in casa e finalmente potei rilassarmi sul divano senza il timore di veder spuntare fuori un tedesco ubriaco o una ex fidanzata furiosa.
Passai l’aspirapolvere in soggiorno, misi nel microonde la solita pizza a scongelare e accesi la TV.
Maledetto bastardo, quanto mi mancavi.
Quanti ne ho conosciuti di tipi così.Da ribrezzo. ma anche la vita piatta del Buono è una palla mai vista . È uno spaccato di disperazioni , di aspirazioni fallite.COme li presenti tu … FORTE , COMPLIMENTI (tuo commento al mio racconto).
Mi piace! Ironico, divertente, ben scritto. Una amicizia dove la leggerezza dell’essere si incontra/scontra con la normalità di una vita senza eccessi: nessun giudizio, nessun pregiudizio, solo una piacevole novità per qualche giorno e poi, di nuovo, ognuno per la sua strada. Bravo.
Grazie Laura. Mi fa piacere che tu abbia recepito queste senzazioni.
Grazie Silvia! Troppo buona 🙂
Giovanni, difficile arrivare in fondo senza cali nella narrazione, ma tu ci sei riuscito egregiamente. Mi sono piaciuti molto il ritmo le descrizioni e il linguaggio adatto a personaggi e situazioni.
Grazie Paola!!!
Bellissimo, mi hai fatta troppo ridere!
Hai la capacità di trasportare il lettore nei quadretti che descrivi.
Quando si arriva alla fine si pensa “peccato, sarei andata avanti così volentieri!”.
Il tuo stile narrativo è scorrevole e coinvolgente e i personaggi delineati alla perfezione. Complimenti.
Che strana “roba” l’amicizia! A raccontarla mica è facile! Presenza ingombrante, assenza altrettanto… Complimenti Giovanni!
Strade che incrociano, si dividono si ricongiungono. Amicizie destinate a durare per vita nonostante le diversità. I tipi come Loris riscuotono successo forse perché hanno il coraggio di vivere pienamente. Chi trascorre una tranquilla e routinaria esistenza lo sa.. Frizzante e incalzante, uno stile di scrittura davvero piacevole e un racconto divertente. Complimenti