Premio Racconti nella Rete 2017 “L’ultima stanza” di Susanna Raso
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017Che desiderio di sentire di nuovo, di sentire, come poco fa, qualcosa di fresco e di dolce! Non so cosa mi abbiano dato, ma era così bello chiudere, stringere nella bocca quel piccolo quadrato bianco che, indifferente prima, poi subito si è sciolto in grande, improvviso piacere, in un sapore morbido e raro e così buono con me. In un attimo ha fatto sparire l’amaro tenace di sempre; veloce, però, andava finendo e quando ancora lo cercavo e lo inseguivo con la lingua, era già scomparso.
Non so, non so bene cosa sia accaduto e cosa davvero accadrà, se finirò con un ultimo respiro, se sarò questo corpo fermo e freddo o se sono di più, se potrò fuggire, uscire, andare via da lui e da tutto, se continuerò ad esserci e cosa diventerò, se arriverò altrove. Subito mi allontano da questi pensieri che torneranno. Troppa paura adesso. Prima e bella c’è stata la vita, io sono stato giovane, avevo il futuro, giorni che duravano troppo poco e tanti intorno a me, non ero mai solo. Piano piano ho lasciato quello che credevo fosse mio e per sempre. Avevo imparato ad essere vecchio, ma ora anche quel tempo è finito e sono finite tutte le piccole cose in cui se ne andavano le mie ore, le ultime, pensavo, a cui doversi abituare. Tutto, invece, doveva ancora cambiare. Adesso nessun gesto, nessuna parola, diritto, immobile ora, senza doveri, senza vergogna. Sempre ho sperato che tutto avvenisse in un solo momento e veloce da non farsi guardare, da non farsi capire. Speravo che questa inutile, sicura attesa non dovesse iniziare, non era necessaria, non era necessario quest’ultimo pezzo di vita, quest’ultima stanza. Sento gli altri parlare. Di tanto in tanto vengono, entrano, si avvicinano, ma non sanno quello che vorrei, che vorrei chiedere, dire e troppo presto se ne vanno, subito scompaiono. Da questa poca luce vado ora al buio pesante del sonno. Spariscono le voci e i rumori e nell’oscurità si fermano i ricordi, si fermano i pensieri.
Non so quanto tempo sia passato dentro questo sonno profondo e sudato e senza riposo, forse un giorno, un’ora o forse solo pochi lunghi minuti. Loro sono ancora qui, intorno, ad un passo, vicini e inutili: ne vedo qualcuno, sento le loro voci, continuano a parlare, anche insieme. Adesso, però, io smetto di sentirvi, adesso arriva un silenzio che è sempre più grande. Entra qualcuno in questa stanza, si muove, si avvicina, viene verso di me e un vento buono e leggero arriva a toccarmi. Sei ferma ora davanti ai miei occhi, ora ti guardo e ti riconosco. Sei un ricordo forse, un momento mai perduto, mai lasciato, sei vicina, bellissima, ti vedo, vedo com’eri, come ti vidi allora, la prima volta. Voglio restare così, a guardarti, così per ogni altro momento e, mentre lo penso, senza staccarmi da te, mi accorgo di un buio che rapido scende e sta per coprire ogni cosa, sta giungendo a noi. Se almeno qualcuno mi aiutasse a fermarlo! Grido forte, fortissimo, ma, sfinito, non vedo nessuno arrivare. Non possono non avere sentito, forse stanno venendo o forse non ho ancora gridato. E mentre tutto scompare, senza lasciarti, io apro di più, respirando, apro più forte gli occhi e ti prendo e resti con me, per sempre nelle mie pupille nere.
“Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.”
Susanna, leggendoti, mi sono passati davanti agli occhi questi versi di Montale.