Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2017 “L’anima gemella” di Federico Fabbri

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

La incontrai una sera che fuori pioveva a dirotto.

Mi sorpresi a guardarla dall’altra parte della strada, lei sotto il cornicione di un palazzo scalcinato, io fermo al semaforo, con la pioggia a bagnarmi i capelli e i pensieri.

Attraversai la strada, lo sguardo fisso su di lei che, incurante del temporale, teneva in mano un piccolo libro dalla copertina chiara.

Leggeva, mentre intorno il mondo scorreva rumoroso e frenetico fregandosene della sua vita, dei miei passi frettolosi intenti a scansare pozzanghere e delle luci di fari anonimi di auto che ammiccavano, ferme, al rosso silenzioso del semaforo.

Mi fermai a due metri da lei, immobile e timoroso, con il cuore assurdamente in subbuglio e la luce gialla di un lampione a colorare di mistero il mio futuro più prossimo. La osservai in silenzio, sotto un diluvio triste e insistente. Era bellissima.

D’improvviso, sollevò gli occhi dal suo libro e si fermò a guardarmi, incuriosita. Capelli fradici, abiti inzuppati, scarpe molli: ero sicuro di sembrare un idiota, catapultato lì da chissà quale luogo sperduto. Però lei sorrise. Un sorriso spontaneo, sincero.

<<Chi sei?>>, mi chiese.

<<La tua anima gemella>> risposi io, senza esitazione.

Rise. Una risata contagiosa che riempì in un attimo lo spazio tra noi mischiandosi alla pioggia che continuava a cadere senza sosta. Per qualche secondo continuò a guardarmi, i suoi occhi fissi nei miei. Quindi si alzò, infilandosi il libro che teneva in mano in una tasca dell’impermeabile verde che indossava, di una misura più grande della sua. Guardò a destra e a sinistra prima di sorridermi facendomi cenno di seguirla.

Camminammo per un po’ sotto l’acquazzone, affiancati e silenziosi come cipressi lungo una strada di campagna. Intorno a noi, adesso, la città si muoveva a rilento, quasi incatramata da quel temporale improvviso. Dopo molti passi e qualche deviazione per le vie strette del centro, ci fermammo di fronte ad un piccolo portone di legno scuro. Lei si frugò in tasca e afferrò un mazzo di chiavi. Trovò quella che cercava e fece scattare la serratura, aprendo lentamente la porta. Di fronte a noi una stretta rampa di scale poco illuminata.

<<Sali>>, disse invitandomi a varcare la soglia dopo di lei.

La seguii, mentre il cuore accelerava a ogni scalino che salivo.

Arrivammo sul pianerottolo, davanti a una porta anonima, senza nome e senza campanello.

Lei infilò una chiave nella toppa e fece scorrere l’uscio di uno spiraglio sottile dal quale filtrò un flebile spicchio di luce.

Ero pronto ad entrare, a seguirla ovunque avesse voluto, senza ripensamenti.

Si voltò fissandomi dritto negli occhi, con uno sguardo carico dell’azzurro di un mattino d’estate.

<<Aspettami qui>> disse, e svicolò all’interno dell’appartamento chiudendosi la porta alle spalle.

Rimasi lì qualche minuto prima che lei si riaffacciasse tenendo in mano il libriccino che le avevo visto leggere in strada. Me lo porse e aspettò che io lo prendessi; poi fece un passo indietro, verso l’interno.

<<Speravo di poter entrare>> le dissi io, rigirandomi il piccolo volume tra le mani.

Lei sorrise di nuovo: con gli occhi, con la bocca, anche con il cuore. O almeno così mi parve.

<<Saprai dove trovarmi, se arriverà il momento>>, rispose facendosi spazio nel varco tra lo stipite e la porta. <<Ma dipenderà da te, solo da te.>> E, detto questo, scomparve all’interno.

Lo scatto della serratura mi risuonò nella testa per tutti i lunghi attimi in cui rimasi fermo lì, inebetito e ancora fradicio della pioggia che fuori continuava a cadere.

Scesi le scale, il capo basso e il cuore ancora più giù, ben sotto i piedi che calpestavano i gradini di pietra serena, consumati, prima di me, da passi sconosciuti.

Mi affacciai sul marciapiede dove la luce fioca di un lampione occhieggiava dall’alto sulla mia delusione. Mi ricordai del libro che tenevo in mano. Lo guardai indifferente, come se non mi appartenesse davvero.

Nessun titolo sulla copertina chiara. Niente di niente.

Decisi di aprirlo, riparandomi sotto l’ombra di un balcone da cui penzolavano rami secchi di una pianta rampicante. Feci scorrere rapidamente le pagine tra le dita, da fondo a cima, rivelando versi di poesie scritte in una calligrafia minuta e ordinata. Spezzoni di frasi mi restavano attaccate agli occhi, in quel rapido susseguirsi di fogli. Giunsi all’inizio, subito dopo la copertina. Lessi e rilessi quelle poche righe scritte apposta per me, o forse per chiunque prima di me. O dopo di me.

<<Se tu non fossi un uomo, avrei potuto crederti. L’ho fatto, prima di adesso. E ho sbagliato, perché un uomo sa sempre come far male a una donna. Restano le cicatrici a ricordarlo, e non solo quelle. Ci sono le lacrime, la tristezza, l’amore tradito. E c’è mia figlia, lascito gioioso del mio sbaglio alla quale, in ogni caso, voglio insegnare la speranza. Purtroppo anche lei sbaglierà, ne sono sicura. Anche lei crederà, come me, a chi saprà prometterle l’amore, quel sentimento che voi uomini non sapete coltivare, ma solo cogliere al momento opportuno.

Sì, l’uomo sa sempre come far male a una donna: se non lo fa con i gesti o con le parole, lo fa con la fuga, con l’abbandono.

Nonostante questo sono qua, con le mie poesie che parlano di me. Loro potranno aiutarti a decidere se davvero sono quella che pensi, la tua anima gemella. Ma conosco già la risposta. Perché anche tu, al di là delle parole, sei comunque un uomo.>>

Chiusi il libriccino e tornai indietro, verso il suo portone. Volevo rientrare, salire di nuovo quelle scale strette e dimostrarle che stava sbagliando tutto. Ma non c’era un campanello da suonare, neppure un nome da poter chiamare. Niente.

Passarono minuti, fradici come tutto, lì intorno. Poi, appoggiai il suo libro in terra, accanto alla porta. E mi allontanai, lentamente.

Hai ragione, pensai. Sono un uomo, soltanto un uomo.

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8 commenti »

  1. Ciao a tutti!
    Sono un po’ emozionato al pensiero che il mio racconto sia in procinto di raggiungere una vasta platea di lettori, ma so già che sarà un’esperienza entusiasmante!
    Sarà per questo che ho deciso di partecipare a questo concorso? Forse sì, anche perché credo che per chi scrive, e lo fa per pura passione come me (e penso come molti di noi), non ci sia niente di più bello che incontrare persone disposte a leggerti per il solo gusto di farlo.
    “L’anima gemella” è nato quasi per caso, in una sera di tarda estate, dopo che con mia figlia ventunenne ci siamo confrontati sul diverso atteggiamento che uomini e donne hanno nei confronti dell’amore. Le sue parole mi hanno aiutato a riflettere e, da questi pensieri, sono nate queste cento righe. Non ci sono verità assolute, in queste frasi, né il desiderio di generalizzare. Solo la constatazione delle difficoltà che spesso noi uomini abbiamo a spenderci fino in fondo, ad andare oltre lo slancio iniziale che ci fa apparire migliori di come davvero siamo.
    Ognuno di noi sa quanto questo possa essere vero o meno. O quanto spesso nascondiamo a noi stessi la verità.
    Attendo i vostri commenti e vi auguro il meglio per la vostra vita.

  2. Bellissimo racconto l’ho letto tutto d’un fiato. Le tue storie non deludono mai! Bravo Federico!

  3. Sono felice che il racconto ti sia piaciuto. Grazie mille per il tuo commento!!!

  4. Federico, bello e scritto bene, ma non mi è piaciuta la rinuncia alla fine. E’ tipica degli uomini e credo sia ora che proprio loro si riscattino; in fondo sono persone e possono migliorare!

  5. Hai ragione, Paola. Dovremmo provare a migliorare. Purtroppo a noi uomini, in generale, manca la tenacia. Siamo pronti allo slancio, ma poi non troviamo il coraggio per affrontare le difficoltà che si affacciano dietro l’angolo. Non è per tutti così, fortunatamente… Grazie mille per il commento!

  6. Scritto molto bene! Complimenti! Mi è piaciuto anche il finale perché è reale, è ciò che succede la maggior parte delle volte. Il fatto che sia scritto da un uomo me lo fa apprezzare ancora di più, perché ormai questo pensiero sugli uomini è quasi un luogo comune per noi donne. Mentre detto da un uomo potrebbe portare a riflettere ulteriormente.

  7. Un racconto piacevole dal tono misterioso giocato tra la favola e la realtà che sollecita delle riflessioni su rapporto uomo-donna per il pessimismo che si registra in chiusura.

  8. Grazie Miriana! Grazie Maddalena! Complimenti a voi che avete compreso appieno il senso del racconto. Da parte mia solo uno spunto di riflessione per noi uomini, che molto spesso ci impegniamo a mostrare il nostro lato peggiore per paura di svelare la nostra normalità, considerata debolezza. Riusciremo a cambiare? Chissà…
    Grazie di nuovo per il vostro commento.

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