Premio Racconti per Corti 2016 “La corriera che porta al mare” di Nicola Buoso
Categoria: Premio Racconti per Corti 2016Aprile e maggio: sono i mesi giusti.
Da lunedì alla domenica: solo alcuni giorni vanno bene.
La mattina: pensatene una.
La strada, non occorre usare l’immaginazione: il colore è il grigio.
Qualsiasi cosa vi sia passata per la mente alla fine tutto è uguale perché quando succedono certe cose, ogni momento non può che essere uguale ad un altro: il male non conosce diversità.
Il luogo potrebbe essere un grande paese di provincia, che continua ad illudersi di essere una città ma non è mai cresciuto abbastanza per diventarlo veramente.
Ecco, il posto potrebbe essere questo, ed è in ogni luogo dove si vuole che esso sia, salvo poi farlo sparire dalla mente, cancellarlo dalla memoria, per non ricordarlo più, e, per fare ciò è sufficiente chiudere gli occhi: così si fa quando si ha paura di qualcosa o di qualcuno, lo si lascia aldilà delle proprie palpebre, sperando che, quando si riaprono, sia sparito.
Purtroppo non è così e chiudere gli occhi non sempre è la medicina adatta per curare una ferita: specialmente se non è del corpo.
Di sicuro, in quel posto, in un giorno (ma non in tutti), a degli orari stabiliti, ci potrebbe essere una fermata che aspetta la sua corriera.
Ogni fermata è simile alle altre, ciò che è diverso sono le strade che si incontrano e separano in essa, e diverse sono anche le persone che le frequentano.
Un racconto si legge ma, con un po’ di immaginazione, si può anche vedere, ecco, pensate a una donna, il suo nome è Gigliola: ha trent’anni o forse qualche giorno di meno.
Il primo lunedì della prima settimana di aprile lei, al mattino presto arriva alla fermata della corriera, appena fuori di quel grande paese di provincia che si crede una città.
La potete vedere vicino al paletto in cui è affisso il calendario con gli orari delle fermate e delle partenze.
Alle 06.29 precise, con il suo inconfondibile accento toscano, si rivolge alla persona che si trova a lei più vicina e le dice: “mi chiamo Gigliola, può dirmi per favore quando arriva la corriera che porta al mare?”
Qualcuno le risponde: “mi dispiace signora, qui non passa nessuna corriera che porta al mare.”
Gigliola, ascolta la risposta, ma è come se non comprendesse il senso, continua a rimanere lì, nello stesso posto e, al ventinovesimo minuto dell’ora successiva, la scena si ripete uguale: stessa domanda, stessa risposta, e così ad ogni ora successiva, fino alle 13.29.
Così ogni giorno, dal lunedì al venerdì, per due settimane, poi, Gigliola non si vede più.
Dal lunedì successivo riprende la medesima situazione, solo che non c’è più Gigliola, c’è un’altra donna e questo è ciò che sembra.
Il suo nome è Lucia, poi, dopo altre due settimane, c’è Silvia, e dopo altre due settimane, c’è Rosetta.
Cambiano i nomi, il colore dei capelli, la pettinatura, il trucco, lo smalto sulle unghie, i vestiti, il portamento, l’accento.
Inevitabile che quello che stia succedendo appaia strano, sospetto, e sia notato da più persone, soprattutto dai pendolari, per questo, un poliziotto, Rocco Corti, informato di ciò, decide di indagare e così un lunedì, alle 06.00 del mattino, nella quarta settimana di maggio, lui è lì, alla fermata della corriera, vicino al paletto con gli orari.
Dopo pochi minuti, arriva una donna, ed è proprio come gli era stata descritta, gli si avvicina e rimane in silenzio, ma, alle 06.29 precise gli chiede: “mi chiamo Rosetta, per favore può dirmi quando arriva la corriera che porta al mare?”
Rocco decide di stare al gioco, vuole capire cosa sta succedendo e, mentendole, perché quella corriera ha un tragitto affatto diverso, le risponde: “passa ora la sua corriera, la prendo anch’io, voglio proprio andare al mare oggi, è così una bella giornata.”
“Grazie, erano sette settimane che aspettavo questa risposta!”
Rocco non capisce il senso di quelle parole, immagina però che la domanda di Rosetta volesse una risposta che lui, casualmente, ha indovinato, come fosse una parola d’ordine per andare in qualche posto per fare chissà quali traffici illeciti: lui li avrebbe scoperti guadagnandosi pure la promozione.
Alle 06.29 entrambi salgono nella corriera, il percorso dura circa 50 minuti ma Rosetta pare non essere interessata a nessuna delle tre fermate previste e scende solo quando ritornano nello stesso posto da cui erano partiti.
Rosetta si sistema ancora dov’era prima, vicina al paletto con gli orari, ignorando Rocco quasi sia una persona mai vista prima, e, alle 07.29, alla persona che le sta più vicina rivolge ancora una volta la solita domanda, ricevendo la solita risposta.
Rocco, che fino a quel momento era rimasto in disparte ad osservare, ora è proprio sicuro, quella donna sta commettendo chissà quale reato, e, per scoprirlo le chiede di seguirlo al comando per interrogarla.
Ora pensate a una scrivania, a due sedie e a due persone, una di fronte all’altra che si parlano.
“Il suo nome.”
“Rosetta, gliel’ho già detto.”
“Il suo cognome.”
“Tenga, è la mia carta d’identità – e così dicendo getta infastidita il documento sul tavolo per poi riprendere a parlare con un tono aggressivo -, c’è scritto tutto quello che la sua burocrazia ha bisogno, alla voce segni particolari ci può leggere anche se non c’è scritto “abusata”, può succedere a una donna di esserlo, soprattutto se viene considerata solo come una femmina, proprio come sta facendo lei ora, lo vedo come mi guarda le gambe, percepisco il suo desiderio, non è forse per questo motivo che la mia sedia è così distante dalla scrivania, non vorrà farmi credere che è solo casualità … mi dispiace per lei e per le sue fantasie, ma io non sono una di quelle, una facile … anche se, quella volta, facile lo è stato, e lui mi ha preso senza che lo avessi voluto.”
Rocco è spiazzato, non comprende il motivo di tanta aggressività, non capisce il senso di quello che gli sta dicendo, e poi, non le stava guardando le gambe anche se … che ha delle belle gambe se n’era accorto, per caso però!
Rosetta riprende a parlare, ma ora il tono della sua voce è dimesso: “io so cosa vuole sapere da me, ma non posso risponderle, non ho tutte le risposte.
Lo so anch’io che a quella fermata non passano corriere che portano al mare, ma io devo andarci lo stesso, a me piace il mare, la sabbia, le conchiglie, il sole … ma non ricordo più quando, in quale giorno, sia stata l’ultima volta che ci sono stata … ricordo però che era buio, che avevo la sabbia nei vestiti quasi che mi ci fossi rotolata, che le onde erano così alte e forti che sembrava prendessero a schiaffi la spiaggia, come ci fosse stata la tempesta, e che dei frammenti di conchiglie erano incastrati dentro le unghie spezzate delle mie mani, e come fossero stati degli aghi pungevano le dita senza alcuna pietà, facendomi sanguinare.
… le mie sorelle, Gigliola, Lucia, Silvia … ci assomigliavamo, eravamo tutte belle, allegre, un poco ingenue.”
Rosetta, è evidente, è spaventata, nervosa, parla in modo sconnesso, disordinato.
Rocco ha ascoltato ogni sua parola con attenzione, ed ora è confuso, non sa cosa fare.
In quel momento passa l’ispettrice Isabella Vinci, fermandosi davanti a loro, lo guarda e, indicando Rosetta, gli chiede: “lei, cosa ci fa qui?”
“Perché la conosci?” – gli chiede a sua volta -.
“Tu no?
…ah, dimenticavo, sei in servizio qui solo da quattro mesi, non puoi sapere, lei si chiama Rosetta, lei l’ha scampata, si è salvata.
C’era un uomo, due anni fa, ha sedotto delle donne, attirandole su una spiaggia qui vicino, poi all’imbrunire, le aggrediva, le picchiava e le violentava, infine le uccideva e anche in modo brutale, una ogni due settimane: la prima è stata Gigliola, poi Lucia, poi Silvia, e l’ultima doveva essere lei, Rosetta, l’unica che è riuscita a fuggire, non dalla sua violenza ma dall’essere uccisa, era l’ultima settimana di maggio.
Da allora lei non è più lei, si veste, si trucca, parla ed ha il portamento delle tre donne che non ce l’hanno fatta, le considera come sue sorelle, pensa che nemmeno si conoscevano, ma non vuole che ci si dimentichi di loro, per questo va’ alla fermata dove passa la corriera che guidava l’assassino.
Lui era un’autista, faceva amicizia con le vittime con la scusa di volerle portare al mare, non poteva farlo con la corriera perché non passava di là, loro hanno accettato tutte, d’altronde lui era giovane, bello, con maniere eleganti.
Lui prendeva servizio alle 06.29 del mattino fino alle ore 13.29, dal lunedì al venerdì e il suo giro durava quasi un’ora, iniziando alle 06.29, dieci minuti di attesa e poi ripartiva alle 00.29 dell’ora successiva.
Rosetta è stata la nostra esca per catturarlo ed è per questo che, prima che questa brutta storia finisse, lui riuscì, non so come, a portarla ancora al mare, di sera, cercando di violentarla di nuovo, lei si è difesa con tutte le sue forze, si è rotta anche le unghie ma riuscì ancora a fuggire, per la seconda volta, dovevi vedere in che stato l’abbiamo trovata … con le mani sanguinanti … era nascosta dietro una barca.
Lui, l’autista, è morto quella stessa sera, scappando dalla polizia, è finito sotto un treno attraversando di corsa dei binari, è stato fatto a pezzi.
Rosetta non ha mai creduto che sia finita davvero, pensa che lui sia ancora vivo, e non c’è niente da fare, lei ormai vive in un mondo tutto suo, in cui ogni anno, nei mesi di aprile e maggio, è convinta di essere ogn’una delle vittime di quel carnefice, e lo cerca alla fermata della corriera, perché come lei mi ha detto più volte, lo deve trovare, e quando succederà, lo deve fermare, per sempre, lui non deve mai più fare del male a una donna.”
Rosetta nel frattempo si è alzata in piedi e guarda fuori dalla finestra, Isabella le si avvicina e le dice: ” Rosetta hai visto che oggi è una bellissima giornata, prendo un permesso, ti va di venire al mare con me?”
“Va bene – risponde Rosetta con un sorriso -, però prendiamo la corriera, passa fra poco, sono già dieci minuti dopo le 11.00, non dobbiamo fare tardi o la perderemo!”