Premio Racconti nella Rete 2016 “L’Ida” di Elena Marrassini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Ma badate se pensavo di ritrovarmi dentro un pasticceria alle cinque di un pomeriggio congelato a pensare all’Ida. Deve essere perchè l’ho vista poco fa stesa sul suo ultimo letto, nella camera mortuaria n° 3 della Misericordia. Era tutta precisa l’Ida, preparata da mani sapienti, le solite che quando preparano le bare lo fanno come fossero dei letti di quelli di lusso, degli albergoni barocchi. Era coperta da una specie di zanzariera color rosa pallido, come il velo delle spose di quelle più attente.
Ricordo che a mio nonno misero una fascia a tener chiusa la mandibola, prima di metterlo nel suo letto di lusso. Per la Ida invece niente fascia. Lei, la ricordo bene dietro al bancone della sua bottega, la mascella la teneva sempre serrata. Sempre in posizione battagliera era l’Ida, e col braccio destro piegato e rigido come i carabinieri quando hanno la mitraglietta ma lei no, c’aveva il dolore al braccio intirizzito, lei.
Un po’ era in guerra con Nello, il marito fornaio che si divorava i nostri libri di storia delle elementari. E quelli di scienze, pure, stando seduto davanti alla stufa a legna della cucina col pavimento in graniglia e appoggiandovi i piedoni numero quarantasei avvolti nei calzini grossi fatti a mano. Dalla Ida, probabilmente.
Un po’ era in guerra col mondo, l’Ida, secondo me. Con noi bambini però ci scherzava spesso. Fu lei a dare a mimì bambina, quando ancora io e mimì non ci si conosceva mica per bene, il soprannome di ‘socerina’, perchè parlava in continuazione e comandava; lo sport preferito dell’infanta mimì era infatti mettere in riga tutti i nipoti, maschi, dell’Ida e comandarli, organizzare i loro pomeriggi d’estate e pure quelli di nebbia d’inverno.
Era ma tosta, l’Ida. Ha lavorato un monte, dietro al banco e fuori. E c’aveva delle uscite buffe, l’Ida. Poi è invecchiata con rabbia, m’han detto. Pare che dal suo letto di inferma inveisse contro la figlia appellandola con aggettivi scurrili. Quando rientrava un po’ in sè poi la Carlina tornava ad essere la Carlina, la sua unica figlia, la cocca del babbo Nello che non c’è più.
Io non ce la facevo a non salutarla l’Ida.
E’ stata una icona della mia infanzia, dei nostri pomeriggi alla bottega, che quando non c’era nessuno si ciucciava il tubetto del latte condensato e una volta si sbagliò ed era pasta d’acciughe. Che schifo. E lei, ma che fate! E giù urli.
E’ stata una icona, davvero: femminista al punto giusto. Serva di nessuno, nonostante fosse nata nel 1920.