Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2016 “Lui è me” di Elena Marrassini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Ora che ci penso ciò che ha salvato il rapporto fra mio padre e me in età scolare sono stati gli episodi di Starsky & Hutch e le bocce.

Tornava tardi alla sera, ed era disfatto. Disfatto dal lavoro che non girava, disfatto dalle sigarette milde sorte, dai troppi caffè e dalla fiat 127 bianca che cominciava di nuovo ad avere dei problemi e quindi, forse,  c’era  da chiedere un nuovo prestito al suocero a interessi zero, di quelli da rendere piano piano.

Ma.

Ma l’appuntamento con Starsky & Hutch era sacro. Io e lui strizzati sul divano a far finta di essere loro, a far finta di avere una macchina come quella. E poi al termine le bocce, la partitina a bocce colorate quelle pesanti, piene di acqua mi diceva. Partitina serale come la favola della buonanotte, uguale. Anzi meglio. Anche perchè durante quell’ora e mezza eravamo solo lui ed io, senza nessuno e senza ombrelli in mezzo.

Già. Aveva un ombrello mio padre, un ombrello da cui mai si separava. Lo usava per ripararsi da tutto, anche da me credo. Forse l’ombrello, il suo ombrello di cui era geloso, lo faceva sentire pù sicuro, nonostante il lavoro che non girava, nonostante le troppe sigarette, nonostante la mamma che non c’era.

Ricordo che mi portava la domenica pomeriggio alla spiaggia. In fondo era diventata una sana abitudine per noi tre: io bambina di terza elementare col vestitino leggero cucito dalla nonna, lui vestito sempre troppo pesante, ed il suo ombrello. Nero. Io lo odiavo il suo ombrello nero: ostentato, onnipresente, sia che piovesse sia che ci fosse il sole. Lui era sempre fra noi; più del lavoro ingrato, più delle sigarette, più degli infiniti sabato pomeriggio trascorsi a giocare a barbie nel salottino con la finta compagnia di lui disfatto sul divano color senape che odorava di fumo, perso in un infinito pisolino postprandiale. Me ne vergognavo pure, di quel maledetto ombrello.

Ricordo anche la prima volta che mi portò alla spiaggia del paese a conoscere il mare: era domenica ed eravamo come al solito io, che non avevo mai visto il mare, lui e l’ombrello. Quel giorno c’era il sole ed il mare era mosso. L’aria era appiccicosa di sale grosso e arricciolava i miei capelli di solito sempre costretti in un liscio e rigido caschetto, come piaceva alla nonna e alla zia. Il vestitino leggero mi aderiva alla pancia e le ventate più forti lo alzavano fino a coprirmi la faccia.

Fu al termine di una ventata, la più forte, che vidi arrivare lei, l’onda, la mia prima onda, montagna verde e bianca di schiuma. Mi correva incontro, mi aggrediva e rideva e spaventava. Mi agitava, l’onda. Agitava tutti: i gabbiani amici miei, che già avevo conosciuto in piazza del paese durante le noiose ore dell’oratorio, agitava mio padre che puntualmente indietreggiava proteggendosi con l’ombrello, agitava l’anima.

Praticamente vidi il mare la prima volta a otto anni, e mi agitò. Ne avevo sempre e solo sentito parlare del mare, fino quella domenica pomeriggio. Credo che mio padre avesse deciso di portarmici perchè ora basta, gli dicevano, la bambina cresce, la bambina deve vivere e conoscere il paese e poi la città e poi il mondo. E lui decise di cominciare dal mare, dalla cosa che più lo agitava.

Nel tramonto di quella epocale domenica però, imbevuta di luce arancione, la mia anima ed il mare un po’ amici lo diventarono, o almeno iniziarono ad annusarsi e piacersi un po’ di più.

Se solo non si fosse tenuta la mamma tutta per sè, saremmo persino potuti diventare amici io ed il mare. Avremo potuto dividercela, per dire; anche se in molti al paese dicevano che lei gli si era data, che lei era voluta annegarvi dentro, nella luce arancione di una domenica sera.

Ma io non ci credo, e con la mia tavola da surf arancione con su scritto Starsky & Hutch glielo faccio vedere io a tutti, ai prossimi campionati internazionali, che io ed il mare siamo diventati appiccicati, che il mare era dentro mia mamma e non era lei dentro il mare. E che ora è dentro di me.

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12 commenti »

  1. Brava Elena, hai scritto un racconto veramente toccante e malinconico, mi è piaciuto molto leggerlo… E il finale poi è proprio interessante. Complimenti.

  2. Non è da tutti coinvolgere così tanto ed in così poche righe. E’ delizioso questo racconto. Che ora è dentro di me. Bravissima.

  3. Grazie, ho letto uno dei tuoi e mi è piaciuto molto, bravo .

  4. Profondo e triste. Intimo.

  5. Grazie!

  6. Grazie Patrizia 🙂

  7. Efficacissimo intimismo. brava!

  8. Che bel racconto, struggente e pieno di vita, nonostante tutto. E che bel modo di raccontare. Complimenti

  9. Molto tenero il tuo racconto, leggerlo è stato un piacere. Ti lascia con un sorriso triste, nostalgico, ma bello in fondo. Bravissima Elena.

  10. Grazie !!

  11. Cara Elena, sei riuscita a trasformare una piccola storia triste in una grande storia di forza. La storia di una piccola donna che diventa una grande guerriera perche’ è riuscita a metabolizzare il dolore, ingoiandolo e risputandolo fuori…come una risacca…
    E poi, mi è piaciuto moltissimo il tuo modo di ” buttare là ” gli episodi importanti nella memoria della protagonista senza volerli far pesare al lettore ( ” en passant “, come direbbero i Francesi…), quasi volendoli far scivolare come un’ asse da surf sulle onde. Bravissima Elena, in bocca al lupo!

  12. Bel racconto, poetico e intenso. Brava

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