Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2016 “Tango” di Edoardo Rossi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Danzava. Avvolta dalle dolenti note di un languido tango. Il viso austero, concentrato sui movimenti del corpo. Il vestito rosso, che le stringeva il petto, svolazzava morbido ad ogni nuovo sussulto delle gambe. Accompagnata da un impeccabile ballerino con un cappello nero calato in testa e scarpe di vernice che dettavano i ritmi. Intorno alla loro danza, la gente passeggiava lungo Defensa e il suo mercatino domenicale, in un’assolata domenica di Buenos Aires. Il Barrio di San Telmo brulicava di merci colorate e oggetti d’antiquariato.

Lungo la strada la bellissima donna di rosso vestita seguitava il suo ballo di dolore, incurante del resto del mondo. Un dolore struggente come un tango e vorticoso come una milonga. Il suo amore, il suo unico immenso amore era scomparso, desaparecido come si usa dire in Argentina. La dittatura era caduta da un paio d’anni e la nazione ricominciava a respirare una salutare aria pulita; ma di lui nessuna notizia. Il regime militare lo aveva come risucchiato in una spirale senza fine. Non sapeva nulla di lui: nemmeno se fosse vivo o morto. Ogni tanto, mentre roteava sulle ali di un bandoneon, le sembrava di scorgerlo fra i passanti; allora le gambe le tremavano e faceva fatica a rispondere agli stimoli del suo cavaliere. L’illusione durava poco: c’era sempre un particolare di troppo a indurla a rassegnarsi all’evidenza della verità. Oramai era sicura che non l’avrebbe mai più rivisto. Non voleva torturare più a lungo il suo spirito già fortemente spossato. Una sola cosa ancora agognava conoscere: la verità. Che fine aveva fatto il suo uomo. Ma non era molto fiduciosa, le ombre del passato sembravano molto fitte da dipanare. La madre di lui si era messa un fazzoletto in testa e sfilava fra gli alberi di Plaza de Mayo, insieme ad altre madri che avevano incontrato lo stesso destino. Lo stato prometteva giustizia e lavorava ad occultare e dimenticare il recente passato.

La musica malinconica la riportò indietro. Agli anni dell’università, delle notti trascorse a ballare, a sognare e sorseggiare mate all’ombra delle Ande nel nord-ovest argentino. Ai progetti per il futuro, al suo profumo acre e alle sue mani che la accarezzavano. Lo aveva sempre rimproverato, era preoccupata per lui. Era arrivata ad odiare la politica perché lo teneva lontano dalle sue braccia. Ma farlo desistere era stato impossibile. Lui odiava Videla, detestava la dittatura e voleva combatterla. Era coraggioso e ribelle come un eroe mitologico, e doveva ammettere che questo era un lato del suo essere che l’aveva sempre affascinata. Ma aveva paura. La gente svaniva, la polizia picchiava duro e il regime non aveva alcuno scrupolo verso i suoi oppositori. E così una sera, dopo una grossa manifestazione, non era più tornato a casa. A quel pensiero il suo cuore cominciò a galoppare e rimase per un attimo immobile, come sospesa in un refrain eterno.

La musica lentamente riprese armonia e i ballerini tornarono alla loro rappresentazione. Il flusso dei ricordi riprese possesso della sua mente, sospinto dai movimenti sensuali delle sue gambe. Quella sera aveva subito capito una cosa: non l’avrebbe più rivisto; sebbene la ragione si infittisse di possibili spiegazioni del suo mancato ritorno, il cuore era già morto. Le struggenti note di chiusura palpitarono nell’aria, gli ultimi passi decisi e teatrali conclusero la danza. Un piccolo applauso echeggiò fra le case; poi calò il silenzio.

 

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3 commenti »

  1. Triste e reale come i fatti narrati.

  2. Mi piace tantissimo come scrivi, e quello che narri. Bravo!

  3. Racconto molto intenso, complimenti.

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