Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2016 “Solo Niente …” di Antonio Capone

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Avrei voluto scrivere del Niente. Solo del Niente. Un intero romanzo sul Niente. O almeno un racconto. Un racconto di qualche paginetta. Francamente non avrei potuto scrivere d’altro. Ma non mi è riuscito.

Certo, ci ho provato a lungo. Ogni volta che mi accingevo, che mi calavo nelle vesti di Scrittore del Nulla, devo ammettere che sostavo per ore intere davanti alle grate rugginose del piccolo quaderno rigorosamente a quadretti che mi porto sempre dietro, così, nel caso venissi folgorato per strada, tante volte avessi l’illuminazione definitiva lungo il cammino. Altrimenti, di norma, uso il portatile. Per cui, ogni volta che mi accingo, che mi calo nelle vesti dello Scrittore del Niente, devo ammettere che sosto per ore intere davanti al quieto allampanato fluire dei liquidi cristalli che pazientemente compongo lo sfondo dei miei piccoli grandi fallimenti letterari.

Scrivere del Niente non è semplice. Volente o nolente finisco sempre col parlare di me. Mi prefiggo di narrare le gesta di chissà quale antieroe moderno, lo metto più o meno in azione, quasi sempre in una modernissima non-azione, poi pian piano il suo nome cambia. E diviene il mio. Irrompe e si siede al mio posto. Sbalzandomi. Cominciamo a farfugliare insieme del pessimo posticcio materiale, anche noiosamente scabroso, circa l’essenza della non esistenza. Insomma, una caciara, un po’ come quello che sto facendo in questo momento.

Ho appena riletto. Bene cosi. Andiamo avanti.

Dicevo, scrivere del Niente non è semplice. Perché presto o tardi svicolo e mi perdo nell’autocelebrazione dei fatti miei. Ma se io fossi Niente, sarebbe più facile scrivere del Nulla? Pensandoci bene si. Così aggirerei abilmente la problematica di cui sopra. Potrei lasciare libero sfogo alla mia inclinazione autoreferenziale senza troppi sensi di colpa. Se solo fossi un Niente totale. Lo sono? Forse. Non lo sono? Chi lo determina? Io? Voi? Facciamo così, lo determino io. Questo è senz’altro un buon punto di partenza.

Il mio personaggio è il Nulla più completo. O incompleto. Che ne so io? Attenzione però, è il Nulla ma pur sempre esiste, e agisce in base ai suoi impulsi inconsistenti. Ripeto, è un meraviglioso bel Niente, un poco tangibile e deliberato non agire, ma esso esiste, è fra noi. Quindi non cadiamo nella trappola contemporanea del “non mi manifesto dunque non esisto”. Perché l’esistente deve per forza di cose essere attivo. Pensiamo alle idee. Le idee non sono attive. Non ideano. Ma sono ideate. Però, non per questo non esistono. Perciò, proprio come le idee, anche lui esiste. Lui c’è. Tra l’altro, per quanto ne so, potrebbe anche essere una lei.

Il mio personaggio non è ne simpatico ne antipatico di default (che schifo di termine, ma oggi va di moda, e io voglio dannatamente andare di moda). Ne particolarmente bello, ne drammaticamente brutto. È un forma da definire. Un oggetto sfuocato. Una nuvoletta che guardandola bene somiglia a qualcosa, ma decidete voi a cosa. No, anzi. È come l’aria che respirate. Esiste (altrimenti non sareste qui a leggermi) anche se non la vedete. Mmm. No, eccomi che gli do troppa importanza. Addirittura vitale. No no. Non ci siamo. Il mio personaggio non è così fondamentale per le vostre vite. È, punto. Tende vagamente a rimanere un poco troppo magro, quello si.

Il mio personaggio fa delle cose. Non saprei dirvi cosa. Intanto esiste. E questa è già un’attività che, se ci pensate bene, può tenere occupati ventiquattro ore su ventiquattro. Quindi è un tipo impegnato diciamo. Impegnato ad essere. Cavolate. Non saprei se è impegnato. Proviamo a chiederglielo. Sei impegnato?

“Ni”

Bella risposta. Mantiene sempre le distanze. Non si sbilancia mai. D’altronde, avete mai visto il Niente che prende una posizione? Riassumendo, non ha una fisionomia ben definita, ma è molto magro, ne un carattere particolarmente significativo. Non saprebbe dire neanche lui, se ciò che fa di norma abbia un senso oppure no.

Dove abita? Facile. No, è molto difficile. Chi ha detto che vi debba per forza rendere le cose facili? Allora, la non essenza abita i luoghi dello spirito e del tempo. Sono posti intangibili, pertanto vengono tacciati di illusorietà, approssimazione, persino di qualunquismo. In realtà lo spirito non è troppo distante da dove abitate voi. Così come il tempo. Sono due luoghi dai quali si passa spesso senza accorgercene. Magari incrociamo il tempo, ad esempio, lungo il nostro tragitto, lo scorgiamo riflesso dentro uno specchio[1] magari, e poi distogliamo lo sguardo e proseguiamo lungo la nostra strada. Quante volte vi sarà capitato? Lo spirito è invece qualcosa che normalmente si preferisce abbandonare appena ci mettiamo il naso. È un luogo misterioso e oscuro. Fare luce laggiù significherebbe fare luce quaggiù. Sicuri di volerlo?

“Ni”

Non stavo parlando con te! Molti comunque rispondono “No”. Perciò spesso ne rimuovono l’esperienza. Ma, e lo ribadisco, il tempo e lo spirito sono dei luoghi. Eccome se lo sono. Dunque, altre domande?

Cosa fa per vivere? Che domanda è? Nessuno fa niente per vivere! Tutti viviamo senza doverlo sbattere in faccia a qualcuno, indipendentemente dalla nostra volontà. Possiamo decidere di morire, quello si. Ma certamente non facciamo un bel niente per vivere, non possiamo decidere di vivere, lo fa qualcun altro al posto nostro. Ad esempio chi ci ha messo al mondo. Noi viviamo e basta, a prescindere dal comportamento che adottiamo. In questo Lui/Lei non fa eccezione. Pur essendo un bel Niente, non si obbliga ad esserlo. Lo è e basta. Lo è e lo fa.

Chi lo ha messo al mondo? Domanda tosta. E’ troppo lunga e difficile da spiegare. Il Nulla discende dal Nulla Primordiale. Ma come posso farvi solo avere una qualche immagine mentale di cosa c’era prima del Nulla Primordiale? Non abbiamo i mezzi fisici per comprenderlo. Fatevene una ragione.

Quanti anni ha? È sempre stato qui. Dapprima che io nascessi. Quindi è un informazione di cui non dispongo. Di sicuro, non è più un bambino. Ma non credo sia in via di decomposizione ecco. Anche in questo credo sia perfettamente equilibrato. Ma questa è già una definizione, mentre al Nulla, le definizioni, mal si addicono.

Dai su, fate qualche altra domanda interessante. Il Nulla può anche esserlo dopotutto. Per esempio, chiedetegli che hobby abbia, oppure dove si vede da qui ad un anno. Vi farà morire dal ridere, diventerà persino loquace.

“Oh beh, mi piacciono molto i colori. Li adoro. Non il bianco però. Mi rattrista. È troppo indiscreto. Va a parare dove non vorrei mai che andasse. E poi non va d’accordo con nessun altro colore. Non amo nemmeno il nero. Forse per gli stessi motivi. Anche se si dice che vada d’accordo con tutti gli altri. Ma io non ci credo. Poi che hobby ho? Vediamo. Mi piace viaggiare, spostarmi. Tanto nessuno mi vede. Posso farlo come e quando voglio. In tal senso sono perfettamente libero. Anche troppo forse. Infatti spesso, dopo un po’, vagare diventa noioso. La mia condizione non mi permette di incontrare nessuno. La gente da’ per scontato che non esisto e pertanto non mi vede proprio, anche se ci sbattessi contro! Che pena. Poi mi piace la musica! Questa spesso mi tira su. Ho persino iniziato a suonare la chitarra! Non sono un granché, infatti sono molto lento nel cambiare gli accordi, ma qualcosina la so già fare. Per esempio ho imparato il riff di Sweet Home Alabama! Spettacolare!”

Eh eh eh! Fantastico. Visto che entusiasmo? Ve l’avevo detto che vi avrebbe fatto morire dal ridere.  Ci pensate? Il nulla che suona Sweet Home Alabama. Sbalorditivo.

“E poi … dove mi vedo da qui ad un anno … credo che sarò sempre qui … ma che domanda è scusate … mica ho la sfera magica … per caso è un colloquio di lavoro? No, ditemelo perché li odio”.

Ebbene si, il Nulla ha avuto esperienze frustranti durante i colloqui di lavoro, come può capitare a chiunque. Il Nulla può odiare. Il Nulla sa odiare. Proprio come voi. Ma anche amare. Visto? Se ami e odi esisti. E io ve ne ho dato la prova. Il Nulla esiste! Provate a continuare a sostenere il contrario adesso! Provateci!

Scusate. A volte la questione mi prende più di quanto dovrebbe. Cosa? Grazie. Ma continuate pure con le domande. Questo è il momento delle domande. Belle domande. Uno alla volta però …

“Si quello laggiù in seconda fila col berretto celeste. Amo il celeste. È quasi trasparente. Ma non proprio. Come mi piacerebbe somigliargli solo un po’… dica pure … mi vede? Sono qui! Già, non mi vede …”

Scusa Nulla, ma per forza di cose sono io che conduco qui. Lo sai che non possono ne vogliono vederti … si … è inutile che indichi … d’accordo. Quello laggiù in seconda fila, con la mano alzata, col berretto azzurrino. Si tu. Gli piace il colore del tuo cappellino. Cosa? Se ha fratelli e sorelle? O è figlio unico? Ma che cavolo di domande. Basta andiamocene. Il tempo per le interviste è finito. Basta. Ok, ce l’ha, ha un fratello piccolo, anch’esso un disadattato. E anche un cagnolino. Se ne parla più avanti. La famiglia è una buona famiglia del ceto medio. Senza infamia e senza lode. Amorevole e problematica come tutte. Si. Basta domande ho detto. Ce ne andiamo. Buona giornata.

SBAM!

Mi hanno fatto innervosire. Tutta questa stupida morbosa curiosità per le forme. Per ciò che è facile comprendere e distinguere. Che si riesce a capire e vedere senza fatica. Per ciò che ci accomuna. Per ciò che ci piace sentire o vedere. Che noia. Che pochezza. Ancora dieci secondi di queste fregnacce e potevo esplodere!

Come ti senti Nulla?

“Come mi devo sentire, mi hai fatto fare una figura … poi lo sai bene, le tue categorie emotive non le capisco. Perché te la prendi? Io mi diverto quando la gente prova ad immaginarsi come sono fatto. È quasi come se avessi davvero dei contorni, una forma … un senso … è bello … perlomeno così pare che vogliano conoscermi”

Che figura ti avrei fatto fare scusa? Neanche ti vedevano, erano solo incuriositi dalle tue improbabili incursioni nella loro “zona di comfort”, in quello che possono comprendere comodamente. Non vogliono te o quello che sei, vogliono solo quello che potresti rappresentare per loro. E io non lo sopporto. Lo so che è un po’ assurdo per uno che fa il mio mestiere, ma a volte non lo reggo. Sono contento che ti diverti comunque eh …

“Sei troppo duro con loro”

E tu non dovresti lasciarti intenerire. Sei il Nulla, ricordi? Non predi posizioni? Non hai tentennamenti? E quando mai il Nulla si diverte??

“Chi lo dice questo? Tu? Adesso sei tu che ragioni coi tuoi schemi mentali. Io sono quello che sono. Hai appena dimostrato che posso amare ed odiare, e pertanto esisto. Allora perché ti stranisci se mi impietosisco? Se amo posso anche divertirmi … non ti pare? Che sono questi discorsi assurdi adesso? Che è tutta ‘sta rabbia?”

Scusami. Hai ragione. È più forte di me. Odio la faciloneria spicciola. Anche la mia. Qualsiasi cosa significhi. La odio perché non la capisco. Forse perché manco capisco quello che dico. Ehi, mi sa che non sono troppo diverso da loro. Eh eh eh. Ecco, forse mi odio da solo.

“Dovresti”

Lo so. Perdonami. Torniamo dentro?

“Lo so che ho ragione. Torniamo dentro su!”

 

 

 

[1] Come sostiene un magnifico personaggio del meraviglioso J. L. Borges, lo specchio è una creatura demoniaca perché moltiplica gli uomini. Per me è anche una sorta di luogo. Perché lo si può abitare. Anche per tutta la vita. E anche in perfetta solitudine.

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4 commenti »

  1. Buonasera,
    il suo incipit mi ha colpito molto. Le faccio l’augurio di continuare a scrivere con successo (se le interessa il successo) del nulla: i vuoti sono sempre interessanti.
    Alberto Pesi (Il ritorno).

  2. Interessante, narcisistico.

  3. Grazie Alberto e grazie Costantino, scusate per il ritardo con cui vi rispondo e grazie mille per la pazienza che avete avuto nel leggere il mio racconto! grazie anche per i commenti dalla quale si può sempre imparare molto!

  4. Come ho già detto sto leggendo racconti interessanti grazie a voi, e sono onorato che voi leggiate e commentiate il mio racconto.
    Hai ragione, parlare del niente è praticamente impossibile perché bisognerebbe farlo col niente, ma in fin dei conti la letteratura non fa altro da sempre. qualche tempo fa ho letto un libro di Carmen Laforet, intitolato appunto “Niente”, eppure parlava di tutta una esperienza di una ragazza trasferitasi dalla zia per motivi di studio, trovandovi una famiglia sull’orlo della distruzione. Il niente alla fine è quello che a lei resta addosso quando riparte. Comunque mai a nessuno era venuto in mente di intervistare il niente, bravo.

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