Premio Racconti nella Rete 2016 “L’intruso” di Alessandro Del Prete
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Il tiepido sole d’autunno s’invola all’orizzonte, l’aria è insolitamente calda e asciutta, in contrasto con le temperature stagionali. Un’anziana signora è intenta a rassettare il soggiorno di casa, invaso da oggetti sparsi caoticamente ovunque. La tenue luce dell’imbrunire vela la stanza di un manto color nocciola, facendo trasparire le sottili patine di polvere sui mobili. Il ticchettio dell’orologio a pendolo sembra dar ritmo alle mansioni della donna, scandendo il tempo minuto per minuto.
All’ennesimo rintocco decide di fare una pausa e si avvia stanca in cucina per prepararsi un caffè. Sulla macchina è appeso un post-it che le ricorda le fasi di funzionamento del complesso apparecchio.
Qualche minuto dopo, sorseggiando un caffè troppo acquoso, mette a bollire delle patate per la cena imminente. Mentre è alla ricerca di un coltello, qualcuno bussa alla porta.
Non aspettando visite, la donna rimane in ascolto tendendo le orecchie per assicurarsi di non averlo immaginato: altri due colpi.
Attraversa l’angusto corridoio serpeggiando tra i vecchi quadri impolverati e si ferma davanti alla porta, avvicina il viso allo spioncino e vi guarda attraverso: fuori c’è un vecchio uomo con una brutta cicatrice al collo. L’individuo si guarda intorno con circospezione, dopodiché comincia a trafficare con la serratura.
La donna balza all’indietro per lo spavento, come se la porta fosse diventata improvvisamente rovente.
Con gli occhi sgranati rimane paralizzata per diversi secondi, incapace di pensare.
Il terrore si insinua sotto pelle, ribolle dal profondo ed esplode in gelidi brividi. Lo smarrimento e il panico si fanno largo nella sua mente confusa.
Il rumore metallico della serratura la desta dallo shock.
Disorientata scappa in cucina per armarsi di un qualsiasi oggetto col quale difendersi, apre cassetti, ante, portelle: niente, solo un’accozzaglia di cianfrusaglie gettate alla rinfusa.
Nella foga riesce però a scorgere il cellulare sul tavolo, lo afferra e avverte la polizia con un filo di voce.
L’uomo è in casa.
Nello stesso momento in cui la donna si rinchiude nell’armadio in camera da letto.
I passi dell’uomo scricchiolano sinistramente sul pavimento legnoso, riecheggiando tra l’attempata carta da parati che ricopre le mura di casa. Di soppiatto si dirige in soggiorno, intento a perlustrare l’appartamento.
La donna rimane in silenzio a scrutare attraverso le fessure del mobile, stringendo la sua collana di perle come fosse un rosario. La visuale è scarsa, compromessa dall’angusta fenditura tra le assi e dal respiro affannoso che le annebbia la vista. Sobbalza bruscamente al passaggio dell’intruso davanti la porta, quasi avesse davvero creduto che non fosse mai esistito. Lui e quella sua spaventosa cicatrice. Quel viso cinereo, quel viso cupo…quel viso!
D’un tratto una raffica di flashback affollano la sua mente, come lampi che fendono la notte: lo stesso uomo che la fissava in coda alla cassa del supermercato.
È lui.
Lo ricorda anche fuori dalla casa di sua figlia, quando era andata a trovare i nipoti.
La spiava. La spiava da tempo.
Il terrore raggiunge il parossismo nell’ultimo ricordo: sempre quell’uomo presente nell’affollato ristorante dove aveva festeggiato il suo ultimo compleanno.
La donna non ha più dubbi, è lo stesso uomo.
Lo scricchiolio del parquet la riporta alla realtà. Il volto dell’estraneo sfuma dalla sua memoria per materializzarsi nella camera da letto. È lì. Fermo in mezzo alla stanza che osserva l’ambiente. L’uomo si fionda a rovistare nei cassetti della biancheria, dove scova i risparmi dell’anziana.
Gli occhi della donna si velano di lacrime al pensiero di anni di sacrificio persi in una sera.
Denaro scrupolosamente conservato per il futuro della figlia e che adesso le viene portato via.
L’uomo si allontana e lascia la stanza contando la refurtiva.
Una sensazione di vuoto cala sull’esistenza della povera anziana.
Subito dopo, quasi a gremire il solco appena scavato nell’animo, un’ondata d’odio e rabbia pervade il suo cuore: con le lacrime asciutte ma irrorata dal coraggio, la donna decide di abbandonare il suo nascondiglio per cercare una disperata giustizia.
Uscita allo scoperto si guarda attorno, afferra un grosso vaso appoggiato sul comò e cautamente raggiunge l’uscio della stanza. Nel corridoio incontra la schiena corpulenta dell’uomo, ora intento a maneggiare il cellulare.
Con estrema lentezza gli scivola alle spalle.
I battiti del cuore le esplodono nel petto, minacciando di tradirla con il loro boato.
Ma a spezzare il silenzio è il cigolio del parquet sotto i suoi passi incerti.
Prima che questi se ne accorga la donna manda in frantumi il vaso contro la testa calva dell’uomo e insieme rovinano a terra. I gemiti vengono coperti dal fragore dei cocci che vanno in pezzi. L’uomo è disteso sul pavimento, stordito dal colpo, gli occhi grigi pieni di smarrimento. La donna gli è addosso, lui si sforza di inveire ma la sua bocca non proferisce parola, con una mano afferra la collana di perle e la stringe fino a spezzarla.
Il tintinnio della sfere che rimbalzano sul pavimento aleggia nel corridoio.
Lei ghermisce un coccio e lo punta all’orribile cicatrice dell’uomo.
In quell’attimo il cellulare della donna squilla in cucina, squarciando l’impenetrabile groviglio di tensione.
Lei lo guarda negli occhi. Quegli occhi grigi. Quella cicatrice.
Altri flashback: lo stesso uomo che al supermercato l’aiutava a portare la spesa, l’uomo che l’accompagnava in auto a casa della figlia, che il giorno del suo compleanno le regalava una collana di perle nel ristorante affollato. Lo stesso uomo al quale lei stringeva la mano su un letto d’ospedale, dopo un delicato intervento alla gola.
La donna torna in sé scoppiando a piangere tra le braccia del marito.
Il cellulare smette di squillare e un insopportabile silenzio cala tra le mura domestiche, come un sipario alla fine di una tragedia.
Da dietro la testa dell’uomo fuoriesce un rivolo vermiglio che lentamente si estende sul pavimento, fino a fermarsi sotto una perla bianca. In lontananza l’eco delle sirena della polizia si sta avvicinando.
Alessandro, sei stato bravissimo!!! La tua storia è scorrevole, bella, struggente e sconvolgente al tempo stesso! Sei partito piano piano mirando con precisione al colpo di scena finale… Complimenti!
Un buon finale a sorpresa.
Alessandro non so decidermi tra il bellissimo o il terribile…vabbè tutti e due!!!!
Grazie mille per bei commenti! Gentilissimi, grazie
Hai descritto davvero bene l’ angoscia , la paura , lo smarrimento di chi non ha memoria mostrandoci, in poche righe stese ottimamente, quanto possa cambiare la percezione del mondo senza i ricordi. Un buon racconto di una pessima situazione. Bravo