Premio Racconti nella Rete 2016 “…Intanto fuori piove…” di Lucia Finelli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Nella solitudine della mia avanzata età, affetto da una malattia che mi priva della fondamentale autonomia, posso solo spiarti dalla finestra di casa ed amarti di nascosto, nel mio cuore.
Da quest’osservatorio privilegiato ti vedo camminare leggiadra, smilza come sempre, morbidamente avvolta nei tuoi velati vestitini di seta color pastello, con quei vaporosi ricci biondi che ti ricoprono le spalle e sono più eleganti di qualsiasi mantella pregiata.
Sembri felice come una principessa, che, ogni mattina, va incontro al suo popolo e al suo principe. Esci ogni giorno alla stessa ora, ma non so dove vai. Adoravi danzare – rimanevo sempre incantato mentre volteggiavi sulle dolcissime note di Cajkovskij – forse sei diventata una ballerina;c amavi gli animali, forse sei una veterinaria o forse sei un medico che allevia le pene altrui oppure semplicemente vai a portare la tua solare allegria in uno squallido ufficio ingrigito da polveri ed inutili pettegolezzi. Ovunque tu vada, lì porterai amore e pace; sono fortunati coloro che ti stanno vicini. Spero che non siano ciechi come lo sono stato io!
Ho avuto la fortuna, sia pure così tardi, di ritrovarmi vicino a te ed ora non ti lascio più. Voglio guardarti, anche se per pochi istanti della giornata, e sognare di essere rimasto sempre accanto a te. Mi piace fantasticare sulla tua vita, ma non oso rientrarci, perché ho paura di farti ancora del male! Eppure lo vorrei tanto! Se avessi coraggio, riparerei a tutto, ma la tua candida bellezza mi paralizza, bloccando qualunque timida idea di riavvicinamento. Come al solito sono un codardo e temo che non potresti perdonarmi. Ne avresti tutto il diritto! Mi piacerebbe tornare indietro nel tempo per te, riavvolgere la mia vita come un nastro, ma non ho questi poteri, purtroppo! Almeno per ora devo accontentarmi di vederti da questa finestra, felice, nonostante me!
Probabilmente sei contenta perché non ti aspetti niente dalla vita e dagli uomini, prendi tutto ciò che di bello c’è nell’una e negli altri. Riconosco che, pur essendo molto più piccola di me, sei sempre stata più saggia. O forse non ti poni proprio il problema della felicità: vivi e basta, come hai sempre fatto da quando ti ho lasciato in balia della tua esistenza.
Adesso voglio seguire il tuo esempio, colgo l’attimo fuggente, come si suol dire.
Oggi, per esempio, mi sento particolarmente fortunato: è domenica, c’è il sole e invece del solito passaggio veloce alle 8.00 del mattino, posso godere della tua compagnia più a lungo. Forse di ritorno dalla tua amata messa, hai fatto una sosta nel grande cortile del palazzo e giochi con i tuoi tre bambini e con l’inseparabile cagnolina nera tutta pelo: vi rincorrete, vi divertite a calpestare le foglie secche, ridete e poi, esausti, vi riposate sulle bianchissime panchine di marmo. Ti è sempre piaciuto calpestare le foglie secche d’autunno: era musica per le tue orecchie! Lo stesso crik crok che facevi sgranocchiando patatine e pop corn al cinema. Non so quanti film abbiamo visto insieme, sognando e fantasticando. Ognuno insegue i propri sogni, pochi li afferrano; eppure alcuni sogni sono a portata di mano, basta solo svegliarsi dal sonno mortale della breve vita terrena. Avevo tutto e non lo sapevo e adesso mi restano soltanto dei bei ricordi di vero amore! Tutti prima della mia follia! Accecato dalla passione, mi sono illuso di essere amato da chi subdolamente mi ha indotto ad allontanare l’unica persona per cui valesse la pena vivere e ne ho pagato le conseguenze. Tuttavia, almeno ora, devo riconoscere che il colpevole sono solo io, purtroppo, e perciò sopporto il mio dolore in silenzio, rimanendo in disparte.
Resto immobile con il naso appiccicato al vetro della finestra, in estasi di fronte a questo meraviglioso spettacolo. Non vedo mai uomini al tuo fianco e credo che i bambini siano adottati: dal primo piano non vedo così tanto bene, ma dal colore della pelle e dai tratti somatici dei piccoli mi sembra proprio che siano di tre diverse nazionalità. Forse, delusa dal genere maschile, hai preferito donare il tuo amore a chi più lo merita. Mi dispiace, vorrei tanto dirti che non tutti gli uomini sono così cattivi e stolti come lo sono stato io! Che è bellissimo avere una famiglia, anche se non è così facile come potrebbe sembrare. Tutti hanno diritto ad avere una famiglia, ma non tutti sono capaci di meritarne una. La famiglia si costruisce con sacrifici quotidiani, con amore, rispetto reciproco, sapienza, intelligenza ed umiltà, abbandonando orgoglio, presunzione, egoismo, arroganza, prepotenza, violenza e superficialità. Qualcuno ci rinunzia in partenza, qualcun altro ci prova senza un reale interesse, qualcuno si sfida invano e altri si illudono di avere una famiglia e sono ugualmente contenti. La maggior parte delle persone non si rende conto della fortuna di avere una famiglia e fa di tutto per distruggerla, proprio come ho fatto io!
Mentre sogno ad occhi aperti, tu scompari, dileguandoti con l’allegra brigata ed io resto solo nella mia dura realtà. Sconto le mie pene terrene e non ho attenuanti: ho perso tanto della tua vita ed ormai per te sono un estraneo. Mi chiedo se provi ancora qualcosa nei miei confronti, fosse anche odio! Spero soltanto che non sia la mortale indifferenza, assenza di qualsiasi sentimento.
Non sai quanto pagherei per avere di nuovo una scarica di energia come quella che mi dava il contatto con il tuo corpo quando ti accoccolavi vicino a me, un calore vitale che ho provato già quando ti ho preso tra le mie braccia per la prima volta il giorno in cui sei nata, figlia mia! Il ricordo di quel calore riesce ancora a riscaldare il mio gelido cuore fino a farlo ardere dal dolore e dal rimorso.
Ed oggi, invece, è un altro giorno! Ho sempre odiato la sirena delle ambulanze, presagio di sventure e, ogni volta, mi auguro che non debba essere io ad averne bisogno. Ma stavolta tocca proprio a me! Sono svenuto e, all’improvviso, senza sapere come, mi sono ritrovato sulla barella circondato da svariate persone. Non vedo che te: ti sei fatta avanti, probabilmente capitata per caso nel cortile mentre mi trasportavano sull’ambulanza, hai detto di essere un medico (allora sei un medico!). Mi hai osservato con occhio clinico e hai fatto finta di non riconoscermi o non mi hai riconosciuto davvero! Avrei voluto gridarti qualcosa, ma la voce non è uscita e la mia bocca era d’altronde stretta nella morsa di quella mascherina! Poi ti sei chinata su di me e mi hai baciato teneramente come facevi da piccola. Mi sono commosso, una lacrima mi ha rigato il viso, piango come un bambino, ma sono solo un povero vecchio.
Sento che sto per lasciare questo mondo, ma sono felice, come non mai, ed è tutto merito tuo: mi hai perdonato e non mi serve altro. Un giorno – il più lontano possibile per te – ci rivedremo in un altro luogo, sicuramente migliore di questo e avremo modo di stare di nuovo insieme e ci ameremo ancora, figlia mia adorata! Ti auguro ogni bene perché te lo meriti!
Sono in ambulanza, non ti vedo più, anzi non vedo più nulla, odo delle voci ma non capisco niente, mi sento sospeso, mi sembra di addormentarmi. E’ autunno, io passo a nuova vita e, intanto, fuori piove …