Premio Racconti per Corti 2010 “Cristoforo Colombo” di Gaetano Gallitto
Categoria: Premio Racconti per Corti 2010Cristoforo Colombo si imbarcò con i suoi uomini all’ottavo piano. Il pilota premette il pulsante “T”, la porta si chiuse con un piccolo schiocco e iniziò la discesa.
L’inizio del viaggio fu tranquillo e senza problemi. L’equipaggio tamburellò variamente con le dita sulle pareti ed anzi, non appena passato il settimo piano, ci fu qualcuno che si mise sommessamente a fischiettare. Ma già al sesto piano un giovanotto cominciò a sbuffare, e il mozzo, subito dopo, constatò ad alta voce che “questi ascensori sono belli, si, ma sono di una lentezza esasperante”.
Non erano ancora al quinto che mormorii indistinti e sempre più irritati si levavano in tutto l’ascensore. Fu a questo punto, mentre lasciavano il quinto piano e si avviavano decisamente verso il quarto, che Cristoforo Colombo tenne il suo primo discorso alla ciurma: fece leva sul loro orgoglio, ricordò la patria, le famiglie, gli amici, i sogni e le speranze con cui erano saliti sull’ascensore all’ottavo piano, la gioia e forse la ricchezza che li attendevano alla fine del viaggio, ed essi si calmarono.
Ma fu una calma di breve durata: già mentre superavano il quarto piano i più facinorosi chiesero ufficialmente di tornare indietro, mentre tutto il resto dell’equipaggio rumoreggiava. Ormai solo due o tre uomini, stretti intorno a Colombo, tamburellavano sulle pareti e guardavano il soffitto ostentando indifferenza; ma alcune occhiate irrequiete tradivano il loro nervosismo.
Tuttavia si giunse al terzo piano senza gravi disordini. Vi furono riunioni e conciliaboli in ogni angolo dell’ascensore, ma i più risoluti non riuscivano ancora a trascinare gli altri ad una azione decisa. In realtà, e con una decina di posizioni intermedie, la ciurma era divisa fra il partito di coloro che volevano premere il pulsante “alt” per tornare subito all’ottavo piano e coloro che volevano andare avanti, ma mutando rotta, e magari con un altro capitano.
Appena passato il terzo piano vi fu un tentativo di colpo di mano da parte di tre o quattro esaltati. Cristoforo Colombo, con una calma che aveva del soprannaturale, si parò di fronte a loro e, guardandoli in viso con gli occhi d’acciaio, li invitò a venire avanti uno alla volta.
Malgrado l’indubbio ascendente del prode capitano sui suoi uomini, le cose si sarebbero forse in quell’occasione tragicamente concluse se non vi fosse stato uno dell’equipaggio, un umile cuciniere, che nel momento di maggior tensione gridò di aver sentito la voce del portiere. Certo, se avessero ragionato freddamente, avrebbero compreso che, anche se fosse stato vero, avrebbe potuto non significare nulla; ma in quel momento fu il fatto nuovo capace di ridare speranza ai cuori esausti.
In questo nuovo clima, in cui si faceva a gara nel fare turni di vedetta, si passò il secondo ed anche il primo piano. Ormai i più erano rassegnati a continuare il viaggio, quale che dovesse essere la sua fine, anche se nella mente di molti covavano e serpeggiavano sordi pensieri di rivolta e di morte.
Uno solo sperava, con fede incrollabile nelle sue teorie e nei suoi calcoli: Cristoforo Colombo. Egli sapeva, sentiva che al disotto del primo piano doveva esserci terra.
Era l’alba del 12 ottobre. La maggior parte dell’equipaggio dormiva ancora negli angoli della cabina. Solo alcuni attendevano alle prime faccende quotidiane. Il Capitano riposava, dopo aver vegliato per quasi tutta la notte.
L’ascensore si fermò dolcemente e la porta silenziosamente si aprì. L’uomo di vedetta sbirciò cautamente fuori, vide che erano nell’atrio e, piangendo di gioia, gridò: – Terra, terra!
Erano a terra.
De-li-zio-so…
Divertente!
Mi scuso con l’Autore per aver limitato il mio commento a questo racconto ad una sola parola: “Divertente!”, troppo rapida sintesi di ciò che penso.
Orbene, ho trovato il testo ben scritto, surreale, arguto, divertente.
Una specie di scherzo goliardico scanzonato e coinvolgente
Ucronico, direi.
Mbeh?