Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2016 “L’esecuzione” di Angelica Mormone

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Tutto era pronto per l’esecuzione. Il boia era appena arrivato, seguito dal suo tirapiedi.

Lui si trovava lì, in quella celletta di fortuna, a chiedersi il perché di tutto ciò. In fondo, aveva sempre condotto una vita onesta.

Ripensava a quella sera in cui il suo calvario era iniziato. Era da poco tramontato il sole, lui era comodamente a casa sua, meditando su cosa mangiare al prossimo pasto. In quel preciso istante si era trovato davanti agli occhi una pietanza succulenta. Voracemente, da vero predatore qual era, la aveva addentata. Ma la sua ingordigia gli era costata cara. Non aveva fatto nemmeno in tempo ad assaporarla, che improvvisamente si era sentito sollevare. All’inizio non si era reso conto di ciò che stava accadendo, ma poi, appena presa coscienza della cattura, aveva cercato di divincolarsi in tutti i modi, di aggrapparsi saldamente a qualcosa per impedire che lo portassero via. A nulla erano serviti i suoi tentativi di liberarsi. A nulla era servita la sua forza erculea, la sua muscolatura possente, il suo spirito combattivo. Lo avevano preso e portato in una prigione angusta. Non gli avevano assegnato un avvocato, non si era svolto nemmeno un regolare processo. Lo avevano condotto poi in un’altra prigione, insieme a tanti altri poveri disgraziati come lui e da lì era stato portato al cospetto del boia.

Com’era potuto accadere! Non aveva mai commesso crimini in vita sua, mai un furto, un omicidio, nulla. Aveva semplicemente vissuto secondo natura.

Mentre era assorto nei ricordi e nei pensieri, il boia e il tirapiedi iniziarono a parlare tra loro.

«Stai a sentire a me, é un metodo ormai collaudato: lo mettiamo vivo nel congelatore. Quello poi muore assiderato e dopo é facile tagliarlo».

«No, no, facciamo come si è sempre fatto» disse la nonna Enrichetta. «Maria, lo dobbiamo prendere vivo, stendere lungo sul tavolo e lo tagliamo velocemente in tanti pezzi».

Il capitone trasalì.

Non poteva finire così: indorato e fritto su una tavola imbandita. Non era una morte da eroe quella!

Doveva salvarsi. Si era preparato dalla vasca del pescivendolo al momento propizio per la fuga. Ci aveva pensato più volte durante la prigionia. Aveva chiesto il parere alle altre anguille. Alcune erano fiduciose, altre già rassegnate ad essere servite a tavola come pietanza tradizionale. Già sentivano i commenti dei commensali echeggiare nelle loro piccole orecchie. “Che schifo, ma come potete mangiarlo! Sembra un serpente!”. “Sapessi come è saporito invece! Non sai che ti perdi!”

Era giunto il momento tanto atteso. Sapeva che non avrebbe dovuto esitare nemmeno per un attimo.

Quando le due nonnine aprirono la busta, guizzò fuori e si lanciò disperatamente a terra. Cominciò a strisciare più velocemente che poteva sul pavimento della cucina mentre le due donne urlavano chiedendo l’aiuto di un inseguitore più agile di loro. La stanza era piccola e le potenziali vie di fuga ridotte all’osso. Vide improvvisamente una luce: il balcone! Decise che si sarebbe buttato da lì.

Forse sarebbe caduto in testa ad un passante, forse sarebbe finito in pasto ad un gatto, forse sarebbe precipitato in un tombino aperto. Non aveva importanza: era sicuramente una fine più dignitosa.

Il capitone si lanciò e fece un bel volo dal balcone della cucina, librandosi nel cielo di una città in festa, alla vigilia di Natale.

 

Le due nonnine avevano capito che il capitone proprio non ne voleva sapere di morire a quel modo (fatto a pezzi e fritto in padella, magari rivestito di foglioline di alloro).

In tanti anni di mattanza mai si erano poste domande sulla fine di quella grossa anguilla dalle carni succulente. La tradizione questo voleva e loro l’avevano cecamente seguita. Non si erano mai soffermate prima di quel giorno a guardarla in quegli occhietti neri neri l’anguilla dalle carni succulente. Con l’aiuto del portiere recuperarono la bestiola senza forze ansimante nel cortile e la misero in una bacinella piena di acqua. Mobilitarono i nipotini a fare varie ricerche su internet per capire dove viveva, cosa mangiava, anche chi frequentava se necessario. “Ma viene dal mare o dal fiume?” “Ah guarda, qui dice che migra!” “E adesso dove li prendiamo i vermi per dargli da mangiare?” “Ma prendi due cozze, ché si mangia anche quelle!”

Tutta la famiglia si era data da fare. Il giorno dopo restituirono il capitone al mare, dove avrebbe potuto condurre l’esistenza che più gli aggradava.

Il nonno, che come sempre era stato anche in quell’occasione un uomo taciturno, al momento del rilascio concesse alla platea un unico commento: «Ma guarda un po’, adesso pure i capitoni si sentono in diritto di avere il libero arbitrio. Cose da pazzi!».

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11 commenti »

  1. ‘ Delizioso ‘…e non dico altro!

  2. Carinissimo! Alla fine il capitone ce la fa. Mi è piaciuto. Complimenti e in bocca al lupo.
    Se ti va di passare a leggere il mio racconto, ne sarei felice. Grazie.

  3. Grazie mille.

  4. Carino… Sembra quasi una rivisitazione de ”A Libertà” di Luigino il poeta di “Così parlò Bellavista’, solo che questa volta il protagonista della fuga non è ‘o pappavallo ma ‘o capitone… Brava Angelica. Se vuoi passa da me per un commento (Ho pubblicato due racconti La Maledizione di Famiglia e Eghus). Ciao

  5. Angelica,

    mio padre è originario di un paesino abruzzese in cui è tradizione centenaria cucinare il capitone per la vigilia di Natale.

    Ti giuro che una volta, sembra passato un secolo, l’anguilla prescelta per l'”esecuzione” scivoló dalle mani di mia nonna e balzó dal primo piano, imbastendo una fuga per le vie di paese e costringendo un paio di parenti a rincorrerla come forsennati :-).

    Pertanto, non potevo non apprezzare il tuo racconto, che ritengo ingegnoso, simpaticissimo, di agile lettura e magistralmente congegnato.

    Mi hai fatto fare proprio un bel salto nel passato.

    Bravissima!

  6. Angelica ..mi perdonerai, ma , rileggendo il tuo racconto , ho pensato or ora ad un film famosissimo con Spencer Tracy…parodiandolo …’CAPITONI CORAGGIOSI, scusa la stupidità ,ma sorge spontanea! Ancora complimenti !

  7. Grazie Luigi per il commento. Grazie soprattutto per il paragone con la mitica scena della fuga del pappagallo Garibaldi…io adoro quel film! Ci vediamo presto sulle pagine dei tuoi racconti.

  8. Lorenzo grazie mille per i complimenti, sono contenta che il racconto abbia fatto fare ad alcuni lettori un salto nel passato e che abbia fatto sorridere. A me sta davvero a cuore la sorte del capitone, erano anni che ci pensavo e voluto dare voce a queste povere bestioline in modo ironico. Vedo che non sono l’unica indifferente alla tragedia che si consuma ogni anno nelle cucine di alcune regioni italiane. Grazie ancora per aver letto il racconto ed averlo apprezzato.

  9. Un racconto divertente e leggero, che regala un sorriso al termine della lettura. L’intervento finale del nonno geniale! 😀

  10. Molto molto carino,mi ha divertito tanto questa lettura,soprattutto quando poi ho capito chi era il protagonista.Brava e in bocca al lupo

  11. Brava Angelica! Scrivi molto bene, sei chiara, simpatica, e diretta… Ti vedrei bene a scrivere una specie di collana adatta ai ragazzini, dove potresti raccontare del Cappone di Natale, o dell’Agnellino di Pasqua o della Festa dei Cani in Cina… così che questi ragazzi magari si facessero qualche domanda in più… Parola di vegetariana da quasi 40 anni…

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