Premio Racconti nella Rete 2016 “Senza luce” di Emma Viviani
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Accidenti che male! Già, devo riconoscerlo, è lì da tanto tempo … solo che al buio…come si fa, dovevo prevederlo. Si vede che invecchio e non ho più il senso dell’orientamento. Quello spigolo è sempre stato lì, ed anche quel mobiletto scalcinato e pure quello specchietto mezzo rotto che dovrebbe servire a farmi la barba ogni giorno… Così pensavo quando ho occupato questa dimora. Dopo aver dormito per notti tra i cartoni, aver trovato questo posto, mi pareva di poter vivere in una reggia e ho iniziato ad abbellirlo. Ho raccattato mobili. Beh, mobili, si fa per dire … quei mobili che vengono buttati via e tutto quello che puoi trovare nei cassonetti che gli altri rifiutano perché ormai sono diventati oggetti indecorosi nella casa, un po’ scalfiti, oppure rotti o magari sudici … e per la gente cosiddetta ‘normale’…rimetterli a posto o pulirli costa tempo.
Io invece ne ho talmente tanto! E’ lì da anni… ma proprio ora alle due della mattina non sono riuscito ad evitarlo. Devono essere i problemi che mi frullano in testa … la moglie che se ne è andata con un altro, un figlio in galera, l’altro in una casa di accoglienza per minori …io …un ex galeotto, quasi sessantenne, che ha paura di guardarsi allo specchio…Chissà! Forse per quello lo specchio mi fa del male, per ribellarsi del fatto che non lo uso ed anche lui poveretto come me vorrebbe recitare la sua parte. Lo specchio rispecchia. Oddio! E che deve rispecchiare? Una faccia di una persona finita, di una vita sciagurata buttata via …inutile? No, non ce la faccio a guardarmi. Ho vergogna di me stesso. “Feriscimi pure specchio ma per ora non mi guarderò! Non ho il coraggio di farlo”.
Sono passati ben due anni da quando sono qui. Il cielo è diventato il mio tetto e le stelle sono le luci della mia casa. Retorico? Lo so, ma vero! Spesso penso di vivere nel posto più bello del mondo perché ho la fortuna di scrutare il cielo e di illuminare la mia casa con luci che neanche il più ricco al mondo potrebbe permettersi… Beh, questi pensieri appartengono all’estate, quando tutti sognano di vivere all’aperto. Allora mi sento un signore, il signore di una catapecchia, che d’estate diviene la dimora più ambita … il cemento riscalda le pareti … invece le mie pareti sono mobili e le posso spostare, togliere a mio piacimento e far passare l’aria da dove voglio io. La mia casa è mobile come lo è l’uomo da sempre…anche se ultimamente se lo è dimenticato.
Oddio! E che mi metto a fare il filosofo, ora alle due della mattina. Diogene, anche lui poveretto girava di notte con un lume e diceva: … “Vado a cercare l’uomo”. In fondo che differenza c’è tra me e lui, lui cercava l’uomo, io cerco la luce visto che l’uomo è qui…e sgocciola sangue dappertutto.
Come sono ridotto? L’unica cosa che mi è rimasta sono i pensieri. Quelli non mancano mai! Di tutti i tipi: belli, brutti, divertenti, ironici, folli… Sì, quelli che mi piacciono di più sono proprio i pensieri folli, quelli che ti vengono e non sai perché, che magari fanno tutti, ma in me hanno una risonanza particolare, perché non sono come la maggior parte degli uomini, che tengono alle cose, al posto di lavoro, alla famiglia. Io sono libero perché non ho niente e quindi posso lasciarmi andare ad ogni sorta di pensare. Gli uomini normali possono permettersi anche di mandarli via o di riderci su. Per me invece sono una cosa seria. Il mio pensiero folle diventa spinta di vita. Oh, intendiamoci, mica dico di ammazzare qualcuno! Per carità! Per pensiero folle intendo.. non so, per esempio, svegliarsi una mattina e trovare il vuoto più assoluto, come se un meteorite fosse caduto nel mondo e l’avesse distrutto completamente.
Mi alzerei dal mio giaciglio e inizierei a vagare, in queste strade che ormai sono sterminate e non più asfaltate… poi mi metterei a urlare per cercare altre anime e non sentendo voci inizierei a saltare dalla gioia. Salterei, salterei, salterei fino a stancarmi e inizierei a volteggiare leggiadro come una piuma pensando che non ci sono più poliziotti che mi possano arrestare e neanche galere da imprigionarmi e nessuno che mi possa deridere di come vado vestito o della mia dimora. Sì, sarei davvero, il signore di una catapecchia. Mi lascio trascinare dal pensiero folle e con gli occhi della mente vedo un deserto, una terra arida, desolata, che si perde nella nebbia e non scorgo uomini e non vedo guerre, scene di sangue, odio e cattiverie, uccisioni e sopraffazioni di un uomo sull’altro; non ci sono tradimenti e imbrogli, soprusi e falsità. E’ scomparso l’uomo ed in questo deserto posso ricominciare a costruire. Ora la stirpe dell’uomo può dar vita ad una nuova civiltà ed il povero e senza tetto diviene il padrone del mondo. Il meteorite ha risparmiato noi umili e poveri, soli e senza denaro e noi ora abbiamo il compito di ricostruire l’umanità. Noi che abbiamo sofferto, noi che siamo stati derisi, noi che abbiamo vissuto il rumore metallico e assordante di un pesante portone che ti si chiude dietro alle spalle annullando per sempre la tua identità … noi ora possiamo ricominciare a sentirci vivi. Il mio pensiero folle mi conduce ad un’entrata senza uscita dove la sensibilità di chi ha tanto sofferto si unisce al desiderio di riscatto e ad un senso di utopia che solo la follia della tristezza e della solitudine, ti può offrire. Ecco ora sono entrato nel tunnel e ora fino a che le mie palpebre non si chiuderanno continuerò a seguire questo pensiero folle perché attraverso di esso posso vedere un mondo diverso. Il mondo attuale condanna la follia perché è verità, condanna l’immaginazione perché non è concretezza e condanna la creatività perché non è progetto scientifico-tecnologico. Condanna l’uomo che non si arrende e lotta per un ideale, fino a schiacciarlo e ridurlo al lastrico e obbligarlo ad assuefarsi al mondo e all’idea dominante di potere che sovrasta tutte le altre.
Poi …avverto che le mie palpebre si fanno pesanti e sento dentro di me un senso di sollievo perché sto male, vivo senza luce, ma sono un uomo libero. Ora la libertà mi pervade e le mie palpebre sono padrone di chiudersi per qualche ora finché il sonno ristoratore glielo concederà. Ecco queste idee folli mi fanno star bene, mi fanno sentire vivo e ogni notte vado a letto con la speranza che questo miracolo possa avverarsi.
Poi … ascoltare il silenzio, quando la città si ferma e vivere, come se domani non ci fosse. Senza sveglie petulanti e orologi saccenti che ti impongono ritmi inumani.
Ecco! Il mio é un posto unico che amo, e che odio contemporaneamente. Posto … cosa dico? Venti anni fa lo avrei definito una catapecchia da poveracci, perché allora avevo un ristorante e le cose mi andavano alla grande. Avevo una famiglia e avevo degli amici. Ero una persona, insomma! Ora sono ridotto a vivere in un tugurio, al buio e …soprattutto da solo e senza luce, considerato da tutti un buono a nulla. Santo cielo!
Mi sforzo di pensare a quella fetta di umanità che mi ha preceduta, a quei grandi che vivevano al lume di candela e che hanno fatto la storia dell’umanità. Ieri andando dal parroco a chiedergli dei ceri…la solita storia che va avanti ormai da due anni e il buon Luigi lo sa e mi mette da parte i ceri dismessi, ieri …mi pareva di vivere “disconnesso”, direbbe mio figlio quando lo vado a trovare, lui che usa il computer. Mi parlava ieri delle “connessioni” in rete, io lo ascoltavo e mi veniva da pensare che il mondo è in rete per alcuni, ma non per tutti. Ma fuori dalle reti, esiste un mondo in parallelo che cammina lento, troppo lento, quasi fermo, a volte immobile che ha tempo solo per pensare, immaginare, sognare.
I sogni che faccio ogni volta ad occhi aperti, anche perché ormai non sogno più ad occhi chiusi, forse perché non dormo, assillato dalla paura che qualcuno entri dentro la mia casa e mi faccia del male, oppure il pastore tedesco del vicino che a volte sento ululare come un lupo e temo che possa sbranarmi, sfondando le mie sottili pareti di lamiera. Dio com’è freddo stasera! E questi pensieri mi raggelano il sangue che ora sento scendere e avverto umido e sento che mi bagna. Il taglio che mi sono fatto con lo specchio rotto è profondo. Le candele sono lontane da raggiungere, le ho lasciate nello zaino che mi porto appresso e ora…in quest’oscurità non posso raggiungerlo. Devo aspettare le luci dell’alba che filtrano dal plastico della mia porta e che rischiarerà, come per magia la mia dimora. Ma sorgerà il sole anche domani e se il meteorite mi avrà risparmiato … penso a te, specchio, dolce compagno che sopporti ancora la mia faccia e ti prometto che domani farai la tua parte. Ho bisogno di guardarmi in faccia perché non voglio dimenticarmi, ho bisogno di ritrovare l’uomo che è in me e curare il taglio naturalmente! E chiedermi ancora una volta: “ Chi sono io”?
Il tuo racconto è amaro e pieno di solitudine.. Non penso che la vera libertà sia poter fare ciò che si vuole, e non credo che seguire le regole imposte dal vivere in società sia un limite alla fantasia personale… Sembra quasi che tu voglia denunciare qualcosa, ma non ho capito bene cosa… Il tuo personaggio sembra aver perso molti treni nella sua vita, e per tutto il racconto si ha la sensazione che lui non si dia mai la colpa… Chi è causa del suo mal, pianga se stesso mi verrebbe da suggerirgli, senza cercare alibi per i suoi fallimenti. Complimenti per gli spunti riflessivi che suggerisci.