Premio Racconti nella Rete 2016 “Il clown” di Gloria Fontanive
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Dentro la stanza l’ odore di sigaretta rende l’ ambiente angusto.
Alice si siede per un istante davanti allo schermo grigio del Pc , ma viene immediatamente sopraffatta dalla nausea e da una forte sensazione di disagio.
Si alza, protesa in avanti , ingobbita, pallida.
Con le sue sue ossute mani bianche, apre la finestra fino a spalancarla in una una disperata fame di ossigeno.
C’è sempre un momento nel quale ci si sente sopraffatti da un segnale esterno che ci riporta ad un malessere interno. Sempre. Anche se gli occhi non vedono perché sono annebbiati dal dolore e le orecchie non sentono perché la vergogna attutisce il rumore della verità.
Ma, se la mente nasconde, non cancella.
Sempre c’ e’ qualcosa o qualcuno dentro di noi che lotta per non essere sopraffatto, per sopravvivere.
Come una vittima che si ribella al proprio aguzzino che cerca di strangolarla. Perché scopre in quel momento che non vuole morire.
Come un neonato che, istintivamente, cerca di respirare. Perché vuole vivere.
Alice spalanca la finestra, dunque. “Apre ” per ” chiudere”. Anche le farfalle lo fanno. Sbattono le ali per volare e garantirsi la libertà.
La donna, adesso, respira con una tale intensità che sente il petto vibrare e, mentre richiude la finestra, scorge la propria immagine riflessa e scopre un’ espressione che la rende simile ad un pesce rosso.
Istintivamente, si raccoglie i capelli e passa le dita sotto agli occhi, come a voler riprendere possesso della sua immagine di donna.
Alice è bella. . E’ bella anche se le rughe le segnano il viso. E’ bella perché le emozioni che prova sono di una tale intensità da scavarle sul volto linee perfette e piccole, quasi impercettibili, curve morbide che non fanno altro che accentuare la sua grazia.
Lei, naturalmente, questo non lo sa.
Si sente stanca, sola e vecchia.
Però, il bisogno di respirare che ha avvertito e’ stato prepotente e si avvicina certo più ad una rinascita che ad una resa
. Ecco: questo, invece, lo sa.
Ne’ e’ certa perche’ improvvisamente, non più cieca, vede.Non più sorda, sente.
Non più muta come il pesce rosso che vedeva riflesso poco prima, adesso ha voce e dice ” basta! “.Ma ” basta” , adesso, non significa più” mi fermo”. “Basta” significa ” cambio direzione”
. Da questo momento, la donna si lascia guidare da un istinto pazzo e determinato e reinventa la propria vita.
Eccola che scende le scale del proprio palazzo. Incrocia la portinaia che le da il buongiorno e le ricorda che la riunione condominiale si terrà all ore nove e trenta.
Alice non risponde al saluto e sbatte con forza il portone. Nella sua borsa porta soltanto i documenti, un cellulare, i trecento euro ritirati il giorno prima per pagare le bollette, un rossetto rosso, un pacchetto di sigarette, l’ accendino ed il cubo di Rubik che usa per rilassarsi e che tira fuori ogni volta che i ricordi la sovrastano.
Con lentezza, la donna si dirige verso il fiume che si trova a circa un chilometro da casa. Appena arrivata si libera dei documenti e del cellulare gettandoli nelle fredde acque.
Adesso e’ seduta sopra un grosso sasso ricoperto di muschio. Si e’ accesa una sigaretta, l’ ultima. Da questo momento, si perdono totalmente le sue tracce.
Qualcuno da per certa la morte della donna, con macabro cinismo. Altri giurano di averla vista alla stazione con lo sguardo perso di chi e’ insensibile ad ogni stimolo esterno.
Ma se è vero che Alice ha preso il suo treno per la rinascita, dimenticandosi del passato, per il suo passato è impossibile dimenticarsi di lei.
Giorgio torna a casa tardi quella sera, come del resto avviene da mesi.
E’ incurante dell’ assenza della moglie che crede alla riunione di condominio.
Si addormenta sul divano e si sveglia, di soprassalto, alle cinque del mattino, quando la voce stridula che proviene dal televisore acceso, decantando le doti di un materasso, gli ricorda che ha un letto dove andare a riposare.
Ma il letto é vuoto.
Dapprima perplesso, poi sempre più preoccupato, l’uomo cerca sulla rubrica il numero della moglie.
Non lo ha mai imparato.
Digitando la sequenza dei numeri impreca.
Nessuno risponde. Impreca nuovamente.
Sarebbe, adesso, quanto mai sensato pensare che l’ uomo possa chiamare gli ospedali, i carabinieri, la polizia
No.
Eccolo mentre, ancora dentro alla sua camicia stropicciata, paonazzo e sudato, chiama Carla, l’ amica della moglie.
La chiama senza bisogno di consultare la rubrica perché conosce quel numero a memoria.
Carla abita da sola e risponde al primo squillo, come chi vive la vita in una costante attesa.
Nel frattempo, un pescatore ha trovato i documenti di Alice, fradici ma ancora leggibili ed i carabinieri riescono a rintracciare l’ abitazione ancor prima che Giorgio riesca a raccogliere le idee.
Verra’ certo spontaneo, adesso, pensare cosa passi nella testa di Giorgio. E in quella della portinaia, alla quale nulla di ciò che accade nel condominio sfugge?
E Carla? Ecco, saranno le espressioni dei loro volti a tradirne i pensieri. Osserviamoli, dunque.
La portinaia, interrogata dal biondo in divisa, ha stampata in faccia un’ espressione di disgusto persino un po forzata, scuote spesso la testa, mettendo a dura prova l’ equilibrio dei bigodini e, con accento a tratti sarcastico, descrive dettagliatamente i movimenti nella casa.
Giorgio e’ pallido, sembra incredulo, inebetito, risponde alle domande seduto sui gradini delle scale sostenendo il capo con le mani.
L’ uomo è, chiaramente, attanagliato dal senso di colpa e sembra invecchiato dieci anni in un solo, maledetto, giorno.
Carla gesticola in continuazione, e’ mattina presto eppure ha un trucco molto sofisticato e sembra appena uscita da una pagina di Vogue, ostenta una tale disperazione da risultare irritante anche al commissario che, infatti, la invita a tacere.
Da quel giorno trascorrono ore, giorni, mesi ed anni.
Dopo un anno Giorgio e Carla andranno a vivere assieme. Le camicie di Giorgio saranno sempre più stropicciate e il trucco di Carla sempre impeccabile.
Quando la guarda, Giorgio cerca sul suo volto linee perfette e piccole curve morbide.
Ma vi trova solo noiose increspature.
Una sera Carla si presenta a letto con una camicia da notte che ad Alice stava d’ incanto, mentre lei sembra una patetica e goffa geisha.
La reazione del compagno è un’ istintiva smorfia di disgusto, che lascia trasparire disapprovazione.
La smorfia si trasforma in un sorriso quando lo sguardo si fa sognante, trasportato da un’ immagine ormai lontana nel tempo.
L’ uomo si riscopre innamorato di Alice come mai lo era stato prima. Naturalmente, impotente contro le sue stesse forti emozioni, tronca la relazione con Carla che reagisce affondando rabbiosamente e con forza le unghie sul volto di Giorgio.
L’ uomo vende l’ appartamento, lascia il lavoro di avvocato ed inizia a vagare per il mondo, portando con sè le cicatrici sul volto e sull’anima.
Portando con sè, però, anche la speranza.
Oggi e’ a Londra, precisamente, a Piccadilly Circus.
E’ esausto: ha girovagato tutto il giorno e non ha neppure più le forze per raggiungere la metropolitana.
Butta il proprio corpo stanco sopra ad un muretto.
A pochi metri c’è un’ insegna gialla che illumina, ad intermittenza, gli abili movimenti di un giocoliere truccato da clown.
Ha le labbra rosse ed un magnifico sorriso.
Sotto al trucco si riescono ad intravedere delle linee perfette e piccole curve morbide.
Ecco, adesso sta posando a terra le tre palline colorate, si va ad appoggiare al muretto, accanto al corpo addormentato di Giorgio e tira fuori dalle tasche un cubo di Rubik.
Asciutto come certe esperienze di vita. Esplora con verità piccoli passi nell’interiorità femminile. Regala emozioni di positività
In effetti la mia intenzione era quella di scrivere una ” storia di bonifica “, per cui l’ aggettivo ” asciutto ” lo trovo adatto. Grazie per averlo letto Laura.
Il tuo racconto è diretto, essenziale privo di qualsiasi abbellimento. Ci descrivi i fatti usando un presente spietato che non lascia spazio a fantasticherie… Sei ” nuda e cruda” nel presentarci questa storia come una serie di fatti in rapida successione, come a ricordarci che di tempo ne abbiamo veramente poco per sprecare la nostra vita dietro a fatti che non sono importanti… Spesso è proprio vero, per vedere le cose con più chiarezza occorre allontanarsi un po’, come a prendere una poderosa rincorsa per poi spiccare il salto della vita, come forse accadrà ai tuoi protagonisti. Dai un grande messaggio di fiducia in se stessi con questa storia, sproni la gente a smuovere le acque ferme della loro esistenza, ci fai capire che se non ci piace quello che abbiamo, in qualche maniera si può anche cambiare. E dai come hai scritto sembrerebbe anche facile, magari fosse così! Complimenti.
Grazie davvero, Patrizia, per aver esplorato così bene il mio racconto ed essere riuscita a coglierne il messaggio positivo. Spesso nella vita il cambiamento è necessario e ci deve plasmare per renderci sempre più simili a noi stessi.Solo così riusciremo ad amarci e a diventare ” amabili”.
Ho letto con piacere il tuo racconto Gloria. Mi hai fatto pensare a come spesso attribuiamo al cambiamento una grande responsabilità, immaginandolo come un’entità esterna ed indipendente, e a come, in realtà, siamo proprio noi in continua evoluzione. Facciamo spesso fatica a trovare il coraggio di ammetterlo a noi stessi. Brava, complimenti!
Grazie Silvia!
Beh! Che piacevole sorpresa! Non che mi aspettasi niente o qualcosa, non conoscendoti affatto. La sorpresa ce l’ho avuta man mano che leggevo. Dall’inizio mi sembrava una triste storia di una donna sopraffatta dalla vita, poi il finale: una lama di luce in una stanza buia.
Hai usato uno stile quasi da “sceneggiatura” che, devo dire la verità, mi ha disturbato un po’. Non dico che non vada bene o non mi sia piaciuto, mi ha lasciato la voglia di vedere scorrere le parole, di sentire il fiume di emozioni precipitare giù verso la foce e invece… tu ci hai posto a intermittenza delle dighe, rallentandone il flusso. So che è una scelta voluta e posso intuirne i motivi quindi lungi da me dire che va o non va bene. Brava.
Leggo solo ora il tuo commento Costantino, grazie per avere letto il racconto!
Questo è il secondo tuo che leggo e già si capisce che sei una scrittrice poliedrica.
Il primo “Baloon” è sbarazzino e divertente, mentre questo è solido e intenso e le frasi brevi e secche creano la giusta atmosfera del racconto e credo che con gli spazi originali il testo renda ancora di più.
Potresti scrivere su tutto e con diversi stili narrativi.
Sei riuscita a farmi entrare in testa pure questo racconto.
In risposta a Vincenzo Spinelli. Grazie Vincenzo!! Questo racconto, in realtà, è dello scorso anno ed è stato il primo timido tentativo su questa piattaforma. Oltre a ” Balloon”, quest’ anno ho inviato ” Leggera come la morte “, un racconto dallo stile ulteriormente differente perché, e’vero, come dici tu sono multiforme. Se troverai il tempo ( ela voglia ) di leggerlo, mi farà piacere una tua opinione. Grazie ancora 😀