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24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2010 “Una piccolissima nemesi” di Brunella Monti

Categoria: Premio Racconti per Corti 2010

– Controvento…acc. che sfortuna, sono sempre controvento –

Questa che parla sono io. Lo so posso sembrare lamentosa e insulsa, ma non è da tutti macinare chilometri e chilometri di volo come me. Senza sapere se troverò il prossimo approdo. Senza nessuna certezza del domani.

Qui il mondo cambia, manca la materia prima, trovare un fiore spontaneo è sempre più difficile. Per non parlare dell’inquinamento dell’aria, dei pesticidi e cose così. Così, vedete, vado, però diventa più difficile. Ogni anno che passa, siamo sempre meno, ogni anno diventa più complicato.
Stavo appunto volando controvento, mi sono abbassata per fare meno fatica e mi sono trovata davanti ad un muro all’improvviso. Non so come, un uomo si è eretto davanti a me. L’ho evitato all’ultimo minuto. Non ho potuto evitare di cadere malamente. Mi sono rialzata, stordita. Ho fatto un voletto di prova.

Sul prato ce n’era un altro di uomo. Uno di quelli più bassi e sottili, uno di quelli che strillano forte e che hanno un prato di lunghi fili sottili che pendono dalla testa. Era steso sull’erba, immobile. Aveva quei grossi occhi rotondi, che hanno gli uomini, spalancati e fissi.

Gli ho girato intorno per un po’. Dalla bocca stupita aperta sopra una fila di bianchissimi sassi, pendeva un filo di bava. L’uomo più grosso, poco più in là, si sistemava quei grossi petali che lo ricoprono. Sembrava ignaro. Borbottava qualcosa che non capivo.

Sono strani questi animali giganti, che vanno in giro come i padroni del mondo. Non è la prima volta che li incontro. Pur tuttavia la scena era molto triste.

Non erano certo affari miei, ma ho sperato che piovesse. Talvolta l’erba, anche se calpestata, si rialza sotto lo stimolo gentile dell’acqua che cade. Ma non pioveva, anche se tirava vento e il cielo si scuriva, denso di nuvoloni grigi. Poi l’uomo grosso si è girato e se n’è andato, ed io che non capivo l’ho seguito.

Gridavo “Fermati” “Aiuta quello piccolino che è caduto, o forse l’hai pestato proprio tu, che sei così ingombrante e prepotente sempre… “.

Non capiva, o forse non voleva proprio. Comunque lì ho sentito che non avevo scelta. Che la solidarietà travalica la razza, la religione, il sesso e persino il genere… così ho pensato che dovevo fermarlo ad ogni costo. E allora l’ho punto.

L’ho punto dietro al collo, subito sopra i petali che gli coprono la schiena e sotto il prato che gli ripara la testa. Lui, di nuovo, non ha capito, mi ha dato una gran manata e se n’è andato via.  Io sono caduta a vite, il ventre squarciato, sopra una foglia tra i fili sottili allargati dell’uomo steso in mezzo  al prato.

Adesso sto morendo piano e mi chiedo che senso abbia avuto questa mia vita. Non penso di aver sbagliato giocandomela tutta in un minuto. Sono abituata a pensare che nulla dura in eterno e che il mondo è un continuo divenire. L’unica cosa che mi dispiace è di essere stata una creatura insignificante, solo una stupida piccola ape …

– Punto …acc, che sfortuna, sono stato punto! –

Barcollo, devo andarmene, lasciare questo posto è una priorità. Mi lascio alle spalle il fagotto di un corpo scomposto. Non lo posso nemmeno guardare. Ci casco sempre, ogni volta ci ricasco. L’ho fatto ancora. Ho ucciso. Mio Dio, perché succede questo? Perché a me?

Fulminami qui, ora. Fermami prima che possa uccidere ancora. Tu lo sai che io sono una brava persona, tu lo sai. Trascorro molto tempo cercando di essere buono. E poi arriva un momento…arriva sempre il momento, in cui la vedo. Pallida, bionda o bruna, flessuosa. Mi ossessiona il suo ventre piatto, la sua vita sottile, oppure il modo come scuote la testa, le mani. E’ la fragilità che mi attira. Desidero subito toccarla, stringerla, stropicciarla.

E così me la prendo. Se nessuna mi ferma, allora vuol dire che è mia. Poi non posso più fermarmi, divento un’altra persona e uccido. Ora vorrei che non fosse mai successo. Mi gira la testa, ho la nausea, scappo via da qui per non doverla più rivedere…
Trovo la macchina, l’ho parcheggiata poco distante. E’ celata dalla fitta vegetazione. Ci salgo a fatica. Dentro il caldo è soffocante e mi pare di non poter respirare. Sto male. Ingrano la prima marcia e mi avvio traballando sulla strada sterrata.

Policlinico di una grande città, reparto di medicina interna, stanza degli infermieri. Sono le dieci di una sera immobile, il caldo è estivo, il reparto è silenzioso. Luca è seduto al tavolo e sfoglia un giornale spiegazzato che ha raccattato nella saletta di ricevimento parenti. Si aprono le tende che schermano l’ingresso della stanza. Anna entra e chiede – Qualcosa di nuovo? – Luca risponde con un sospiro – Hanno trovato un’altra ragazza strangolata, giovanissima anche lei – Anna rabbrividisce nonostante il caldo – Ma quando finirà questa strage? C’è da aver paura a uscire da casa. E non si sa più di chi fidarsi. – Non è normale, – osserva Luca – una volta queste cose non succedevano… – Arriva Sergio – oh, Luca ma ‘ndo te sei ‘mbucato? –

– Mi sto rilassando un attimo –

– T’ha cercato Il dottor Russo, voleva sapere dove hai trovato esattamente lo “ shock anafilattico ”- – Quello che ho preso su ieri pomeriggio? –

– Sì quello –

– La macchina stava buttata di traverso su una stradina di campagna, una stradina un po’ isolata. E lui lì dentro era svenuto sul volante e non respirava quasi più. Non hanno ancora trovato i parenti?-

– No, ed è morto. Sai la cosa strana? La sua macchina era poco distante dal punto in cui hanno ritrovato quella povera ragazza strangolata… –.

– Poveretto anche lui – sospira Anna – anche se la sua morte è stata solo una fatalità: era allergico alla puntura delle api, può capitare. Invece la ragazza … – E poi: – Spero che qualcuno lo fermi quell’assassino, spero che chi può, lo fermi… -.

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2 commenti »

  1. Complimenti! Il racconto è veramente gradevole; scritto bene e molto originale.

  2. Grazie 🙂

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