Premio Racconti nella Rete 2016 “Eghus” di Luigi Giampetraglia (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Kunkununzi e ulli-munni erano in guerra da sei generazioni.
Nel corso del conflitto erano morti sei milioni di ulli-munni e almeno altrettanti kunkununzi.
C’era chi diceva che la guerra sarebbe finita solo se avessero trovato qualcuno più forte contro cui combattere.
E quel qualcuno era comparso la prima volta proprio nel bel mezzo di uno dei loro epici scontri.
Gli ulli-munni, quando lo avevano visto emergere dalla nube di fumo, si erano subito fermati.
I kunkununzi, invece, avevano continuato a lanciare sassi dalle loro cavalcature alate, almeno finché il loro capo Khon non aveva intimato a falcalli e falcalieri di ritirarsi sulle colline.
Dall’altra parte del campo re Uliman aveva ordinato ai suoi di serrare le fila e aveva fatto qualche passo cauto verso l’apparizione.
Il mago era rimasto immobile, gli occhi chiusi, le braccia incrociate sul petto.
“Chi sei?” gli aveva chiesto Uliman.
“Che vuoi?” lo aveva incalzato Khon.
Le labbra del mago si erano schiuse appena e due serpi erano saettate fuori dalla sua bocca, avvolgendo i due re in una stretta mortale.
Un istante dopo, la sua bocca, spalancata come una nera voragine, aveva cominciato a risucchiare tutto quello che c’era intorno: alberi, sassi, animali e infine, gli urlanti ulli-munni e i loro fieri avversari, i kunkununzi.
Khon e Uliman avevano osservato la scena impotenti, schiumando rabbia dalla loro prigione di spire.
Quando tutto era finito i serpenti li avevano trascinanti nella polvere, dal loro padrone.
“Io ucciderò te!” aveva urlato Khon tra le lacrime.
“Io sono Eghus. Siete sopravvissuti per volere di Eghus. L’oblio si approssima. Non c’è salvezza. Solo Eghus!”
Due giorni dopo Eghus era riapparso ad Aghyara e aveva risucchiato il Grande Fiume e tutti quelli che vivevano lungo le sue sponde.
Erano scomparsi otto regni e, questa volta, non si era salvato nessuno.
Stessa sorte era toccata al bosco di Bawnobillown e ai popoli selvaggi degli Onzi e dei Tracchi.
Una settimana più tardi il mago aveva divorato i regni gemelli di Tau e Tauria, e infine era toccato alla Città-Stato di Rhea e alla contea di Edra dalle verdi colline.
E, cosa peggiore di tutte, nessuno sapeva chi sarebbe stato il prossimo.
Dopo l’attacco, Khon era balzato in groppa al suo falcallo e si era diretto a Nord. Nella stessa direzione in cui si era incamminato Uliman.
Il Drago era di nuovo lì.
Respirava affannosamente, come se fosse indeciso se incenerirlo o divorarlo.
Aveva una cresta dentellata sul dorso e occhi lucidi, da serpe.
Restò a fissarlo per qualche istante, poi fuggì via.
“Come lo uccidiamo?”
L’Oracolo raccolse un grumo di sangue sfilacciato nell’unghia ricurva e lo assaggiò con la punta della lingua.
“Eghus non può essere ucciso, ma Chion può essere salvata!”
La sua voce era vento tiepido, alito di serpi.
“Come?”
L’Oracolo guardò Uliman e Khon come se li vedesse per la prima volta.
“Eghus ucciderà Bha-Bho che tutto creò!”
“Ma i suoi figli…”
“I Cinque non possono nulla, solo Iulig può!”
“Iulig?”
“Il Dio Bambino. Si nasconde sul monte Asac!”
“La dimora di Bha-Bho?”
“Come lo troviamo?”
L’Oracolo tuffò le mani nella ciotola ricolma di sangue.
“Portate con voi un Drago!”
“Per il deretano piatto di Aren-da, dove lo troviamo un Drago?”
Khon ignorò Uliman e montò in groppa al falcallo.
“Tu per tua strada, io per mia!” disse piantando gli speroni nei fianchi della creatura. “Ih-ih, Wiiprah!”
“Dove vai?”
Khon abbassò gli occhi sulla mano pelosa stretta intorno alla coda di Wiiiprah.
“Lascia subito!”
“Non ce la farai mai!”
“Devo vendica mio popolo!”
“Hai sentito l’Oracolo: Eghus non può essere ucciso!”
“No frega di che dice Oracolo!”
“Khon dobbiamo trovare quel Drago e portarlo a Iulig… E dopo facciamo il mazzo a Eghus!”
Khon esitò un istante, poi liberò un sorriso e strinse la mano tesa dell’antico nemico.
“Buono piano: noi fa insieme!”
C’erano tutti: Noti-no, Pa-in, Riama, Roci, persino Aren-da.
Erano al suo capezzale. Ed erano tristi. Un cerchio di volti tirati. Non un sorriso.
Come sarebbe piaciuto a lui. Questo voleva dire che Eghus stava per farcela.
“Bha-Bho…”
“Noti-no, figlio mio!”
Khon illuminò l’ingresso della galleria e strizzò uno dei suoi occhietti.
“Drago nasconde qui!”
“Sicuro?”
“No fidi?” ribatté Khon incupendosi.
“Ma no,” provò a rimediare Uliman “è solo che…”
“Khon no dire bugie!” ribadì il nano rimettendosi in marcia.
… direbugie-no-gie-no-no-no, gli fece eco la caverna.
“Vedi: anche lui lo dire!”
Il Drago era tornato. Ma questa volta era rimasto lontano. Sulle colline.
I Cinque erano al suo capezzale e quando c’erano loro il Drago non si avvicinava. Forse li temeva. Oh, sì, che li temeva!
Arghila Surprisa era l’ultimo della sua specie.
Tutti gli altri Draghi erano stati sterminati quasi tre secoli prima dai Troll, in quella che era passata alla storia come l’Eccidio delle Serpi.
“Quando noi arriva, noi parla con Drago!”
“Vuoi parlargli?”
“Nessuno può uccide Drago,” spiegò con calma Khon “solo Troll può, ma Troll tutti morti!”
Uliman afferrò il kunkununzio e lo costrinse a voltarsi.
“Vuoi farci ammazzare?”
“Khon no stupido. Drago forte, però no molto furbo. Lui paura di Troll e noi fa finta che tu Troll!”
L’occhio del Drago si spalancò di scatto. L’iride scura come un cielo senza stelle, la pupilla gialla e sottile come una falce di luna.
C’era qualcosa che non andava. C’era qualcuno. Le grandi narici fiutarono l’aria in cerca di risposte.
Odore acido, di nidi di rapace e sangue, odore di ferro e… di qualcosa che somigliava a lana caprina bagnata.
Un attimo prima che il baluginio delle torce ne annunciasse l’arrivo, il Drago emise uno sbuffo di fumo che puzzava di sterpaglia bruciata.
“Arghila Suprisa?”
Dalla nube emersero in due, un nano, con cinque occhi disseminati sulla fronte come foruncoli, e un grosso tizio peloso, che sembrava un enorme covone di fieno.
“ChI sIeTe?” cantilenò il Drago ergendosi in tutta la sua magnificenza.
Khon fece un passo verso Arghila: se lo temeva non lo dava a vedere.
“Lui Uliman, Principe di Troll!”
“TrOlL?” sibilò il Drago. “SeI uN tRoLl?”
Khon diede un calcetto al compagno.
“Oh, sì, sono un terribile Troll!”
“NoN pEnSAvO fOsTe CoSì PeLoSi?”
“Quelli di sua razza, così!”
“E tU cHi SeI?”
“Lui è il mio servo!” lo anticipò Uliman.
Khon strabuzzò gli occhi e il suo volto si colorò di una sfumatura verde bile.
“SeI vEnUtO a FiNiRe Il LaVoRo DeI tUoI aVi?”
“Noi qui per chiedere tuo aiuto.” spiegò Khon giungendo le mani.
Il Drago sembrò sollevato.
“VuOl DiRe ChE nOn Mi UcCiDeReTe?”
“Non se tu verrai con noi sul monte Asac!”
“La DiMoRa Di BhA-bHo?”
“Verrai?”
“NoN mI sEmBrA dI aVeRe sCeLtA.”
“E infatti no hai!” puntualizzò Khon minaccioso.
La sagoma del Drago si stagliò contro la pallida sfera lunare.
Era una notte tersa, sgombra di nubi, baluginante di stelle. Eppure nessuno notò il Drago. E, men che meno, la piccola figura alata che seguiva in coda.
Eghus era tornato. E i sopravvissuti non avevano occhi che per la terra nuda. Nessuno più guardava al cielo con speranza. Nessuno più pregava Bha-Bho.
La sacra montagna emergeva dalle acque come un gigantesco iceberg.
Il Drago virò verso l’altopiano innevato e spiegò le grandi ali da pipistrello.
“Si AtTeRrA!”
L’ulli-munno si afferrò al collo squamoso del Drago e pregò di avere forza a sufficienza per reggere l’impatto.
La cima dell’Asac era sferzata da venti gelidi, ma quando Arghila finì la sua corsa contro un affilato spuntone ghiacciato, il fiero re degli ulli-munni era ancora attaccato al suo collo.
“Siamo vivi?”
“Sì!” rispose Khon smontando dal falcallo. “Vieni: noi trova Iulig!”
Quando Bha-Bho vide le tre figure emergere dalla tormenta, il suo cuore si colmò di gioia. Cercò in tutti i modi di richiamare l’attenzione dei figli, mugolò, roteò gli occhi, spinse il mento in avanti, ma nessuno di loro riuscì a capire…
No, era molto più semplice di così: loro non riuscivano a vedere!
I suoi occhi si riempirono di lacrime, e fu in quel momento che lo vide: Iulig, il Dio bambino.
“C’è QuAlCoSa Là!”
Khon e Uliman guardarono nella direzione indicata dal Drago.
“Io vede niente!”
“Aspetta, c’è una torre!”
“Il ragazzo!”
“Bha-Bho!” singhiozzò Riama stringendo le mani del padre.
Il Dio si liberò dalla presa con un gesto di stizza.
“Lasciatemi solo col ragazzo!”
“Ma Bha-Bho!” protestò Noti-no.
“Ora!”
Noti-no annuì gravemente e fece cenno agli altri di seguirlo fuori dalla stanza.
Quando incrociò il ragazzo gli appoggiò una mano su una spalla e disse:
“Vuole parlarti!”
“Quella è casa di Bha-Bho!” esultò Khon scattando verso la Torre Bianca.
“Fermi!”
Conosceva quella voce.
Si voltò giusto in tempo per vedere la figura arcigna del mago emergere dalla tormenta.
“ChI SeI?” chiese Arghila scrutando minaccioso il nuovo venuto.
“Io sono Eghus!”
“Uccidilo Arghila!”
Il Drago spalancò le fauci e investì il mago con una fiammata poderosa che accese l’altopiano di un bagliore cremisi. Per un istante si illusero di avercela fatta, ma Eghus venne fuori dalla nube di fumo perfettamente integro!
“Non c’è salvezza!”
Arghila arretrò esterrefatto.
“CoMe Ha FaTto, TrOlL?” chiese rivolto a Uliman,
“Troll? Costui non è un Troll, ma solo uno sporco ulli-munno!”
Gli occhi del Drago si infiammarono di collera.
“CoSa?”
Uliman esitò un istante di troppo.
“Mi HaI iNgAnNaTo!”
Il Drago spalancò le fauci.
“Nooo…”
“Come ti chiami?” chiese Iulig avvicinandosi al vecchio.
“Bha-Bho!”
“Questo lo so,” rise il ragazzo “ho visto i tuoi figli, so che sei il loro babbo, ma io volevo sapere qual è il tuo nome?”
“Ba-bbo!” ripeté il vecchio senza capire.
“Volevi parlarmi?”
“Ti piacciano le favole?”
“Sì…”
“Voglio raccontartene una.”
Iulig esitò. C’era qualcosa nello sguardo del vecchio che lo spaventava: follia? Sì, forse.
“Io devo andare.”
“Nooo…”
La mano del vecchio saettò verso il polso del bambino come una vecchia serpe glabra.
“C’è anche un Drago nella storia!”
Il vecchio e il bambino si fissarono per un istante che parve infinito. Poi Iulig tirò fuori un peluche a forma di drago da una tasca del pigiama e saltò sul bordo del letto.
“Lui è Arghila Surprisa, il tuo Drago gli somiglia?”
“Oh,” rispose il vecchio sistemandosi meglio sul cuscino “è identico a lui…”
CLINICA DEA – REPARTO GERIATRIA
“Signor Antonio?”
“Sono io!”
“Purtroppo le condizioni di vostro padre sono peggiorate.”
L’uomo in camice bianco diede un’occhiata alla cartellina.
“L’Alzheimer ha già distrutto la maggior parte dei suoi ricordi. Il suo mondo sta sparendo, inghiottito da un mostro terribile che non lascia scampo!”
“Lui lo chiama Eghus!” disse la donna di mezza età ferma sulla soglia. “Crede che sia uno stregone…”
“Kunkununzi e ulli-munni”, cominciò a raccontare il vecchio, “erano in guerra da almeno sei generazioni. Nel corso del conflitto erano morti sei milioni di ulli-munni e almeno altrettanti kunkununzi…”
Bella la storia è il finale azzeccatissimo…. Ad un certo punto ho pensato: deve essere un delirio…. O le fantasie di un bambino!
Tutte le malattie sono dei brutti mostri, che a volte vengono sconfitti ed altre volte purtroppo no.
Raccontato ai bambini, probabilmente, diventa un modo per esorcizzare qualcosa difficile da spiegare.
Hai una fantasia sfrenata, il racconto ha ritmo e il lettore vuole sapere come finisce la battaglia in questo mondo fantastico che dipingi. L’epilogo è inaspettato e quasi un colpo di scena.
Vulcanica creatività: complimenti, non so i bambini ma a me è piaciuto, e mi ha anche divertito questo universo dalla vivacità pirotecnica, abitato da strane creature dal nome impronunciabile, draghi, nani e maghi. Il colpo basso ce lo rifili nelle ultime righe e, credimi, fa male, ma è ciò che da senso a tutto ciò che viene prima e che ne fa, io credo, un fantastico racconto per adulti.
Solo la fantasia dei bambini e la follia degli anziani ci possono condurre in un mondo immaginario e fantastico dove anche la malattia diventa immaginazione.Bello e intenso.
Mi sono divertito a leggerlo, anche se a tratti perdevo il filo… La sovrabbondanza della storia e dei personaggi, è intenzionale? Forse sì, visto che nel finale si capisce che si trattava di un ammalato di Alzheimer…
Ho letto volentieri il tuo racconto perché c’è molta fantasia, tanta azione e scorre via con un ritmo frenetico e incalzante… e il finale è una vera chicca perché è inaspettato e sorprende il lettore gettando una chiave di lettura alternativa a tutta la storia. Ma la domanda sorge spontanea: questo è un racconto per bambini? Troppi fatti in rapida successione, troppi nomi difficili e soprattutto ” la storia nella storia” potrebbe confonderli, anche perché di solito ( ammesso che non abbiano parenti affetti da questa malattia) i bambini non sanno niente dell’Alzheimer e non è nemmeno facile spiegarglielo. Quindi, ottima capacità creativa, buon racconto, ma secondo me, inserito nella categoria sbagliata.
Intanto volevo ringraziare tutti per i complimenti e, soprattutto, per le critiche. Quanto alla questione della categoria devo dire che io stesso ero indeciso. L’ultima parola l’ha avuta mia figlia Federica di sette anni, che mi ha aiutato con la scelta dei nomi e con la genesi di alcuni personaggi.
E’ stata lei a insistere perché lo inserissi nella categoria ‘racconti per bambini’, perché in fondo di questo si tratta, almeno per 3/4.
Alcuni classici della letteratura per l’infanzia sono stati inizialmente concepiti come opere non destinate ai bambini o almeno non destinate esclusivamente ad essi, è il caso, ad esempio, dei Viaggi di Gulliver di Swift (satira allegorica dell’Inghilterra settecentesca) o de La Storia Infinita di Ende (metaromanzo di matrice filosofico esistenzialista).
Ma l’elenco è lungo e potrei andare avanti per diverse righe.
Se i racconti dovessero essere contrassegnati da un bollino, come i film o i programmi tv, credo che Eghus meriterebbe un giallo (bambini accompagnati da un adulto). Certo non è facile spiegare certe cose a un bambino (nel caso di una malattia come l’Alhzeimer non è facile nemmeno spiegarlo a un adulto per la verità), però talvolta la vita ci mette nella condizione di doverlo fare comunque e io ho provato a raccogliere una sfida che sapevo essere difficilissima. Se ci sia riuscito o meno questo non sta certo a me dirlo, ma ai lettori, specie quelli più piccini.
E considerata la tua loquacità, mi piacerebbe un tuo commento al mio racconto. Grazie!
Quanto mi è piaciuto questo racconto,l’ho letto ieri a mia figlia, ha riso tanto era molto divertita dai dialoghi.Lo trovo scritto benissimo ,non avrei mai pensato in un finale tanto forte.In bocca al lupo Luigi,e se hai un pò di tempo ti invito a leggere il mio.
Invece a me e’ piaciuto tutto il raccontino tranne che il finale..tipo quando Pinocchio diventa un bambino.,tradimento kunkununziano,oserei dire !
Davvero bravo Luigi: creatività, stile e gran padronanza del linguaggio.
A mio avviso, il racconto potrebbe essere indifferentemente molto valido per entrambe le categorie (bambini e “adulti”).
Solo questione di scelta, insomma :-).
Complimenti!
Sono d’accordo con Laura riguardo al finale.
Forse il racconto poteva restare tutto nel mondo di Bha-Bho e lasciare intendere lo stesso che parlava di Alzheimer, che è una bellissima idea. A rileggerlo infatti trovo che la metafora sia sempre puntuale. Ma è una critica difficile da sostenere, specie per un racconto così riuscito.
Mi sono piaciuti moltissimo i personaggi, che ho trovato realistici e caratterizzati, e i dialoghi, che sono la mia parte preferita.
A tratti mi ha ricordato un racconto di Kipling, “Come fu scritta la prima lettera”, che ho sempre amato.
A proposito di categorie, credo sia giusta la sezione Racconti per Bambini, che poi non significa racconti che devono piacere solo ai bambini. E tutti questi commenti lo dimostrano.
Caro Luigi, il tuo racconto è un vortice di immagini che si succedono frenetiche, personaggi con un nome tanto eloquente che si riesce quasi a vederli, avventure tanto balorde da essere irresistibili. Mi ha dato l’impressione di una sorta di saga nordica (con draghi, nani, eroi e contro-eroi) riadattata al tuo scopo: il galoppante viaggio di una fantasia forse compromessa nella sua razionalità, ma non per questo meno fertile. Complimenti!
Non è facile parlare ad un bimbo di un argomento così tosto. Spesso non è facile neanche parlarne con un adulto.
L’Alzheimer è una bestia talmente terribile ed incomprensibile che forse solo così, può essere spiegata.
Sei stato bravo.
Molto bella…complimenti ! Racconti come questo, quando li leggi, ti sembra di vederne le immagini… Doppiamente bravo per il difficile argomento !!! Clap ckap clap !!!
Molto bella…complimenti ! Racconti come questo, quando li leggi, ti sembra di vederne le immagini… Doppiamente bravo per il difficile argomento !!! Clap clap clap !!!
Il racconto mi è piaciuto molto. Sono assolutamente contro l’idea che se una storia racconta una favola, debba essere per bambini, amo il fantasy. In questo caso ancora di più… il finale mi sembra per adulti e anche la complessità dell’intreccio e il gran numero di personaggi da ricordare.
Io, da da adulta, in ogni caso dico che questo racconto mi è piaciuto moltissimo 🙂
Ciao Luigi. Mi hai chiesto di essere spietato quindi… Scherzo naturalmente.
Secondo me non è un racconto per bambini, insomma è fuori concorso in questa categoria.
Mentre lo leggevo infatti pensavo che, per un racconto per bambini, aveva un lessico troppo difficile e nomi troppo difficili da ricordare. Mi ci perdevo io! Il finale spiega tutto e quindi dà un senso al resto della storia. Però non lo ritengo un racconto per bambini. Va detto però che io, come ho già ammesso, non mi oso nemmeno lontanamente a cimentarmi in narrativa per bambini e quindi ci capisco fino a un certo punto. L’unica mia esperienza è quella di padre e credo che un racconto così sarebbe molto apprezzato da mio figlio, che ha 14 anni e se ti azzardi a chiamarlo bambino ti molla un cazzotto che ti stende. Mia figlia, che di anni ne ha 10, invece farebbe fatica a capire certi termini lessicali e tutti quei nomi. Detto questo, se non lo consideriamo un racconto per bambini, è un bel racconto, con un bel colpo di scena finale. Ma se lo togliamo dalla categoria per bambini, allora ha alcune ripetizioni che in un lettore adulto ed esperto, possono dare fastidio. Questo è il mio modesto parere. In ogni caso mi è piaciuto.
Costantino Lupato, grazie anche per questo commento. Non tornerò sulla questione della categoria, anche perché ho già ampiamente spiegato le ragioni di questa scelta.
Il paradosso è che i ‘nomi troppo difficili da ricordare’ sono il frutto della fantasia di una bambina di sette anni, mia figlia Federica, che ho volutamente assecondato alla lettera.
Quanto a un certo spaesamento del lettore credo sia dovuto almeno a due elementi: il primo ‘voluto’, i salti temporali e i cambi di scena repentini sono da imputarsi alla malattia, il secondo ‘dovuto’ alla necessità di forzare la storia in 9000 caratteri (in effetti a posteriori e anche grazie al tuo e ad altri commenti solo ora mi rendo conto che il racconto sembra un po’ compresso, forse sarebbero stati necessari un bel po’ di caratteri in più per dipanare una vicenda che è oggettivamente complessa).
Ancora grazie… E felicissimo di avere avuto la possibilità di confrontarmi con te. Ciao