Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2016 “Il tavolo (di formica rosa)” di Elisa De Leonardis

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Ancora la caffettiera bollente!

Eh no, quando impareranno ad usare un sottopentola?

Non mi va di avere questi aloni, è vero che il mio ripiano di formica rosa è scolorito e l’angolo vicino al muro è un po’ sbocconcellato, ma l’alone esagonale della caffettiera non mi va proprio!

Me ne sto sulle mie gambe di alluminio, con appena qualche rigatura di ruggine e per non sciupare il pavimento di ceramica calzo quattro bei feltrini per appoggiarmi dolcemente al pavimento.

La cucina ha le mattonelle opalina – che colore è? Guarda, è un non-colore che sta bene in cucina.

La cucina prende il rosso del peperone, il verde scuro del broccolo o quello chiaro dell’insalata romana, il viola della melanzana – va bene sia quella tonda che quella lunga, il codice colore è lo stesso! – e poi l’arancio delle arance e anche delle carote – sarà arancene o carotene a farle di quel colore? Chissà, ci vuole un esperto per dirmelo.

I più eleganti sono i baccelli, con perfetto abbinamento delle nuance del verde tra involucro e contenuto.

E poi il rosso pruriginoso delle fragole, il giallo schiumoso del melone maturo, il rosa timido delle pesche, che dire – le mattonelle del non-colore opalina sono perfette.

La cucina, dicevo, è lunga e stretta, per cui sono addossato al muro per il lato più lungo, mi dà stabilità, ma mi limita un po’ nei movimenti.

Quanti balzi ho fatto negli anni…

 

– Renato devo parlarti. -, disse lei appoggiandosi con i gomiti sul tavolo di formica rosa, mentre sorseggiava il caffè.

– Cosa c’è? -, rispose Renato dalla camera con voce frettolosa, mentre si annodava la cravatta davanti allo specchio.

Aveva spiegato mille volte a Clara che se il nodo non riusciva bene al primo tentativo la giornata era storta, irrimediabilmente storta, e quel giorno era già tardi.

– Renato -, insistette lei, ma dopo la erre le altre lettere le galleggiarono in gola, e non per il caffè che sorseggiava.

Lui entrò in cucina srotolando la cravatta – tanto era uscito male il nodo – si versò il caffè e le chiese senza guardarla: – E allora cosa c’era di così urgente?

– Ti lascio -, disse lei distrattamente, strofinando l’indice sul piano di formica rosa, per raccogliere impercettibili granelli di zucchero di canna.

Lui batté un pugno sul tavolo di formica rosa, sversando il caffè.

Ricordo la vibrazione violenta che attraversò le quattro gambe fino ai feltrini, e poi il calore del caffè bollente sul piano di formica rosa.

Quando si amavano, lui la prendeva alle spalle mentre lei versava il caffè. – È tardi – gli sussurrava lei nell’orecchio, senza convinzione, – Mi sciupi. – Ma già il piacere era più veloce del pensiero. E facevo da sponda al loro saluto furtivo.

Uscivano di casa con il sapore l’uno dell’altra.

 

Ancora caffè bollente! A questi ragazzi non è stato insegnato nulla, e poi alla loro età dovrebbero bere l’orzo o la cioccolata, non il caffè.

– Mamma hai da darmi cinque euro?

– A cosa ti servono, Davide? Ieri tuo padre te ne ha dati dieci.

– Lo sai, la pizza o un panino, cosa faccio, gli altri entrano nel bar ed io resto fuori?

– Tutti entrano nel bar?-, replicò Clara.

– Uffa, mamma, più o meno tutti, ed io comunque non voglio essere diverso dagli altri.

Clara si chiese dove fosse stata in questi quindici anni, che aria avesse respirato, con che acqua avesse nutrito le sue radici, verso quale cielo esposto le sue fronde.

 

Avrebbe voluto partorire in cucina.

Diceva a Renato: – Chiamiamo un’ostetrica, voglio partorire sul tavolo di formica rosa!

– Sei tutta matta. -, rispondeva lui, accarezzandole la pancia.

– Ma io sono nata su questo tavolo, lo sai benissimo!-, rincalzava lei.

 

Lo so anch’io, come potrei dimenticare una simile esperienza?

Temevo di non reggere il peso, cercavo di andare incontro a Paola ad ogni contrazione rendendo duttile il mio piano di formica rosa, scomponevo la mia trama perché il suo movimento le fosse più lieve e la spinta più efficace.

Mi impregnavo del suo sudore, le sue mani afferravano i miei bordi, e come una zattera la traghettavo nel travagliato passaggio.

Le mie quattro gambe erano gonfie dallo sforzo, ma stavano lì solide, sode, solidali.

Paola e Giacomo erano giovani e volevano farcela da soli, non interessava loro quello che pensavano gli altri,

i tutti di turno.

Ma tutti chi, poi?

Loro no.

 

– Non trovo il cellulare, mamma! -, urlò Carlo dal bagno.

– È qui sul tavolo della cucina -, rispose Clara, mentre sbatteva le uova per la torta.

Carlo entrò di corsa avvolto nell’asciugamano, afferrò il cellulare e lo scorse rapidamente.

– Ti hanno cercato?-, chiese Clara.

– Cercato? -, fece eco Carlo.

Su facebook dieci mi piace per la foto del suo motorino nuovo, il post di Viki sul brew pub della zona era già stato condiviso da sette amici, su Whatsapp almeno 20 foto tra Greta a New York e Mirko in settimana bianca, anzi Mirko aveva caricato anche 5 video fatti dalla seggiovia e infiniti selfie con le ragazze della scuola ski.

Il tempo di una doccia e la vita non ti aspetta.

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4 commenti »

  1. Ciao Elisa, devo dirti che questa idea di far parlare un oggetto come testimone di una molteplice varietà umana e della sua variegata quotidianità familiare, mi sembra interessante. Ecco perché penso che puoi meglio svilupparla sotto il profilo narrativo e sicuramente con risultati più apprezzabili.

  2. Grazie!

  3. Elisa,

    anche questo tuo racconto mi è piaciuto molto.

    Ed aggiungerei davvero piacevole non solo per l’idea di fondo, ma anche perché hai scelto un linguaggio asciutto – diretto, senza troppi fronzoli – che, a mio vedere, si addice perfettamente all’inanimato io narrante.

    Un ottimo modo per parlare di tradizioni, consuetudini ed, ahimé, insuccessi della vita.

    Brava.

    P.S.: anche io sono uno di quelli che non utilizza il sottopentola per il caffè; spero mi perdonerai! 🙂

  4. Grazie Lorenzo che sei andato a sbirciare anche il mio racconto dell’anno scorso!vedrò ri perdonarti se hai lasciato aloni sul piano di formica rosa!!sono andata a curiosare anch’io nei tuoi racconti del 2016, davvero complimenti! come da una cornucopia stracolma di ogni ben di Dio di aggettivi, verbi, sostantivi, con provvida maestria e un pizzico di sapiente follia componi le tue storie,agghiaccianti e trepide,assurde e reali, spiazzando via via il lettore, che si arrende -ammirato- al tuo sogno. Bravo!!!

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